INTERVISTA TRATTA DA “EL CHUZO DE CATORCE” – MESSICO. VANNI ZAMBONI E ALESSANDRA SITTA
Di Valerio Monti

Un sabato mattina arrivano a fare colazione nel mio ristorante “El Cactus” a Real de Catorce Giovanni ed Alessandra, due italiani piuttosto avventurosi. Immediatamente ci troviamo a nostro agio ed iniziamo a parlare di vari argomenti come vecchi amici che si incontrano dopo tanto tempo. Fin dallʼinizio mi sorprende che si sia instaurata una discussione tanto fluida e sincera in così poco tempo tra persone praticamente estranee. Vanni ha 53 anni ed Alessandra 43, viaggiano a bordo di una Toyota Land Cruiser, Carolina, che spedirono a Buenos Aires dallʼItalia e che li conduce in giro per il mondo. Il progetto del viaggio, che ebbe inizio nel novembre 2005 dallʼ Argentina e che si divide in quattro tappe, è di raggiungere lʼAlaska…..attraversando tutto continente americano da unʼestremità allʼaltra. Eʼ unʼavventura emozionante che affrontano con la calma sufficiente per poter conoscere persone e luoghi. In questo momento si trovano nella terza tappa del viaggio, dal Costa Rica al Messico e che terminerà a La Paz in Bassa California il 6 marzo. Rientreranno quindi in Italia per un paio di mesi poi raggiungeranno di nuovo il Messico per intraprendere il quarto e ultimo viaggio fino allʼAlaska.

Voglio ringraziare innanzitutto Vanni ed Alessandra per la loro disponibilità nel raccontare le avventure vissute nel corso del viaggio.

Valerio – Come vi sembra Real de Catorce ?
Vanni – Eʼ un paesino molto interessante che mi affascina…..il mio desiderio è che possa avere uno sviluppo sostenibile, non solo economico….. e spero che questa crescita avverrà nel rispetto della cultura locale…anzi sono convinto che sarà così.

Valerio – Raccontami qualcosa di Carolina, il fuoristrada che vi accompagna nei vostri viaggi.
Vanni – Carolina è un sogno di molti anni fa, quando ancora lavoravo e sognavo il giorno in cui lo avrei lasciato per dedicarmi alle mie pulsioni più vere, i viaggi soprattutto…..per farlo avrei avuto bisogno di un mezzo di trasporto che non fosse un aereo, dato che non avrei potuto permettermelo, decisi così che la cosa migliore sarebbe stata unʼautomobile. Un amico mi consigliò questo tipo di fuoristrada che venero con tutto me stesso. Eʼ una Toyota Land Cruiser del 1984, 4 litri, diesel 6 cilindri….praticamente un camion travestito da auto. Con Carolina ho raggiunto lʼIndia dallʼItalia, un paio dʼanni fa, e poco dopo, in compagnia di Alessandra, abbiamo attraversato lʼAfrica dallʼOceano Indiano allʼAtlantico. Questo è il terzo viaggio che facciamo con Carolina e lʼobiettivo è quello di attraversare il continente americano …..per aver qualcosa da raccontare quando saremo vecchi e sarà dolce ricordare il tempo che ci vide raggiungere lʼAlaska dalla Terra del Fuoco.
Alessandra – Non hai parlato della tua morbosità nei confronti di Carolina…..
Vanni – Questo amore è riconducibile alla felicità che mi procura il viaggiare….
Alessandra – A volte, quando il paesaggio è particolarmente pittoresco Vanni mi chiede di fotografare Carolina…. hai capito cosa intendo? Carolina è protagonista del viaggio esattamente come noi….
Vanni – Eʼ lei che ci permette di vedere tutto ciò che vediamo nei nostri viaggi…
Alessandra – Eʼ come se lei avesse unʼanima…. per noi Carolina è più di un mezzo di trasporto, è la nostra compagna di viaggio tanto che potremmo dire che questo è un viaggio che facciamo in tre…

Valerio – A cosa vi dedicavate prima di iniziare a viaggiare per il mondo?
Vanni – Lavoravo con mio fratello nellʼazienda che ci lasciò nostro padre….arrivammo al punto di dover scegliere se potenziarla e farla diventare una grande industria o chiudere….ci guardammo negli occhi e confessammo la nostra riluttanza nel lanciarci nel grande progetto di crescita. Con il peso nel cuore, per il dolore che provocammo in nostro padre che aveva aperto lʼattività, iniziammo a ridurre gradualmente la produzione ed a ricollocare i 120 operai presso le aziende nostre concorrenti….non licenziammo nessuno e tutti ce ne sono stati grati. A questo punto iniziammo a dedicarci a noi stessi ed ora la mia occupazione è rendere felice la mia compagna. Eʼ una occupazione che in realtà non mi pesa, anzi mi appassiona, però profondamente si, si tratta di un lavoro…..rivolgendosi ad Alessandra….mi prendo cura di te, ti porto di qua e di la, ti sostengo quando non stai bene…
Alessandra – Svolgevo la libera professione di architetto fino ad un paio di anni fa….poi cedetti allʼinsistenza di Vanni perché mi dedicassi completamente ai nostri viaggi, senza limiti di tempo…..ci conoscevamo da appena due anni. Adoro la mia professione, ma lavoravo da qualche anno presso uno studio di Bologna nel quale non avevo grandi soddisfazioni. Decisi di lasciare il lavoro senza rimpianti, pensando che avrei potuto in qualsiasi momento ricominciare aprendo unʼattività tutta mia. Anche ora, quando non siamo in viaggio, mi dedico a piccoli progetti per gli amici ed alla pittura….diciamo che ora esprimo la mia creatività sulla tela ed eseguo quadri che poi regalo agli amici o che appendo alle pareti di casa. Prima o poi organizzerò una piccola mostra a Bologna o Forlì.

Valerio – Questa terza parte del viaggio terminerà a la Paz in Bassa California, poi ci sarà una quarta parte…..
Vanni – spero di poter passare rapidamente gli Stati Uniti che ci interessano relativamente meno, e dedicare i primi mesi della prossima estate al Canada. Raggiungeremo così lʼ Alaska nel momento migliore, quando lʼestate ormai matura ci riserverà un piacevole clima mite, lontano dai rigori dellʼinverno.
Auguriamo buona fortuna ed un buon viaggio ai nostri amici. Di seguito voglio pubblicare un estratto del diario di Alessandra dedicata allʼescursione a cavallo fino al Cerro del Quemado.
Nel frattempo Rifugio, un ragazzo del paese, ci aiuta con i bagagli e si propone di accompagnarci in una passeggiata a cavallo al monte sacro degli Huichole. Come rifiutare? Arriva dopo una mezzʼora, verso le 4, in compagnia di due ronzini. Il mio si chiama Marrano e quello di Vanni, di stazza più grande, è Bucanero. Saliamo in sella…io con un certo timore….il trauma di anni fa non mi è ancora passato del tutto…e non salgo su un cavallo da più di 15 anni. Sono tutta agitata ma mi rendo subito conto che Marrano è un cavallo tranquillo del quale posso fidarmi. Rifugio ci segue in groppa ad un mulo. La prima sosta è direi imposta dai due cavalli che si fermano allʼabbeveratoio del paese dove altri due, che trasportano dei signori del paese, stanno bevendo. Si riparte immediatamente dopo attraverso le rovine degli edifici della ex miniera di San Augustin, Marrano procede sempre sullʼorlo del precipizio…ahimè! Il lungo sentiero si snoda attraverso i pendii delle montagne che dal paese vanno verso il deserto inseguendo lʼ Ovest. Il paesaggio è incantevole, le montagne piene delle piante grasse tipiche di questi climi. Siamo sul tropico del Cancro. Il freddo è pungente, per fortuna indosso il mio poncho di lana bianca comprato in Guatemala, sembra di essere immersi in un presepio allʼinterno del quale noi siamo i tre re magi. Si respira una grande energia qui…lʼaria è secca ed il paesaggio apocalittico. Rifugio ci racconta che prima dello sfruttamento delle miniere dʼargento queste montagne erano completamente ricoperte di alberi. Gli spagnoli non esitarono a disboscarle completamente per poter fondere il metallo dalla roccia che lo conteneva…nessuna novità…queste parole ci suonano purtroppo familiari dopo mesi di viaggio attraverso le ex colonie spagnole. In lontananza scorgiamo la montagna sacra, la più alta della regione, che svetta a 3300 m di quota. Gli huicholes la raggiungono due volte lʼanno, attraversando a piedi le centinaia di chilometri di deserto che separano i loro territori sul Pacifico da questa valle sacra. Qui, allʼinterno di un cerchio bordato di pietre, celebrano uno dei loro riti secolari, la comunione con il dio Hikuri, a noi noto come peyote, il fungo allucinogeno. Quello che accade durante le loro cerimonie è prevedibile….ma oltre lo sballo inevitabile o proprio grazie ad esso, gli sciamani qui celebrano le nozze e guariscono gli ammalati. Raggiungo a piedi la piccola chiesa che sorge proprio in cima alla montagna, è di sassi e protetta da un cancello di ferro che mi impedisce di entrare. Allʼinterno, accostate sul muro di fondo, una serie di candele di varie dimensioni con nastri di tessuto colorato, a terra alcune ciotole per le offerte agli dei e su una mensola il teschio di un capretto ed il suo peloso codino. Il pavimento di terra battuta contiene le tracce dei loro riti magici. Cera, sangue rappreso, fili dʼerba secca. Mi fa un piacere immenso che i turisti non possano accedere se non una volta lʼanno a queste loro cerimonie…anzi dovrebbero proprio escluderli. Il rischio è che nellʼ accettazione del compromesso legato al facile guadagno di denaro queste antiche tradizioni finiscano con lo svuotarsi dei loro veri contenuti per diventare vuote esibizioni circensi. Come già il Cecchi lamentava nel corso del suo viaggi tra i villaggi indiani del Nuovo Messico, nel lontano 1930. Comunque siamo, qui immersi nella magia di questi cerchi concentrici fatti di sassi, e soli. Allʼimprovviso un suono lieve si diffonde nellʼ aria…è il treno che corre nellʼimmensa valle desertica sotto di noi, dice Rifugio. Ma a noi fa piacere pensare che anche questo suono come lʼenergia che sentiamo, arrivi dai lontani territori huicholes. Come un nostalgico canto intonato da un lontano sciamano, miracolosamente giunto fino a noi. La luce del sole è ora quasi orizzontale. Inseguendo le nostre lunghe ombre raggiungiamo i cavalli poco più a valle. Mentre scendiamo attraverso le rocce che ora colorano di viola mi nasce un desiderio forte. Vorrei unirmi a Vanni, qui su questa magica montagna, davanti ad uno sciamano officiante. Vanni entusiasta chiede a Rifugio come si possa fare. Cʼè un italiano in paese, di nome Matteo, che anni fa ha sposato una huichole ed ora è diventato sciamano. Potrebbe essere lui il nostro celebrante! Le stelle ci accompagnano nellʼultimo tratto di marcia, mentre i cavalli trovano la strada tra le ombre della sera. Le luci sempre più vicine del paese ci rassicurano, mentre il freddo pungente sempre più intenso ci fa rabbrividire.


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