20 Agosto 2009

KARAKUL – OSH

Al risveglio Vanni è in forma splendida, così tanto da voler guidare Asia, quindi dopo un’ultima occhiata al bellissimo lago ed alle montagne che circondano la valle, siamo pronti per raggiungere il passo Kyzyl – Art a quota 4282 metri e con esso il confine kirghizo dove un gruppetto di militari frustrati e corrotti si accaniscono, dopo aver aperto tutti i bagagli, sui due samovar di Vanni a scopo di estorsione. Uno di loro conduce il gioco…inizia a dire che sono antichi e che è un problema farli uscire dal Tagikistan….rispondiamo mostrando la ricevuta di acquisto uzbeka ma non c’è nulla da fare, il militare dice che dobbiamo pagare una tassa e tornare a Murgab per ottenere un certificato. Per sbrigarci ad uscire dalla ragnatela che il militare corrotto ha tessuto attorno ai nostri bagagli lasciamo i due vecchi samovar a terra e ripartiamo lungo la strada che si fa improvvisamente molle di fango e piena di buche….siamo entrati in Kirghizistan! Ancora gruppi di lemuri sui bordi della strada e paesaggi incantevoli sempre mutevoli per colori e forme. Qui sul Pamir la natura sembra aver espresso tutta la sua fantasia…..alternanze di rocce nere e rosse, pendii nelle tonalità dei gialli e nessun tipo di vegetazione se non i ciuffetti emisferici del vegetale legnoso usato dai locali come combustibile. Ormai alle spalle, le alte catene del Pamir hanno le cime spruzzate di neve fresca, caduta di recente dalle nuvole che vediamo lontane. Fuori la temperatura è estremamente bassa….sarà forse per questo che da tre giorni non ci svestiamo nemmeno per dormire…figuriamoci per lavarci con l’acqua gelida attinta da un secchio! La cosa più scomoda erano le borchie dei jeans che al mattino mi trovavo stampate nella carne dolorante. Stiamo scendendo dal tetto del mondo felici di averne viste le magiche vallate, i laghi turchesi e le cime altissime…e di aver conosciuto la gente semplice e povera che vi abita, non si sa bene come e perché. Scendiamo ancora valicando montagne sempre più basse fino a raggiungere la cittadina di Osh a quota 900 metri. Arriviamo nel tardo pomeriggio, giusto in tempo per verificare che il vecchio hotel Osh è troppo scassato per poter essere opzionato. Ci salva un giovane tassista al quale riusciamo a far capire che vorremmo raggiungere il miglior hotel della città e che ci accompagna al Pekin, decisamente pulito e con due lettoni duri ma che riescono comunque a sembrarci comodi. Ancora in compagnia di Nicola il taxista, andiamo a cambiare i somoni tagiki in moneta locale e successivamente a cena in un bel localino con musica e pista da ballo. Il nome proprio non lo ricordiamo né forse siamo riusciti a decifrarlo dato che qui tutto è scritto in caratteri cirillici. Mangiamo bene e l’atmosfera piacevole ci convince a fare due salti in pista, tutti e tre appassionatamente…..già perché Nicola si è auto invitato a cena forte del fatto di aver procurato a Vanni un cambio favorevole per i somoni che erano rimasti. Non parla inglese ma sembra capire qualcosa…oppure semplicemente bleffa nel tentativo di spillarci quanti più soldi possibile. Bella serata.

21 Agosto 2009

OSH – BISHKEK

Che bella dormita! Partiamo quasi subito seguendo un taxi che ci porta fuori città sulla strada per Ozgon. La M41 che abbiamo seguito fino ad Osh attraverso il Pamir entra in una lingua di territorio Uzbeko e non avendo più visti disponibili dobbiamo deviare di un centinaio di chilometri percorrendo una strada alternativa tutta in territorio kirghizo. Eccoci di nuovo ad attraversare la valle Ferghana, un piccolo ma fertile fazzoletto di terra assegnato al Kirghizistan, ricco di vegetazione spontanea e di campi coltivati, poi il paesaggio si sussegue sempre mutevole fra le catene montuose che si sviluppano verso Nord per poi concludersi nella piatta e lontana steppa kazaka. Sono le catene del Tien Shan che per quanto meno alte del Pamir hanno pur sempre cime che svettano oltre i 4000 metri. Popolate dagli allevatori nomadi kirghizi che ne sfruttano le vallate erbose, sono punteggiate di tradizionali yurte che sembrano essere l’unica tipologia abitativa della regione oltre ai meno interessanti carrozzoni da circo abitati anch’essi dai nomadi, certo con meno poesia. Talvolta la densità delle yurte è così alta da creare veri e propri centri abitati temporanei….vendono bottiglie di latte e formaggi accatastati su mensoline di legno ai bordi della strada. Le mandrie invadono talvolta anche la comoda strada che collega il Sud del paese alla capitale….sono gruppi di cavalli, mucche e pecore che vediamo sparse sui prati verdissimi delle ampie vallate nelle quali entriamo tra una catena montuosa e l’altra. Poi la sorpresa di un lago artificiale così azzurro da far male agli occhi sotto il cielo limpido per l’aria rarefatta e pulita. Continuiamo così per ore, viaggiando sulla comoda strada piuttosto trafficata….la solitudine del Pamir è ormai solo un ricordo, prerogativa di chi amante dei paesaggi selvaggi ed armato di una buona attitudine all’avventura, ha voluto avventurarsi tra le montagne magnifiche e desolate…..magari in bicicletta. Qualche ciclista è anche qui….sono piccoli gruppi di giovani europei dotati di una grande resistenza fisica e dell’amore per il senso di libertà che questi luoghi danno. Valichiamo due catene che ci spingono ancora altissimi a 3200 e 3500 metri, ma la strada è fin da Osh tutto un saliscendi tra paesaggi senza alberi e montagne che sembrano ricoperte di velluto verde o nelle tonalità delle terre…..infine raggiungiamo la capitale Bishkek, nuova ed anonima, un premio di consolazione piuttosto deludente dopo le oltre dieci ore di viaggio. Ne vediamo i giochi d’acqua e le luci colorate mentre raggiungiamo l’hotel Hyatt, bello e confortevole dopo giorni di sistemazioni spartane. Più costoso di quello di Dushambé e più folcloristico, ha suzani e tappeti appesi un pò ovunque che gli conferiscono una tipicità del tutto apprezzabile. Non usciamo nemmeno per la cena che consumiamo al ristorante del piano terra….con ottime pietanze e dolci degni di una pasticceria francese….come non parlare della fantastica torta di lamponi …forse quegli stessi che i nomadi kirghizi vendevano a secchi sulle montagne. Seduti attorno al tavolo ben apparecchiato godiamo del relax che sempre precede la fine di un viaggio, questa volta impegnativo per una serie di motivi. Primo fra tutti il problema della comunicazione con questi popoli che parlano lingue a noi del tutto sconosciute e che quasi sempre non conoscono nemmeno una lingua “internazionale”…in secondo luogo la sgradevole sensazione di sentirsi in balia di ufficiali di polizia corrotti o comunque il dover sottostare ad assurde modalità al limite del rispetto dei diritti civili, per esempio in alcune delle frontiere attraversate…..e poi la burocrazia legata alle assurde registrazioni mirate al controllo sistematico degli individui. Il regime è ancora troppo presente in questi paesi ex sovietici che esprimono la loro lunga mano attraverso il corpo di polizia e quello militare che ostentano atteggiamenti intimidatori nei confronti di chi suo malgrado vi si imbatte. Quasi a contrastare la durezza del regime è l’estrema affabilità della gente comune spesso alla ricerca di un contatto umano, animata dal desiderio di distensione….peccato che fosse proprio Celentano la parola d’ordine in questi casi !


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