05 Senegal
08 Febbraio 2008
NOUAKCHOTT – PUNTA ALMADIES
Partiamo alle dieci dirigendoci verso Rosso, la piccola cittadina sul confine con il Senegal. Alcune sparute indicazioni segnaletiche spariscono ben presto lasciandoci nel buio più totale, ad ogni rotonda chiediamo qual è la direzione da seguire finchè la presenza sempre più rarefatta delle grigie scatole abitative ci fa percepire l’uscita dalla caotica metropoli. Stiamo percorrendo di nuovo il deserto, le cui dune ora sui toni dell’arancio fiancheggiano come onde la striscia di asfalto. A tratti qualche albero sulla sabbia è ogni volta una sorpresa. Vediamo cammelli con i lunghi colli protesi verso le alte frasche, come giraffe ad attingere le fresche foglioline un po’ meno impolverate dei rovi a terra. Dopo circa 200 km di sabbia siamo alla periferia di Rosso, città di frontiera sul fiume Senegal attraversabile con un piccolo traghetto sempre affollato. Ma Vanni si era informato a Nouakchott sulla strada migliore da fare per evitare le lunghe file al traghetto, quindi proseguiamo deviando verso Ovest lungo la strada sterrata che costeggia il fiume per raggiungere la diga di Diama. La natura qui è bellissima, siamo nel parco di Djoudj. La deviazione ci consente di vedere la ricca popolazione di uccelli che popola gli acquitrini del delta. Siamo soli, immersi nel silenzio di questo luogo desolato e ricco di vegetazione palustre e specchi d’acqua. Certo fa effetto la ricchezza di verde e di vita qui….soprattutto provenendo dai territori mauritani dell’interno la cui desertificazione inarrestabile ha spinto all’esodo verso il Senegal ed il Mali le popolazioni che le abitavano. La vita, questa vita rigogliosa ha restituito il sorriso alle persone che vediamo passando all’esterno delle poche capanne sparse ai bordi della strada…che meraviglia percepire la felicità negli altri! Siamo quasi arrivati alla diga quando un uomo in divisa ci fa cenno di fermarci. E’ il gabelliere del parco che ci chiede 5 euro a testa e non ci rilascia le ricevute. Altri 10 km ed ecco la diga e sulle due sponde gli edifici della polizia di frontiera. Gli addetti della frontiera Mauritana stanno mangiando, quindi aspettiamo un po’ e già che ci sono scrocco un bicchierino di tè alla menta il cui profumo mi aveva ingolosita entrando. Sono tutti gentili e sorridenti anche sul lato maritano…sembra un miracolo per questo popolo di imbronciati, provato dalla miseria nera e dall’islam…magari un goccetto ogni tanto farebbe bene. Spendiamo comunque 40 euro per uscire dalla Mauritania e nulla per entrare in Senegal…sono loro anzi che ci regalano sorrisi ed allegria …cose alle quali eravamo disabituati. Subito dopo eccoci in Africa…quell’Africa vivace e rigogliosa che avevamo lasciato anni fa tornando dal Kenia. Enormi baobab segnano il territorio verdeggiante, belli e significanti come se avessero un’anima dentro quel loro grosso involucro di legno. Dopo una sosta veloce a Saint Louis per un prelievo di contante, ci dirigiamo verso Dakar come meta finale del nostro spostamento di oggi, ma ecco che a Rufisque siamo intrappolati in un ingorgo inestricabile. Venditori ambulanti sfilano con sacchetti di mandarini , mele, anacardi da vendere agli automobilisti. Altri vendono mutandoni bianchi, tute da ginnastica, oggetti cinesi piene di lucine colorate, banane rigorosamente portate in catini in equilibrio sulla testa. Il traffico probabilmente generato dal mercato del venerdì stenta a sbloccarsi, assediato com’è dai venditori. Intanto il sole tramonta ed il buio totale avvolge la strada. Ai lati lanterne di vetro si accendono per rendere ancora visibili i prodotti in vendita….ma ancora non ne usciamo…procediamo ormai da ore di 300 metri ogni 30 minuti ed i 20 km che ci separano da Dakar si dilatano sempre più fino a diventare infiniti. Intanto studiamo un po’…c’è tutto il tempo di pensare a dove fermarci una volta arrivati a Dakar. Non avendo guide del Senegal diamo sfogo alla fantasia, ma poi Vanni riesumando un ricordo legato alla Parigi Dakar visualizza la spiaggia dell’arrivo della corsa…e dopo un altro po’ ricorda anche il nome dell’hotel sulla spiaggia…è il Meridien. Un hotel sulla spiaggia rappresenta più che un’ancora di salvezza per noi stanchissimi viaggiatori fai da te. Arriviamo alle 21.30 al Meridien in ristrutturazione con poche stanze disponibili e tutte occupate…la storia si ripete. Ogni volta che arriviamo stanchi in una città il primo tentativo và sempre a vuoto. La signora della reception, bellissima e gentile ci trova una camera all inclusive al Club Med, proprio a due passi da qui. Chiaro che consideriamo questo un ripiego….i club non sono proprio adatti a noi, viaggiatori indipendenti….ma che dire…siamo proprio stanchi dopo 11 ore di viaggio! Dico al receptionist che ci fermeremo due giorni, legano un cordino ai nostri polsi , quindi ci sottopongono un conto stratosferico….770 € per due giorni è una follia anche per un all inclusive. Vanni si incazza…vuole recedere ma ha già firmato la ricevuta visa….io mi sento svenire per la stanchezza e per l’incazzatura che si sa…è contagiosa. In formato zombie esco verso il parcheggio, ma poi Vanni viene a chiamarmi farfugliando un “chi sbaglia paga” tiratissimo. Dopo un salto “si fa per dire”…in camera andiamo al ristorante già in chiusura dove il buffet è quasi del tutto scomparso dai tavoli…che palle i club! Sveniamo poco dopo la cena sui nostri due lettini della camera, senza vista mare, al piano terra
09 Febbraio 2008
PUNTA ALMADIES
Ci svegliamo nei comodi lettini della camera che, vediamo solo ora, ha anche un terrazzino con poltroncina di plastica e tavolino. Sul lenzuolo un particolare gioco di luci disegna nel buio una sorta di cielo stellato in movimento. Sono i sottilissimi raggi di luce che passano attraverso i forellini microscopici della persiana di legno sulla parete…una magia questo risveglio…anzi sembra di essere ancora immersi in un sogno interstellare. Colazione e spiaggia con schermatura fattore 50…tanto per stare tranquilli. La spiaggia è piccola e protetta da due dighe artificiali , ma con sorpresa vedo che non è poi così affollata….sono quasi tutti attorno alla piscina in compagnia degli animatori per fortuna! Ampi ombrelloni di paglia e lettini di plastica bianca, molti dei quali occupati da turisti eterogenei in prevalenza francesi. Il mare è blu ed al largo intravedo le bianche lingue di schiuma dei marosi che si frangono su ostacoli invisibili. Un bel faro è isolato in mezzo al mare a 200 metri dalla spiaggia. Leggiamo un po’, poi Vanni mi batte a backgammon per 3 a 2. Usciamo poi a reperire una guida….l’aeroporto qui vicino sembra essere il posto più adatto dove trovare una libreria fornita…ma una volta là non usciamo nemmeno dall’auto. Alla domanda rivolta ad un passante se ci fosse una libreria dove acquistare una guida la risposta è no. Ma…c’è qualcuno da quelle parti che il nostro interlocutore conosce e che potrebbe averla. Torna dopo 5 minuti….ha trovato l’uomo, ma vuole 50 € per la guida. Rifiutiamo ovviamente…ma vuole una mancia per il servizio. Offriamo 25 € ma vogliamo vederla …è una Routard del 2008 in francese, la compriamo per 15000 CFA, praticamente 23 €, poi vediamo che nella prima pagina interna è scritto a matita il prezzo di 11500 CFA. Chiaro che la libreria dentro l’aeroporto c’era, ma anche qui farebbero qualsiasi cosa pur di guadagnare due soldi. Almeno sono più simpatici qui in Senegal, e con quei bei sorrisi candidi si fanno perdonare in fretta. Torniamo al club per un paio di mojiti sulla spiaggia al tramonto, poi a cena nei tavoli collettivi dove conosciamo una simpatica coppia di italiani…Marina ed Enrico arrivano dal veneto, anche se le origini di lei si perdono tra il Sudamerica e l’Italia. Ex hostess alitalia, carina, simpatica e potenziale compagna di viaggi, visto il suo incontenibile desiderio di viaggiare appunto attraverso il mondo intero. La figlia Barbara, dolcissima e dagli occhi svegli, nata otto anni fa, ha castrato inevitabilmente la sua indole di viaggiatrice ed ora ascolta incuriosita i racconti dei nostri viaggi recenti. Lasciamo loro l’indirizzo email, vorrebbero venire a Bologna a trovarci per vedere le nostre foto ed avere una copia del nostro diario che così avrebbe un interessante allargamento del pubblico dei lettori. Spero proprio di rivederli. Rientriamo in camera felici della bella conversazione…due narcisi come noi non resistono di fronte ad interlocutori affascinati da ciò che facciamo. Nel frattempo Vanni ha parlato con il direttore dell’hotel che ci offre un ulteriore giorno di soggiorno qui a 190 €….ma sorpresa delle sorprese, scopriamo leggendo la nota che il conto che abbiamo già pagato di 770 € si riferisce a 3 giorni, non due come avevamo chiesto al momento dell’arrivo. A Vanni torna il sorriso…mentre io penso a quanto sono suonati questi senegalesi…ed anche noi, se non altro per non aver controllato la nota sottopostaci e da noi sottoscritta al momento del pagamento. Insomma un altro giorno di relax in spiaggia tra la fauna del villaggio.
10 Febbraio 2008
PUNTA ALMADIES
Colazione abbondante e poi in spiaggia, oggi coperti di maglietta per evitare l’ustione totale delle parti sfuggite ieri alla protezione 50 …piccole superfici sparse su tutto il corpo ora di un rosso intenso. Sarebbe comodo se queste creme fossero visibili anche dopo essere state stese sulla pelle…Il tempo passa pigro mentre scrivo e Vanni legge un po’ di guide rimbalzando tra sole ed ombra senza tregua. Un gruppo di romani fà casino, imponendo il classico radiolone a tutto volume …che burini, del resto prima o poi capita di incontrarne qualcuno. A metà pomeriggio si alza il vento freddo che ci costringe ad abbandonare il campo ….ripieghiamo al bar per un torneo inter nos a backgammon che anche oggi perdo. La chance mi ha abbandonata! Incontro di nuovo Marina che è rimasta così colpita dai nostri racconti di ieri da aver sparso la voce tra l’equipaggio alitalia fermo per una piccola sosta qui al mediterrané ed in partenza assieme a loro questa notte. Presto il freddo diventa insopportabile anche qui al bar e così ripieghiamo in camera , l’unico posto riparato oltre il ristorante che però è ancora chiuso. Ascoltiamo il discorso di Sarcosi sull’europa poi altre notizie francesi…certo per i turisti che arrivano dalla Francia essere qui è un po’ come rimanere a casa!
11 Febbraio 2008
PUNTA ALMADIES – LAC ROSE – RISERVA BANDIA – SALY
Lasciamo questa prigione per turisti diretti al famoso lago rosa ad una trentina di chilometri da qui. Per raggiungerlo dobbiamo attraversare ancora Rufisque che anche nella tarda mattinata è saturo di auto che si muovono al rallentatore su questa che loro chiamano l’autorute….ma qui altro che autostrada, l’ingorgo è una certezza! Raggiunta la cittadina deviamo verso Bambilor e carichiamo per un passaggio le tre simpatiche studentesse alle quali abbiamo chiesto una informazione e che sono dirette proprio al villaggio vicino al lago. Dal paesino fatto di poche case deviamo ancora per una sterrata che si inoltra tra la vegetazione. Le acque hanno una densità salina pari a quelle famose del Mar Morto, cioè 10 volte più di quelle del mare. Le alghe che lo popolano tendono ad ossidarsi per difendersi dal sale, rendendo così l’acqua di un particolare rosa intenso che a moi ricorda vagamente quello della Laguna Colorada in Bolivia….ma qui non ci sono fenicotteri…sono rimasti tutti al Banc d’Arguin? Sulla riva del lago una serie di uomini cosparsi di burro di karité sono immersi fino alla vita per estrarre il sale depositato sul fondo. Una serie di sacchi sono già pronti per essere caricati. A parte il colore dell’acqua il paesaggio non è particolarmente interessante, insomma non la definirei una meta da non perdere. Lasciamo il lago per tornare verso Rufisque e poi oltre verso la Petite cote dove la Riserva Bandia promette l’avvistamento degli animali tipicamente africani….Siamo così eccitati all’idea di rivedere le giraffe! Entriamo nel parco a bordo della nostra Gazelle, una sosta per i biglietti e per caricare la guida obbligatoria ed uno stagista che accettiamo volentieri a bordo. Sarà una specie di esame per lui quello di oggi….ci spiegherà tutto lui, mentre la guida lo correggerà se sbaglierà o integrerà se dimenticherà qualcosa. Ci tuffiamo nel paradiso naturalistico del parco, ricco di acacie, baobab e molti animali. Ami, la nostra guida è una bella ragazza vestita in mimetica, accetta controvoglia di sedersi nel sedile posteriore e per aumentare il suo cono visivo sfila velocemente il mio poggiatesta. Vanni si altera leggermente, ma poi fa finta di niente e proseguiamo. Avvistiamo dapprima un gruppo di struzzi, poi costeggiando la rigogliosa vegetazione vediamo gruppi di Antilopi Cavallo ed Elan. All’ombra di un gruppo di acacie riposano un gruppo di bufali ed un rinoceronte bianco, un maschio stravaccato in riposo. Ci spiegano che in realtà l’attributo “bianco” non indica un diverso colore rispetto a quello nero, quanto piuttosto una diversa stazza….in origine il termine che li indicava era wide, cioè grande, poi trasformatosi per una serie di errori reiterati in white, bianco. Ecco poi un gruppo di giraffe elegantemente in sosta ai bordi di una pozza d’acqua, tra loro c’è anche un maschio, un bellissimo esemplare dalla pezzatura nera…mai visto prima. Ci raccontano che il tempo di gestazione di una giraffa è di 15 mesi, ma poi già dal 18° sono di nuovo in dolce attesa, e così sempre per tutta la loro vita. Non si accovacciano per partorire, rimangono erette e sganciano il piccolo facendogli fare un volo di due metri….un insolito benvenuto! ….ma alcuni non ce la fanno e muoiono appena nati. Le giraffe muoiono di artrosi …non lo sapevo ma le capisco, essendo anch’io nel mio piccolo a collo lungo. Nel parco non esistono predatori quindi nessun felino, né antagonisti delle specie presenti…quasi un pensionato per animali quindi…o un paradiso, a seconda del punto di vista….sarà per questo che li vediamo così tranquilli, e che possiamo scendere dall’auto anche vicino ad un rinoceronte. Vediamo una coppia di tucani e poi un baobab particolare del quale vale la pena spiegare qualcosa. E’ una tomba, in disuso dal 1960 perché da allora fuorilegge. Fino a quaranta anni fa gli appartenenti alla casta degli agricoltori di una certa tribù del Senegal, solevano essere seppelliti nel tronco cavo di un baobab. Pensavano che chi aveva lavorato la terra per tutta la vita non potesse riposare serenamente all’interno di quella stessa terra, i loro corpi venivano così calati attraverso una fenditura all’interno del tronco cavo di baobab. Ci avviciniamo per dare un’occhiata e vediamo le molte ossa mescolate a terriccio e teschi disordinatamente mescolati. La superstizione dice che se si fosse interrotta la tradizione sarebbe seguito un periodo di siccità ed Ami e lo stagista confermano che dal 1960, cioè dall’entrata in vigore della legge che vieta questa pratica vecchia di secoli, effettivamente piove meno….vai a sapere! Insomma un baobab particolare questo, direi sacro, e che sfoggia sulla corteccia dall’altro lato un’altra sorpresa per noi. Una serie di piccole cavità segnano la corteccia dalla base alla cima…sono i buchi che gli uomini hanno fatto conficcando dei pioli che consentivano loro di salire in cima al tronco, ed ecco che proprio verso la cima il tronco prende la forma esatta di una figura umana nell’atto di salire…dalle ginocchia al mezzo busto. Incredibile. Non può trattarsi solo di una coincidenza e nessuna manomissione è visibile sulla corteccia…è tutto naturale. Vediamo le tartarughe ed i coccodrilli in un’area separata e protetta, poi ci accomodiamo nel baretto del parco vicino all’uscita per una spremuta d’arancia squisita. Vedere questi animali ci ha dato un’energia incredibile, quindi usciamo felici dal Bandia. E’ ormai giunta l’ora di trovare un posto dove dormire, quindi ci dirigiamo verso la petit cote dove a Saly troviamo un residence, uno dei tanti qui dove i turisti non disdegnano venire per frequentare le tranquille spiagge. Vanni scende un paio di volte a chiedere ospitalità, ma il cinque stelle è carissimo, quindi ci fermiamo al Royal Saly che per 110 € ci offre una mezza pensione e camera con bagno. Ma sorpresa….scopriamo che si tratta di un hotel convenzionato Alpitour…dalla padella alla brace. Qui il livello è ancora più basso visto il prezzo, ma noi siamo degli ospiti particolari non all inclusive e quando al bar chiedo una birra ed una bottiglia d’acqua mi viene chiesto…- no alpitour? – . Scoppio in una risata fragorosa…questo è davvero troppo divertente! ….soprattutto sentirsela dire nel corso di un viaggio che vorrebbe essere tutt’altro che questo. Ceniamo malino e poi fuggiamo in camera mentre là fuori impazzano le mazurche.
12 Febbraio 2008
SALY – SIMAL
Stiamo per arrivare nell’area del grande delta al confine con il Gambia, il Sine Saloum. La regione del fiume Saloum è una riserva della biosfera ed uno dei luoghi naturali più belli del Senegal. Il delta forma qui un groviglio di isolette e di banchi di sabbia, paradiso delle mangrovie e degli uccelli, ma anche di pesci e crostacei. Il Sine Saloum leggiamo, è uno dei più grandi siti ornitologici dell’africa occidentale, secondo sono al Banc d’Arguin in Mauritania. Partiamo inseguendo il miraggio di una escursione in piroga nel pomeriggio, raggiungiamo Mbour e poi Joal, due paesini che ci inghiottiscono con il loro mercato lungo la strada. E’ uno spasso vedere letti matrimoniali in vendita ai bordi della strada….il traffico è rallentato dalle tante distrazioni che arrivano dagli ambulanti che si propongono con i loro prodotti in vendita. Siamo nella patria delle arachidi qui…e sono in tanti a venderle, vicini ai crogioli dove con braci e cenere si fa la tostatura. Dopo Joal ci spingiamo all’interno, su un’ampia sterrata che attraversa Sambadia e poi Fimela, attraverso fitti palmeti e gli immancabili baobab. Arrivati a Fimela chiediamo indicazioni per raggiungere Simal, la piccola isola nella quale siamo diretti. Ci fermiamo vicini ad una ragazza che ci indica un gruppetto di ragazzine che sono dirette proprio là. Salgono tutte sei sul sedile posteriore che animano di sorrisi, gridolini ed un odore pungente di sudore. Sono meravigliose e ci fanno una grande cortesia guidandoci tra le stradine sabbiose del paese verso il ponte stretto e lunghissimo che attraversa la laguna ormai insabbiata di Simal che vediamo come una sottile striscia di sabbia gialla e di vegetazione soprastante. Questa è Simal, ci dicono una volta abbandonata la stretta striscia di cemento, procediamo tra le capanne del centro abitato, tutte in muratura a pianta quadrata e coperte con un cono di paglia. Che meraviglia qui…tutto attorno l’acqua bassa della laguna ed all’orizzonte le altre terre emerse, strette lingue di sabbia coperte a volte di vegetazione sbiadita dal sole. Emerge a tratti il profilo imponente di un baobab. Ci accompagnano sull’altro lato del villaggio dove si trovano le piroghe, un piccolo mercato artigianale gestito dalle giovani donne dell’isola ed infine il Campement de Simal dove dormiremo questa notte. Ci accoglie il sorriso bianco di un ragazzo che gentilmente ci mostra il piccolo campeggio e la nostra capanna, la 17. A pianta circolare ed interamente realizzata di canne palustri, ha una copertura a cono. Il pavimento leggermente rialzato è di cemento decorato con conchiglie bianche, una tettoia ne protegge l’ingresso ed un cortile circolare di pertinenza recintato è il nostro bagno. Un letto matrimoniale è protetto da una zanzariera….necessaria qui. Insomma un bel posticino e che ci costerà con la mezza pensione 17000 CFA , circa 30 €, a persona. Il luogo è fantastico con i tavoli di canne a pochi metri dall’acqua e la vegetazione in alto con le fitte chiome a proteggere gli ospiti sottostanti. Stiamo in panciolle fino alle quattro del pomeriggio, l’ora della nostra balade sur le delta, poi con i pantaloni tirati sopra il ginocchio andiamo verso la piroga decorata a prua con disegni colorati. Condividiamo l’escursione con 3 giovani francesi dall’aria intelligente e poco socievoli. Si parte con un filo di gas, disposti sui due bordi della lunga piroga che punta verso il profilo sottile dell’isola di fronte. A romperne la rigida linearità alcuni solitari baobab e le mangrovie. Il nostro capitano, un ragazzone dal sorriso largo ed il copricapo da rasta ci porta alle piantagioni di mangrovie, superfici rettangolari di piantine che spuntano di poche decine di centimetri dall’acqua. Hanno due anni queste che vediamo spuntare di una spanna…Ci racconta che sono le donne del villaggio ad occuparsi del ripopolamento delle mangrovie. Seminano il frutto in profondità nella sabbia sommersa ed attendono la crescita. Non avvistiamo molti uccelli, solo qualche airone cinerino ed un paio di cormorani. Gli uccelli sono lontani da qui e noi non arriveremo fin là….peccato, era proprio ciò che volevamo vedere, in questa riserva famosa proprio per questo. Dopo un paio d’ore siamo già di ritorno alla base….un aperitivo accompagnato dal formaggio grana portato dall’Italia ed ancora buonissimo, quindi ci sfidiamo in una partita tiratissima in riva al fiume. Con un certo disgusto notiamo che anche questi luoghi remoti non sono esenti dal turismo sessuale da parte di attempati signori che vedo sbaciucchiare due giovani ragazzine che potrebbero essere le loro nipoti se non fosse per il diverso colore della pelle. Che schifo, mi si chiude lo stomaco. Mentre sono vicina alla macchina per prendere una cosa mi si avvicina una ragazza. La riconosco, è una delle studentesse alle quali abbiamo dato un passaggio questa mattina. Mi chiede un’altra penna colorata e mi lascia il suo indirizzo. Si chiama Marthe Kanou Faye, è figlia di Maria Teresa. L’indirizzo è: Villane de Mar-Lodj BP 43 Thiadiaje- Senegal. Tel. 4855154. Le do anch’io un foglietto con le mie coordinate, poi mi chiede di comprare qualcosa al mercatino artigianale, sua madre è una delle venditrici….ma per oggi ho già consumato il mio buono shopping….una collana fatta di perline d’argilla colorate ed incise con disegni. Ceniamo alla luce di lampade a petrolio su quegli stessi tavoli bordo fiume sui quali siamo stati a lungo in ozio nel pomeriggio. Gli insetti attratti dalla luce però attirano gli insetti e le nostre pietanze iniziano a muoversi dei loro movimenti, come se fossero ancora vive. Dormiamo malino sul materasso ondulato della nostra capanna, certo le due coca cole bevute nel pomeriggio non aiutano a prendere sonno, e nemmeno l’apertura senza porta che da nel cortiletto con bagno…non mi sento sicura qui ed ogni rumore mi fa sussultare. Ogni tanto accendo la torcia ed ispeziono la capanna…è tutto ok. Vanni dorme beato.
12 Febbraio 2008
SIMAL – PARCO NIOKOLO KOBA
Colazione a bordo fiume e poi un po’ di shopping al mercatino appena fuori dal camping dove una ragazzona con tettone gigantesche mi atringe la spalla con un forte semi abbraccio e mi porta a forza davanti alla sua distesa di souvenir con oggetti di legno intagliato , collanine e manufatti di cuoio. Volendo scegliere qualcosa in fretta per uscire velocemente dal suo abbraccio, vedo una cosa che mi invoglia….un paio di sandalini di pelle morbidissima con una conchiglia bianca fissata sul dorso. Li prendo e per sfuggire a tutte le altre, che nel frattempo mi chiedono quasi offese di comprare qualcosa anche da loro, mi incammino a grandi passi verso Gazelle dove Vanni aspetta con il motore acceso. Una fuga in piena regola insomma. Ritroviamo le stradine sabbiose del villaggio di case a pianta quadrata ed il tetto a cono, come tante piccole capanne in muratura, i bambini che camminano verso la scuola ed i vecchi seduti sotto apposite tettoie di legno a chiacchierare. L’aria è limpida ed il cielo sereno, i colori ancora caldi del sole della mattina presto. Ripercorriamo a ritroso il lungo ponte quindi chiedendo indicazioni percorriamo la pista verso Sessene fino ad incrociare la nazionale asfaltata che prendiamo in direzione Fatick, poi verso Kaolack dove facciamo una sosta. Certo il mercato di questa cittadina posta sull’incrocio delle principali direttrici del Senegal varrebbe una visita anche solo per comprare le famose arachidi della cui produzione Kaolack vanta il primato nazionale….ma si sa come sono i mercati qui…si viene immediatamente presi d’assalto da persone che si offrono di guidarti e che poi ti portano a comprare cose che non vuoi dai loro conoscenti che ti dissanguano per lasciare loro un adeguata percentuale. Glissiamo il mercato ma ci concediamo invece la visita all’edificio dell’ “Alliance Franco-senegalaise de Kaolack” ( HYPERLINK “mailto:afkl@orange.sn” afkl@orange.sn) che progettato da un architetto francese molto attento all’aspetto antropologico della società nella quale opera, ha vinto il premio di architettura di Karim Aga Khan nel 1994. Il complesso si sviluppa in piccoli edifici ad un piano raccordati da chiostri e cortiletti ombreggiati da tettoie frangisole fatte di cilindri a strisce coloratissime. I muri rossi sono dipinti con disegni in nero eseguiti da artisti locali. I pavimenti di cemento lucidato rosso a disegni antropomorfi bianchi e neri armonizzano tutti gli elementi decorativi del complessodove si respira un atmosfera di tranquilla vivacità …piacevolissima. Che bella sosta questa! Da Kaolack a Tambacounda percorriamo 270 km di asfalto modello groviera che mette a dura prova non solo le balestre di Gazelle, ma anche i nostri nervi. 7 ore di viaggio con una media dei 35 km orari un delirio! Le ore passano ad evitare le buche profonde nell’asfalto, che in alcuni tratti è scomparso del tutto. Evitiamo anche i numerosi camion fermi sulla carreggiata a sostituire i pneumatici esplosi o semplicemente forati. Intanto pensiamo che con questa strada il Senegal strappa il primato delle strade impossibili alla Tanzania che tanto ci aveva fatto penare anni fa nel tratto tra Kalo e Dodoma, la capitale. Arriviamo a Tambacounda alle 18.30 più morti che vivi e ci precipitiamo all’hotel “Le Relais de Tamba”, il primo dei due migliori che però è pieno…sob! Ma il problema dell’alloggio non si risolve nemmeno con la visita al secondo ed ultimo hotel decente, l’”Oasis Oriental Club” dalla cui reception esco con un foglietto dove c’è scritto il nome di un hotel di categoria inferiore che non offre nessuna garanzia di pulizia e comfort, ma suggerito come unica alternativa dalla gentile ragazza dell’ufficio. Uscendo vedo Vanni che parla con due italiani alloggiati in hotel ….saranno la nostra ancora di salvezza questi due gentili italiani di Perugia che sono qui per seguire la direzione lavori del rifacimento della strada appena fatta…alla buonora!…se solo avessero iniziato un po’ di tempo fa! Ci consigliano di raggiungere un Lodge che dicono essere incantevole, il Wassadou , nei pressi del Parco Niokolo Koba ad una sessantina di km da qui, ma di strada perfetta. Telefonano per prenotarci una casetta e ci accompagnano fuori città, sulla strada diretta al parco. Sono così gentili che regaliamo loro un pezzo di grana ancora sigillato, uno dei tre portati dall’italia. Accettano di buongrado il nostro cadeau e ci salutano. E’ già buio quando lasciamo la strada asfaltata per inoltrarci lungo la pista che conduce al lodge, in ottima posizione sulla riva del fiume Gambia. Una doccia ed è già l’ora di cena. Organizziamo velocemente la nostra escursione di domani al parco, poi ci spegnamo lentamente sui due lettini con zanzariera della nostra pulita e confortevole, spartana casetta che costerà 20500 CFA a testa per la mezza pensione, circa 30 €….un affare.
14 Febbraio 2008
PARCO NIOKOLO KOBA
Il letto comodo, la porta chiusa e la stanchezza infinita delle 11 ore di viaggio di ieri ci hanno regalato un sonno intenso dal quale ci riprendiamo verso le 8. Mohamed arriva puntuale all’appuntamento delle 9 alla reception ricavata in un angolo dell’ampio makuti che copre lo spazio aperto del ristorante. La vista del fiume che scorre lento una decina di metri sotto di noi da qui è incantevole…la giornata inizia proprio come si deve, in immersione totale nella natura selvaggia che circonda il lodge. Proprio in questo punto una sorta di terrazza naturale si spinge verso il fiume che piega formando una leggera ansa, e consentendoci una vista longitudinale del suo corso. Sull’altra sponda vediamo il parco naturale che con i suoi 900.000 ettari occupa il 30% dell’intera regione. La vegetazione rigogliosa occupa la quasi totalità del paesaggio attorno a noi, emergono le palme e le bellissime Ceiba Pentandra anche detta Fromager, alte e possenti all’ombra delle cui fronde siamo fermi in contemplazione della vista impagabile che si spalanca davanti a noi. Questa è l’Africa ….almeno nel nostro immaginario, lo è pienamente. Alcuni ippopotami sono già immersi, ne vediamo gli ampi dorsi che ogni tanto si inabissano e le fauci spalancate come in giganteschi sbadigli. Rimaniamo un po’ ad ascoltare il suono degli animali nella foresta, poi partiamo con Mohamed , ossuto e taciturno, verso Dar Salam ad una ventina di chilometri da qui dov’è l’ingresso del Parco . Acquistiamo i biglietti per 9000 CFA compresa la macchina ed entriamo seguendo la stretta pista alla ricerca di animali. Il caldo si fa presto soffocante e la possibilità di avvistamenti di conseguenza piuttosto remota. Una serie di uccelli dagli sgargianti colori sulle tonalità dell’azzurro ci si propongono sui rami vicini alla strada. Mi sembra siano i più belli mai visti prima…se non in cattività dentro voliere. Ci fermiamo ad ammirarli e fotografarli, grati per la loro presenza nonostante la canicola. Più oltre sono visibili dalla strada gli imponenti termitai cattedrale, alti in qualche caso più di due metri …ci spiega Mohamed che quelli ancora occupati dalle termiti non presentano buchi sulla loro superficie, ma sono completamente chiusi da quella che sembra una colata di argilla. Gli altri sono invece occupati da altri animali, serpenti e manguste che sfruttano così il lavoro delle termiti. Vediamo diverse famiglie di facoceri che rappresentano l’unica specie del parco al sicuro dai bracconieri musulmani che in quanto tali non possono mangiarli. Molte antilopi tra cui la Kob, la Oribi, la Defassa Waterbuck e la meravigliosa Bushbuch che ha sul mantello fulvo dei disegni bianchi che sembrano proprio dipinti. Ogni tanto uno scoiattolo attraversa il sentiero a tutta birra e gruppi di babbuini si spostano da un punto all’altro di una grande radura che scendiamo a perlustrare. Nessun leone qui….che Vanni desiderava tanto avvistare né elefanti che sono stati sterminati dai bracconieri. Non è certo il Masai Mara questo parco, preso d’assedio da chi ha dovuto abbandonare i villaggi dal 1976 inglobati al suo interno. Per vendicarsi quindi di non avere avuto nulla in cambio di questo esodo forzato che per molti di loro ha rappresentato un danno si dedicano all’uccisione degli animali, un modo questo di boicottare il parco stesso….così ci diceva ieri sera Moussà, il direttore del personale del lodge. Usciamo alle 18 , puntuali sull’orario di chiusura e felici dell’escursione in questo selvaggio angolo di Africa nera. Dopo la doccia veloce siamo già seduti sulle comode poltroncine artigianali, in fila ordinata sotto i fromagers davanti al fiume le cui acque sembrano immobili ora. Per un istante le tinte si accendono per poi spegnersi al calare della sera. La temperatura è perfetta ora, in equilibrio con quella dei nostri corpi che percepiscono il benessere infinito di questo momento magico. Per aumentare lo sballo beviamo un drink e….non sono i fumi dell’alcool che ci fanno vedere le scimmie salire sui tronchi di un albero mentre dietro di loro il cielo è ancora rosa delle luci del crepuscolo. Qualche urlo e molte code arricciate in movimento mentre gli ippopotami rumoreggiano godendosi il loro bagno. Una serata indimenticabile con molte stelle e mezza luna.
15 Febbraio 2008
PARCO NIOKOLO KOBA
Dopo una mattina di sesso sfrenato la decisione di restare è unanime…perché lasciare tanto presto un paradiso come questo? Sarà difficile lasciare questa vista meravigliosa sul fiume e proprio per questo ieri sera sull’onda dell’entusiasmo abbiamo raccolto qualche informazione relativa alla vendita di terreni qui in zona. Moussà ci ha spiegato che lo stato dà in concessione per 99 anni il terreno ad un costo che dovrebbe dirci questa sera. L’idea di avere una casa sul fiume non è male. Rimaniamo a contemplarlo qui all’ombra dei possenti fromagers, schiacciati dal caldo torrido del primo pomeriggio, poi alle 16.30 paiamo con Mohamed per una balade sul fiume. Lui è al timone a barra, io e Vanni a sedere sulla traversina al centro della piccola imbarcazione. Certo indossare i giubbotti di salvataggio con questo caldo è una mezza tortura, ma di toglierli non se ne può nemmeno parlare. Poco dopo la partenza le acque poco profonde del fiume impongono a me e Vanni di scendere per proseguire a piedi fino al capo opposto dell’isoletta, mentre Mohamed prosegue pagaiando attraverso le secche. Certo chi lo avrebbe immaginato osservando il fiume dal lodge ….la portata d’acqua sembrava diversa, invece eccoci, naufraghi sull’isolotto pieno delle impronte fresche degli ippopotami. Difficile che io abbia paura, ma qui mi si gela il sangue quando vedo le impronte enormi di quegli animaloni aggressivi…e se dovesse sbucarne uno all’improvviso? Le dimensioni delle orme non incoraggiano a proseguire la passeggiata a cuor sereno, anzi l’idea di dover passare ancora da qui al ritorno ci inquieta non poco. Ma che strana la mente umana…non ho avuto paura davanti ad un elefante che agitava le orecchie con fare minaccioso, e nemmeno di fronte alle orme degli orsi in Canada, ma qui è un’altra cosa. Torniamo finalmente a bordo, dopo che un ragazzo nero, statuario e vestito delle sole mutante, aveva aiutato il nostro marinaio a superare una rapida sassosa controcorrente. Non si capisce da dove sia sbucato, forse da un documentario sulle tribù africane di Alberto Angela? Proseguiamo ancora un po’ lungo il fiume sempre più asciutto, vedendo uccelli belli e variopinti, Mohamed ha un nome per tutti loro…non so come faccia a ricordarseli. Il Martin Pescatore, il Pluvian d’Egitto, l’Ibis, Il merlo metallique, il Guepier a gorge rouge, il Rollier d’abissinia poi i Cormorani ed altro ancora. Un ghepardo morto sulla riva del fiume cattura l’attenzione di Vanni che subito chiede se può averne la pelle. Poco oltre un grosso tronco sbarra il passaggio, la nostra balade termina qui, con Mohamed che vira di 180° spingendo la prua ad occidente, ancora una passeggiata tra le orme spaventose e poi al lodge per l’ aperitivo aspettando il tramonto e con esso le scimmie. Ogni sera sembra di vedere “il libro della giungla”. Pochi passi e siamo sotto l’ampio makuti aperto verso il fiume, il nostro tavolo è pronto. Moussà arriva con le informazioni che gli avevamo chiesto, si siede al nostro tavolo ed inizia a parlare. Il terreno costa 20.000 CFA l’ettaro, circa 30 € per uso residenziale, più altri 30.000 per la lottizzazione e la registrazione del progetto. E’ il consiglio della comunità rurale, di cui lui è membro, a decidere se vendere o no il terreno, quindi in caso di risposta affermativa la pratica passa alla regione e poi allo stato. Con un piccolo investimento di circa 3.000 € si possono acquistare i diritti per un secolo di 10 ettari d’Africa….una bazza! Dopo la cena, gustosa come sempre ed accompagnata da un buon bordeaux torniamo di nuovo sulle poltroncine sul fiume, questa volta ad ascoltare gli animali e guardare le stelle …alle 10 mi si chiudono le palpebre per il sonno, quest’Africa mi ha rilassa così tanto da avermi fatto recuperare i naturali ritmi di sonno e veglia.
16 Febbraio 2008
PARCO NIOKOLO KOBA
Ci svegliamo solo alle nove, quando già dovremmo essere all’appuntamento con Moussà che si è offerto di accompagnarci a vedere un terreno che potrebbe piacerci. Abbiamo voluto andare a vedere più per sognare ad occhi aperti che per una vera intenzione di comprare qui….anche in questo caso abbiamo le stesse opinioni noi viaggiatori tarantolati….perchè fermarsi da qualche parte, quando ancora non si è visto tutto, ma proprio tutto il pianeta? Dopo pochi chilometri di strada asfaltata Moussà ci indica di deviare per una sterrata che inoltra fra la vegetazione verso il fiume. Alla fine di un ampio terreno piantumato ad aranci e manghi ci fermiamo, salutiamo il proprietario del frutteto e con lui andiamo verso un primo appezzamento che però non ci fa impazzire….inseguendo il nostro sogno noi vogliamo più alberi ad alto fusto …siamo così innamorati di questi fromagers che ne vogliamo almeno uno sul nostro terreno. Ci spostiamo sull’altro lato del frutteto e vediamo finalmente qualcosa di più rispondente alla nostra idea. Molti alberi ad alto fusto ed un paio di fromagers e….cosa rara qui, una piccola montagna di rocce duecento metri più a monte….insomma proprio un bel posticino! Per continuare a sognare chiediamo a Moussà quanto costa costruire qui, per esempio una casetta come quella nella quale dormiamo al lodge. Due sacchi di cemento, più 30.000 CFA di manodopera. La cosa che costa di più sono gli impianti, ma si tratta comunque di cifre ragionevolissime, ed anche lo stipendio per una coppia di custodi che vivano qui con noi tutto l’anno è di 35.000 CFA al mese a testa, quindi in totale 100 € al mese per tutti e due….1200 € l’anno. Insomma davvero poche migliaia di euro ci separano dalla realizzazione del sogno di vivere sul fiume Gambia, in una delle aree più depresse del Senegal, sogno che però non ci interessa per il momento realizzare. Certo se il costo della realizzazione dei sogni fosse sempre così modesto, potremmo realizzarli sempre tutti! In questa regione sono musulmani, ma c’è qualche cristiano. Le donne non vestono in modo castigato come altrove ma mostrano oltre ad ampi sorrisi, anche le gambe fino al ginocchio e le spalle….con una certa civetteria che le rende meravigliose. Insomma tutto tranquillo da quel punto di vista, almeno per ora. Dopo la visita Moussà ci chiede di accompagnarlo a casa sua, nel villaggio. Vuole salutare la sua famiglia e vedere se tutto a casa procede bene. In prossimità del villaggio di Dialakoto deviamo inoltrandoci tra le piccole case coperte a capanna e la capanne tout court. In fondo al sentiero ci fermiamo. Siamo arrivati. Un gruppo di donne si alternano al mortaio spingendo con forza lunghi bastoni dentro un contenitore di pietra dove stanno macinando il mais. Hanno il sorriso sulle labbra mentre faticano nel caldo torrido di quest’ora….anzi ridono proprio a crepapelle quando le salutiamo e non capisco se sia per una momentanea crisi isterica o se perché ci trovano ridicoli. Opterei per un misto di invidia e benevolenza. Entriamo nel cortile vero e proprio sul quale si affacciano gli edifici in muratura della proprietà. Il padre di Moussà, che ha 83 anni, ma è ancora in gran forma, ci stringe la mano e ci invita a sederci all’ombra del grande mango cresciuto al centro del cortile. Ci sono molti bambini qui, di Moussà e di suo fratello che vive qui, eppure mancano quelli che sono abbastanza grandi da essere a scuola. Il più piccolo dei presenti si accomoda sulle ginocchia di Vanni ed inizia a giocare con lui. Difficile stabilire chi dei due si stia divertendo di più ! La scuola è obbligatoria per 13 anni. La scuola statale dà istruzione gratuita dai 7 ai 20 anni….I primi anni i bambini frequentano anche alla scuola coranica, dove imparano l’islam, mentre la scuola statale li istruisce sul modello della cultura occidentale o francese, come la chiamano loro. Lo stato provvede all’istruzione fornendo le aule e gli insegnanti, ma i libri le penne ed i quaderni sono a carico delle famiglie, così come le tasse d’iscrizione. In questo modo la scuola rimane la prerogativa dei bambini le cui famiglie possono sostenere queste spese, di molti ma certo non di tutti….ed il tasso di scolarizzazione nei villaggi della brousse è ancora molto basso. Dopo una mezz’ora di giochi e chiacchiere lasciamo la famiglia e torniamo nel centro del villaggio dove dovremo parlare con il presidente della comunità rurale per quel terreno, certo una presentazione del tutto informale, tanto per farci conoscere anche da lui. Moussà ci inizia alle usanze di qui, per le quali è importante, anzi fondamentale, il contatto diretto tra le persone che andranno a decidere od a concludere una compravendita anche a titolo preventivo. Insomma vogliono poter guardare negli occhi le persone alle quali affideranno una parte del loro territorio. Il presidente è in viaggio però, e nel piccolo cortile che dà sulla strada ci sono solo giovani donne, mogli e figlie del presidente, tra i rifiuti e le pareti annerite delle casette che un tempo dovevano essere azzurre. In piedi o sedute per terra tra i polli ed i pulcini sembrano in attesa di qualcosa. Già che siamo in centro cerco il detersivo in polvere per i miei piccoli bucati in hotel …quando riesco a trovare un tappo nel lavandino. A volte è meglio fare da soli. Qui al lodge per esempio, le cose che sono tornate dalla lavanderia hanno ancora le macchie di prima, solo un po’ scolorite e non profumano affatto di pulito. Certo l’acqua del fiume in secca non deve essere il massimo in questo senso anche se depurata e di lavatrici non si parla neanche in un posto dove l’energia elettrica viene erogata solo poche ore al giorno da un generatore e dove il “fatto a mano” costa decisamente meno. Ma torniamo al negozio, dove trovo comode buste monodose e del sapone per bucato di colore marrone, fatto ancora come si faceva una volta. Vedo poi in alto su uno scaffale un grande contenitore trasparente pieno di Ciupa Ciupa, l’ideale per i bambini di Moussà. Torniamo a portarglieli e nel cortile si spalancano meravigliosi sorrisi, compreso quello di Moussà che non deve avere avuto spesso la possibilità di donare dalle sue stesse mani ai figli delle cose così inutili quanto buone. Lui da persona buona e generosa ne distribuisce anche ai vicini di casa e ne porta un po’ con sé per i dipendenti del lodge…ci piace questo Moussà. Almeno quanto Omar, il cameriere del bar dal quale ieri sera abbiamo comprato una musicassetta, la sua preferita alla quale ha rinunciato. La stavamo ascoltando seduti al bar prima della cena e piaceva molto a Vanni. L’ha ceduta davvero a malincuore nonostante gliela avessimo pagata più del doppio del suo prezzo. Come lo capisco, sono anch’io come lui. Oggi in paese Moussà si ferma poi a cercare quella stessa cassetta di Tiken Jah Fakoly per Omar….scoppiamo a ridere tutti e tre! Ma la musicassetta non c’è qui al negozio…chissà come ci rimarrà male…finirà per considerare tutti gli europei come dei capricciosi incontenibili, ma lui non sa che non sono tutti come Vanni! Torniamo al lodge verso le 13 con un nuovo passeggero a bordo. E’ la moglie del fratello che lavora qui. Indossa un vestito di raso azzurro che sembra da sera, una pochette di finto coccodrillo tra le mani ed una parrucca di capelli castani lisci che prima Vanni aveva visto abbandonata su una sedia del cortile. Cosa non si farebbe per sembrare più belle… indossare una parrucca con questo caldo deve essere un supplizio!…e non la rende affatto più bella, solo irriconoscibile. Valle a capire queste donne dai corpi statuari, i seni abbondanti, la pelle che sembra velluto, e che si imbruttiscono inseguendo un modello di bellezza che non gli appartiene. Ci fermeremo ancora qui al Wassadou, per osservare un altro piccolo miracolo, il tramonto di oggi e le stelle che arriveranno poco dopo.