12 Maggio 2006

CARTAGENA – PANAMA

Ci svegliamo presto consapevoli di aver dormito poco e male…mentre andiamo alla colazione con un occhio aperto ed uno chiuso ognuno pensa ai propri compiti..io all’acquisto dei biglietti aerei per Panama e Vanni di nuovo al porto per l’antinarcotici. Penso anche a quanto mi dispiace di lasciare questa città…non solo per la sua bellezza ma anche per il calore delle persone e la bontà dei cibi e per il clima caldo e umido e per questo accogliente hotel con Jesus simpatico receptionist..per la vivacità del suo mercato e dei suoi bravi ciabattini…insomma per tutto questo ed altro vorrei rimanere ancora a lungo, qui a Cartagena…città che mi ha letteralmente affascinata. Alle 12.30 vanni non è ancora rientrato.. col passare dei muniti vedo sfumare il suo desiderio di una bella doccia prima della partenza. Intanto al telefono Matteo e Salomè , incontrati per caso ieri sera al ristorante, vogliono sapere se riusciamo a rivederci prima della nostra partenza…sono davvero carini questi due biologi innamorati del mare, dei delfini e molto l’uno dell’altra. All’una in punto ecco Vanni ..trafelato entra…il viso stanco ed i vestiti così bagnati di sudore da sembrare appena uscito dalla lavatrice…è ancora sotto la doccia quando inizia a raccontare il calvario dell’operazione di controllo antinarcotici della macchina. Hanno ispezionato tutto, con la sistematicità di un chirurgo esperto, aperte tutte le valigie, tutte le buste di tabacco, smontato gli sportelli, controllato il tetto, sgonfiato la gomma di scorta… insomma proprio tutta la macchina è stata aperta come una grande matrioska dal grande al piccolo ..il contenitore ed il contenuto…mentre i cani marcavano il territorio con pisciatine sparse qua e la dentro la macchina e vicino alle valigie…ma la tragedia si è sfiorata quando, aperti gli imballaggi, hanno visto le due statue di San Augustin. E’ stata interpellata la sovrintendenza dei beni storici che ha subito mandato una signorina vestita di bianco e munita di ombrellino para sole stile Vietnam. Le ha guardate con aria saccente e scalfite con un coltellino …quindi ha certificato che si trattava di copie. Non paghi quelli della narcotici hanno voluto telefonare allo scultore, il cui nome e numero di identificazione, compariva nella sua dichiarazione richiestagli al momento dell’acquisto… per fortuna che abbiamo avuto questa intuizione! Hanno poi voluto sapere chi ci aveva condotti dallo scultore…insomma un terzo grado stile gestapo sotto il sole che diventava via via sempre più cocente. Vanni esce finalmente dalla doccia, sembra lo spettro di se stesso ma non rimane molto tempo per riposare…alle 14.30 dobbiamo essere all’aeroporto per il chek-in con COPA Airlines…si ripete l’operazione di investigazione delle valigie..vediamo quelli prima di noi davanti alle loro borse ormai svuotate del contenuto e montagnole di schiuma da barba sotto il bancone…e i visi di questi, sottoposti a questa strana forma di violenza sulla privacy! Arriva il nostro turno ma baipassiamo questo primo blocco perché non intendiamo spedire il bagaglio…siamo un po’ agitati per quei due ciondoli d’oro che Fabio ci ha fatto comprare dal tombarolo..siamo quasi certi che si tratti di un falso..ma anche le statue lo erano!..e in questo caso non abbiamo nessun documento comprovante…- voglio il mio avvocato! –
All’ingresso al gate ecco che anche noi dobbiamo sottoporci alla perquisizione ed anche i miei tamponi OB vengono toccati uno ad uno, annusati e poi riposti…ma i ciondoli, che sono nel mio beauty, sembrano non interessare il militare di turno…per fortuna! Mentre aspettiamo l’aereo in ritardo di un’ora ci consoliamo con un paio di partite a backgammon e le patatine comperate con gli ultimi spiccioli. Mentre sorvoliamo Cartagena al tramonto percepisco tutto il suo fascino anche da questa insolita prospettiva..la luna piena intanto fa capolino dietro l’ala. Arriviamo a panama dopo un’ora ma sono già le sette..andiamo diretti al Best Western Las Huacas nella zona nuova di questa immensa e sconosciuta città.

13 Maggio 2006

PANAMA’ CITY

Ci svegliamo nella suite più originale che ci sia mai capitata…su due livelli con una scala a chiocciola di metallo per salire alla zona notte ..sembra una discoteca di qualche decennio fa con molti colori alle pareti e sopra il comodo lettone con testata di lamiera mandorlata, una serie di travi reticolari color argento, mancano solo le luci psichedeliche!…la vista però da questo ottavo piano non è affatto male ed i giovani ragazzi che gestiscono l’hotel si mostrano piuttosto disponibili con Vanni che deve aver confuso la reception con l’ufficio informazioni turistiche di panama. Ci rendiamo conto dopo essere arrivati nel Barrio Viejo che Panama sarà solo una meta di passaggio e non certo una città nella quale varrà la pena sostare per il nostro piacere..visto che non ci interessa trascorrere le nostre serate nei casinò né fare shopping sfrenato. Comunque siamo qui e dovremo restare fino a lunedì per ritirare il certificato della macchina…dopo aver gironzolato un po’ tra le stradine di questo quartiere storico fatiscente e povero ci infiliamo nel Museo del Canale per farci un’idea almeno di quello…una bellissima lanterna di un vecchio faro campeggia all’ingresso, siamo rapiti ad osservare i colori della luce come arcobaleni sulle decine di grossi vetri che ne costituiscono la struttura. Chiediamo se esiste un museo di arte contemporanea e, indirizzo alla mano saliamo sul taxi. E’ subito evidente che l’autista non solo non sa leggere il biglietto che gli diamo..ma non ha nemmeno idea di dove sia quel museo. Chiede informazioni a molti ma dopo almeno un quarto d’ora ci scarica arrabbiato di aver perso tanto tempo, cioè denaro, per cercare un posto fuori dalla sua zona. Non eravamo poi così lontani dall’obiettivo, ma è stato un grande piacere scendere da quel taxi scassato. Il museo contiene qualche bel quadro di artisti sudamericani…poi ci fermiamo a parlare con il direttore ed è un piacere confrontarci con lui conversando di arte moderna ..da Guayasamin a Botero, da Pablo Neruda alla Mystral ed infine all’arte italiana. Soprattutto qui è molto sentito ed apprezzato l’impegno sociale e politico degli artisti…per ovvie ragioni!
La cena al Sushi Itto non ci appesantisce e per finire ci concediamo un succulento “postre”..in pratica una bella fetta di torta al cioccolato calda con gelato di vaniglia…che meraviglia!

14 Maggio 2006

PANAMA’ CITY

E’ domenica oggi ed il gran premio di Spagna inizia alle 7 della mattina…alle 7 in punto la sveglia suona e mentre riprendo a dormire sento il frastuono delle auto alla partenza gentilmente offertoci da Sport Fox. Al risveglio definitivo la tv è ancora accesa ma senza volume..vedo le auto che ancora girano sul circuito mentre Vanni riposa sotto l’ immancabile mascherina. E’ il giorno dedicato alla visita del canale opera terminata nel 1914 e che costituisce la ricchezza di questo piccolo stato. Andiamo alla chiusa di Miraflor dove non intendiamo fermarci a lungo..diciamo al taxi di aspettare ma poi come due bambini ci perdiamo a vedere quelle enormi navi passare attraverso gli stretti corridoi dai livelli variabili e con grossi portelloni di ferro a contenerne l’acqua. Solo verso le 18 quando la chiusa chiude al pubblico usciamo tra gli ultimi visitatori. Non vedo l’ora di vedere le tante foto scattate e di una doccia tiepida per allontanare il calore accumulato durante il pomeriggio. Cena in camera con pizza succulenta e l’immancabile History Channel che ci racconta le sempre noiose guerre Puniche…è come essere ancora alle scuole elementari!

15 Maggio 2006

PANAMA’ CITY – COLON

Vanni esce presto a recuperare i certificati dell’auto nell’ufficio della Costa Container Line..io ne approfitto per preparare oltre a me stessa anche i bagagli ed un’abbondante colazione scaldando al microonde la pizza rimasta ieri sera…sarebbe stata una sciocchezza gettarla!
Quando Vanni rientra sembra un efficientissimo manager giunto alle ore 11 della sua lunga giornata di lavoro, ha persino il numero di telefono di Leo, un simpatico tassista che verrà a prenderci tra mezz’ora…ed eccolo saldare il conto ed esibire la tessera Best Western per i punti. Il cielo è grigio quando usciamo, ma ecco che già sulla strada superiamo senza fermarci le chiuse di Miraflores e proseguiamo per Gamboa dove faremo l’escursione in teleferica dentro la foresta pluviale…siamo eccitati all’idea di essere dei Tarzan senza liane ! Arriviamo al Gamboa Resort ,che organizza i tour, dopo una mezz’ora..ma che jella!..il lunedì questo tour non parte! Dovremo ripassare domani dopo aver ritirato la Carolina dal porto di Colon. Un’ altra mezz’ora e siamo a destinazione. Vanni, previdente, decide di andare subito agli uffici del porto anche se fino a domani non se ne parla di ritirare qualsiasi cosa…ma ecco che i documenti preparati dall’ufficio di Panama non sono corretti e così inizia il calvario tra un ufficio e l’altro dove Vanni e Leo vanno mentre io resto a custodia del taxi senza sigarette né acqua e nessun tabaccaio all’orizzonte..intanto i camion di tutti i tipi sfrecciano a pochi metri da me e l’aria si sta facendo irrespirabile..ma in fondo è un po’ come fumare! Sono già le tre e mezzo quando arriviamo all’ Hotel più lussuoso di Colon…il Melià Panama Canal, un 5 stelle all’americana tutto fumo e niente arrosto, con arredi in stile e le tendine con le frange alla doccia…ma senza il frigobar e con il business center in ristrutturazione..quindi anche di internet non se ne fa nulla per non parlare della cassaforte digitale che guarda caso non funziona! Spero almeno domani di aver il tempo di andare nella piscina che non è affatto male…Vanni riposa felice sul lettone mentre ascoltiamo un bellissimo concerto di Hendel alla tv ..ma c’è il motivo… poco fa ha ricevuto dalla receptionist l’ennesima tessera a punti per la catena degli hotel Melià..e subito dopo mi ha battuta per due volte di seguito a backgammon…quel culone!
Anche la cena al bel ristorante dell’ hotel è decisamente in linea con la gestione …cibo ottimo ma servizio pessimo…anzi imbarazzante, il cameriere voleva a tutti i costi che ci sedessimo in un piccolissimo tavolo da due…ed ha insistito perché io mangiassi la carne anche dopo avergli detto che sono vegetariana..insomma non proprio il massimo.

16 Maggio 2006

COLON – GAMBOA – VALLE DE ANTON

Alle 10 è già quasi tardi per la colazione..senza ancora capire dove sono e perché cerco Vanni ma nessuno risponde al mio appello…mi precipito al ristorante dove recupero qualche prelibatezza mentre i vassoi del buffet vengono portati via dai camerieri..Poco dopo mentre preparo i bagagli prima di uscire per una perlustrazione di Colon vedo dalla finestra la Carolina che fiera si dirige verso il parcheggio dell’ hotel…mi emoziona rivederla! …e sono felice di vedere Vanni, è ormai tanta l’abitudine di svegliarmi vicina a lui che quando non lo vedo mi viene l’ansia. Entra trionfante in camera…nessun controllo della Carolina qui…ma solo una bella affumicatura dell’interno per evitare di importare insetti non graditi. Partiamo per Gamboa dove ci aspetta la Teleferica per un bel giro in mezzo alla foresta. Arriviamo in tempo per l’escursione delle 13.30 che inizia pateticamente ad un paio di capanne “finte” occupate solo a scopo turistico da qualche indigena che però vive altrove…vediamo le bancarelle che espongono gli oggetti di artigianato che sicuramente non hanno fatto loro…ma poi ci riprendiamo entrando nel rettilario, nel farfallario, nell’orchideario..per poi proseguire in furgoncino verso la teleferica che scopriamo ideata da un canadese ed un gringo una ventina di anni fa. Fa molto luna park salire su queste gabbie di ferro senza soffitto, colorate di verde, che procedono lentissime verso la meta finale..una torre panoramica alta una ventina di metri dalla quale si domina il famoso canale di Panama. Saliamo procedendo lungo la rampa che si sviluppa sui quattro lati del perimetro…mentre ammiriamo la foresta sulla quale virtualmente stiamo salendo fino ad arrivare in cima agli alberi più alti..nel frattempo incrociamo un paio dei serpenti lunghi sottili e verdi che avevamo visti pochi minuti prima protetti dai cristalli spessi del rettilario! E’ sempre molto imbarazzante per me incontrare un serpente in libertà….anzi mi impressionano anche se li vedo in televisione!…questa volta l’effetto è strano..inizio a fotografarli e questo mi fa da scudo..mi sento protetta dalla piccola Minolta…la curiosità del reporter ha vinto sulla paura! Arriviamo alla Valle di Anton quando è già sera..Vanni insiste per l’hotel Campestre che si rivela una ciofeca con lavori in corso ..ma l’alternativa chissà dov’è! Quando entro in camera impallidisco alla vista del soffitto che è tutto di eternit….non posso credere di essere finita in una camera squallida e per di più cancerogena! Sono incazzata e preoccupata..Vanni invece non trova la cosa così preoccupante…non chiudo occhio per ore mentre sento che l’aria attorno a me è irrespirabile e mi fa tossire spesso…che incazzatura!

17 Maggio 2006

VALLE DE ANTON – BOCA DE TOROS

Al risveglio andiamo a piedi lungo un sentiero che ci porterà ad un boschetto di alberi quadrati…si proprio quadrati! Sembra incredibile ma è vero …e così per far fronte alla perplessità degli amici quando sentiranno i racconti del viaggio…inizio a fare foto mentre Vanni appoggia due bastoncini sui due lati ad angolo retto del tronco, sembra un test scientifico! Proseguiamo andando all’orchideario del paese dove però ci prendono di più gli uccelli esotici che vediamo purtroppo nelle gabbie….pavoni, pappagalli ara..etc. La strada è lunghissima per raggiungere l’obiettivo che ci siamo prefissati ..ma si sa..Vanni l’obiettivo lo raggiunge a tutti i costi..quindi non mi pronuncio e a denti stretti per il mal di pancia che nel frattempo mi è venuto, accompagnato da una emorragia da guinnes cerco di resistere sperando in un hotel decente per la nottata…Ma quale hotel decente! L’unico qui ad Almirante è il Francisco..una topaia senza finestre che ci costerà ben 27.50 USD..praticamente un furto…Prendo con me le lenzuola pulite che la Raffa ci ha lasciato in una borsa sull’ auto mentre penso che almeno riposeremo senza pericolo di prendere i pidocchi. Domani mattina il traghetto partirà alle 6 in punto, ci dice il comandante russo mentre scende dal traghetto appena arrivato a destinazione, ma la Carolina in pochi minuti è già a bordo…ci avventuriamo a piedi per le strade polverose di Almirante per raggiungere un ristorantino sul mare, proprio di fianco al traghetto. Un odore familiare si fa subito sentire…ci sembra di essere un po’ anche a Venezia questa sera!

18 Maggio 2006

BOCA DE TOROS

La sveglia è durissima alle 5 in punto. Recuperiamo le lenzuola e via, in strada Vanni ha già fermato un taxi che veloce raggiunge il traghetto sul quale c’è già una certo fermento di uomini e di mezzi. Non riesco a scendere dall’auto per la stanchezza del sonno lasciato a metà…Vanni è già con un caffè in mano sul ponte del traghetto che mi urla di salire per un tè. Vado ed è subito meglio..l’aria fresca del mattino qualcosa riesce a fare. Ci introduciamo subito tra le isole di mangrovie dell’arcipelago e ci sentiamo pirati…quando dopo qualche ora immersi nella sfavillante vegetazione aggrediamo con Carolina i fuori strada dell’isola. Mentre io cerco assistenza ad un ospedale per quell’emorragia che mi depaupera le forze, Vanni telefona a casa e la Germana lo aggredisce…..risultato : 5 whisky bevuti al ristorante italiano di Nanni tra le 14 e le 16 e due canne più riga qualche ora dopo sulla barca che nel frattempo avevamo affittato. Solo alle 17 la “alegria” che non abbiamo ancora visto ma che sappiamo ci costerà 500 USD sarà disponibile ad accoglierci…quando dopo tanto bere arriviamo a bordo pensiamo che potevamo almeno prima darle un’occhiata! E’ scassatissima ma almeno i due ragazzi che vi abitano da anni sono simpatici…Joel, ventunenne panamense è ospite fisso di Bolivar, cileno e diciannovenne, insieme formano una coppia di figli dei fiori new-style anni 2000. Occupiamo la cabina di poppa che non contiene quasi il nostro bagaglio tanto è piccola, divideremo con loro il bagnetto di questo 30 piedi che invece è molto old-style. Tramortita dalla canna mi accuccio sulla branda senza accorgermi che Vanni si era piazzato bellamente al centro…che scomodità, ma cadiamo in un sonno profondo senza sogni.

19 Maggio 2006

ISLA GRANDE – CAYAS ZAPATILLAS

Le magagne della barca saltano all’occhio meglio alla luce di questa mattinata nuvolosa. Ci svegliamo al suono della musica a tutto volume che nel frattempo i due fricchettoni ascoltano navigando…credo siano i “red hot chili pepper” che riescono ad entrare persino attraverso i nostri immancabili tappi gialli. Stupiti della nostra sveglia tardi mentre loro seppure frik sono al timone dalle 8, ci accolgono con un sorriso complice..ora sanno che si può essere belli rilassati anche se un po’ cresciutelli…e soprattutto che con noi non ci saranno problemi. La mancanza del profondimetro li fa cautamente ormeggiare ad almeno 100 metri dall’isola della quale vediamo la spiaggia chiara e la vegetazione rigogliosa. Parto per prima armata di pinne e maschera ad affrontare la distanza che procedendo sembra aumentare… pensando che un po’ di pre allenamento non guasterebbe arrivo finalmente a toccare il suolo di questo fiore all’occhiello tra i parchi marini panamensi. Pinne in mano inizio a percorrere la spiaggia deserta. L’armonia che sento mentre l’occhio si perde ad osservare questo paradiso, è forte. Dopo una decina di minuti tornando sui miei passi vedo Vanni, nel suo costumino blu, venirmi incontro lungo la spiaggia con un bel sorriso….mi solleva l’idea di non essere l’unico essere umano sull’isola! Vanni è bellissimo, abbronzato e con la barba così alla pirata sembra vivere qui da anni. Ci incamminiamo insieme verso il luogo dove ha nascosto le sue pinne, conserva ancora in mano il fischietto di soccorso che i ragazzi prima che si avventurasse a nuoto gli avevano lasciato. Ma che bella nuotata! Siamo ormai certi che i ragazzi hanno approdato lontani dalla costa per costringerci a muovere un po’ le chiappe! Bolivar e Joel come due personal trainer ci osservano dalla barca. Iniziamo il giro dell’isola. Sulla sabbia bianca solo le nostre impronte e qualche grosso granchio che fa capolino dalla sua tana, mentre a tratti scavalchiamo le mangrovie che si spingono sull’azzurro dell’oceano. Tornati al punto di partenza mentre io faccio snorkeling Vanni inizia la costruzione della sua zattera di salvataggio utilizzando ciò che il mare ha lasciato nel tempo sul bagnasciuga. Dopo una mezz’ora è tutto pronto per la lunga nuotata di ritorno, pezzi di polistirolo logoro sono legati con un filo di nylon attorno ad un cilindro di legno, un’altra corda, sottratta alla scialuppa dei ragazzi che intanto erano arrivati remando, gli consente di legare a sé il galleggiante. Parto per prima spazientita di dover aspettare che la costruzione del salvagente sia finita…poco dopo lo vedo arrivare veloce verso la barca, inseguito da un piccolo barracuda. Con l’agilità di un’acrobata sale sul giardinetto e poi si fionda nel pozzetto dove concitato, inizia a raccontare il momento dell’avvistamento.
Un tè caldo è quello che ci vuole per recuperare le energie, mi faccio largo tra le stoviglie sporche della colazione e recupero il bollitore mentre Vanni prepara il backgammon sul quale tra poco avrà luogo la mia disfatta. Alle 18.30 è già buio, ma la temperatura è perfetta come sempre, una delle meraviglie dei Caraibi è proprio questo tepore che ci avvolge come una carezza, sempre della stessa intensità…ovviamente tacendo dell’umidità che invece accompagna le nostre notti, mitigata appena dal piccolo ventilatore scassato che Bolivar ha fissato sopra la cuccetta.
La cena a bordo è a base di pasta con verdure, servita nelle consumate ciotole di plastica arancioni…è qui che scopriamo il talento culinario di Joel, che gode di esperienze passate nelle cucine di un paio di ristoranti di Panama City…preciso e determinato ha tagliuzzato le verdure come un virtuoso cuoco giapponese..ma che pazienza! Bissiamo tutti poi sazi ci rilassiamo stravaccati nel pozzetto ascoltando i Pink Floyd.

20 Maggio 2006

CAYAS ZAPATILLAS – BASTIMENTO

Questa mattina ci alziamo dopo aver ampiamente goduto dei nostri corpi…la barca è sempre molto stimolante anche in questo senso. I ragazzi si svegliano tardissimo e solo alle 11 è pronta la nostra colazione..senza il caffè sul cui acquisto Vanni si era molto raccomandato…ma so’ ragazzi!..per di più abituati a fare a meno di molte cose…figuriamoci se possono capire che per quasi tutti il caffè alla mattina è una sacrosanta necessità! Estraggo dal mio trolley le bustine di tè che , proprio per non dover rinunciare a questo grande piacere, porto sempre con me ed a ragione. Partiamo subito dopo verso l’isola bastimento facendo una sosta snorkeling in una zona dai fondali meravigliosi, dove vediamo piante acquatiche bellissime ed estremamente varie per forme e colori, pesciolini colorati e conchiglie come vongole giganti dall’interno arancione e baffetti trasparenti che..ricordano molto le piante carnivore. Sembra davvero di nuotare sopra ad un tesoro dimenticato in questo mare da uno dei tanti pirati al seguito di Morgan.
Entriamo nella baia dell’isola Bastimento quando già il sole fa capolino dietro i palmeti dell’isola magazzino che i pirati usavano anche come punto di appoggio per la manutenzione dei loro veloci velieri. Decidiamo di trascorrere la serata a terra e così tutti e 4 sulla barchetta a remi ci dirigiamo verso il paese dal quale ci arriva musica caraibica a tutto volume….in fondo è sabato sera!
Bastimento ci ricorda un po’ Puerto Eden in Cile, le poche case di legno sono tutte a ridosso del mare e collegate tra loro da un percorso pedonale, alcune a palafitta, altre sulla terraferma…ma tutte molto colorate…questa vivacità si riflette anche sui residenti, tutti rigorosamente nerissimi e dinamici. Vivono questo luogo come fosse una grande casa, vi si muovono così come sono, spesso con i bigodini ai capelli o in mutande, sembra di violare entrando la loro privacy, ma loro ci accolgono incuranti di questo.

21 Maggio 2006

ISOLA BASTIMENTO

Rimaniamo ormeggiati nella tranquilla baia dell’isola, i ragazzi vogliono portarci nella spiaggia dei surfisti che raggiungeremo a piedi sull’altro lato dell’isola dietro il paese,solo 15 minuti a piedi dice Bolivar…contagiati dalle modalità indigene decidiamo di andare scalzi. La pavimentazione di cemento termina quasi subito per lasciare il posto ad uno stretto sentiero di terra che si snoda in mezzo alla foresta. Non camminiamo a piedi scalzi sulla nuda terra da una vita…e la sensazione non è poi così piacevole..in fondo siamo un po’ cresciuti. I nostri piedi appoggiano sul terreno che via via si fa sempre più fangoso,si fanno largo tra escrementi di mucche e cavalli e cercano di non pestare le formiche che numerose attraversano il sentiero per raggiungere le loro tane cariche di foglioline verdi. Mentre Joel ci rassicura che non pizzicano ecco una prima puntura sul mio piede…in realtà fanno un male incredibile! La spiaggia di sabbia color biscotto si affaccia su una bella baia circondata dalla vegetazione, le potenti onde dell’oceano sono irresistibili per i pochi surfisti che vi si avventurano. Anche i nostri due amici spariscono come inghiottiti dal mare poco dopo. Intanto all’orizzonte una fascia di nuvole nere minaccia un inevitabile acquazzone mentre noi ancora sotto un pallido sole ci tuffiamo dentro le onde.
La pioggia è gelata e forte quando ci ripariamo sotto una mangrovia dalle grandi foglie, ma non basta e dopo pochi minuti fuggiamo di corsa verso il macuti del baretto poco distante, dove una piccola comunità di neri rasta sta comodamente stravaccata sulle amache a bere birre e chiacchierare. Mi accomodo anch’io su un sedile fatto con due assi incrociate, mentre Vanni non ha pace e continua a camminare sotto la pioggia tra la spiaggia ed il bar, tuffandosi ogni tanto nelle tiepide acque del caribe. Rientriamo soli, percorrendo il sentiero a ritroso che ora sembra più che altro un acquitrino, i piedi affondano fino alla caviglia nelle pozzanghere di melma puzzolente, scivolando nei tratti in discesa in derapage, usiamo i piedi come fossero sci. Le formiche incazzate ci assestano una serie di dolorose punture, ma la foresta bagnata dalla pioggia è così verde da incantarci mentre percorriamo il sentiero che sembra non avere più fine. In paese troviamo un rubinetto ed un water taxi, tutto quello che ci serviva! Arriviamo in barca e finalmente soli facciamo una bella “doccia” sopracoperta nudi, mentre le piccole lance dei locali sfrecciano nella baia ed è di nuovo l’ora del tè. Arrivano poi anche i ragazzi come su un guscio di noce, remano distrutti per le tante ore di surf, in silenzio, lentamente. L’acqua della baia è immobile come i loro visi. Una merenda veloce e ripartiamo per Boca dove scenderemo a terra per la cena da Nanni.
Carolina è ancora lì, parcheggiata al comando di polizia, inviolata!


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