13 ottobre 2015

SUMBAWA BESAR – LABU AGI

Una sedia affondata nella sabbia sostituisce la classica scaletta nell’originale barca del capitano Hatta a bordo della quale navighiamo ipnotizzati dallo scoppiettio del motore, che scandisce le tre ore di navigazione. Scivoliamo sul mare piatto attraverso un paradiso di isolette ed i delfini che ci seguono in gruppi fino ad Labu Agi, il piccolo villaggio sulla costa del Palau Moyo cresciuto a ridosso della breve spiaggia flessa a creare un arco profondo. I pochi abitanti si dedicano alla pesca, ma non il Sig. Syukur che con lungimiranza ha costruito l’unica seppur semplice casa in muratura in fondo al breve pontile di legno, scegliendo la posizione più favorevole per la sua guest house verde brillante e per la terrazza che si affaccia sul mare. Nessun cocktail di benvenuto in fondo alla ripida scala di cemento, solo il triste custode zoppo che ci accompagna oltre il pontile e poi nella camera con i due bagnetti tipici da condividere, con la turca e la vasca d’acqua piccola ma profonda dalla quale pescare l’acqua per lo scarico con un mestolone di plastica. Sono solo le 14 quando accettata la proposta del custode e di un balordo di paese ci incamminiamo verso la cascata Mata Gitu che dista sette chilometri di passeggiata sotto il sole cocente dal paese, decisamente diversa da quella comoda e all’ombra della foresta, promessa dai nostri accompagnatori. Vanni che ha la mania di voler arrivare primo ci distacca in compagnia del custode zoppo, io arranco per la salita, impegnata a respingere il balordo che mi affianca a distanza più che ravvicinata. La cascata infine ci appare meravigliosa, il più bel salto di acqua in foresta che ci sia mai capitato di incontrare. Appena illuminato dai raggi di sole che attraversano la vegetazione lussureggiante, la cascata non più alta di otto metri affonda in una pozza di acqua cristallina dal perimetro irregolare che scende in una serie di balze concatenate. Fantastica! Vanni si cala nell’acqua gelida della pozza, io lo seguirei volentieri anche solo per godere appieno di questa meraviglia, ma i due musulmani non sembrano abbastanza emancipati da reggere un nudo integrale. Conservo quindi il viso paonazzo per il sole e la fatica, scoraggio con una occhiataccia il balordo che sta per sfilare il portafogli dai pantaloni di Vanni e mi blocco di fronte al sottile serpente verde che stringe in bocca la sua preda. Rientriamo in tempo per il tramonto che incendia le facciate delle case a palafitta di legno e bambù e poi ceniamo nella veranda rischiarata dalla luce fioca di una lampadina a basso consumo, siamo gli unici ospiti raccolti attorno al tavolo per gustare la cena indonesiana a base di riso e pesce in umido.

14 ottobre 2015

LABU AGI – SATONDA ISLAND

Partiamo alle sei in favore di mare, la barca di legno potrebbe arrancare sulle onde troppo alte ed il nostro capitano è prudente. Stranamente la sveglia all’alba non ci è pesata qui nel sonnacchioso villaggio dove la sera non si può fare altro che osservare le stelle ed i ritmi si adattano in fretta a quelli della natura, scanditi da albe e tramonti accompagnati dal silenzio totale. Aver raggiunto l’isola alle 8.30 ha significato proiettarci in una lunga giornata nella quale impiegare più tempo del necessario per la visita è diventato una necessità. Non è stato così invece per la salita al belvedere del lago ripida e complicata che abbiamo percorso velocemente e senza soste. Andando a ritroso nel tempo, all’origine di questa fatica c’è il desiderio di raggiungere il punto esatto dal quale è stata scattata la foto dell’isola vista casualmente sul web per ritrovarne la bellezza. Ed ora lo vediamo il famoso lago di acqua salata con il suo particolare tono di blu che rende incantevole la superficie perfettamente piatta, definito dall’articolata cornice verde di bassi rilievi che formano la piccola Palau Satonda il cui maggiore diametro è di soli 1500 metri. Pochi sanno che c’è un resort poco dopo il moletto di approdo.

15 ottobre 2015

ATOLLO DI LABU AGI

Un paio di chilometri al largo di Labu Agi c’è un piccolo atollo di coralli particolarmente attraenti per i banchi di piccoli pesci azzurri che risaltano sul blu intenso del mare là dove si inabissa. Proprio vicino ad un banco di coralli verde acceso abita un serpente d’acqua che vedo all’improvviso fortunatamente a distanza di sicurezza ammesso che esista anche solo una possibilità di sfuggirgli. E’ bellissimo nelle sue righe bicolori in due tonalità di grigio. E’ salito in superficie per respirare poi il suo corpo inizialmente in posizione verticale, si è flesso con eleganza per entrare nel buio di un anfratto tra i coralli. Per fortuna non ero sola ed il serpente è così bello da allontanare qualsiasi paura peraltro legittima ho pensato quando poi la sera cercando con curiosità sul web l’ho riconosciuto come il più velenoso dei serpenti di mare.


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