13 Dicembre 2009

BOLOGNA – MIAMI

La lunga fila al check-in Lufthansa ci sveglia come una doccia fredda. Nonostante le poche ore di sonno la tensione ci fa rinvenire dal torpore delle cinque del mattino proiettandoci nella terrificante possibilità di perdere il volo per Francoforte. Possibilità sottolineata dalle due hostess ai desk che incitano la folla ad utilizzare le macchinette del check-in automatico che però non funzionano. Dopo un’oretta, svegli come grilli nonostante lo scampato pericolo ci accomodiamo sulle poltroncine di bordo, per poi abbandonarci con un sorriso sulle labbra alla pressione del decollo che sembra schiacciarci contro gli schienali…. La bella sensazione di libertà che ci dà volare verso Miami ci rende felici e ci proietta con entusiasmo sulla nostra sesta tappa americana che ci vedrà raggiungere il Messico e poi il centro America dopo un relativamente lungo soggiorno a Miami…. che piacevole città! I programmi per il proseguimento del viaggio sono come sempre vaghi….come una promessa che sappiamo non manterremo. Abbiamo già goduto a lungo del Messico un paio di anni fa…. certo ci farebbe un gran piacere tornare in Baja California per un saluto a Paolo e Catia e per godere della bellezza delle coste selvagge e dei giardini di Cactus per non dire delle mangrovie o le palme che fanno da sfondo all’oceano intensamente blu. Quando poco dopo le 14 arriviamo all’aeroporto di Miami siamo ancora immersi nei nostri sogni, il cielo è azzurro e la temperatura estiva. Ci liberiamo velocemente degli strati di lana ancora aderenti alla nostra pelle mentre sostiamo in coda alla lunga fila che precede lo scrupoloso controllo di polizia. Lasciamo per l’ennesima volta in archivio le impronte digitali delle dieci dita rilevate elettronicamente e le fotografie dei nostri visi stanchi immortalati dalla mini telecamera sferica discretamente posizionata sul separé di vetro di fronte a noi. Piccola soddisfazione in barba al disagio arrecatoci, nonostante tutti i controlli e la dichiarazione firmata che non importiamo alimenti o altro, Vanni riesce a farla franca con il vasetto di tartufi per Pierpaolo che nonostante l’odore intenso passa tranquillamente la dogana e poi la grande porta a vetri dell’uscita. Finalmente accettati dal sistema americano ci tuffiamo con piacere nella precoce estate che ci accoglie, negata solo dalla data sul calendario. Sfrecciamo a bordo del taxi attraverso la città e poi sull’ampia baia disseminata di isolette dove le belle ville con pontili si mimetizzano tra la vegetazione lussureggiante dei giardini. Che piacere essere di nuovo qui! Non è della stessa opinione il mio sposo che forse solo per via della stanchezza mi stoppa dicendo che a lui Miami non è mai piaciuta…. mettendo così le mani avanti circa la durata del nostro soggiorno qui nell’eterna lotta tra il mio voler restare per assaporare i luoghi nei quali arriviamo ed il suo sistematico desiderio di ripartire immediatamente. Il condominio “Rimini Beach” sulla Collins Ave è esattamente come lo avevamo lasciato 15 mesi fa ed anche Pierpaolo non sembra aver avuto variazioni sostanziali… Ci accoglie con l’entusiasmo di chi è appena uscito da una pennichella bruscamente interrotta e noi siamo sempre più a pezzi. Ci accomodiamo per due chiacchiere nel suo accogliente appartamento al terzo piano e poco dopo raggiungiamo il vicinissimo Hotel Plaza Howard Jonson dove ha prenotato per noi una camera con vista all’ultimo piano che senza troppi fronzoli contiene però tutto il necessario…. compresa la bella vista su South Beach e sui lontani grattacieli della downtown e poi sulla spiaggia accanto a noi e l’Oceano ora illuminato appena da un fantastico tramonto. Che bello essere qui, ripeto incessantemente tra me … nella rilassatezza di Miami, così accogliente e discreta, così bella e poliedrica. Alle 18.30 il cielo è completamente nero mentre la skyline si incendia delle luci emanate dagli edifici…. stesi sui nostri letti a riposare, trattenendoci dal chiudere gli occhi per non piombare nel sonno, aspettiamo l’ora di cena…. per nulla al mondo ci perderemmo il fantastico brodo con quadrettini di pasta di Pierpaolo! Quando poco dopo lo raggiungiamo ci accoglie con il calore di un tempo e ci coccola con una cena squisita e romagnolissima a base di brodo, lesso e la piadina preparata da una vicina di casa pesarese. I racconti del nostro recente viaggio in Asia si susseguono nel corso della serata senza mai interessarlo davvero molto, ma Vanni difficilmente si contiene una volta lanciatosi nei suoi resoconti e così Pierpaolo devia presto la conversazione sullo stato di salute di Jimmy, parcheggiato sulla terrazza al piano rialzato. Ha una gomma a terra ed il motorino di avviamento da sostituire. Il vederlo non mi emoziona….come se tutto il viaggio di un anno fa da Labrador City a Miami lo avessimo fatto a piedi anziché sui suoi comodi sedili. E’ come se non lo avessimo mai perdonato di essersi sostituito alla nostra amata ma ahimè distrutta Carolina. Per via degli occhi che non riescono più a stare aperti, poco dopo le nove ci congediamo da Pierpaolo e raggiungiamo a piedi il vicinissimo hotel al cui nono piano i nostri comodi letti ci accolgono per il meritato sonno.

14 Dicembre 2009

MIAMI

Il vantaggio delle sei ora di fuso orario ci consente di vedere il sole sorgere dietro la tavola scura dell’Oceano inquadrato nella vetrata della nostra camera. Tanto meraviglioso quanto inusuale per noi gufetti mai svegli prima delle undici… i sorrisi tornano sui nostri visi riposati e felici ed anche Vanni non sembra poi così dispiaciuto di essere qui, ed aspetta fremente le otto per uscire e dedicarsi alla messa su strada di Jimmy senza il quale siamo bloccati qui…. sulla spiaggia di Surfside. Esco anch’io poco dopo, per sdraiarmi sulla sabbia chiara ancora umida della notte e per immergermi nelle acque troppo fredde dell’Atlantico….una leggera brezza soffia da Nord portando con se i gabbiani che volteggiano giocandovi. Solo poche persone sono stese sulla lunga lingua di sabbia sul fondo della quale emerge come una quinta lontana un gruppo di grattacieli….là dove la costa piega formando una lieve baia. Qualche grosso nuvolone smorza la luce abbagliante di questa mattina d’inverno ed interrompe il pizzicore del sole sulla mia pelle chiarissima. Considerando quanto i dermatologi sconsiglino di esporsi ai raggi solari, mi concedo queste poche ore come una piacevole trasgressione che mi riempie di energia. Sembra passato un secolo dall’ultima volta…. proprio qui a Miami in compagnia di Chiara che già mi manca. Il piacere del mare ed il sole e la spiaggia mi riporta indietro a tutte le estati della mia vita. Nel primo pomeriggio Vanni torna vittorioso…. ha trovato un appartamento disponibile proprio sopra a quello di Pierpaolo e lo ha affittato fino al primo gennaio per 1500 $. Era stato proprio Pierpaolo ad indirizzarlo verso l’agenzia immobiliare che si occupa di locazioni anche per brevi periodi…. dopo averne visti un paio in zona Vanni è rimasto piacevolmente sorpreso nel ritrovarsi a vederne uno al Rimini Beach sul quale la scelta è ricaduta senza esitazioni. Elvira, la vicina di casa di Pierpaolo che lavora all’agenzia, ce lo subaffitterà illegalmente per far quadrare il suo bilancio familiare, come ci fa notare Nemo, il portiere cubano che l’anno scorso ci aveva procurato l’appartamento lercio del decimo piano e che ora sentendosi tagliato fuori oppone una leggera resistenza.
La seconda buona notizia è che Jmmy sarà pronto domani mattina, dopo di che saremo liberi di spaziare nei quartieri della città, dalla bella South Beach a Surfside, da downtown a Coral Bay tra una puntatina in spiaggia e l’altra. A parte tutte queste entusiasmanti novità ciò che più a colpito Pierpaolo e Vanni è la bellezza di Elvira a casa della quale ci trasferiremo domani. Il termine “figona” che entrambi hanno usato per definirla non lascia ombra di dubbio….ed ha suscitato in me la gran curiosità di conoscere la dea venezuelana. Il centro commerciale “Bal Harbour” sulla Collins Ave è un luogo nel quale è sempre piacevole fare due passi osservando le vetrine che espongono le griffe internazionali più prestigiose che occupano i due piani dell’elegante edificio a corte che si articola attorno ad un curatissimo giardino con fontane e vasche d’acqua. Lo raggiungiamo a piedi dall’hotel con una passeggiata di un paio di chilometri attraverso la strada pedonale che costeggia i grandi e recenti condomini sorti a ridosso della spiaggia. Al riparo dal traffico della caotica Collins che corre parallela oltre la barriera di edifici camminiamo tranquilli, gustando la leggera brezza che soffia costante da questa mattina. Tra i giganti di vetro e cemento vista mare vediamo come incastrati alcuni bassi edifici risalenti ai primi decenni dello scorso secolo, del tutto analoghi ai loro coetanei di South Beach dove il decò americano si è espresso in molti bellissimi edifici colorati nelle tipiche tonalità pastello. Anche in questi pochi esemplari che stiamo osservando lungo la spiaggia leggere pensiline e marcapiani giocano creando geometrismi eleganti che inglobano le finestre dai sottili profili metallici nei divertenti disegni di facciata. Il Mall di Bal Harbour è in versione natalizia con sobri decori piuttosto d’effetto come gli alberi conici costituiti da decine di stelle di natale e le renne create con filo di ferro bianco e risplendenti di lucine. Conquistati entrambi da una scultura esposta in una galleria d’arte atterriamo poi da Adrianas, il vicino ristorante che coniuga piatti di cucina internazionale ed aromi peruviani in un mix che ci stuzzica.

15 Dicembre 2009

MIAMI

Vanni si prepara in fretta e con mezz’ora di anticipo è pronto per affrontare la “figona” che raggiungiamo insieme all’appartamento del Rimini Beach. Piuttosto delusa dall’aspetto fisico di Elvira, ma contenta dell’appartamento piacevolmente arredato e dotato di ogni confort, ne prendo possesso mentre Vanni approfitta di un passaggio per raggiungere l’officina e prendere Jimmy. Con il passare delle ore qualche difetto emerge….come il rumore che arriva dalla Collins ave, compensato però ampiamente dalla libertà che ci da poter uscire scalzi ed in costume da casa per raggiungere la spiaggia a due passi dal portone… Ci preoccupa invece leggermente quello che ci dice Nemo, il portiere cubano…. Elvira non è la proprietaria dell’immobile ed il subaffitto è vietato dal regolamento condominiale che solo lui può evidentemente infrangere…. come fece l’anno scorso, chiedendoci 450 $ in cambio dell’uso per una settimana di un appartamento non suo e sporchissimo al decimo piano. Lo avrà detto per scucire una mancia in cambio del suo silenzio? ….probabile, ma non cediamo! Quando Vanni rientra mi raggiunge in spiaggia dove rimaniamo a goderci il sole ormai tiepido di metà pomeriggio e la vista del mare blu solcato da qualche motoscafo lontano. Una formazione di gabbiani si alza improvvisamente per evitare il profilo alto di un edificio sulla sua rotta. Non c’è più nessuno quando rientriamo a casa, la spiaggia ora è deserta, ma sulla stradina di sabbia compatta che si snoda parallela sono molti gli sportivi che corrono all’ombra degli edifici. Anche noi percorriamo la pista a piedi fino al supermercato dove facciamo rifornimento per la colazione di domani…. l’ipotesi di un frullato di frutta fresca a South Beach essendo sfumata perché Jimmy non è ancora assicurato.

16 Dicembre 2009

MIAMI

Mi godo la spiaggia semideserta in compagnia del mio libro sulla vita di Frank Lloyd Wright fino al tardo pomeriggio quando Vanni torna dopo ore di lotta spese nel tentativo di assicurare Jimmy. Scopro così che le compagnie assicurative della Florida non possono emettere polizze per auto che non abbiano la targa di questo stato….questa la laconica risposta sempre propinata dagli impiegati a Vanni che si presentava negli uffici delle compagnie con la targa canadese di Jimmy in mano. Solo infine alla All Stars la zelante impiegata riesce a trovare l’ escamotage giusto….stipulando una polizza di quattro mesi ci sono trenta giorni di tempo per fare la revisione ed ottenere in seguito la targa della Florida. In questi trenta giorni l’auto è comunque coperta da assicurazione….. perfetto! Potremo rimanere in Florida trenta giorni…. del resto non era nei nostri progetti rimanere oltre. E’ davvero un problema qui negli Usa come in Canada stipulare una polizza Rc auto se non si è cittadini residenti e con targa adeguata…. il motivo di tante complicazioni sfugge, a meno che non gli si voglia attribuire attribuire la necessità di un controllo sistematico degli individui non statunitensi muniti di auto propria. Contenti della ritrovata libertà di movimento, a bordo del nostro Jimmy assicurato e tirato a lucido andiamo subito a fare un bel giro a South Beach, il quartiere più votato al turismo di tutta la città, nonché culla del decò americano che qui si è espresso nelle volumetrie discrete dei bassi edifici color pastello tra i quali ci troviamo a passeggiare piacevolmente. Mentre la luce va scomparendo lasciando un lieve bagliore ad Ovest, i tubi al neon colorati evidenziano le speciali geometrie dei prospetti ed i tanti bar e ristoranti sulla Ocean drive. Sull’altro lato della strada file di palme segnano la spiaggia piegandosi al vento sostenuto di questa tiepida serata. Ci fermiamo per un drink in uno dei piacevoli salottini collocati sulle terrazze che precedono l’hotel Tides e mentre cerchiamo di ripararci dal vento sprofondando sempre più nei divani, gustiamo gli ottimi Guava Mojito dal piacevole sapore di frutta e chiacchieriamo felici tra un bacetto e l’altro facendo anche qualche ipotesi sul ristorante di questa sera. E’ Pierpaolo infine a risolvere il dilemma riproponendoci con una telefonata il fantastico sushi sulla 71° street che l’anno scorso ci aveva conquistati per l’originalità del servizio e la bontà delle portate. Il Katana Japanese restaurant, 920 – 71° st. tel. 305 864 0037 ci conquista ancora….anche per la bellezza del cuoco orientale che con il capo coperto da un alto cilindro di tessuto nero sembra appena uscito da un film di Kurosawa. Dopo una decina di minuti spesi ad aspettare che uno spazio libero attorno al bancone, godiamo dell’atmosfera underground di questo ex garage tutto dipinto di nero nel quale risaltano i colori dei filetti di pesce crudo ed il bianco del riso. L’escalation di note positive della giornata finisce con l’amplificare la familiarità con la città che ci accompagna da quando siamo atterrati ….. la sensazione è paradossalmente quella di essere tornati a casa.

17 Dicembre 2009

MIAMI

Il cielo grigio della mattina degenera in un nubifragio persistente per tutta la giornata che trascorriamo in compagnia di una coppia di amici di Vanni nella sofisticata Palm Beach, un centinaio di chilometri a Nord di Miami. Le chiacchiere fitte con Angela seduta accanto a me finiscono col cancellare tutto ciò che scorre fuori dai finestrini lungo le 66 miglia di strada che percorriamo per raggiungere l’obiettivo. Scopriamo di avere una passione comune per l’arte e l’architettura e finiamo col ricordare alcune delle tante opere contemporanee viste nei musei americani nel corso dei nostri rispettivi viaggi. Stimolate dalla complicità che ora ci lega facciamo progetti su eventuali prossime visite ad alcuni dei più begli edifici di Miami che lei conosce e che a me erano sfuggiti nel corso del nostro soggiorno dell’anno scorso. La sete di reciproca conoscenza non si sopisce nemmeno una volta giunte al ristorante Taboo sulla sofisticata Worth avenue nel quale ci rifugiamo appena arrivati per sfuggire alla pioggia che continua a scendere copiosa. Ci accoglie l’atmosfera avvolgente delle sale affollate di americani seduti a pranzare. Angela e Maurizio che da anni trascorrono gli inverni qui a Miami conoscono tutti i luoghi più piacevoli della Florida compreso l’esclusivo quartiere di West Palm Beach che raggiungiamo poco dopo e che Angela vuole mostrarci per la bellezza delle alte siepi che circondano proteggendole da sguardi indiscreti le ville miliardarie spesso in stile neoclassico che fanno di questa località una delle più esclusive mete della Florida. Sagomate a formare alti bastioni verdi, le siepi si aprono in ampi portali in corrispondenza dei cancelli di ingresso che lasciano intravedere gli edifici patinati ed i giardini curatissimi. Impossibile scendere a fare due passi….ci accontentiamo di un giro in auto a velocità ridotta lungo le strade bordate di verde del quartiere mentre fuori il vento soffia forte soprattutto in prossimità del mare increspato di onde. La cura quasi maniacale dei giardini e delle siepi ci fa pensare con un sorriso al business dei giardinieri locali che senza dubbio saranno tutti ampiamente benestanti. la varietà delle barriere verdi ci sorprende con performance degne di Versailles, dove le spesse siepi sono sagomate in alto in un susseguirsi di grandi sfere o parallelepipedi….altre sono doppie ed uno scalino in alto ne giustifica il diverso colore, altre ancora sono ravvivate alla base da file di piantine fiorite, poi ancora vegetazione a losanghe che creano disegni a graticcio sui muri di cinta. Sazi di siepi lasciamo il quartiere per tornare sulla Worth Ave dove approfittando del clima migliore ci concediamo una passeggiata inseguendo le vetrine delle firme più esclusive e raggiungendo infine una galleria d’arte completamente dedicata ad Andy Wharol, la Contempogallery che trova posto in una delle corti interne dal sapore messicano che si aprono sulla strada principale. Lasciamo Palm Beach nel tardo pomeriggio per rientrare tra le strade allagate di Miami beach….. il seminterrato dove Jimmy era parcheggiato è stato fortunatamente risparmiato.

18 Dicembre 2008

MIAMI

Il cielo ancora nuvoloso di oggi allontana il progetto di una bella nuotata ottimisticamente ipotizzato questa mattina quando appena svegli non avevamo ancora divaricato le tende della camera per osservare il grigiore nel quale eravamo immersi. Ne approfittiamo per fare un giro con Pierpaolo in vena di acquisti…. ci spingiamo così verso Nord attraversando alcuni pittoreschi quartieri ritagliati nelle terre emerse che si susseguono oltre la punta di Miami beach in un articolato gioco di ponti, specchi d’acqua ed isole che caratterizzano l’intera fascia costiera della città e che la rendono così speciale anche dal punto di vista della morfologia del suo territorio. Qui le terre emerse dialogano costantemente con il mare che vi si insinua in baie e canali moltiplicando la linea costiera all’infinito. Pittoreschi porticcioli sono sparsi un po’ ovunque e la vegetazione sempre accompagna gli insediamenti abitativi non perdendo mai di vista il dialogo con la natura. Raggiungiamo il parcheggio del centro commerciale miracolosamente non allagato come gli altri visti arrivando ed entriamo per il necessario acquisto di un computer da viaggio per Vanni che ormai considera internet un amico inseparabile, e tende bianche per il soggiorno troppo cupo di Pierpaolo. Sulla via del ritorno una sosta al supermercato vicino a casa preannuncia la cena di questa sera che si trasforma grazie alla scelta musicale di Pierpaolo che seleziona il meglio dal suo Ipod, in una delle serate danzanti più divertenti degli ultimi tempi. La nostra voglia di ballare esplode questa sera sulle note dei brani topici della Baia degli Angeli negli anni ’70. Le note di “do you know do you wonna know it” finiscono con l’immergere il terzo piano del Rimini beach in un’atmosfera psichedelica e magica che ci fa sognare…..serata a 5 stelle!

19 Dicembre 2009

MIAMI

Il sole di oggi non riesce a compensare la caduta termica di alcuni gradi che ha accompagnato il maltempo dei giorni scorsi, ma ci consente di fare una bella passeggiata lungo la spiaggia. Un paio di foto agli edifici decò sopravvissuti alla edificazione degli alti condomini talvolta piacevoli lungo la costa ed è già ora di raggiungere Angela e Maurizio al 2201 Collins Ave dove ci hanno dato appuntamento. La generosità di Angela nel condividere i luoghi che ama perché fashion e modaioli oltre che allestiti dai designer più in voga del momento, ci consente di godere del foyer, della piscina e del living room del “W Hotel” inaugurato in seguito alla ristrutturazione recente dello scorso luglio. Mentre ci aggiriamo tra le sale immagino come doveva essere l’atmosfera di questi spazi sofisticati in occasione della fiera Art Basel tenutasi la prima settimana di dicembre, quando l’ordine gigante dei pilastri rivestiti di pietra bianca faceva da sfondo agli abiti chic degli artisti, dei galleristi e del jet set internazionale giunto a Miami per l’occasione. Ciò che colpisce ora degli ambienti disseminati di opere d’arte di artisti contemporanei è la verticalità dei marmi scuri che rivestono le pareti di fondo conferendo all’ambiente un atmosfera quasi templare. Non mancano citazioni decò rivisitate nei tagli a zig zag di alcuni rivestimenti marmorei e nei pannelli metallici addossati alle pareti dei salotti dove circonferenze sottili si inseguono in sequenze regolari. Salotti chiari trovano la propria intimità negli angoli appartati della pianta articolata mentre composizioni di orchidee bianche restituiscono morbidezza ai geometrismi volumetrici colloquiando armoniosamente con i toni dell’avorio e del nero che caratterizzano incontrastati gli ambienti interni. Uniche note di colore i miei pantaloni variopinti ed i jeans arancioni di Vanni che spiccano sui toni scuri dello sfondo. Mentre Maurizio e Vanni tergiversano chiacchierando nel foyer d’ingresso io ed Angela ci spingiamo in esplorazione fino alle vasche d’acqua circondate da salottini ora deserti appena visibili per via delle luci estremamente soffuse degli spazi esterni. Indecisi se fermarci per un aperitivo decidiamo di andare direttamente al “Joe’s Stone Crab restaurant” sulla Biscayne street dove Angela è riuscita a strappare una specie di prenotazione per le otto. La fila di persone che attendono di entrare è piuttosto lunga e pare che tutti abbiano prenotato esattamente come noi….ma dopo una decina di minuti troviamo posto nella saletta adiacente l’ampia sala principale straripante di persone sedute ai tavoli…. stanno tutti mangiando i famosi granchi. Seduti ad un tavolo del più originale e vecchio ristorante di Miami Beach non possiamo che ordinare la specialità che lo ha reso famoso…. lo stone crab. Grande una decina di centimetri lo si pesca lungo un tratto di costa piuttosto esteso che va dal North Carolina al Belize comprese le isole di Cuba e le Bahamas. La sua particolarità è quella di avere le chele piuttosto sviluppate e che ricrescono se amputate….. insomma ciò che i pescatori fanno ai poveri granchi è una vera tortura. Per scongiurarne l’estinzione anziché ucciderli i pescatori ne strappano una delle chele che poi ricrescerà in tempi che non conosciamo. Il piatto ricolmo di chele fredde arriva al centro del tavolo, accompagnato da una salsa a base di senape che ne insaporisce un po’ i filetti altrimenti quasi completamente insapori. Delusi dopo le esaltanti esperienze della Centolla assaggiata in Terra del Fuoco e del King Crab dell’Alaska affondiamo gli anonimi filetti nella senape accompagnando generosamente con ottimo vino rosso. La serata scorre piacevole nell’atmosfera vivace del ristorante in compagnia dei nostri due amici con i quali la conversazione non ha soste per la curiosità che abbiamo di conoscerci meglio e di condividere le nostre rispettive esperienze di viaggio. Usciti poi nell’aria gelida decidiamo di proseguire la serata all’Hotel Setai dove potremmo prendere un drink digestivo rimanendo nell’ambito caro ai nostri amici, dei locali di grido del quartiere. Bellissimo anche se meno recente del “W” ci accoglie con un allestimento minimalista forse troppo deja vu, e dato che abbiamo un’altra carta da giocare ci dirigiamo senza indugio verso l’esclusivo hotel “Delano”, al 1685 di Collins ave. Costruito negli anni ’50 in stile decò ed allestito di recente da Philippe Stark colpiscono gli alti tendaggi bianchi che separano le aree del foyer e che accompagnano come un leitmotif la nostra visita fino all’ampia piscina all’aperto dal sapore vagamente magrebino forse solo per le file di alte palme che ne segnano l’asse longitudinale. Comodi sofà bianchi ne bordano il perimetro così come alcuni privée isolati da alti teli bianchi che si muovono al vento….peccato non aver scattato nemmeno una foto!

20 Dicembre 2009

MIAMI

E’ freddo, anzi freddissimo oggi…. se avessimo indossato i cappotti avremmo resistito più a lungo nella passeggiata in downtown del pomeriggio. Tra grattacieli anni ’50 ed altri più recenti di una bellezza da rivista di architettura passeggiamo veloci nell’inutile tentativo di scaldarci. E’ così diverso il fascino di questa parte di città rispetto alla tranquilla South Beach….. attraversata da importanti arterie di traffico downtown non è certo il luogo ideale dove passeggiare. Caratterizzata dalla verticalità di piacevoli edifici concentrati tra Biscayne e Brickell Ave, a ridosso dell’ampia baia che la separa dall’isola di Miami Beach il quartiere è visibile come un faro da ogni angolo della città. Un edificio in particolare mi conquista…. è un enorme parallelepipedo grigio segnato da evidenti marcapiani orizzontali che ne rallentano la spinta verticale. In alto un setto rettangolare arretrato rispetto al filo della facciata è colorato a macchie azzurre, rosse e grigie così come le possenti colonne tortili del piano terra. Ho la sensazione di averlo già visto tanto tempo fa, forse immortalato nelle pagine di una rivista di architettura quando ancora era solo un bel progetto da realizzare. Attraversando un giardino pubblico che si protende sulla baia osserviamo le tre enormi navi da crociera ormeggiate alla banchina lontana del porto e le centinaia di motoscafi affollati attorno ai pontili di legno del porticciolo davanti a noi. A giudicare dalla densità dei natanti presenti in questa città così visceralmente legata al mare si direbbe che almeno un terzo dei suoi quattro milioni di abitanti ne possieda uno….una città di marinai insomma! Ci spingiamo passeggiando fino all’ “Arena America Airlines” dove la folla in attesa di entrare presuppone che vi si svolgerà una partita di basket. Costituito da alti setti bianchi flessi a creare il volume cilindrico, l’edificio ha un enorme pannello in entrata i cui led restituiscono le immagini di una partita già giocata. La rivediamo sfilare anche poco dopo sulla nostra sinistra, quando a bordo di Jimmy percorriamo la Mac Arthur Causeway, una delle tre arterie sull’ acqua che collegano Miami beach alla terraferma. Imbottigliati poco dopo nel traffico lentissimo di Ocean Drive, la passerella di South Beach, osserviamo la vivacità che anima questa domenica pomeriggio tardi…. i bar ed i ristoranti all’aperto sono saturi di clienti così come i marciapiedi ai lati dei quali vediamo parcheggiate qualche bella auto d’epoca ed un paio di Ferrari Scaglietti che piacciono tanto a Vanni. Il nostro cigolante Jimmy non è forse all’altezza della ricca passerella di questa sera….ma percorrerà strade che quei bolidi non avranno la fortuna di toccare.

21 Dicembre 2009

MIAMI

Stretto tra la Miami Ave ed il Biscayne Boulevard il Miami Design District è un piacevole quartiere costituito da bassi edifici ed un reticolo di strade comprese tra la NE 41° e la NE 38° street. Grazie alle poche auto che vi circolano e le poche persone a passeggio perlopiù concentrate nei tavolini dei pochi bar all’aperto, vista l’ora, vi si respira una piacevole atmosfera rilassata. Uno dei ristoranti occupa parte del bell’edificio ottocentesco che conteneva gli uffici postali….lo vedremo più tardi pensiamo mentre gli passiamo di fronte. Parcheggiamo proprio di fronte ad una galleria d’arte. All’esterno una scultura di filo di ferro che ritrae una figura femminile appoggiata a terra su ginocchia e mani è fissata in una posa che la rende sexy nonostante il materiale freddo che ne definisce le forme in grovigli compatti. La vetrina della Ricart Gallery che fa da sfondo inquadra un grande dipinto indefinibilmente sospeso tra l’arte di strada e l’opera d’arte in un mix che tanto ricorda Basquiat, il grande artista newyorchese pupillo di Andy Warhol. Una tela bellissima così come altre che vediamo sbirciando all’interno della porta vetri purtroppo chiusa. Alcuni edifici del quartiere hanno il sapore della storia…. i prospetti segnati da cornici marcapiano e paraste appena accennate. I piani terra del quartiere sono prevalentemente occupati da gallerie e negozi di arredamento che talvolta ospitano i migliori prodotti del design contemporaneo…..c’è anche l’atelier Bisazza nel quale entriamo incuriositi dai maxi oggetti esposti rivestiti di mosaico color argento. Un enorme cucchiaio è appeso ad una parete nera ed una bugia enorme che contiene al centro un cero alto due metri che per le dimensioni sembra piuttosto una colonna. Oggetti di grande effetto e divertenti creati da un gruppo di designer tedeschi, ci spiega la venditrice che mi concede di scattare un paio di foto. Eccoci poco dopo entrare nello spazio interno dello storico Moore Building dove i cromatismi chiari delle assi di legno del pavimento e delle ringhiere modanate dei ballatoi si armonizzano con l’allestimento bianco del vuoto centrale nel quale elementi aerei dalle forme plastiche creano collegamenti spaziali tra i tre ordini di ballatoi. Il magnifico ambiente accoglie al piano terra i preziosi oggetti vintage esposti in allestimenti originali fatti di fogli di giornale incollati a cartoni o di vecchie assi di legno e porte inchiodate alle pareti. Tutto concorre alla bellezza di questo interno che ci rapisce così come la struttura aerea dello spazio centrale degno di una biennale d’arte. Ancora passeggiando lungo la 40° street ci fermiamo ad osservare la vetrina di una galleria dove campeggia una scultura ad anello fatta di viti e bulloni nelle tonalità ottone, nero ed argento. Sentendo i nostri commenti divertiti il gallerista italiano ci invita ad entrare mostrandoci alcune interessanti resine variopinte eseguite da un’artista colombiana che le produce sovrapponendo decine di strati colorati a macchie sgargianti che evidenziano fiori quando non texture in rilievo a creare effetti di profondità piuttosto interessanti. Ci fermiamo a chiacchierare con lui dei suoi viaggi e dei nostri. Ci scoraggia dall’entrare in Messico dagli Usa se non attraverso la California per via delle stragi che i narcotrafficanti mettono in atto nei villaggi di confine per difendere i propri laboratori ed il traffico di stupefacenti verso Nord. Ci mostra poi il catalogo del suo artista messicano preferito…. si tratta di Alejandro Santiago originario di un piccolo villaggio nei pressi di Oaxaca che vedendo svuotarsi il pueblo natale a causa della emigrazione dei suoi abitanti verso gli Stati Uniti, ha ripopolato quel villaggio di sculture di argilla…. i “Migrantes” dalle forti valenze espressive che riproducono anche per numero quei fuoriusciti . Parte della installazione sarà esposta a San Diego, ci dice. Dopo una mezz’ora di interessanti chiacchiere che hanno finito col convincerci ad andare a cercare i Migrantes in Messico, torniamo sui nostri passi e con Jimmy ci allontaniamo dal Design District spingendoci verso Sud sulla Miami Ave alla ricerca del localino Tobacco Road dove vorremmo andare ad ascoltare musica dal vivo. Si tratta di un locale storico della città risalente al primo decennio dello scorso secolo. Tutte le sere vi si esibiscono gruppi musicali che spaziano dal Jazz al Blues…. andiamo a vedere di cosa si tratta. Lo troviamo con qualche difficoltà al 626 di S Miami Ave… l’interno piccolo, anzi piccolissimo sembra sproporzionato rispetto alla metropoli nella quale è come incastrato, non so come possa contenere il pubblico nei pochi tavolini che contiene, ma mercoledì vedremo svelato il mistero…..ci sarà una serata Jazz! Stiamo risalendo la Brickell Ave quando Vanni vede sulla destra i pilastri sagomati come i volti ancestrali dei totem dell’isola di pasqua alla base di un grattacielo. Meravigliati ed incuriositi ci fermiamo per godere più da vicino di questa divertente soluzione. Le teste hanno i lineamenti appena sbozzati, come consumati dal tempo e sono di colori diversi, dal grigio all’ottone al verde. L’originale allestimento del Viceroy Hotel & Spa 485 Brickell Avenue è una delle opere più riuscite di Philippe Starck qui in città…. deve piacere molto agli investitori il suo stile trasgressivo e spiritoso. Anche qui la foresta di pilastri che sostengono le decine di piani dell’edificio sono stati mascherati, nel vero senso della parola, rivestiti di enormi maschere in materiali che ricordano la pietra sbozzata e levigata. Tutti diversi per colore e forma riproducono visi liquefatti, appartenenti a culture lontanissime da questa americana, nella quale sono calati solo come puro divertissement. Che dire degli sgabelli a forma di gnomo, ed i tavolini troppo bassi del foyer, o le luci al neon gialle e rosse che intravediamo dietro le tende…. il linguaggio di Starck è riconoscibile ma volte un pò stucchevole anche se divertente.
Ci accolgono al rientro le ottime polpette di bollito di Pierpaolo preparate in collaborazione con Vanni mentre io al piano di sopra mi esprimevo con i peperoni arrosto.

22 Dicembre 2009

MIAMI

Cielo nuvoloso ed ancora troppo freddo (23°c) per poter affrontare la spiaggia in costume. Intanto dall’Italia stretta nella morsa di gelo e neve di un inverno che si prospetta durissimo arrivano gli sms disperati di chi a fatica resiste al termometro scivolato abbondantemente sotto lo zero. Anche noi relativamente spiazzati dal maltempo approfittiamo della giornata per fare progetti sul nuovo anno che inizierà lasciando Miami…. dove andremo dopo? La voglia di estate ci proietta su méte caraibiche come Cuba, Puerto Rico oppure quelle più semplici da raggiungere con Jimmy come il Texas che nel nostro immaginario è un luogo caldo…. chi può sapere dove andremo? Passeggiando ben coperti lungo la spiaggia ventosa, mentre osserviamo l’orizzonte ondulato dove l’oceano si impenna in onde così alte da essere visibili ad occhio nudo anche se lontanissime, fantastichiamo sulle varie possibilità. Camminiamo ancora a lungo sulla sabbia ormai familiare di questo quartiere Surf Side che sentiamo nostro poi scatta la necessità di muoverci almeno per la cena rispolverando un ristorante sushi di South Beach del quale conserviamo un ottimo ricordo. Toni’s ci conquista ancora con la fantastica insalata di tonno ed avocado e gli ottimi soft shell crab. Che giornata noiosa!

23 Dicembre 2009

MIAMI

Il sole splendente ci invita ad uscire per esplorare nuovi territori…. è così che ci troviamo dopo circa quaranta minuti di auto a Coral Gable, il quartiere della città creato all’inizio dello scorso secolo per accogliere le eleganti residenze in stile neoclassico che vediamo ordinate sui due lati del Granada Boulevard, il tranquillo viale alberato verso il quale si protendono i prati all’inglese prospicienti gli edifici. L’ingresso al quartiere è segnato, sui due lati delle strade principali che lo attraversano, da bassi elementi architettonici neobarocchi…quasi a sottolineare la preziosità di questa oasi rispetto al tessuto urbano della città che chissà come doveva essere un secolo fa. Inserite nella vegetazione rigogliosa del quartiere favorita dal clima caldo e umido tipico di quest’area geografica, le ville sono talmente perfette da sembrare appena costruite ed al di là dello stile architettonico di alcune che sembrano ispirarsi all’architettura italiana dell’ ‘800, restituiscono una immagine di ordine, equilibrio e di piacevole benessere, volutamente avulso dal relativo disordine della metropoli pulsante nella quale Coral Gable è inserito. Lo stupore tocca l’apice quando iniziamo a scorgere la torre quadrata infiocchettata di pinnacoli e guglie sovrastante l’imponente Hotel Baltimore, vero plagio architettonico realizzato nel 1945. Di stile eclettico, riprende alcuni elementi della tradizione classica veneta, come le bellissime “serliane” che scandiscono le aperture sui quattro lato della torre. Di colore giallo bruno, vi spiccano i marcapiano, le cornice e tutti gli elementi aggettanti di colore bianco. La volumetria imponente fa da quinta al grande campo da golf che occupa tutta la parte Sud del quartiere. Entriamo nell’ambiente gotico della reception, rivestito di boiserie scure e coperto da un soffitto di volte a crociera con costolonature bianche che inquadrano un cielo stellato simile a quello affrescato sulle volte della basilica di San Francesco ad Assisi. Senza parole per gli eccessi di questo anacronistico interno proseguiamo verso la piscina esterna sul bordo della quale ci accomodiamo per uno spuntino. Una fila di arcate inquadrano ninfe di gesso che sembrano galleggiare sull’aqua azzurra della vasca poligonale….di fronte a noi una serie di edifici di servizio tra i quali spicca un prospetto decisamente fiorentino con elementi di pietra serena scura su fondo giallo chiaro….quella speciale tonalità che distingue come un marchio DOC la maggior parte degli edifici storici di Firenze. Usciamo dal viaggio nello spazio-tempo dirigendoci ora verso Little Havana e poi puntando sul nostro nido sulla spiaggia. La bella sorpresa di oggi è la skyline di downtown rilucente dei watt dei grattacieli che anche di notte sembrano in competizione fra loro per il miglior effetto speciale. E’ la prima volta che attraversiamo la baia di sera…. ci immergiamo nella sua oscurità lasciando Miami Beach alle nostre spalle. Tra i grattacieli che vediamo di fronte a noi ce n’è uno con un look davvero speciale …. è la Bank of America. Il suo volume ci appare come un corpo luminoso color azzurro, qua e la sparse sulla facciata enormi stelle di neve risplendono di luce bianca restituendo un meraviglioso effetto natalizio. Mai vista una decorazione più grandiosa di questa….semplicemente fantastica! L’edificio ad un solo piano del locale più vecchio della città dove ascoltare musica live è stretto tra i grattacieli che lo sovrastano circondandolo. Al 626 di S Miami Ave fin dal 1912, l’ambiente stretto e lungo del Tobacco Road ospiterà questa sera un gruppo jazz locale che si esibirà a partire dalle 22…..abbiamo appena il tempo di mangiare qualcosa nel cortile esterno dove alcuni sono seduti a bere qualcosa. C’è un solo tavolino libero quando rientriamo e la band è già impegnata nello sforzo di sovrastare il vocio degli avventori incuranti della musica piacevolmente diffusa nel locale. Quando sulla via del ritorno cerchiamo tra la foresta di grattacieli il più bello, lo troviamo spento….proprio adesso che volevo fotografarlo !

24 Dicembre 2009

MIAMI

Il vento che soffia forte dall’oceano ha spazzato via le nuvole e resa appetibile una breve sosta in spiaggia dove una leggera pioggerellina salata arriva dal mare molto mosso. Restiamo a guardare i gabbiani resi immobili dall’incontrastabile forza del vento…poi ci avviamo per una bella passeggiata lungo la riva. Il mare è bellissimo nelle sue striature verdi e azzurre e la linea dell’orizzonte sempre ondulata per gli alti marosi lontani. Che bello essere qui, ai margini di una metropoli che garantisce un contatto forte con la natura dirompente e selvaggia del mare e della vegetazione spontanea cresciuta a ridosso della spiaggia. L’appuntamento con Maurizio ed Angela al ristorante cinese del “W” Hotel è abbastanza tardi da consentirci di stappare una bottiglia di Moet a casa di Pierpaolo con la quale iniziamo ufficialmente i festeggiamenti della vigilia di Natale….la musica diffusa dal suo Ipod rende sempre speciali le visite al suo appartamento che anche ora si trasforma in una sorta di sala da ballo dove solo Vanni rimane immobile a sedere mentre guarda pietrificato, le labbra contratte in un abbozzo di sorriso, noi due scatenati. Consumiamo il secondo aperitivo nell’ambiente poco illuminato dell’elegante W dove occupiamo un comodo divano d’angolo. Attorno a noi i marmi scuri delle alte pareti ed i pannelli new-decò le cui decine di circonferenze metalliche inanellate rimandano deboli chiarori sul fondo scuro. Sulla parete di fronte una vetrinetta appesa contenente confezioni di medicinali rappresenta la fatica di un ipocondriaco artista contemporaneo. C’è una bella energia questa sera, ed una dose di stravagante eleganza nella quale anche il setter irlandese steso su un soffice tappeto bianco diventa la comparsa di questa sorta di palcoscenico. Il W non finisce di stupire per originalità….me ne rendo conto poco più tardi quando scoprirò l’espediente impiegato per rendere divertente anche la sosta in bagno…. dove la rigida separazione degli ambienti dedicati ai due sessi viene negata dal vetro leggermente satinato che unisce pur separandoli i due bagni. Avendo visto solo uomini entrando avevo creduto di aver sbagliato porta…solo dopo mi sono accorta che erano oltre il vetro! Trovo piacevole il leggero imbarazzo che può dare il gioco di trasparenze in un bagno pubblico, là dove tutti desidererebbero trovare il massimo della privacy. Avevo trovato geniali anche i bagni del ristorante Mantra di Boston dove un vetro specchiato sulla porta dava l’illusione di essere visti da chi sostava nell’antibagno. Angela pensa che sia troppo forte sentirsi in vetrina anche in bagno, io invece trovo originale ed intrigante questa insolita promiscuità visiva. La cena cinese da Mr Choux, il ristorante modaiolo del W che raggiungiamo più tardi, inizia solo alle 22 perché il tavolo prenotato per le 21 si libera con ritardo…. e solo la preziosa collezione di quadri di Mr Choux, non certo la qualità scadente del cibo può giustificare il conto esorbitante. La serata scorre piacevolmente…presa dalla conversazione con Angela, finiamo con l’interagire poco con i nostri mariti e con Pierpaolo che forse si sta annoiando molto…ma come resistere dal dedicare la conversazione alle nostre grandi passioni….arte architettura e fotografia? Quando dopo l’una rientriamo in taxi al Rimini Beach ci sorprende un incendio vicino alla spiaggia… i rigogliosi cespugli di mangrovie sono divorati dalle fiamme e la polizia è ad attendere i pompieri che speriamo arrivino presto. Con questo vento forte l’incendio si potrebbe allargare a tutta Surf Side.

25 Dicembre 2009

MIAMI

Le nostre coccole ci fanno uscire dal letto tardissimo e quando all’una Pierpaolo bussa alla nostra porta io sono appena uscita dalla doccia e Vanni si è riaddormentato. Siamo in ritardo per il pranzo di Natale organizzato come ogni anno dagli inquilini italiani del condominio “Rimini Beach”. Scendo io per prima nella sala condominiale al piano terra che si apre sulla terrazza con piscina e la spiaggia. Porto con me la ciotola di peperoni arrosto preparati espressamente per l’occasione….. un gruppetto di bambini americani sgrana gli occhi in ascensore vedendomi scendere con la pietanza in bellavista, forse non sanno del pranzo di Natale. Sui tavolini da giardino che occupano un lato della sala non c’è traccia di decorazioni natalizie…. e soprattutto mancano i cuochi ancora alle prese con la cottura dell’agnello e dell’oca farcita ma i partecipanti, quelli che mangeranno i manicaretti, sono già tutti presenti. Poiché il tempo sta migliorando usciamo sulla terrazza per qualche chiacchiera di reciproca conoscenza che sfocia poco dopo in un lieve diverbio con uno degli ospiti sul tema della caccia. Risolviamo brevemente il battibecco perché due ragazze appena arrivate attirano la nostra attenzione… sono cubane, bellissime e parlando italiano si integrano velocemente nel gruppo. Bambini, genitori anziani arrivati qui a Miami per un saluto ai figli residenti, simpatici signori con le loro mogli, infine arrivano anche Vanni e Pierpaolo con i cosciotti d’agnello appena sfornati…per fortuna ci sono le patate al forno, e qualcuno ha pensato anche al pesce! Sparpagliati in piccoli gruppi diamo inizio al pranzo, leggermente esclusi dalla conversazione di chi si conosce da tempo, poi troviamo anche noi il nostro interlocutore… un signore italiano che per lavoro ha viaggiato in Asia Centrale. Iniziamo così a viaggiare tutti e tre ripercorrendo con il ricordo le avventure della scorsa estate…. A metà pomeriggio dopo una breve puntatina in spiaggia a rilassarci stesi sulla sabbia, è pronto il pesce al cartoccio cotto sul barbecue…una squisitezza che allungando i tempi del pranzo lo fa sembrare piuttosto una grande abbuffata. Va da sé che saltiamo la cena e non usciamo nemmeno per due passi…. insomma anche in assenza ti atmosfera natalizia seguiamo il copione stereotipato della giornata tradizionalmente casalinga… e non usufruiamo nemmeno della classica serata al cinema…troppo difficile l’americano per noi!

26 Dicembre 2009

MIAMI

La bella giornata presupporrebbe di cogliere l’attimo andando in spiaggia appena svegli, anche se in forma lieve è pur sempre inverno anche qui…. la mia priorità è invece quella di recuperare una batteria nuova per la macchina fotografica senza la quale mi sento come castrata, senza la possibilità di ricordare in futuro le meravigliose sfumature del mare e della città. Nonostante la promessa implicita dei megastore che ci illudiamo debbano contenere tutto ciò di cui abbiamo bisogno, in quelli perlustrati qualche giorno fa non c’era traccia di batterie Panasonic, così dopo una breve ricerca in internet trovo un paio di rivenditori lontanissimi nel Dadeland Mall che raggiungiamo con un viaggio di un’ora per la sola andata. Durante il tragitto attraversiamo quelle aree della città alle quali non si dedica mai nemmeno un’occhiata….quelle anonime e leggermente squallide che pur facendone parte ne sembrano avulse, quelle negate dalle guide turistiche così come dai discorsi della gente, quelle insomma nelle quali si vive senza apparire. Ma ecco che all’ennesimo sorrisetto di sufficienza di Vanni che avrebbe voluto essere in spiaggia mi scende la catena e divento di pessimo umore….a maggior ragione per il fatto che una volta tornati dalla missione dopo tre ore, il sole è sparito, nascosto da uno strato leggero di nuvole grigie. Insomma trascorro tutto il pomeriggio nell’inutile tentativo di ritrovare il sorriso, poi alle sette usciamo per raggiungere Vittorio e Cristiana per un aperitivo nel loro magnifico appartamento di South Beach e dopo a cena al “ Fogo de Chao “ il ristorante brasiliano al 836 della 1° traversa nel quale ci deliziamo con l’ottimo churrasco. Di nuovo soli dopo la piacevole serata torniamo a curiosare tra i grattacieli di downtown alla ricerca del nostro preferito. La sagoma luminosa azzurra ci appare come un miraggio da lontano. Come una stella osservata dal deserto, la Bank of America spicca incontrastata nella semioscurità, e crea con la luna piena di questa sera un poetico binomio. Scendo a scattare foto a raffica con l’avidità di chi desidera conservare a lungo la magia di questa sorta di miracolo…. l’apoteosi americana dell’immagine, la stella cometa di Miami. Tornando verso casa ci fermiamo sul ponte della Mac Arthur coseway ad osservare l’ampia baia scura ed i giganti che vi si affacciano lontani allineati di fronte a noi.

27 Dicembre 2009

MIAMI

Sono ancora di pessimo umore, non so cosa darei per stare meglio, per non sentire la cupezza che mi morde. Scendiamo per una passeggiata in spiaggia. Il mare colpito dal sole si tinge di incantevoli sfumature azzurre che si mescolano all’avorio della sabbia. I colori tutti più accesi trovano la loro apoteosi nelle belle palafitte di legno che ospitano gli addetti al salvataggio. Variopinte e tutte diverse le vediamo sfilare mentre camminiamo, piccoli capolavori di design sparsi sulla spiaggia in rapporto dialettico di reciproca valorizzazione. Oggi i gabbiani sono particolarmente agitati per via degli omaggi di cibo che alcuni bagnanti lanciano in aria. Pochi pezzetti di pane scatenano volteggianti combattimenti tra chi non è disposto a cedere il boccone e così ne vediamo a decine lanciarsi all’inseguimento del più abile in fuga con il suo pezzetto di pane stretto nel becco nell’eterna lotta per la sopravvivenza. Il pomeriggio scorre nell’alternanza tra la lettura dei nostri libri a qualche partita di backgammon…. fino alle quattro, quando puntualmente il sole scendendo dietro gli alti edifici che fanno da quinta alla spiaggia stende una fredda ombra sulla sabbia. Rientriamo in tempo per ricevere la telefonata di Angela e Maurizio in partenza per il Cile e poi torniamo ai nostri malumori….che disastro, ora anche Vanni è contagiato! Con Pierpaolo andiamo al ristorante Fifi sulla Collins, circa all’incrocio con la 69° street. Il ricordo dell’insegna al neon color rosa e dell’ottima tempura di pesce condita con una speciale salsina è ancora vivissimo dall’anno scorso, ma questa sera andiamo oltre concedendoci una piccola abbuffata a base di cheviche e pargo ai ferri. Stiamo benissimo seduti nel nostro tavolino sul marciapiede nonostante il traffico intenso che continua a sfilarci accanto. Il sole di oggi ha scaldato abbastanza l’aria da renderla piacevolmente tiepida, e così tra bicchieri di vino e gustosi manicaretti la serata scorre all’insegna del buonumore ritrovato, mentre osserviamo divertiti Pierpaolo che non si trattiene dal fissare, tra un boccone e l’altro, la bella signora con marito seduta nel tavolo accanto.

28 Dicembre 2009

MIAMI

Mi sveglio inquieta per il sogno terminato al risveglio…..l’ultimo delirio del mio inconscio malato. Sogno che Vanni, innamorato da tempo di un travestito, una mora che indossa un abito bianco e nero e che ora rivendica il loro amore ed il suo desiderio di averlo tutto per se, Vanni dicevo, mi chiede in lacrime il divorzio….tragedia! Avrei preferito sognare altro… Vanni non è qui accanto a me, sta dormendo sul divano e fuori il cielo è grigio….non male come inizio! Tutto evapora in un baleno quando avendolo di nuovo accanto a me godiamo delle nostre meravigliose coccole….che sollievo! Così come gli incubi, poco dopo se ne sono andate anche le nuvole lasciando il cielo terso completamente azzurro. Memori della variabilità del clima invernale scendiamo subito in spiaggia dove oltre a noi e pochi altri umani vi sono decine di gabbiani fermi attorno ad un signore in vena di lanciare i golosi bocconcini. Circondati dal blu ci guardiamo intorno stupiti da tanta bellezza, compreso il gruppo di grattacieli lontani che oggi sembra di poter toccare con la mano tesa. Con una sorta di compiacimento immagino il team di progettisti intenti a creare questa città urbanisticamente così interessante ed equilibrata dalla palude che un tempo caratterizzava il paesaggio. Questa città che pur mantenendo uno stretto legame con il territorio sul quale si è formata, sabbia, oceano e canali, riesce a stupire con meravigliosi grattacieli tutti diversi, uno più divertente dell’altro, tra i quali passeggiare ed assorbire l’energia che emanano….è forse per questo che amo tanto alcune città statunitensi…. trovarmi tra questi meravigliosi giganti mi fa stare bene e mi fa sognare. Non sembrano partoriti dalla pura speculazione edilizia bensì dalla fantasia e dall’immaginazione, dal sogno di progettisti che hanno voluto gratificare chi passando avesse voglia di alzare lo sguardo verso l’alto. Questa sera invece lo sguardo è tutto concentrato sulle lunghe zampe del King Crab che fuoriescono dai nostri piatti….le ho trovate al Publix, il supermercato vicino a casa.

29/30/31 Dicembre 2009

MIAMI

Nulla di significativo da segnalare nei giorni che hanno preceduto l’ultimo dell’anno se non il brusco risveglio di una mattina, quando i segnali acustici in sequenza dell’allarme antincendio diffusi attraverso discreti altoparlanti nascosti nel controsoffitto, riescono a penetrare i tappi gialli che sigillano le nostre orecchie. Né presto né tardi, circa verso le undici dalle bocchette di ventilazione esce la voce amplificata che scandisce parole a noi incomprensibili anche per via dei tappi, ma che per il tono duro e imperativo col quale vengono pronunciate ci fanno percepire la situazione di pericolo. Incalzati dalla sirena ci precipitiamo fuori dal letto e ci affacciamo alla porta di uscita verso il corridoio, ma nulla sembra succedere nel letargico condominio Rimini Beach…. il corridoio è deserto. Capiamo immediatamente trattarsi della periodica esercitazione antincendio della quale ci aveva accennato Pierpaolo, fatta per tenere allenati gli inquilini nell’evacuazione dell’edificio in caso di pericolo, ma che non gradito viene sistematicamente ignorato creando anzi una sorta di assoluta indifferenza nei confronti di questo tipo di allarme. Proprio non ci siamo…. un sistema come questo rischia di generare delle catastrofi oltre che di procurare lesioni permanenti alle orecchie dei cittadini che abitano in edifici plurifamiliari. A vivacizzare la già elettrizzante atmosfera di fine d’anno è l’arrivo di un gruppo di amici riminesi e di Abi, un’amica di Pierpaolo…. tutti qui per il festeggiare avvolti nel clima mite di questa fantastica città che proprio l’ultimo giorno dell’anno ci regala un sole strepitoso in totale assenza di vento, un clima estivo che accogliamo con grande soddisfazione come un regalo. Va da se che trascorriamo gran parte della giornata stesi sulla sabbia chiara di fronte a casa, la lunga lingua resa sottile dalle mareggiate dei giorni scorsi. Qualche motoscafo sfila inseguito dalla sua onda, una grossa trave di legno ancorata al trattore spiana la sabbia, attorno a noi il paesaggio familiare e qualche residente che come noi approfitta della bella giornata. Arriva anche Pierpaolo con il suo inseparabile Iphone che anche adesso usa per ricevere telefonate di lavoro, poi poco prima dell’ombra che anche oggi arriva puntuale alle quattro, Pierpaolo e Vanni vanno in missione al supermercato…. devono recuperare qualche bollicina e stuzzichini per festeggiare il capodanno delle sei, la mezzanotte in Italia, con il gruppo di amici riminesi che arriveranno qui da noi. Quando anch’io li raggiungo nella piscina del condominio che si affaccia sulla spiaggia e sul mare, la luna è appena sorta dall’oceano….grande ed ancora giallastra. La osservo alzarsi inquadrata fra due palme e pian piano stendere sulla superficie increspata dell’acqua la sua scia argentata….com’è bella! I bicchieri e gli stuzzichini sono pronti sui tavolini ….mancano solo i ragazzi che ancora in attesa di un taxi a South Beach arriveranno solo verso le sette. Alle sei meno qualche secondo il tappo esce impaziente dalla bottiglia di Moet e poco dopo alcuni bicchieri sono pieni. Festeggiamo noi tre ed Enrico, un simpatico italiano residente qui….poi arriva Clio, la sua bellissima moglie somala, con un impiantino per la musica che si diffonde subito sulle note del mio brano preferito che Pierpaolo ha selezionato per primo dal suo Ipod….quello molto Baia degli Angeli che adoro! Quando verso le sette arrivano finalmente i ragazzi scattano gli ultimi brindisi e le chiacchiere e le risate….insomma quando alle otto lasciamo il gruppo per andare alla festa alla quale siamo stati invitati da Vittorio e Cristiana siamo già abbastanza euforici da riuscire ad affrontare con leggerezza il traffico verso Island Ave e poi il gruppo di italiani appartenenti al jet set bolognese che troviamo riuniti in un appartamento da favola con vista mozzafiato sulla baia e la downtown risplendente di luci. Immersi nell’ambiente chiaro della zona giorno che si sviluppa parallela alla terrazza in un susseguirsi di salotti e tavoli da pranzo, godiamo dell’atmosfera avvolgente resa ancor più piacevole dalle opere d’arte disposte con sobrietà sulle pareti bianche e da una piccola figura femminile seduta, scolpita nel metallo lucente ed inserita in una nicchia nera. Tra un sorso e l’altro socializziamo con alcuni ospiti, tutti italiani ad eccezione di una signora olandese piacevolissima, che vive a Miami da quattordici anni e con la quale mi intrattengo a lungo a parlare di viaggi, di città americane e di Miami naturalmente! Molti i volti già visti, forse incontrati a passeggio per le vie del centro di Bologna….ma la vera attrazione della serata è la vista dalla terrazza dalla quale non mi muovo se non per assaggiare le ottime pietanze preparate in collaborazione con la padrona di casa e servite ai tavoli apparecchiati con elegante misura sui quali spiccano meravigliosi bicchieri con inserti di vetro nero. Dopo aver assaggiato un Malbec argentino al quale assegnerei un premio per il meraviglioso bouquet che sprigiona assaggiandolo, prendo uno dei pacchetti che una signora sta distribuendo a tutti. Contengono frivoli indumenti intimi tra cui giarrettiere rosse, reggiseni e perizomi di tulle viola ornati di strass e piume di struzzo mentre agli uomini sono riservate le manette ingentilite con piume nere. Ai ricchi premi seguono pochi minuti prima della mezzanotte i cotillon…. non potevano mancare in una festa perfetta come questa che sembra partorita da un manuale del buongusto….Servite su un vassoio d’argento le trombette finiscono presto con l’emettere i caratteristici suoni striduli suonate da tutti i presenti ormai in preda all’euforia delle bollicine e della mezzanotte vicinissima. Allegramente felici vi si esibiscono fino all’apoteosi che esplode senza troppe patinature in una allegria di auguri sinceri e di bacetti sulle guance mentre fuori la baia si incendia dei fuochi d’artificio e la downtown sembra esplodere in uno scoppiettare di botti che si placano solo molto più tardi, quando anche l’energia di tutti noi va affievolendosi. Una serata davvero unica anche per la suggestione di quella immagine notturna da favola che sempre conserveremo nella nostra memoria come una delle più belle…..la migliore cornice possibile per il nostro capodanno 2010.

01/02 Gennaio 2010

MIAMI – TAMPA – PANAMA CITY

Partiamo ancora carichi dell’energia residua della serata di ieri e per quella che si aggiunge nell’attraversare ancora una volta questa piacevole città e la downtown di alti grattacieli. La giornata nuvolosa e la temperatura scesa ancora di qualche grado ci consentono di partire senza troppi rimpianti…. abbiamo voglia di muoverci e questi diciotto giorni di soggiorno in città sono stati più che sufficienti per noi ormai irrimediabilmente nomadi. Procedendo verso Nord attraversiamo gli acquitrini delle Everglades dove un paio di temporali ci sorprendono tuffandoci nel clima invernale evitato fino ad ora. Molti uccelli bianchi di palude, le bellissime “garze” dal collo lunghissimo sono appollaiate sui rami aggettanti verso l’acqua scura ed i cormorani dei quali vediamo solo il collo nero e sottile affiorante dalla superficie livida dello specchio d’acqua adiacente la strada. Ma il parco naturale che stiamo attraversando sulla 40 Hwy verso Ovest non è popolato di soli uccelli…. diversi pescatori fermi sull’argine sono in attesa del movimento della lenza mentre i natanti dalla caratteristica grande elica a poppa scivolano rumorosi sui canali, tra le canne e la vegetazione di palude che sembra volerli trattenere. Le Everglades terminano ma non il freddo pungente che ci accompagna fino a Tampa. Raggiungiamo la città quando ormai è troppo buio per visitare il suo quartiere più caratteristico, Ybor City, popolato da cubani che diversi decenni fa vi hanno esportato l’arte del produrre i famosi sigari oltre ai laboratori e le case tipicamente caraibiche. E’ il quartiere più vivace di questa modesta cittadina ma è piuttosto decentrato e noi troppo stanchi per la deviazione che ci consentirebbe di trovare un localino con musica caraibica dal vivo ma non un hotel decente, leggiamo sulla guida. Dormiamo nella camera squallida e che odora di fumo di un Best Western scelto a caso…. Ripartiamo presto dimenticandoci dei cubani e dei sigari. Puntiamo verso Nord sulla 75 Hwy intasata a tratti per il traffico del rientro da parte delle migliaia di turisti americani scesi nella calda Florida in occasione delle feste. Circondati dal paesaggio di pianura mai particolarmente interessante arriviamo nella cittadina di Panama City verso le quattro del pomeriggio col vantaggio di aver sottratto un’altra ora di fuso orario ai nostri orologi. Abbiamo così il tempo di scegliere una camera vista mare all’Holiday Inn che sorge a ridosso della spiaggia bianca come la neve e che scricchiola sotto le nostre suole nella breve passeggiata che nonostante il freddo facciamo poco prima del tramonto, bellissimo, sul mare del Golfo del Messico. Non vedo l’ora di vederlo alla luce del sole di domani mattina questo mare, famoso per il suo colore verde smeraldo. Per il momento ci accontentiamo del tramonto che osserviamo dal Sunset Lounge bevendo il mojito offertoci gentilmente dalla casa.

03 Gennaio 2010

PANAMA CITY – NEW ORLEANS

Il cielo di questa mattina è velato ed il mare che vediamo dal terrazzino della camera è una superficie piatta verde perlaceo…poi c’è la neve. E’ incredibile quanto sia bianca questa sabbia! Dopo averne prelevato un campione e continuato ad osservare il paesaggio surreale di questo tratto di costa, ripartiamo seguendo la strada costiera, la famosa 10 Hwy dalla quale leggiamo, si può godere di meravigliosi scorci sulla costa e sul mare….ma trattandosi di una strada non in quota le viste sul mare sono pressoché inesistenti dato che si procede sullo stesso livello, e per un bel tratto alti edifici costruiti a ridosso del mare, proprio come nella Panama City che abbiamo lasciato poco fa, nascondono anche quel poco che si potrebbe vedere. Per continuare a costeggiare il mare lasciamo la 10 Hwy deviando verso Sea Side, la cittadina che fu set cinematografico per il film “The Truman Show”. Il primo centro abitato che raggiungiamo è Santa Rosa, patinata di edifici nuovissimi e così bianchi da mandare in tilt l’esposimetro della mia macchina fotografica. Disseminata di siepi scure che contrastano con il bianco e dall’arredo urbano così curato da sembrare finto. Alcune pretenziose ville negli stili che spaziano dal vittoriano all’organico alla F.O.Gehry, sono in prima fila sulla spiaggia alla quale sono collegate da rampe di scale di legno. Passeggiare sulla spiaggia bianchissima con questo freddo è oltre che una sofferenza un piacere al quale non mi sottraggo. Poche impronte di scarpe sulla sabbia compatta vicina al mare sono sempre accompagnate dalle orme di qualche cane portato al guinzaglio…come quello che vedo camminare divertito ed incurante del gelo a fianco del suo padrone. Mi dirigo decisa verso la casa che mi interessava vedere da vicino e che l’ampio muro di cinta verso il centro abitato non mi aveva concesso di osservare…. Vanni intanto mi aspetta al calduccio a bordo di Jimmy. Poi finalmente esce il sole a rendere ancora più abbagliante il fondo morbido sul quale mi muovo. Il mare ora è verdissimo…. cerco di immaginarne la bellezza in piena estate, quando il sole alto deve esaltarne la trasparenza…. ma anche ora non è male ed il vantaggio di questo freddo è che non c’è nessuno qui ora a parte me ed un cane randagio che mi segue da lontano. Dopo la parentesi di Santa Rosa proseguiamo ancora verso Ovest lungo la costa e ci fermiamo nella famosa Sea Side, la cittadina tranquilla ed ordinata che incontriamo dopo una ventina di chilometri. Si sviluppa attorno ad una piazza circolare tangente alla strada principale, con reticoli di vialetti alberati sui quali gli edifici a doghe di legno sfoggiano le volumetrie tradizionali con colori talvolta accesi e bianche torrette panoramiche che spuntano oltre i tetti. Nonostante la guida dicesse che i residenti non fanno uso dell’auto per spostarsi all’interno del centro abitato, di auto ne vediamo diverse….ed anche qualche roulotte, quelle bellissime degli anni ’70 tutte bombate e rilucenti nel loro paramento di alluminio lucidato. Sono ferme al bordo della strada ed usate come simpatici baretti. Poco oltre, raggiungibile attraverso brevi percorsi pedonali c’è la spiaggia bellissima ora in pieno sole…con il freddo di oggi sembra davvero sia caduta da poco la neve. Qua e la ciuffetti scuri di vegetazione spontanea spuntano dalle basse dune che precedono la fila di case…. altro che ombrelloni in prima fila! Qui non ci si accontenta di così poco…. La costa è articolata nel tratto che segue da ampie baie ed acquitrini che attraversiamo su lunghi ponti. Proprio come a Miami la costa si moltiplica in una miriade di insenature e canali che entrano a creare paludi ed acquitrini…là ricondotti ad una logica urbana, qui invece percepibili nella loro natura più selvaggia… i colori riassumibili nelle due tonalità del blu scuro ed il ruggine della vegetazione spontanea secca per l’inverno incombente. Alle paludi si susseguono le pianure e poi ancora le acque dell’estuario del Mississippi che attraversiamo nel tardo pomeriggio traguardando New Orleans. Il quartiere Francese ci accoglie bello come sempre ed oggi con la sorpresa di un gruppo di ragazzi che sfidando i pochi gradi sfilano lungo il marciapiede suonando i loro strumenti a fiato in un motivetto dixiland molto anni ’30. Quasi come un ritorno a casa troviamo facilmente fra le strette stradine del quartiere storico il nostro “Chateau Hotel” e la camera 114 troppo piccola dalla quale usciamo subito alla ricerca di un pò di sano jazz live.

04 Gennaio 2010

NEW ORLEANS

La colazione all’aperto non è esattamente ciò che avremmo desiderato subito dopo il risveglio, a maggior ragione per la temperatura di oggi che si aggira attorno ai 5°c e non accenna a salire per tutta la giornata che trascorriamo in parte ad acquistare guanti e calzini nel centro commerciale molto ben riscaldato del quartiere. Sciabolate di vento ci sorprendono ad ogni incrocio mentre passeggiamo intirizziti tra le stradine pittoresche del French Quarter a fotografare le belle facciate degli edifici a due o tre piani che formano quinte continue variamente colorate dalle quali sporgono gli eleganti terrazzi incorniciati da strutture metalliche che come merletti inamidati creano stupendi loggiati sostenuti a terra da sottili pilastri circolari. Alle due del pomeriggio siamo già al caldo nella nostra camera che per compensare teniamo a temperatura da sauna… dopo un pò esco sola alla ricerca di un cioccolato in tazza che trovo in un simpatico bar frequentato prevalentemente da locali straccionati…. forse è stata l’atmosfera vagamente bohèmienne del locale a convincermi a rimanere seduta a lungo ad osservare le dinamiche di questi gruppetti che sembrano annegare nella birra. Per ingannare il tempo leggo gli articoli che non capisco di un giornale locale ed osservo con una certa soddisfazione, filtrati dalle ampie finestre che mi proteggono, i passanti camminare infreddoliti. Quando infine esco dalla tana calda sono immediatamente attirata da un centro massaggi sulla cui soglia una ragazza cinese mi invita ad entrare. Unica cliente coccolatissima mi sottopongo ad un bel massaggio ai piedi…. avevo dimenticato ahimè quanto è dolorosa la riflessologia plantare!Comunque resisto ed anzi mi rilasso, ma venti minuti passano velocemente ed i miei piedi si mantengono piuttosto freddi nonostante gli sforzi della simpatica signora di Pechino. Raggiungiamo poi in taxi lo Snug Harbor al 626 di Frenchmen Street (“http://www.snugjazz.com” www.snugjazz.com ) per una cenetta musicale. E’ uno dei locali più veraci dove ascoltare jazz in città senza dover temere per la propria incolumità. Questa sera si esibiscono i Charmaine Neville & Friends, un gruppo di quattro elementi + la simpatica cantante che più che altro intrattiene il pubblico. L’ambiente raccolto dello Snug vede esibirsi la band sul palco che occupa tutto il fondo del piccolo locale….noi ci accomodiamo nel ballatoio, in un tavolino laterale al palco che ora vediamo dall’alto mentre gustiamo i nostri hamburger. Che bel ritmo! Nonostante il jazz inviti al movimento nella saletta di sotto nessuno si muove, sono talmente pigiati nelle loro sedie appiccicate le une alle altre che sarebbe impossibile farlo. Nel ballatoio siamo più comodi ma se vogliamo vedere la band mentre si esibisce dobbiamo stare vicini alla balaustra di legno, ovvero seduti come gli altri al tavolino. Che bella serata! ne avevo nostalgia fin dall’estate scorsa quando dopo il concerto di Ellis Marsalis ci congedammo dalla città pensando che forse non saremmo mai più tornati.

05 Gennaio 2010

NEW ORLEANS

La bella giornata di sole ci invita ad esplorare ancora un pò la città iniziando dal Contemporary Art Center ospitato in un bell’edificio datato, forse un vecchio magazzino, reinterpretato all’interno con una struttura di legno lamellare nello spazio a tutta altezza della hall. Peccato che la collezione contenuta nelle sale del museo non sia fruibile oggi essendo aperte al pubblico solo dal giovedì alla domenica. Delusi attraversiamo a piedi la city con i suoi alti edifici recenti giustapposti ai più antichi, bassi e tutti in mattoni a vista o intonacati nelle tinte pastello…. fino a ritrovarci di nuovo nel French Quarter che ormai conosciamo troppo bene per potervi passeggiare ancora con piacere nonostante il freddo che non molla. Ci rintaniamo allora in hotel a consolidare il progetto di viaggio più plausibile che ha sbaragliato le altre ipotesi improponibili per via del clima inaspettatamente rigido. Rinunceremo così alla visita del New Mexico per via dei -12°c che leggiamo in internet aver precipitato lo stato americano nel gelo…. punteremo invece subito verso Sud costeggiando il Golfo del Messico fino a Mérida dalla quale raggiungeremo Cuba. Credo di essere una delle poche italiane a non avervi mai messo piede! Con il New Mexico abbandoniamo anche l’idea di poter tornare in Baja California. Per non trasformare questo in un viaggio di troppi déja vu ci atterremo al programma originario che prevede di seguire dopo la costa Pacifica, quella Atlantica delle Americhe per chiudere il circuito a Buenos Aires, la città dalla quale partimmo cinque anni fa. Tra una partita a backgammon e l’altra, nel tepore della nostra cameretta al piano terra direttamente accessibile con un’ampia porta a vetri dal cortile con piscina dell’hotel e che odora di muffa, pian piano si fa sera e così raggiungiamo in taxi il ristorante Adolfo’s sulla Frenchman Street, caldamente raccomandatoci dalla gentile signora della reception per via dei piatti di cucina italiana mixati con fragranze creole….del resto questa città sembra appartenere al territorio statunitense per uno strano scherzo del destino chissà se fortunato oppure no. L’atmosfera caraibica dell’Adolfo’s si tinge della nota accesa dell’aglio che ci stende appena entrati nell’ambiente raccolto e fatiscente del locale al primo piano di uno sgangherato edificio di legno. Colore dominante il rosa acceso che tende al rosso presente anche nel controsoffitto di lastre di compensato tutte un pò sberciate e che speriamo non crollino proprio ora. Considerata la sporcizia visibile nonostante la luce soffusa del localino che ora sembra anche vagamente bohèmien, mi sarei aspettata pietanze più saporite, ma Vanni assicura che le sue costolette di agnello sono strepitose! Al piano di sotto tre musicisti strimpellano un motivetto senza troppa convinzione, quindi dato che nemmeno al favoloso “The Spotted Cat” stanno suonando ripieghiamo all’ormai familiare Snug dove i tre ragazzi giovanissimi che formano il Bridge Trio si esibiscono con l’intervento di amici che estemporaneamente salgono sul palco a cantare o a suonare altri strumenti integrando la band che di volta in volta si colora di nuove note. Il batterista sembra Arnold, quello dei telefilm di più di trenta anni fa, da grande… sembrano tutti leggermente timidi e poco convinti di ciò che stanno facendo, ma è tutto un atteggiamento che svanisce negli assolo eseguiti con forza e determinazione. Bravi i ragazzi!

06 Gennaio 2010

NEW ORLEANS – HOUSTON

La Hwy 10 che seguiamo per diverse ore attraversa oggi paesaggi piuttosto monotoni soprattutto nel tratto texano, quando abbandonate le paludi della Louisiana ed i boschetti di alberi spogli arriviamo nella pianura desolata punteggiata di raffinerie nelle quali arriva il greggio estratto in Texas e più in generale dagli Usa. Del resto Pierpaolo ci aveva avvisati…. il Texas può essere attraversato senza noia solo con l’ausilio di droghe pesanti…. Il cielo grigio non aiuta a ravvivare il viaggio sull’autostrada a cinque corsie che corre verso Ovest, ma poi poco prima dell’imbrunire arriviamo a Houston che contrariamente alle aspettative non ci sembra poi così male. Ordinatissima e con un boschetto di grattacieli che ne movimentano con forza la downtown, arriviamo senza nemmeno un errore al 5701 di Main Street dove dovrebbe trovarsi il Worwick, un hotel storico che la guida consiglia…. ma poi scopriamo con piacere che il vecchio hotel è stato ristrutturato con grande cura tre anni fa ed ora si chiama Monarch Zaza Hotel…. finalmente l’ennesima pecca della Lonely Planet anziché crearci un disagio gioca a nostro favore ! Sofisticata ed avvolgente, la hall è dominata dai colori scuri sui quali si inseriscono i quadri coloratissimi, i ridondanti lampadari a gocce di vetro, le poltrone rivestite di pelle di zebra…candele e vasche d’acqua, poi anche l’ascensore ci riserva una sorpresa…. il pannello di fondo è un dipinto a olio! Il piacere della perlustrazione prosegue fino alla nostra camera che è bella, avvolgente…. e con citazioni esotiche come il lettone sostenuto da quattro zampe di leone argentate ed una vetrinetta che contiene un piccolo museo….. vasi di vetro di ottima fattura, un piccolo Buddha di bronzo, un lume antico ed altro ancora. A compensazione del lettino che ci aveva accolti i giorni scorsi questo king size pieno di cuscini ci sembra ora un letto da pascià. Le belle sorprese non sono finite qui…al ristorante dell’hotel occupiamo un tavolo vicinissimo a quello di una signora distinta sui 55 anni. Biondo platino e vestita di nero. Approfitta di una breve assenza di Vanni per rompere il silenzio esprimendo il suo gradimento…. le piace molto la rosa di avorio che porto al dito…. nel breve colloquio che segue mi dice che è qui a Houston per occupare la cattedra di progettazione presso la facoltà di architettura dell’Università…. che sorpresa! Quando nel corso della conversazione mi dice che è stata una stretta collaboratrice di F.O. Gehry seguono chiacchiere fitte ed estremamente gratificanti….finiamo col parlare dell’architettura contemporanea negli Usa ed in particolare delle opere del grande genio che entrambe adoriamo…. il Guggenheim di Bilbao rimane per entrambe il suo capolavoro, ma anche la Walt Disney Concert Hall di Los Angeles non è da meno, così come il Museo Weisman di Minneapolis. Nonostante io non svolga più per scelta la libera professione di architetto, l’architettura rimane per me una grande passione e trovarmi ora a parlare con lei è come essere al cospetto di Maria Maddalena, ovvero la donna che più è stata vicina all’incarnazione di Dio…. o parlare con un aiutante della bottega di Leonardo da Vinci o del Botticelli! Lei ha lavorato gomito a gomito con un genio dell’architettura per decenni…. ed io sono qui con lei a chiacchierare… anche solo questo mi fa levitare! Già che ci sono le allungo il mio bigliettino da visita, nel caso le venisse in mente di dare una sbirciatina al nostro sito internet…che emozione!

07 Gennaio 2010

HOUSTON

Il “Museum of Fine Arts” di Houston è proprio di fianco al nostro hotel, sul lato opposto della strada secondaria che li separa. Questo ci risparmia di prendere un bel pò di freddo. Le opere che spaziano dal contemporaneo americano e dal ‘200 all’ ‘800 europeo sono contenute nell’edificio recente ed essenziale del museo dove le pareti di cemento a vista si mescolano a quelle bianche ed ai pannelli di acciaio Cortin che rivestono il piano inclinato della lunga scala mobile che conduce alle sale del primo piano. Non è la prima volta che vediamo esposte nei musei statunitensi i capolavori della nostra storia dell’arte italiana ed europea…ogni volta una rabbia sorda mi stringe lo stomaco…oggi cerco di non pensarci troppo scattando foto ad una bella tela del 1400 ferrarese che descrive nei toni dominanti del rosa e dell’ azzurro con inserti in foglia d’oro, l’incontro della Regina di Saba con il Re Salomone…o un favoloso Hieronymus Bosch che potremmo definire il precursore del surrealismo che si consoliderà poi solo sei secoli più tardi, nel 1900. Poche le opere di arte contemporanea ed un paio di ampie sale sono dedicate alla luna ed agli eventi ad essa correlati come ad esempio immagini, studi ed oggetti relativi all’allunaggio o i dipinti di ogni epoca aventi la luna come soggetto…. una profusione di chiari di luna risalenti al romanticismo. Interessante invece la proiezione del cortometraggio girato da Georges Meliès nel 1902 nel quale un gruppo di “scienziati” con i cappellini a punta ed armati di ombrelli intraprendono il viaggio verso il satellite a bordo di una navicella a forma di pallottola gigante. Il viaggio andrà bene ma l’aggressività dei venusiani li costringerà a ripartire in fretta per tornare sulla terra dove precipitano in mare ancora a bordo della navicella. Insomma nel 1969 il copione si ripete senza troppe variazioni, cambiano solo gli effetti speciali ed è fatta….l’idea non è nemmeno originale, scopriamo osservando questo simpatico filmetto in bianco e nero. Uscendo dal museo diretti alla Rothko Chapel, ci fermiamo attratti dal bel giardino di sculture la cui visita ci trattiene nel vento gelido per una quindicina di minuti. Delle poche opere esposte, una mi conquista…. un fascio di lunghi profili di ferro leggermente e diversamente flessi ritti sul prato verdissimo suggeriscono un movimento imploso non completamente espresso… stupendo! In balia del vento che soffia fortissimo e le cui raffiche talvolta ci impediscono di avanzare raggiungiamo tramortiti la Cappella Rothko. Con la testa che gira per via delle orecchie congelate entriamo nello spazio ottagonale della cappella…. alle pareti dell’ambiente piccolo e raccolto i dipinti monocromi di quel genio di Rothko, uno dei miei pittori preferiti. Le tele ricoprono quasi l’intera superficie delle otto pareti che formano il perimetro dell’unico volume alto circa cinque metri. Quattro sono blu scuro, le altre nere sono bordate da fasce quasi impercettibili marrone scuro. L’assenza di immagini conferisce a questo luogo una sacralità avulsa da particolari riferimenti religiosi ed allo stesso tempo lo rende estremamente adatto alla meditazione….. così mistico come solo il deserto riesce ad essere. Sulle due sobrie panche in legno dell’ingresso sono disponibili due file di testi sacri delle varie religioni, dal Corano alla Bibbia al Vangelo, fino a testi sul Buddismo, il Taoismo ed altro ancora… questo luogo è aperto alla preghiera ed alla meditazione per persone di ogni fede religiosa nel rispetto di tutte le altre, che grande esempio di civiltà ! Un grande artista accostandosi all’infinito ha avuto il coraggio di dipingere il nulla e lo ha fatto in modo magistrale polverizzando la familiare identità delle immagini nell’intento di distruggere le associazioni finite delle quali la nostra società sempre più si circonda in ogni suo aspetto. La magia di questo prisma ottagonale gradatamente ci conquista e seduti su una delle poche panche nere non vorremmo più andare via…. Usciamo poi per raggiungere in taxi la downtown e con lei quel gruppetto di grattacieli svettanti, non particolarmente attraenti se considerati singolarmente, ma di un certo effetto complessivo. Il vento qui è ancora più veloce, come accelerato dai giganti sopra di noi ed il frastuono che arriva dalle impalcature di un edificio in ristrutturazione, piuttosto preoccupante…. se qualcosa dovesse sfuggire alla protezione e scagliarsi a terra alla velocità delle raffiche sarebbe un disastro ! Scampato il pericolo conquistiamo una bella doccia bollente in hotel e la cena ottima al ristorante dell’hotel dove Francisco, il cameriere messicano ci coccola con mille attenzioni e poi ci serve gli ottimi filetti….. chissà se appartenevano alle famose mucche Longhorn texane? Questa sera c’è un gran fermento qui al ristorante, con musica dopo le ore 20 ed un gran andirivieni di persone…. chissà dove sarà il nostro architetto!?

08 Gennaio 2010

HOUSTON – BROWNSVILLE

Gentilissimi al Zaza Hotel…. al check-out ci fanno dono di una coppia di porta indirizzo di metallo per valigie, troppo belli per i nostri due trolley che preferiamo lasciare spogli come sempre! Usciamo senza errori da Houston, scegliendo la 59 South fra tutte le possibilità che dalla downtown si dipartono a 360° verso l’entroterra…. poi ci troviamo immersi in un groviglio di sopraelevate che si sfiorano sopra di noi…. è come essere in un circuito di montagne russe in scala gigante nel quale manca solo il giro della morte! Che viaggio bigio quello di oggi…. approfittiamo delle nuvole e del freddo per avvicinarci il più possibile al confine con il Messico che raggiungiamo dopo aver percorso poche centinaia di chilometri di terre arate e pascoli di mucche, verso le cinque del pomeriggio. Sosta al La Quinta Hotel e cena al vicino Burger King….. Dopo l’hamburger con patate fritte che ci fa sempre sentire come ragazzini, leggiamo la mail di Paolo e Catia con la quale ci invitano a trascorrere qualche giorno da loro nella tiepida Baja California prima di proseguire insieme il viaggio attraverso il Messico. Il prossimo volo utile da Monterrey a La Paz in Baja California partirà alle 15.30 dell’ 11 gennaio ….. molto probabilmente noi saremo su quel volo.


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