12 Gennaio 2008

GRANADA – TANGERI

Usciamo velocemente dall’hotel e da Granada. Oggi il clima ci regala un bel cielo azzurro ed un sole caldo che intiepidisce l’aria. I 200 km di autostrada scivolano via lievi …a bordo maglietta di cotone, occhiali da sole e fazzoletti di carta….l’emergenza congestione non è ancora finita. All’altezza di Malaga l’autostrada piega per costeggiare il mare blu che ogni volta ci sorprende con la sua immutata bellezza. Arriviamo ad Algeciras verso le 14.30 e senza difficoltà raggiungiamo il porto dove diverse compagnie marittime si propongono per la traversata dello stretto….la scelta cade sul primo traghetto in partenza alle 15.00 …non c’è molto tempo ma nemmeno un gran traffico di turisti in questo periodo di bassa stagione, intanto sui tabelloni che riportano gli orari vedo partenze con cadenza oraria….un buon servizio quindi e ad un costo limitato, spendo infatti 75 € per due persone e l’auto. Il tempo di salire ed il traghetto sta già salpando verso la costa che a fatica si intravede in fondo all’orizzonte di fronte a noi. Dopo due ore esatte siamo all’ormeggio nell’ampia banchina del porto africano di Tangeri, tra gli edifici chiari e le palme slanciate della città più europea del continente. Il tempo di appoggiare i pneumatici sulla terraferma e già ci viene incontro una nuvola di marocchini che si offrono di aiutarci a sbrigare le pratiche doganali….anzi ci chiedono direttamente i passaporti ed il libretto come fossero loro gli operatori della dogana. Chiaro che lo fanno per guadagnare due soldi ed alla fine riescono a compensare l’arroganza del proporsi con un effettivo aiuto nel disbrigo delle poche pratiche. Lo stesso ragazzo che si impone per velocità sugli altri, accompagna Vanni all’ufficio dell’assicurazione ed allo sportello di cambio…insomma si è guadagnato quei 10 euro che Vanni gli porge e che lui accetta sfoderando un largo sorriso di soddisfazione. A parte il momento di tensione che ha accompagnato il vederli allontanarsi con i nostri documenti, direi che lo sbarco è andato bene …certo ora dovremo arrangiarci…nel senso che il nostro navigatore, al quale ormai ci eravamo abbandonati con fiducia, qui in africa è efficace al 50%, non esistendo nella sua memoria le mappe delle città ed essendo per di più incomplete anche le reti stradali minori…. Aiutandoci con la piantina della città della nostra guida ci inseriamo nel lungomare per raggiungere il facile indirizzo dell’hotel che abbiamo scelto proprio per questo. Procediamo mentre il sole calante illumina la vivace città fatta di case bianche, macchine scassate che si muovono seguendo flussi disordinati e di visi scuri…siamo in maghreb! L’hotel Ramada Les Almohades (www.ramadahotelsmaroc.com) è l’unico della fascia di prezzo attorno ai 120 € della città. Riesco a strappare una colazione inclusa al receptionist che però non molla nient’altro se non un buon consiglio per un ristorante di pesce . Ci accomodiamo nella camera 110 senza vista mare di questo hotel di stampo internazionale, ma comodo per via del parcheggio custodito senza il quale saremmo stati in seria difficoltà da queste parti. Dopo una passeggiata nella medina in compagnia di Mustafà che ci ha trovati ed adottati strada facendo, nonché accompagnati nell’immancabile negozio di tappeti, atterriamo definitivamente al Valencia per la cena di pesce…senza infamia né lode, ma a detta di tutti il migliore. La cena ci costa 230 dirham, circa 21 euro che non sono poi una gran cifra….quindi direi un rapporto qualità prezzo accettabile. Al rientro il parcheggio dell’hotel è affollato di fuoristrada europei con ruota di scorta fissata sul porta pacchi…proprio come noi…. Un po’ ci inorgoglisce essere così trendy…deve essere la nuova moda dell’europeo in africa ! Le congetture a questo punto si moltiplicano ed una delle più plausibili ci sembra quella che si tratti delle auto della Lisbona Dakar, nata in sostituzione della celebre Paris Dakar quest’anno annullata….che fantasia!

13 Gennaio 2008

TANGERI

Quando esco dal bagno Vanni è già vestito, lo intravedo nella stanza ancora buia. Esce per la colazione dalla quale torna dopo una mezzora con una tazza di tè fumante che appoggia sul mio comodino. Io intanto sto uscendo da un sogno nel quale compro grandi ragni neri, stile vedova nera, nel negozio dal quale solitamente mi rifornisco di colori…ma nonostante il tema macabro mi sveglio stranamente serena. Quando scendiamo alla reception prenotiamo subito l’hotel di Fes quindi usciamo alla conquista di Tangeri. Camminando sotto il sole caldo di oggi vediamo bambini che giocano sulla spiaggia, quindi ci inoltriamo verso la medina salendo per la ripida stradina che parte dalla piazza di fronte al porto, punteggiata di poche ma slanciate palme che ne ingentiliscono lo spazio e ne connotano inequivocabilmente la fascia climatica. A quest’ora della mattina le strette stradine labirintiche della città araba sembrano più tranquille, ma la vitalità palpitante degli artigiani e dei commercianti trasuda dall’interno dei piani terra occupati dalle botteghe. Con il passare delle ore anche le stradine si animano di venditori ambulanti che espongono su teli di plastica appoggiati ai bordi i prodotti dei loro orti. Le tinte chiare degli edifici scatolari ritagliano spicchi di cielo azzurro poi qua e la una macchia di colore attira la nostra attenzione…una porta arancione, o infissi azzurri…o la tunica sgargiante di una signora un po’ più civettuola delle altre. La Kasbha, come tutte le cittadelle fortificate che si rispettino,   occupa la parte più alta della medina. Da qui godiamo di una vista spettacolare sul mare, intensamente blu, dello stretto…il più largo che abbia mai visto. Lontana ma vicinissima per via dell’aria tersa di oggi, l’Europa è là, increspata di colline, misteriosa e dal profilo indefinito per via del riverbero del sole. Dopo una visita al bel palazzo del sultano ora trasformato in museo, ci fermiamo nel cuore della médina, in uno dei bar della piazzetta del Petit Succo per un tè alla menta…evocativo di sabbia color ocra, islam e uomini avvolti nel loro chèche. Mentre sorseggiamo dai piccoli bicchierini di vetro decorati a disegni dorati osserviamo la gente che passa , e sono turisti, venditori, marocchini e marocchine che circolano sempre in gruppo. Usciti dalla mèdina attraversiamo di nuovo le vie della città più recente, cadente e poco interessante, a parte qualche bella villa che però non compensa la decadenza circostante…insomma non si può dire che Tangeri sia una città da non perdere! Dopo una lunga sosta in camera usciamo per la cena. Queséa sera abbiamo scelto un ristorante con musica dal vivo, “ El Korsan” presso l’hotel Minzah in avenue de la libertè 85, il più chic di Tangeri ed in stile marocchino. Superato un ampio giardino entriamo nel confortevole ampio spazio del ristorante dove sei musicisti vestiti tradizionalmente nei loro caffettani chiari e copricapo rosso stanno intonando un brano arzigogolato di musica araba. Ci accomodiamo sul sofà dietro il tavolo apparecchiato con accuratezza con ceramiche, sottopiatti di metallo con incisioni ed una serie di originali accessori. Godiamo della musica e dell’ambiente curato ed avvolgente dove ogni superficie orizzontale e verticale è decorata dei tessuti e colori e disegni armoniosi tipici,, come anche il soffitto di legno a cassettoni con forme geometriche a stella che amplifica il senso di tradizione e di ricercatezza. Anche il menu elenca piatti che promettono sofisticati accostamenti di frutti, carni verdure e spezie….insomma una serata nella quale abbandonarsi con tutti i sensi all’antica cultura marocchina. Vanni sceglie come entrata una zuppa con i datteri ed io gli involtini fritti di carne e pesce, poi un tajin di polpette di manzo ed un cous cous di agnello. I camerieri si prendono cura di noi con molta attenzione, mentre i gustosi cibi mandano in estasi le nostre papille gustative, sprigionando fragranze paradisiache con delicate inflessioni speziate. Infine la ciliegina sulla torta…compare tra i musici una seducente danzatrice che muovendosi con estrema sensualità incanta con il suo fascino gli spettatori tutti. Ma che bella serata…e tutto per soli 60 €. Rientriamo sotto la pioggia sazi e gratificati.

14 Gennaio 2008

TANGERI – FES

Tutte le strade portano a Fes con un percorso di circa 400 km…Vanni sceglie la più avventurosa che passando per Tetouan e Chefchaouen si arrampica serpeggiante sul crinale del famigerato Rif. Territorio da sempre popolato dai coltivatori di Kif ( marijuana ) con spinte secessioniste miranti all’autonomia di questo territorio a tutti i costi. Premesso che la nostra Rough Guide sconsiglia vivamente di avventurarsi in queste zone onde evitare eventuali spiacevoli incontri con spacciatori ladroni e che per di più, vendono hashish di pessima qualità, ci avviamo impavidi e coraggiosamente pronti a tutto, sulla statale che si arrampica da 0 a 1600 m di altitudine , tra nuvole basse che non trattengono la pioggia né a tratti, il nevischio. I primi approcci con i venditori di kif iniziano all’altezza del piccolo borgo di Bab Taza, dove uomini incappucciati nei loro caffettani scuri mostrano, gesticolando ai bordi della carreggiata, tocchi di fumo, esprimendo un chiaro invito all’acquisto. Appena fuori dal caseggiato una macchina ci segue lampeggiando, quindi ci supera e ci fa cenno di accostare mentre si ferma poco oltre. Naturalmente proseguiamo incuranti e, a parte lo spavento legato a questa primo approccio, segue il divertimento del vedere la moltitudine di venditori che si susseguono proponendosi con gesti inequivocabili per lo spaccio. Almeno l’80% degli uomini più o meno giovani incrociati lungo la strada ha ammiccato con gesti, ed almeno 3 aut ci hanno inseguiti, superati ed invitati a fermarci. Mai visti tanti spacciatori concentrati in un territorio così relativamente piccolo e…mai visti spacciatori che anziché nascondersi ostentassero in questo modo la loro presenza. Insomma è proprio vero che gli arabi sono dei commercianti nati…qualunque sia il prodotto in questione. Il paese che attraversiamo dopo circa 180 km di marcia, ci propone uno spaccato d’altri tempi. Immerso nella nebbia fitta, le strade fangose, gli uomini incappucciati che sembrano tutti affiliati al Ku Klux Klan, le bancarelle primitive fatte di bastoni di legno, gli animali a zonzo per la strada, fumo di fuochi accesi, questo è Bab Berret. Assolutamente non sfiorato dalla globalizzazione questo villaggio trasuda atmosfere ancestrali, ad eccezione delle vecchie mercedes 240 che ogni spacciatore cavalca con una sorta di spavalderia. Arrivati a Ketama, l’epicentro del narco traffico marocchino, orientiamo il muso di Gazelle verso sud per percorrere altri 160 km di strada di montagna in precario stato di manutenzione. Attraversiamo i piccoli villaggi di Taounate ed Ain Aicha per poi raggiungere alle 18, dopo 8 ore di viaggio ininterrotto, Fes già immersa nel buio della sera e nel fumo denso e scuro dei camini che all’ingresso del paese ne accelerano il processo di oscuramento. Il primo dato letto entrando qui è che non devono esserci molte caldaie a gas con bollino blu, qui in città, bensì centinaia di stufe a legna che ardono. E’ inverno anche qui….e che inverno! A 400 metri di altitudine stretta fra il Rif ed il Medio Atlante questa città si presenta fredda da morire….Come d’accordo con il gestore dell’hotel , una volta arrivati alla piazza Batha telefono perché arrivi qualcuno dall’hotel ad indicarci il parcheggio ed a condurci nella nostra suite. Modalità piuttosto da consegna di riscatto che non da raggiungimento di un hotel, ma che dire…l’avventura ci piace! All’appuntamento arriva Fethà, un berbero simpatico e gentilissimo trentenne e belloccio. Sale in auto e ci conduce nel piccolo spiazzo adibito a parcheggio, uno dei pochi in città a ridosso della médina. Valigie in mano, lo seguiamo al Riad Louna , nascosto in fondo ad un vicolo strettissimo che piega ad angolo retto dentro il fitto tessuto urbano. La suite Rose occupa uno dei lati corti di un patio dell’antica casa Fassi risalente al 1369 e riccamente decorata di stucchi e ceramiche colorate, infissi e soffitti in legno di cedro riccamente intagliati e dall’incredibile profumo. Ma la bellezza del luogo non compensa la mancanza di comfort e vista la temperatura esterna bassissima, riuscire ad avere una situazione di piacevole tepore all’interno della nostra camera di 7 x 3.5 x 6 metri di altezza non è una cosa da nulla, soprattutto se l’ampio portone di legno alto circa 4 metri ha una fessura sul suo lato sinistro nella quale si può tranquillamente infilare una mano chiusa a pugno….quindi circa 7 cm di spiffero! Su un angolo di fianco al salottino una stufa di ghisa brucia legna mentre nella parte alta di una delle due pareti laterali, un termoconvettore fa quello che può per compensare la fuga di calore del portone. Ceniamo nel piccolo ristorante dell’hotel, riscaldati soprattutto dalla cortesia di Fethà e dalla gustosa cena Fassi. Alla tv un film su Italia 1 dei fantastici 4 altrimenti invedibile sancisce la nostra crisi d’astinenza da tv…..poi ci avventuriamo nel gelido lettone king size   della suite Rose.

15 Gennaio 2008

FES

Una bella giornata di sole riscalda la nostra colazione consumata sulla terrazza del patio dove tra la vegetazione spiccano le sfere colorate di un rigoglioso arancio. Marmellate casalinghe, pane croccante ed un buon tè fumante…fanno da premessa alla nostra giornata di escursione alla mèdina più famosa del Marocco…la bellissima Fes.   Idrissi Alami Med Amedine ci accompagnerà nella passeggiata, sarà il nostro passepartout, l’uomo che ci salverà dalle guide non autorizzate che inevitabilmente si sarebbero proposte con insistenza, e dalla visita forzata alle boutique artigianali nelle quali sembra sempre di dover acquistare qualcosa. Iniziamo col prendere contatto con la più bella mèdina di tutto il Marocco, aggirandoci nella zona attorno a Bab Boujeluod, la parte più occidentale e più alta della città vecchia. Il nostro hotel è qui, al centro di un piccolo labirinto di vicoli. Ai lati degli stretti passaggi solo pareti nude nelle sfumature della sabbia chiara. Ai piani terra si aprono negozi , banchi di vendita di cibo pronto ed atelier artigianali, tutti solitamente di pochi metri quadrati. Molti i passanti che sembrano moltiplicarsi esponenzialmente man mano che i vicoli si fanno sempre più angusti, tutti rigorosamente vestiti dei loro caffettani di tessuto pesante e dalle tinte morbide per gli uomini, a volte sgargianti per le donne. I cappucci a punta più o meno calati sulla testa a seconda dell’individuale resistenza al freddo. Muli ovunque, unico mezzo di trasporto di merci e persone sostenibile tra le strette stradine della mèdina. Ne vediamo alcuni impegnati con casse di coca cola , altri con bombole di gas, cesti di verdure o parti di camere da letto. In alto fitti graticci proteggono a tratti le stradine, o meglio le attività sottostanti ed i passanti dal sole cocente dell’estate. Camminiamo fino ad arrivare alla Medrassa più antica e famosa della città, la Kairaouine, risalente al IX secolo e nella quale si studiavano oltre al Corano, anche discipline quali la matematica, l’astronomia , la letteratura classica araba, facendo di Fes uno dei principali poli culturali del mondo islamico. Un grande cortile quadrato, riccamente decorato di ceramiche, stucchi e tanto legno di cedro intagliato, così come le aule interne dai bellissimi soffitti a cassettoni nelle geometrie a stella o a cupola. Nel magnifico edificio vediamo anche le piccole stanze degli studenti, del tutto analoghe alle celle dei frati nei nostri conventi. Usciamo dalla mèdina attraverso la porta azzurra che segna uno dei passaggi della lunga cinta muraria di terra cruda color rosa che circonda con i suoi 14 km di estensione tutta la città antica. Lasciamo la splendida immagine dei tre minareti inquadrati dai mosaici blu della grande porta per dirigerci verso la macchina con la quale raggiungeremo i laboratori di ceramica, una delle peculiarità dell’artigianato locale. Una sosta al forte collocato in posizione strategica nella sommità di una collina, ci regala una vista complessiva della Città che da qui appare come un disordinato accatastamento di scatole ocra chiaro sulle quali torreggiano i minareti e le coperture verdi degli edifici sacri. Una vista mozzafiato nonostante le centinaia di parabole fissate sui tetti piani che danno alla città una innaturale connotazione tecnologica stridente con quella pseudo medievale che avevamo percepito percorrendone i vicoli. La sosta al laboratorio di ceramiche ci svela l’arcano del fumo intenso di ieri sera all’ingresso in città al nostro arrivo. Un paio di forni rudimentali a cupola ospitano le ceramiche che saranno cotte tra qualche ora. L’ingresso del forno è già stato murato, una volta terminato il processo di cottura la porta sarà demolita a colpi di piccone. Alcuni ragazzi lavorano a mosaico i tavoli e piccole fontane , altri modellano l’argilla grigia tipica di queste zone, in vasi, piatti, ciotole, ed accessori vari, comprese le lanterne, le saliere e suppellettili di nessuna utilità. Di colpo il lavorio del laboratorio si ferma al richiamo del muezzin ed in molti salgono sul tetto piano a pregare. Tutti orientati ad est intonano preghiere quasi cantate e chinano il capo fino a toccare il pavimento nei classici gesti sincopati e reiterati della liturgia islamica. Un passaggio doveroso nel negozio del laboratorio mi fa uscire con un paio di pacchettini contenenti molte divertenti saliere e due piccoli piatti dagli incantevoli disegni geometrici di colore blu. Di nuovo in auto per ammirare la maestosa facciata del palazzo reale, non accessibile, e poi ancora alla mèdina, questa volta diretti alla sua parte orientale , quella bassa, dove gli edifici storici non mancano e nemmeno gli artigiani. La Mèdina è divisa qui in aree tematiche a seconda dell’attività prevalente, come se un piano regolatore ne avesse stabilito a priori l’uso. Ci aggiriamo quindi nei souk dei falegnami, dei fabbri, dei sarti, dei commercianti di filo di seta vegetale, ma la zona più pittoresca rimane quella delle piccole taverne dalle quali si riversano nelle stradine fitti fumi del grasso che cola sulle braci e meravigliosi profumi. I fuochi si affacciano proprio sul passeggio, è un po’ come camminare tra cucine rudimentali, a pochi decimetri dagli odorosi spiedini, o pentole di tajin e cous cous. Una delizia dei sensi! Nonostante Idrissi sia una guida regolare, non ci risparmia la sosta nel bellissimo palazzo del 1300, sede di un negozio di tappeti, con la scusa della incredibile vista della quale si può godere dalla sua terrazza. Difficile uscire senza acquisti se non resistendo con i denti stretti a tutti gli espedienti commerciali con i quali ci intrattengono per un tempo che ci pare eccessivo…ma resistiamo alla tentazione di far man bassa di quei bellissimi tappeti che vengono stesi uno sopra l’altro …o tutti o nessuno…e poi non abbiamo parametri per i prezzi che ci vengono via via snocciolati. Certo che seccatura questa guida….che dovremo pagare nonostante prenda il 40% sui nostri acquisti …e che non ci risparmia nemmeno una delle categorie artigianali che offrono prodotti in vendita. Dopo i tappeti è la volta delle bellissime e maleodoranti concerie che tra le altre cose fanno di Fes una città famosa. Innumerevoli vasche circolari di argilla di varie altezze e dimensioni piene di liquidi colorati sono collocate in un ampio spazio libero tra gli edifici scatolari del quartiere. Attorno ad esse alcuni lavoranti immergono le pelli da conciare o da tingere…. sul tetto piano di una casa sotto di noi una distesa di pelli gialle ad asciugare. E’ un’immagine indimenticabile questa che vediamo sotto di noi, che sa di altri tempi e di lavoro duro. Esteticamente perfetta nei cromatismi naturali che racchiude, dall’indaco all’ocra al rosso nelle varie intensità e sfumature. Dopo tanto rimirare e scattare foto ed osservare il lavoro dei pochi ragazzi che come equilibristi camminano sugli stretti bordi di argilla muovendosi da un angolo all’altro della conceria, scattano gli acquisti in parte dovuti. Questa terrazza è il posto migliore dal quale osservare le concerie…e guarda caso ospita un negozio su più piani di prodotti di pelle e cuoio, un acquisto anche piccolo è quasi dovuto ed i gestori non mancano di fartelo notare. Parto con un acquisto soft…un paio di ciabattine di morbida pelle rosa terminanti con una punta dalla chiara connotazione araba…per poi finire al piano sottostante ad indossare un soprabito di pelle marrone che mi sta d’incanto ed al quale spinta anche da Vanni non resisto. Lo acquisto alla metà del prezzo propostomi ….ma è ancora troppo. Considerando che la guida prenderà il 40% dell’importo, è già molto che me lo abbiano lasciato per quella cifra…e comunque sono sempre più bravi loro, questi arabi commercianti di antichissima tradizione.. Iniziamo seriamente a detestare la nostra guida che come tutte avrebbero fatto, ci propone continuamente luoghi finalizzati agli acquisti. Che palle questi marocchini! Rientriamo in hotel stremati dopo una ulteriore ciliegina, la sosta in un negozio di tessuti ricamati a mano….mostratoci sempre con la scusa di volerci far osservare il lavoro artigianale tipico della città. Acquistiamo una tovaglia ricamata in disegni geometrici blu simili a grossi fiocchi di neve e lunghissima per il tavolo di Forlì che abbiamo coperto finora con patchwork di tovaglie piccole Alla fine il compenso per Idrissi di 25 € è davvero una una presa in giro rispetto agli almeno 120 che si è rubato in percentuali. Ceniamo in hotel in compagnia di altri commensali francesi che occupano gli altri tre tavoli liberi. Anche questa sera la cena Fassi è squisita. Iniziamo con degli involtini triangolari agrodolci e dal contenuto indecifrabile, accompagnati da una salsa di verdure al cumino e patate stufate, quindi un ottimo tajin di bue alla frutta secca, prugne e mele cotogne. Il dessert è una mela cotta con confettura di arance ed uva passa…..un banchetto degno di un sultano!

16 Gennaio 2008

FES – VOLUBILIS – MIDELT

Lascio Fes con il desiderio di ritornare un giorno…la visita di ieri con Idrissi mi ha lasciato il desiderio di gironzolare libera per la medina, senza seguire nessuno, lasciandomi trasportare dalla sola necessità di assorbire l’atmosfera magica di questo incantevole spaccato maghrebino che sembra immutato da secoli. Vanni sembra sazio invece della confusione della medina ed anzi si lascia sfuggire un – io di città imperiali ne ho già viste abbastanza! – che non lascia spazio a patteggiamenti. Ci dirigiamo verso Volubilis percorrendo la N4, attraversando paesaggi di incredibile bellezza che come disegnati dal pennello virtuoso di un pittore rinascimentale ci appaiono nei colori vivaci di questa giornata senza nuvole. Sfumature di rocce lontane, blu intenso del lago incastonato nella verde vallata del Col Du Zeggota.   L’antica città romana risalente al II sec. D.c. rappresentava allora l’avamposto più occidentale delle province conquistate dell’impero. Da questa fertile vallata   i Romani attingevano olive ed animali feroci come leoni, orsi ed elefanti da sterminare nel corso dei sanguinosi giochi al Colosseo. Ciò che vediamo dell’antica e ricca città, depredata in seguito dei marmi e delle suppellettili tutte, è un bell’arco di trionfo dedicato ad Ottaviano, colonnati sui quali le cicogne hanno fatto i loro nidi, parte di una basilica ed una serie di pavimenti mosaicati che l’incuria ha in parte risparmiato dalla distruzione. I tesori che questa città ancora conserva valgono certamente la visita peraltro estremamente cip…1 euro a persona non è nulla. Ci allontaniamo dal sito percorrendo la N13 verso Meknes, dove ancora paesaggi collinari dagli incantevoli colori ci si propongono a 360 gradi…le tinte rese brillanti dal bel sole che durante la visita ci ha surriscaldati. Molte le persone al lavoro nei campi, immancabili i muli usati dai contadini come mezzo di trasporto che fanno apparire queste dolci colline come un grande presepio…è un incanto qui! Decidiamo di non fermarci a Meknes la cui visita ci deluderebbe dopo la bella Fes e procediamo verso il bosco di cedri che troveremo dopo Azru lungo la N13 che percorriamo verso Midelt. Intanto iniziamo a salire sulla catena del Medio Atlante le cui cime arrivano a sfiorare i 2000 metri, la neve è attorno a noi, candida e gelida. Ci prendiamo una pausa sostando dopo Azru, cerchiamo il lago Aquelmane de Sidi Ali che leggiamo essere inpedibile per chi si trova a passare da queste parti ed alla fine lo troviamo a poche centinaia di metri dalla strada , incastonato nella piccola valle innevata. Plumbeo e circondato da rocce rosate spruzzate di neve, sembra quasi metafisico nella sua immobile solitudine….sosta facile e gratificante questa, e che ci fa venire la voglia di tirarci qualche palla di neve. Il sole calante tinge dei colori del tramonto le alte montagne che vediamo in fondo all’ampia vallata che stiamo percorrendo sulla nostra Gazelle….ma non le attraverseremo oggi quelle cime….aspetteremo domani quando la luce renderà più sicuro il procedere. Arriviamo all’obiettivo verso le 18.30…è l’hotel El Abachi di Midelt…che la guida descrive come il più prestigioso del paese….ma quale prestigio! La camera piuttosto dozzinale è gelata, i termosifoni sono spenti e l’unica fonte di calore è rappresentata da una stufetta a parete microscopica e poco potente che non riscalda oltre il metro cubo d’aria di fronte a sé. Anche l’acqua del bagno è appena tiepida…ma almeno c’è. 35 € sono fin troppi per il servizio pessimo che offre questo hotel nel quale non contenti ceniamo anche con una zuppa ed il tajin di polpette ancora a 35 €.

17 Gennaio 2008

MIDELT   – MINIERE DI AOULI – ERFOUD

Una bella doccia calda nel bagno gelido suona come un inaspettato regalo viste le premesse di ieri sera….poi si parte verso le miniere abbandonate di Aouli attraversando le rocce rosse che delimitano la gola scavata nei secoli dal fiume che ora vediamo di fianco alla strada che sinuosa percorriamo. Pecore e capre arrampicate sulle rocce così come i loro pastori, brucano quel poco di vegetazione che trovano. Il sole disegna ampie ombre nel canyon lungo il quale Gazelle sfreccia serenamente nonostante l’asfalto accidentato , proprio come le Ziz berbere, le agili gazzelle che un tempo popolavano questi luoghi ed ora estintesi nelle pance gonfie dei golosi marocchini. Non incrociamo nemmeno un’ auto lungo il tratto di strada che dal paese di Mibladene conduce alle miniere abbandonate, solo due uomini con una bicicletta portata a mano, pastori mimetizzati tra le rocce ed un paio di bambini che giocano vicini ad una casa costruita sulla roccia a strapiombo. Iniziamo poi a scorgere gli impianti dismessi di quella che dalla fine dell’ ‘800 e fino agli anni 80 fu una fiorente miniera di piombo con alto contenuto d’argento, e che vide lavorare nei suoi cunicoli migliaia di minatori. Rotaie, ponti ed alcuni edifici costruiti sulla roccia, quasi aggrappati ad essa come gli antichi conventi greci, ed infine noi due, nel silenzio totale di questo sito suggestivo, la cui visita valeva la deviazione dei 35 km da Midelt. Ritorniamo sui nostri passi ed attraversiamo nuovamente Midelt per dirigerci verso Sud superando l’Alto Atlante. Appena fuori dalla cittadina, a pochi chilometri sulla strada per Ar Rachidia vediamo un bell’hotel nuovo ed invitante, costruito come un’antica casbah….se solo lo avessimo saputo ieri sera, non avremmo avuto dubbi sulla scelta…ma la guida naturalmente non ne faceva menzione! Di fronte a questo hotel Kasbah Ambar Vanni si ferma incuriosito dalle pietre ed i fossili posti in bella vista sul bordo della strada , davanti alla baracca che funge da negozio. Ne esce dopo lunghe valutazioni e contrattazioni con una bella pietrona di gesso traslucido arancione che diventerà una lampada. Io con il mio piccolo pacchettino contenente una modestissima pietruzza con venature verde acceso e azzurrite blu. E’ stata una festa trovarla tra le tante…proprio qui in Marocco, dopo essermene innamorata vedendola in un museo canadese. Attraversiamo l’Alto Atlante nel suo punto più basso e senza neve, sfioriamo quota 1600 per poi scendere di nuovo tra montagne che ricordano a tratti quelle rocciose americane. Poi il paesaggio si trasforma nel sud desertico disseminato di ksour , i villaggi fortificati, costruiti con la tecnica del pisè, mattoni di argilla cruda messi in opera ed intonacati con un impasto di argilla e paglia . Non può esistere edilizia più eco sostenibile di questa che tornerà ad essere terra senza alcun impatto sull’ambiente. I villaggi che vediamo si distinguono appena dalla terra sulla quale sorgono per la cromia perfettamente assonante e perché a volte quasi nascosti dai fitti palmeti delle oasi. Vorrei fermarmi ad assaporarne il silenzio, l’atmosfera magica dovuta anche all’estrema discrezione di chi abita quelle case, che protetto all’ombra delle mura di terra, le fa sembrare disabitate. Proteggersi dal sole e dagli sguardi sembra essere la priorità del femminile oltre che dei villaggi…coperte come sono da capo a piedi di inespugnabili teli neri avvolti attorno a tutta la figura e che ne lasciano scoperta solo una piccola striscia all’altezza degli occhi….ed a volte nemmeno quella. Ma quel piccolo despota di Vanni non ne vuol sapere di fermarsi …ed io inizio ad innervosirmi dopo cinque ore di marcia ininterrotta, senza mai sgranchirsi le gambe. Capirei se fossimo in mezzo ad una discarica, ma siccome questo posticino è incantevole…perché no, mi chiedo. Come sempre in questi casi abbiamo esigenze diverse e mentre la sua è rappresentata dal non perdere il contatto con l’acceleratore, indifferente agli stimoli che arrivano dall’esterno, la mia esigenza è trovare un contatto con il territorio e non solo vederlo dai finestrini. Se avessimo fatto un viaggio organizzato della serie “tutto il Marocco in una settimana” avrei senz’altro avuto più occasioni di sosta che con Vanni. Scatta così la proposta di fermarci in hotel ad Erfoud ed una volta lasciati i bagagli arrivare a Rissani per un giro perlustrativo …ma non ne vuole sapere il tirannoVanni…il suo obiettivo è arrivare a Mozuga e passare il resto a 150 km orari. Inizia ad argomentare con frasi del tipo : – cosa ci fermiamo a fare? – come se questo paradiso avesse bisogno di un motivo per una sosta che non fosse la sua sola bellezza. …e per di più gli arti anchilosati reclamano due passi. Mi incazzo. Gli chiedo di farmi scendere all’incrocio fra la stradina polverosa che stiamo percorrendo ed una laterale in cui un cartello indica uno ksour vicino. Mi incammino sola, ma dopo circa un quarto d’ora desisto non sapendo a quanti chilometri da qui si trovi il villaggio. Risalgo su Gazelle e proseguiamo lungo questo percorso che girando attorno a Rissani ne tocca gli ksour più antichi. Ne incrociamo alcuni bellissimi di origine medievale, circondati da mura e dalle torrette decorate a motivi geometrici a rilievo. E’ in uno di questi che scendo per una visita mentre lui rimane in macchina a leggere. Passo oltre la porta del villaggio, colorata di bianco e verde mentre un gruppetto di bambini molesti già mi segue tra le buie stradine di terra battuta come le case che immagino dietro le pareti senza finestre che le fiancheggiano. Solo a tratti dall’alto penetra la luce sulle stradine che larghe a volte poco più di un metro sembrano le gallerie di una miniera piuttosto che i viottoli di un paese. Niente stuoie qui ad ombreggiare i percorsi, ma soffitti di muratura che nulla lasciano passare. Nel buio totale e circondata dai bambini che non perdono occasione di allungare le mani toccandomi le spalle con la scusa di guidarmi spero di non pestare nulla si spiacevole e di uscire in fretta da questo labirinto deserto che sembra una trappola per turisti a caccia di emozioni forti. Finalmente dopo una serie di deviazioni ad angolo retto   torniamo alla luce della strada principale e poco oltre vedo Gazelle quasi come la mia scialuppa di salvataggio. Cero se gli accattoni non esistessero…adulti e bambini senza eccezione, la visita di questi luoghi sarebbe più rilassante di come invece finisce sempre per essere. La dignità qui non è di casa! Torniamo verso Erfoud entrambi di cattivo umore, l’obiettivo è l’hotel Kasbah Xaluca, a 6 km dal paese sulla strada verso Er Rachidia. Hotel confortevole in stile tradizionale e con un buffet per la cena da leccarsi i baffi. Il caldo intenso di oggi si spegne al dileguarsi della lice dopo il tramonto, ma la camera questa sera è ben riscaldata. Spendiamo 1500 dirham per la camera…circa € 140.

18 Gennaio 2008

ERFOUD – ZAGORA

Ci svegliamo con calma e di buon umore, quindi partiamo in direzione Marzouga , il paese più vicino alle dune di dell’Erg Chebbi. Ciò che troviamo laggiù sono 150 km quadrati di sabbia ed un contesto così turisticizzato da sembrare la Disneyland del deserto, con i soliti rompiscatole che si propongono come organizzatori di tour e motorette a 4 ruote che si arrampicano rumorose sulle dune solcate da infinite tracce. I ricordi vanno alla costa dell’Oregon, piene di americani che si divertivano a rendere inospitali per rumore e velocità quelle dune che invece andrebbero contemplate in raccolto silenzio. Scappiamo senza indugio. Ripercorriamo la strada verso Erfoud e poi deviamo sulla N12 per Zagora dove il paesaggio fatto di rocce e scarsa vegetazione è quello tipico del sud desertico. Secco e brullo, ci regala però belle viste sulle alte montagne del massiccio Jbel Sarhro che sfila per più di 200 km sulla nostra destra. Uniche testimonianze di vita i pastori che ad un secondo sguardo, più attento alla ricerca di qualcosa, scorgiamo lontani in mezzo alla pietraia pianeggiante, ai piedi della montagna. Ma ecco che dopo ore di piacevole viaggio immersi nel pittoresco paesaggio del massiccio, deviamo a sud sulla N9 verso Zagora che raggiungiamo dopo aver attraversato un lungo tratto della rigogliosa valle del Draa . Villaggi interamente realizzati in pisè si stagliano sui palmeti verdi che ricoprono tutta la valle ai bordi del fiume Draa fino a Zagora, città di frontiera, un tempo importante punto di transito delle carovane che arrivavano dal Mali cariche di oro, sale e schiavi. Trait d’union tra l’africa nera e le città commerciali del mediterraneo, dista 52 giorni di cammello da Timbuctu come leggiamo sul cartello diventato ormai un monumento della città. In seguito alla chiusura della frontiera con l’Algeria ed il Mali, Zagora, e con lei gli altri centri che si trovavano sulle rotte commerciali del deserto, decaddero riciclandosi come poterono. Zagora non ha nulla di particolarmente interessante se non appunto la sua vicinanza al deserto di sabbia e l’eco della sua passata grandeur, quindi una volta depositato il bagaglio all’hotel Reda andiamo alla ricerca di un barbiere per Vanni e di un’agenzia che possa organizzarci un’escursione ad hoc nel deserto…quella che ci ha consigliato il distinto receptionist del Reda. L’hotel è piacevole e maestoso, con un’ampia corte ingentilita da piscine in armonici disegni e fontane di cui solo immaginiamo i zampillanti di giochi d’acqua che sottintendono. Tutto attorno gli edifici dalle volumetrie articolate e decorate dei tipici archi arabi che contengono le camere . La nostra è già calda quando entriamo e questo ci fa sentire ben accolti dopo le recenti esperienze, anche solo questo ci fa pensare di aver fatto un’ottima scelta. Il costo di 1000 djirham comprensivo della colazione, cena e tasse ci sembra equo per   un hotel che 15 giorni fa ha ospitato anche il re del Marocco. In paese tutti ne parlano…e non c’è da stupirsene, deve essere stato proprio un evento. Prima di cena incontriamo il proprietario dell’agenzia turistica opzionato per il tour nel deserto di domani. Si presenta e quasi ci rapisce dall’hotel sulla sua vecchia mercedes…vista l’auto…non sarà uno spacciatore anche lui? L’agenzia è una cameretta che si affaccia con una vetrina impolverata sul porticato della strada principale, qualche foto alle pareti, un mazzetto di fiori di plastica sulla scrivania ed una grande cartina della zona appesa ad occupare quasi l’intera parete laterale. Le contrattazioni, rigorosamente accompagnate dall’immancabile tè alla menta, partono da un prezzo esorbitante e nonostante la tenacia di Vanni non riusciamo a spuntare un prezzo inferiore ai 450 € per due giorni nel deserto con un’auto d’appoggio. Usciamo quindi alleggeriti della sommetta, due turbanti blu tipici dei tuareg marocchini e la promessa di un tour indimenticabile nel mare di sabbia a sud di Zagora.

19 Gennaio 2008

ZAGORA – SAHARA

Alle 9.30 come d’accordo ci troviamo alla reception con Abdhul. Sfoggia una cilindrata leggermente inferiore, è un 3000, ma il modello del suo Toyota Land Cruiser è uno dei più recenti. Ci avviamo dopo poche parole lungo la N9 che porta a sud, sulla sua auto occupa il sedile del passeggero un alto signore che ha lo stesso nome, ma al contrario di lui è ossuto, di poche parole e parla solo arabo. La prima sosta è lungo la pista sassosa in corrispondenza di un paesino vicino ad un’oasi. Abbiamo lasciato la strada asfaltata da una ventina di minuti dirigendoci verso ovest lungo una strada sterrata che porta al deserto. Lungo la strada incrociamo diverse persone che come in pellegrinaggio si spostano a piedi o, i più fortunati, in groppa ai muli o sui carretti. Stanno andando al mercato del paese a 18 km a sud di Zagora, che abbiamo da poco attraversato sulla statale….un evento da non perdere qui! Le persone in marcia hanno tutta la mia ammirazione, esteticamente perfetti in questo loro sembrare d’ altri tempi…come comparse appena uscite dalla sala trucco di un set cinematografico…si muovono con un’eleganza da copione. Poco dopo aver costeggiato i muretti in pisè delimitanti i palmeti di proprietà, arriviamo al villaggio di Askjour dove ci fermiamo per una sosta tecnica. Abdhul sta organizzando strada facendo la nostra cena di questa sera, così ci fermiamo in un polveroso negozio di alimenti dove compra pane, marmellata e uova….poi ci chiede di aspettarlo qui davanti al negozio dove già nuvole di bambini ci stanno attaccando…Quando lo vediamo tornare in compagnia di una rigogliosa signorina, dal viso pieno e sorridente, capiamo che deve trattarsi della cuoca, colei che preparerà per noi il tajin di questa sera. Nemmeno lei parla francese, in compenso la nostra guida è quasi logorroica. Perdiamo ancora un po’ di tempo per una sosta pranzo che noi non desideriamo affatto….ma si sa, non si può imporre a tutti il digiuno del mezzogiorno…e poi questi arabi devono pregare ad orari fissi ed una preghiera recitata fuori orario vale come una preghiera di serie b. Quindi ce ne stiamo buoni buoni nell’accampamento di tende nere che sembrano abitate dalle popolazioni nomadi ma che invece sono state montate in prossimità di basse dune di sabbia chiara per accogliere gruppi di turisti dalle varie agenzie di Zagora. Aspettiamo che abbiano finito di pranzare , per poi ripartire lungo la pista sassosa che provoca a Gazelle un tremore continuo, siamo diretti all’Oasi Sacré dove arriviamo dopo un’oretta di sobbalzi. Vediamo dapprima la sorgente che scaturisce dal terreno generando un piccolo riscello popolato di piccoli pesci , girini e rane, poi ci spiegano perchè l’oasi è sacra ed il mistero è presto svelato. Tra le palme una piccola costruzione senza fronzoli. E’ la tomba di un Marabutto, un uomo santo. Accanto ad essa un terreno disseminato di piccole pietre conficcate verticalmente nel suolo, posti a segnare i corpi sepolti di quei berberi che hanno scelto di riposare in eterno accanto al santo e quindi in qualche modo garantiti dalla vicinanza di quel corpo. Ancora verso ovest….vediamo in lontananza le dune di sabbia dalle morbide forme invitanti alle quali ci avviciniamo per arrivare dopo un’oretta al campo dell’agenzia dove sei tende nere aspettano i turisti. Sono disposte su una spianata a ridosso delle dune che si stanno tingendo di tinte accese….è l’ora del tramonto. Vanni ed io decidiamo di far salire Gazelle su una bassa duna dalla superficie piatta isolandoci così dall’accampamento vicino ma non visibile da qui….avremo così la sensazione di essere soli in questo mare di sabbia, ma garantiti dalla presenza dei nostri accompagnatori. Vanni inizia le operazioni di apertura della tenda a guscio fissata sopra il portapacchi di Gazelle che terminano nel giro di pochi secondi….il nostro nido è pronto! Appena in tempo per salire sulla duna più alta ad osservare la palla di fuoco che scende nascondendosi dietro le morbide dune. I colori adesso sono al top dell’intensità. Oltre al sole scende anche la temperatura ed il mio poncho guatemalteco di lana bianca casca a fagiolo consentendomi di conservare quel tepore necessario per affrontare il tajin buonissimo di bue. Nella tenda adibita a sala da pranzo una serie di sofà squadrati e rivestiti di tessuti colorati circondano l’ambiente rettangolare. Al centro una debole luce a gas ci consente di vedere, una volta sollevato il cono d’argilla che fa da coperchio alla tipica casseruola marocchina, il tajin fumante e squisito, decorato con fette di limone, olive e piselli. Abdhul non mangia con noi ma ogni tanto arriva a scambiare due parole seduto accanto a noi. La sua presenza un po’ mi disturba, essendo io l’unica sua interlocutrice, mentre volentieri mi concentrerei sul gustoso piatto e su Vanni, al quale per coinvolgerlo ogni tanto traduco. Dopo la cena, una volta rimasti soli, Vanni legge per entrambi un racconto di Coloane, mentre io ascolto comodamente stesa sul sofà e penso a quanto è alienante sentire storie ambientate nella Terra del Fuoco quando si è in mezzo al deserto del Sahara. Poi stanchi entriamo per la prima volta nella nostra tenda spaziosa ed accessoriata di caldi sacchi a pelo supertecnici, fazzolettini di carta , gli immancabili tappi per le orecchie e due piccole torce. Il vento freddo ha cessato di soffiare ed un limpido cielo ci mostra l’intera Via Lattea mentre la luna quasi piena illumina questo paradiso di sabbia e silenzio. Ci addormentiamo felici per questa nuova esperienza insieme.

20 Gennaio 2008

SAHARA – FOUM ZGUID – SKOURA – OUARZAZATE

Il sonno discontinuo mi sveglia al primo chiarore dell’aurora. Apro curiosa la zip dell’apertura di fianco a me e vedo il profilo luminoso seguire l’andamento delle dune ancora nere, ad Est. Una leggera brezza scuote Vanni con un brivido, quindi richiudo per riaprire poi ad intervalli regolari….non voglio proprio perdermi la veloce metamorfosi cromatica del paesaggio all’alba ed ogni volta che metto fuori il naso dalla tenda questo luogo mi appare un po’ diverso. Dopo un po’ Abdhul ci chiama come d’accordo per vedere la leveé du soleil …ma a quel punto io sono di nuovo insonnolita e continuo a dormire, mentre Vanni proprio non si accorge di nulla. Al secondo schiamazzo delle 8.30 che ci invita alla colazione rispondiamo a fatica, ma quando poi ci decidiamo ad uscire dal nostro nido ci accoglie una colazione all’aria aperta quasi da spot pubblicitario. Un tavolino con due sedie è sistemato nel bel mezzo di un nulla color ocra ….è la scenografia naturale del nostro spuntino con una proiezione infinita verso lo spazio che ci appare illimitato. Un tè senza menta e due mandarini che mi sembrano i più saporiti della mia vita oltre al un cielo azzurro a 360° che rende tutto più gustoso. Pochi secondi per chiudere la tenda e poi Vanni conduce Gazelle giù dalla duna sulla quale abbiamo dormito…si riparte! Ci accodiamo alla nostra auto d’appoggio e partiamo seguendo una pista decisamente più interessante oggi, per via delle dune e della sabbia morbida e silenziosa sulla quale le due auto sembrano pattinare. Vanni è un pilota perfetto anche su questo elemento decisamente non familiare per lui…e Abdhul ne è soddisfatto e sollevato. Lo ha soprannominato Ali Babà ….da quando si è fatto sistemare la barba dal barbiere marocchino , in effetti ha un aspetto nuovo e decisamente allineato con il contesto. Arriviamo dopo un paio d’ore di meravigliosa fluttuazione al lago asciutto di Iriki. Le due auto corrono a tutta birra sul fondo compatto dello spazio senza limiti ….il senso di libertà è al massimo ….che felicità! La macchina di Abdhul devia poi verso una bassa altura coperta di pietre nere, quindi, una volta raggiuntala si ferma. Scendiamo tutti e con sorpresa vediamo che le pietre nere affioranti dalla sabbia del lago asciutto sono piene di conchiglie fossili….bellissime. Ne raccogliamo qualcuna da portare in Italia come cadeau, poi dirigiamo la prua di Gazelle verso Foum Zguid, un paesino che non merita una sosta. Siamo usciti dalla sabbia già da qualche chilometro, il nostro tour è terminato. Ci congediamo dai nostri accompagnatori e proseguiamo sulla N10 verso Ouarzazate, dove in un primo momento non troviamo un hotel che ci soddisfi. Proseguiamo dunque verso Skoura famosa per la sua Kasbah risalente al XVII secolo, così bella da comparire persino nella banconota da 50 dijrham. La rimiriamo in tutte le possibili prospettive, è bellissima ed articolata in una serie di torri in pisè decorate a motivi geometrici a rilievo. Entriamo nella sua corte interna con porticati ed un bel giardino, in compagnia di un ragazzo che ci ha aiutati a trovare questo gioiellino. Mohamed, simpatico ma anche molto invadente ci accompagna tra gli ambienti interni, numerosi di questa casa fortificata, dove tra le altre ci sono anche una stanza per la preghiera, ed una per ospitare i malati. Le scale strette sono di terra battuta, alcune piccole nicchie nelle pareti dovevano sostituire gli armadi o in generale i mobili contenitori. Sempre con Mohamed, che mi sta appiccicato in modo quasi imbarazzante ci sediamo al bar dell’edificio di fianco per un tè alla menta…ma questa volta davvero speciale. Ci spiega che quello che è ormai entrato nel lessico comune come l’ “whisky marocchino”, ovvero la variante berbera del tè marocchino è un infusione di cinque diversi ingredienti: verbena, assenzio, zafferano, menta e tè verde. Lo assaggio ed è fantastico oltre che per la fragranza che sprigiona, anche per il potere evocativo che ha di sabbia e copricapi blu. E’ già il tramonto quando arriviamo a Ouarzazate dove occuperemo una stanza all’Ibis…economico ( 512 dijrham) e decoroso anche se il ristorante propone un menù alla Mac Donald …ma siamo talmente stremati che sospendiamo ogni giudizio. Cadiamo svenuti nella camera a temperatura sahariana.

21 Gennaio 2008

OUARZAZATE – AIT BENHADDOU – MARRAKECH

In grande relax partiamo nella tarda mattinata per raggiungere la famosa Kasbah di Ait Benhaddou. La scorgiamo sull’altro lato del greto, oltre il paese. Costruita con i materiali sui quali si erge, ma con l’eleganza e lo slancio verticale tipico delle kasbah del sud sembra la versione araba di un grande castello. Tentiamo un avvicinamento scendendo per le strade strette del villaggio fino ad arrivare al greto sassoso e quasi asciutto del corso d’acqua dove un gruppetto di ragazzini in groppa ai muli aspetta che qualche turista abbia bisogno di un passaggio verso l’altra riva. Decidiamo di prendere subito una guida, tanto per non pensarci più e non essere inseguiti dalle decine che si proporrebbero fino allo sfinimento. Rassegnati all’odiosa tradizione marocchina di non mollare mai i turisti se non dopo avergli scucito un adeguato obolo, scegliamo il nostro accompagnatore tra il gruppetto di ragazzi vicini ai muli e che poi si rivela essere con nostra sorpresa un ottima guida …discreto e preparato, sa parlare anche la nostra lingua con grande soddisfazione di Vanni che per questo gli è sempre accanto ad ascoltare attento le spiegazioni dettagliate che fornisce. Saliamo attraverso la stradina lastricata sfiorando le varie kasbah…le abitazioni fortificate dalle caratteristiche torri decorate a rilievo, poste sui quattro spigoli del quadrato di base. Saliamo fino all’agadir…il magazzino, posto nella parte più alta del nucleo abitato. Il luogo più sicuro, dove anche gli abitanti del villaggio quando attaccato si ritrovavano per difendersi, e dal quale oggi godiamo di una vista fantastica a 360° sul paesaggio circostante che spazia dall’Alto Atlante a nord, alle ampie distese semidesertiche a sud. Il colore rosato delle pendici sovrastate dalle rocce scure o innevate nei picchi più alti è un meraviglioso contorno a questo capolavoro dell’architettura del XVI sec., protetta dall’Unesco e gettonato set cinematografico per film quali il Gladiatore, Sodomia e Gomorra, Laurence d’arabia e tanti altri…La visita all’interno di una delle unità fortificate è il necessario proseguimento del tour, e la nostra guida ci conduce in quella rimasta intatta anche al suo interno… ineccepibile set ed un affare per i proprietari, che la conservano in vista di future produzioni cinematografiche. I pavimenti polverosi di terra troppo asciutta accolgono i pochi oggetti di terracotta della cucina o le stuoie ed i tappeti delle camere. Buie e strette scalette di terra ci consentono di salire ai vari piatti di una delle torri, destinata un tempo ad accogliere una famiglia. Ci spingiamo fino al tetto piano ovvero la terrazza dove dormire nelle calde notti estive. Al piano terra enormi portoni borchiati definivano il limite delle proprietà la cui sicurezza era affidata a grandi serrature di legno dall’ingegnoso meccanismo di chiusura fatto grazie all’incastro di piccoli perni di legno. La chiave di legno ricorda molto una posata da spaghetti con piccoli cilindri sulla superficie piatta. Terminata la visita e scattate decine di foto, ci avviamo verso Marrakech….dimenticavo di citare l’estenuante e divertentissima contrattazione che mi ha impegnata per almeno una mezzora sull’ l’acquisto di un delizioso pensile di legno portaoggetti….che già immagino appeso vicino al lavello di casa. Procediamo felici verso le montagne ancora innevate salendo dai 1000 metri di Ouarzazate agli oltre 2000 del valico, per poi ridiscendere verso l’ampia vallata stretta tra le catene del Medio ed Alto Atlante dove la grande città ci accoglie rumorosa e piena di traffico. Come sempre non abbiamo prenotazioni quindi tentiamo all’hotel “La Maison Arabe” che la guida giudica persino migliore del Mamuniha, ricavato in un antico palazzo della medina. Ben presto ci rendiamo conto che cercare un hotel qui è ancor più complicato che cercarlo a Chicago, così dopo un paio di tentativi che ci hanno portati fuori strada, desistiamo e seguendo un taxi arriviamo. E’ davvero un bijou questo piccolo hotel! Di grande atmosfera, prezioso e raffinato nonostante il prezzo accessibile di 1900 dijrham (170€) per la nostra suite junior che si affaccia su un grazioso cortile interno con fontana sempre zampillante e boiserie di legno sui due lati porticati. Vanni sembra un po’ contrariato per il costo, ma è tardi e fuori da qui c’è una confusione pazzesca….inoltre la nostra camera è avvolgente come un abbraccio ed il personale cortese e premuroso poco dopo il nostro arrivo ci recapita un cesto di fritta secca ed acqua fresca. La scelta del ristorante è facile….Serena che era qui a Natale, ci ha suggerito il Narwana al 30 di rue el Kotubia come un posto da non perdere. Ci ritroviamo ancora in un palazzo antico favoloso, complicato questa volta da contaminazioni chil out. L’ atmosfera fashion un po’ ci confonde….ma siamo a Parigi? Al centro della corte, chiusa in alto da un’ ampia copertura trasparente, una piccola fontana zampilla acqua e fuoco…non male come effetto speciale e che magia anche tutto il resto. Spendiamo molto, 1000 dijrham sono pur sempre 90€, ed il mio San Pietro non è buono….ma valeva comunque la pena venire qui, in questo sofisticato trait d’union tra cultura araba ed europa.

22 Gennaio 2008

MARRAKECH

Tanto per rompere le abitudini oggi faccio colazione anch’io . Comodamente seduta nella bella sala da tè dell’hotel, disseminata di oggetti d’arte marocchina, quadri di epoca coloniale e tappeti colorati sul pavimento di legno, guardo il cortile attraverso le ampie vetrate. Un buon numero di uccellini svolazzano attorno alla fontana, altri invece sono intenti ad assaggiare ciò che rimane nei piatti di chi ha fatto colazione nei salottini all’aperto. Sul lato opposto è accovacciata a terra una donna berbera che, in abiti tradizionali, prepara crespelle salate con verdure per chi non è mai sazio. La pasticceria qui è ottima ed anche le pietanze risuonano degli echi del cumino e del cardamomo che io adoro. Sono così rilassata in questo luogo che decido di prendermi una mezz’oretta di sosta su uno dei divani del cortile dove scrivo qualcosa mentre gli uccellini cinguettanti mi fanno compagnia. Che meraviglia qui….Raggiungiamo la piazza Jemaa el Fna dopo una piacevole passeggiata tra le stradine del centro piene di artigiani negozietti e profumi di cibo….ma non deve essere il momento giusto questo perché la vivacità che ricordo è oggi del tutto assente….sarà l’orario…o la bassa stagione? Nessun acrobata, solo qualche incantatore di serpenti alla cui vista rabbrividisco, un cantastorie circondato di persone attente a non perdere nemmeno una parola del racconto e l’immancabile dentista con il suo tavolino pieno di denti estratti e dentiere. Proseguiamo la passeggiata verso le tombe Saadiane vicine al palazzo reale che però non visitiamo. All’apertura delle 14.30 entriamo per la visita alle antiche tombe arabe i cui edifici sobri all’esterno sprigionano all’interno ricchezze di ceramiche colorate e stucchi. Vanni mentre aspettava l’apertura ha acquistato un backgammon egiziano nel piccolo negozio di Kaled ….così sapremo cosa fare nei momenti di relax. Da bravi turisti tocchiamo tutti i monumenti di rilievo della città, compresi i giardini Menara che ritrovo impolverati e sciatti ma dove vinco la prima partita del viaggio. Torniamo in hotel stanchi alle 17.30 e mentre riposiamo nel cromatismo avvolgente della camera ecco che a gran voce il muezzin richiama i fedeli alla moschea Bab Doukkala a due passi da qui. Ceniamo in hotel al prezzo fisso di 4000 dijrham a testa…decisamente troppo per i contenuti offerti. Mentre siamo al bar dopo la cena, a fumare una sigaretta facciamo un breve riepilogo di ciò che vorremmo portare via dall’hotel….ormai è diventato un gioco quello di immaginarci dei ladroni d’hotel facendo progetti sulle cose che vorremmo per noi….e qui di cose da lasciare ce ne sono pochissime. Al primo posto della classifica una incantevole abatjour di bronzo a forma di fenicottero al cui becco è appeso il paralume…quindi tappeti, e quadri…insomma un bel bottino virtuale!

23 Gennaio 2008

MARRAKECH

La mia giornata inizia all’insegna del relax…tanto per cambiare…con una sosta nell’area dell’hotel dedicata alla cura del corpo per un pedicure e manicure. Le due giovanissime ragazze intanto canticchiano le melense canzoni amorose di Julio Iglesias che arrivano amplificate dal loro radiolone anche se, visti i risultati, avrebbero fatto meglio a concentrarsi sulle mie mani. Camminiamo poi insieme nelle stradine della medina, popolate di piccoli negozi ed atelier artigianali che propongono i diversi prodotti del souk nel quale ci troviamo. E sono ciabattini, falegnami, orefici, e così via, fino ad esaurire tutte le possibili categorie. I sensi si esaltano al passaggio accanto ai negozi di spezie, o alle taverne dove tanti piccoli tajin o spiedini di carne sono a cucinare sulle griglie. La vivacità di colori e profumi si spegne completamente quando deviamo dalle zone commerciali, per entrare in quelle squisitamente abitative, dove la povertà e lo squallore regnano sovrani. Cerchiamo di raccapezzarci osservando la nostra mappa. Vorremmo raggiungere la Medersa di Ben Joussef, ma l’operazione è pressoché impossibile visto che lo scarso grado di dettaglio ci da semmai un’indicazione di massima della direzione da seguire….ci abbandoniamo al flusso dei pedoni ed alle contrattazioni per oggetti che già sappiamo non compreremo mai…infine ci salva un ragazzo che vedendoci indecisi davanti alla nostra fotocopia si propone come guida abusiva mettendo in atto la strategia ormai nota….ci dà una prima indicazione, non chiesta, su come arrivare al monumento più vicino intuendo che noi siamo diretti proprio là. L’indicazione è data al volo, quasi lanciata, poi non mollano più. Seguono a pochi passi di distanza e ogni volta che un bivio mette in dubbio la via da seguire rilanciano l’indicazione. Seguiti o preceduti a distanza, si arriva all’obiettivo ed a quel punto la “guida” si avvicina per la richiesta di denaro variabile dai 20 ai 30 dijrham. Nulla è gratuito per i turisti che si avvicinano alle labirintiche medine, nemmeno un’indicazione chiesta o apparentemente fornita per pura cortesia lungo la strada ….questi marocchini hanno fatto persino della caratteristica conformazione urbanistica della città araba una sicura fonte di guadagno. Arriviamo finalmente alla bella medersa, della quale apprezziamo il grande equilibrio compositivo ed i canonici elementi decorativi tra cui i favolosi soffitti di legno di cedro disegnati in cassettoni a stella. La visita prosegue al vicino museo d’arte e la Koubba Almoravide, la tomba di un marabutto ovvero un santo di qui. Diamo una svolta al pomeriggio andando all’Aero Expo, l’evento che da oggi sarà ospitato all’aeroclub di Marrakech. Sono esposti diversi mezzi appartenenti ormai alla storia dell’ aeronautica militare marocchina, Usa e francese. Vediamo missili e piccoli aerei civili, poi anche il primo ministro che scorgiamo al centro di una massa di persone in movimento. Mentre ci aggiriamo nel tepore di questa giornata di sole penso tra me e me che Vanni da qualche giorno è insopportabile…cerco di capire il motivo ma senza riuscire a trovare nulla di significativo che possa giustificare questa sua arroganza che sembrava fare parte di un passato già superato da tempo. Certo a parte qualche ipotesi non posso fare altro…Vanni tiene come sempre per sé ogni stato d’animo…come se custodisse un prezioso tesoro…o un mostro improponibile ad altri. La giornata si conclude in modo così paradossale da diventare quasi divertente…e mi assumo tutte le responsabilità al proposito. Da quando siamo in città desidero fare un giro in calesse alla palmerie…il palmeto che occupa una parte della periferia. E’ una cosa da turisti, lo so, ma ne conservo un ricordo favoloso e romantico, quindi a distanza di una decina d’anni vorrei ripetere quella che era stata una esperienza indimenticabile. La piazza Jemaa el Fna è il luogo giusto dove contrattare un prezzo e partire con il calesse Per 200 dijrham un vecchietto è disposto ad accompagnarci….si ma dove! Dalla medina il calesse trainato da due ronzini ossuti si immette sulla circonvallazione satura di traffico con auto e pullman che sfrecciano sui due lati del calesse. Arriviamo al palmeto dopo circa un’ora di immersione nello smog denso che scende nella nostra gola con un sapore acre….un delirio. Arrivati al palmeto spelacchiato, il nostro vecchietto si ferma per una sosta in un locale, un bar all’aperto con salottini nei quali si nascondono coppie clandestine….questo per loro sarebbe un luogo romantico dove flirtare. Il tour consiste in questo dice il vecchietto che poi a malincuore risale sul calesse per accompagnarci tra le palme….10 minuti e poi siamo di nuovo tra lo smog del traffico sempre più sostenuto infreddoliti da morire in questa gelida serata marocchina. Certo questi 10 anni non hanno fatto bene a Marrakech che adoravo e nella quale avrei voluto vivere per un po’ …tanti anni fa …. al mio terzo soggiorno qui. Ed eccola ora, irriconoscibile e così sgradevole da volerne scappare al più presto!

24 Gennaio 2008

MARRAKECH – ESSAOUIRA

Lasciamo il caos cittadino nella tarda mattinata, e con esso anche la nostra stupenda camera alla Maison Arabe, l’unico luogo in città dal quale ci dispiace davvero allontanarci. Essaouira non è tanto lontana da qui, solo 200 km di pianure a tratti verdeggianti che scivolano via come divorate da Gazelle. Ci avviciniamo alla città valutandone le dimensioni da metropoli che non ci aspettavamo….arriviamo direttamente al lungomare, quindi costeggiamo fino a raggiungere una delle porte della medina. Nel frattempo abbiamo potuto osservare la bellezza di questa bianca città di mare, cresciuta all’interno di mura di pietra rosata ancora disseminate dei cannoni di bronzo che un tempo l’hanno difesa. Progettata da un architetto francese fatto prigioniero dal sultano Sidi Ben Abdallah che nel 1750 aveva avuto l’idea di fondare qui un avamposto militare. La città si arrocca su una protuberanza rocciosa della costa, bianca ed assolata, del tutto simile ad una delle perle del mediterraneo, con i suoi infissi blu come il mare di fronte. Una lunga spiaggia bianca flessa nell’ampia curva della baia conduce agli scogli di roccia scura sotto le sue mura. Gabbiani e profumo di mare. Alloggiamo all’hotel “Ocean Vagabond”, nuovo, dotato di riscaldamento e hammam e a due passi dalla medina…il più comodo e confortevole che Vanni potesse trovare….dopo il costo della Maison Arabe ha deciso, con mio grande sollievo di energie e responsabilità, di cercare lui l’hotel qui ad Essaouira. Lasciati i bagagli lasciamo subito la camera per un giro perlustrativo e, mentre il sole scende, le strade si animano di un fitto passeggio di locali che come noi si aggirano tra i negozi e le bancarelle, carichi dei sacchetti di plastica contenenti i loro acquisti. Mentre camminiamo serenamente tra le stradine, la mente torna per contrasto alla Marrakech nevrotica e maleducata lasciata dietro di noi…facendo così aumentare esponenzialemente il piacere di essere qui. Senza bambini che ti inseguono questuanti, senza doversi difendere da nessuno…che pace qui! Dall’alto delle mura osserviamo il bel tramonto di oggi, la cui luce colora di rosso le isole rocciose emergenti dalle acque dell’Atlantico a ridosso della costa. Seguendo il consiglio di un ragazzo dal quale abbiamo comprato qualche cassetta da ascoltare lungo il viaggio, andiamo a cena al Mouchat, dove le squisite pietanze di pesce sono accompagnate da ottima musica…il tutto per 450 dijram…very chip!

25 Gennaio 2008

ESSAOUIRA

Una bella passeggiata lungo la spiaggia , sotto il sole caldo ed immersi nell’aria immobile di oggi è un perfetto inizio di giornata. La spiaggia è ampia a quest’ora della mattinata, la marea ha lasciato scoperto un profondo e compatto bagnasciuga sul quale procediamo di buon passo quasi soli. Nemmeno sotto i pochi ombrelloni di paglia vicini al lungomare c’è molta gente….solo alcuni surfisti armati di tavola e muta affrontano le onde. Sono giovani ragazzi europei dai capelli biondi e le gambe lunghe che più che tra un’onda e l’altra fumano spinelli seduti sulla sabbia. Vanni ne segue la scia profumata vagamente desideroso, poi torna a concentrarsi sul movimento dei passi che uno dopo l’altro ci spingono verso la prospettiva infinita di questa spiaggia che sembra scomparire solo in fondo all’ampio semicerchio della baia. Al largo alcuni pescherecci rientrano verso il porto inseguiti da nuvole di gabbiani mentre le onde sollevano gli scafi in leggeri movimenti. Ancora un senso di grande tranquillità si impossessa di noi mentre continuiamo a camminare sull’avorio ancora umido di mare. Un bisogno si fa strada, sempre più urgente con l’aumentare della temperatura….un bikini per me da reperire in un qualche negozietto di qui. Abbandoniamo la spiaggia e risaliamo verso la medina percorrendo il comodo marciapiede del lungomare, dove adocchiamo qualche bel localino easy dove mangiare pesce o bere un drink sulla spiaggia. Sono piccoli ma pieni di turisti ed emanano invitanti profumi di pesce cotto ai ferri…del resto è l’ora giusta per uno spuntino. Scegliamo di proseguire verso la terrazza del ristorante Taros, a due passi dal mare ed abbastanza alta da farci godere di un bel panorama sulla baia e sul porto, i cui bastioni settecenteschi fanno da cornice al grande fermento attorno ai pescherecci appena arrivati. Un mojito ghiacciato è quello che ci vuole per accompagnare questo momento magico, mentre circondati dal bianco degli edifici e più oltre il mare, godiamo del sottofondo musicale chill out e delle saporite olive marocchine. Marocco e Grecia si mescolano in questa atmosfera sospesa tra passato e presente, donandoci un’oretta di estremo benessere. Incuriositi dalla frenetica attività del porto andiamo, passeggiando tra mucchi di reti color vinaccia, i pescherecci scrostati in manutenzione sulle banchine del porto dove sono in molti a smistare il pesce appena pescato accompagnati dalla luce ormai debole del sole calante. Da questa prospettiva Essaouira è incantevole….con le onde che si rifrangono sotto le mura merlate che contengono la città antica. I profili irregolari delle case bianche a tetto piano e dei minareti che ne emergono qua e la….è uno degli scenari più belli che il Marocco ci ha regalato finora. Camminando tra i venditore di pesce vediamo anche dei granchioni che ci verrebbe voglia di addentare all’istante…la metà esatta del king crab , ma pur sempre dei bei granchi le cui zampe sarebbero sufficienti a sfamare entrambi. Naturalmente il suggerimento che arriva è quello di comprarli e poi farceli cucinare in una delle tante tavole calde del porto…ma è troppo presto per una cena . Prenotiamo invece al Taros che si rivela essere la scelta giusta. Il cuoco si esibisce in un ottima Tartare di carne per Vanni che dopo tanto tempo ne è quasi commosso, ed un pesce per me….ma è il dolce a mandarci in estasi. Un tortino caldo di cioccolato accompagnato da gelato di vaniglia posto dentro ad un bicchierino panciuto realizzato interamente di zucchero caramellato. Mai visto niente di simile!…e che buona anche la dolce scultura! Intanto sulla terrazza al piano superiore un gruppo di musicisti locali ha suonato brani fusion che noi abbiamo ascoltato qui al caldo, protetti dalla fredda notte sull’oceano. Bella serata, ma Vanni al quarto Armagnac diventa molesto ed inizia a sparlare prospettando come unica possibilità per la sopravvivenza del pianeta e quindi della nostra specie, lo sterminio del 50% della popolazione mondiale….mon dieu!

26 Gennaio 2008

ESSAOUIRA

Una bel massaggio rilassante troppo breve per via dell’equivoco dell’orario con la receprionist , poi sui lettini in spiaggia. Che piacere stare distesi al sole….e da quanto tempo non ci prendiamo una giornata così….stesi a leggere, scrivere e giocare a backgammon ….direi che dall’Honduras di un anno fa non è più successo. Quanto tempo è passato da allora e quanti chilometri abbiamo percorso per raggiungere l’obiettivo Alaska…..ed ecco siamo di nuovo stesi al sole ad osservare le onde che arrivano ora deboli a pochi metri da noi, mentre squadre di ragazzini giocano a calcio sulla sabbia già allagata dalla marea. Gabbiani in volo, schiamazzi lontani ed il rumore del mare come una carezza nota. Ceniamo ancora da Taros, ….Vanni non rinuncerebbe mai ad un possibile bis di tartare ed anche a me tornare non dispiace affatto. Sul piatto del mio pesce, anzi sulla piastrella per essere precisi, mezzo limone è racchiuso nel tulle….una bella idea per non lasciare cadere sul cibo i semi …devo dirlo alla Daniela! Blocco Vanni dopo il primo Armagnac….tanto per non rischiare di sentire discorsi che non gradisco.

27 Gennaio 2008

ESSAOUIRA – GOULIMINE

E’ a malincuore che lasciamo questa città meravigliosa dove siamo stati benissimo ed in impagabile relax….ma il viaggio prosegue all’inseguimento dei nostri ambiziosi progetti ed il tempo a disposizione per realizzarli che appare sempre dilatato alla partenza, finisce con l’assottigliarsi inesorabilmente strada facendo. Il muso di Gazelle puntato verso sud procediamo parallelamente al mare più che mai blu in direzione Sidi Ibniz a circa 300 km da qui. Ridente cittadina ex spagnola come leggiamo sulla guida….ma la realtà è ben diversa e di ridente questo luogo non ha proprio nulla, e tra l’altro nemmeno un hotel che superi la soglia della decenza. Uno sguardo al mare e si riparte puntando verso l’interno per incrociare la N1 a Goulimine dove decidiamo di fermarci. Siamo in viaggio da cinque ore ormai e questa rappresenta l’unica sosta possibile nella lunga corsa verso sud. Goulimine non vale certo una sosta ed il nostro hotel non è migliore di quelli appena visti a Sidi Ibniz, ma siamo qui e proseguire significherebbe viaggiare per almeno altre 4 o 5 ore quindi parcheggiamo davanti all’hotel “Rendez-vous des Hommes Bleues”, il migliore, e cerchiamo di non pensare allo squallore che ci circonda ripercorrendo con la mente alcune piacevoli immagini della giornata di oggi. Per esempio le capre arrampicate sugli alberi di Argan a mangiarne i frutti ed i tanti surfisti che affollavano le prime onde dell’oceano lungo le belle spiagge tra Essaouira e Sidi. Rimaniamo in camera giusto il tempo di lasciare i bagagli, poi usciamo a fare due passi per la cittadina che si sviluppa lungo le due strade che vi si intersecano. Piuttosto triste e povera, notiamo subito i costi bassissimi per qualunque cosa….prima fra tutte la camera a soli 330 dijrham, e i 4 pain au chocolat che compro per non svenire al modico prezzo di 2 dijram, meno di 20 centesimi di euro. Certo la scelta del ristorante diventa difficile qui…dove tutte le più elementari norme igieniche sembrano ignorate, ma a furia di camminare sulla N1 troviamo un ristorantino così pulito da farci sentire altrove…e con cucina a vista. E’ nostro! Ceniamo benissimo e senza bere alcool che d’ora in poi sarà improbabile trovare ovunque….ci volevano questi musulmani per farci stare un po’ a dieta! Non spendiamo quasi nulla, 85 dijrham per un tajin ed un mezzo pollo arrosto sono meno di 8 euro.

28 Gennaio 2008

GOULIMINE – LAYOUNE

Lasciamo l’hotel senza rimpianti, il letto alla francese troppo stretto e la coperta blu elettrico a grandi fiori rosa un capolavoro del kitch, ma abbiamo dormito bene tutto sommato ed il costo irrisorio ci fa sembrare questa sosta come un affare in ogni caso. Prima di lasciare la città cerchiamo una fotocopiatrice e la pasticceria per un rifornimento di pain au chocolat. Facciamo una decina di fotocopie della fiche compilata a mano ieri sera, un elenco dei nostri dati personali da consegnare nei frequenti blocchi di polizia presenti d’ora in poi lungo la strada per la Mauritania. Almeno in questo la nostra Rough Guide è stata utilissima fornendoci un facsimile già tradotto in francese dei 15 punti da compilare, operazione che ci consentirà di risparmiare tempo durante le inevitabili soste ai posti di polizia Marocchina presenti nella fascia del Polisario contesa da decenni tra Marocco Mauritania ed Algeria. Siamo ancora in città quando ad un incrocio un marocchino in motorino ci affianca e ci saluta cordialmente. E’ Assan. Ha lavorato a lungo a Formigine in Italia e riconoscendo la nostra targa RA non ha saputo resistere dallo scambiare due chiacchiere in italiano. Ci chiede di seguirlo, vuole darci l’indirizzo dell’officina meccanica di suo cugino a Nouakchott, quindi ci consiglia di comprare due chili di tè da regalare ai doganieri per velocizzare i tempi in frontiera. Infine ci saluta calorosamente, come se dopo tanto tempo avesse rivisto dei compaesani. Ma si sa…qui in Marocco appena ti fermi un attimo arriva subito qualcuno a chiederti qualcosa…e per non smentire la regola, mentre Vanni comprava tè, un signore mi ha chiesto se potevamo dare un passaggio ad una giovane donna araba con il suo bambino piccolo….solo per una ventina di chilometri. Si accomodano sul sedile posteriore, offro loro i dolci appena comprati ed acqua da bere. La signora non capisce, né parla una parola di francese…attraversiamo quasi in silenzio   il paesaggio desertico dai magnifici colori…poi dopo una sessantina di chilometri all’uscita da una curva, ci fa cenno di accostare. Accetta l’acqua che le offro ma vorrebbe il nostro cellulare per chiamare qualcuno che venga a prenderla da un qualche villaggio qui vicino ma da qui assolutamente invisibile. Siamo in mezzo al nulla, ma una strada sterrata parte verso l’interno, ci ringrazia incamminandosi lungo il sentiero polveroso. Siamo di nuovo soli e questo ci fa sentire liberi come due ragazzini appena lasciati soli dai genitori….che strano effetto ci ha fatto aver qualcuno in macchina! Gazelle intanto sfreccia sulla stretta lingua di asfalto tra la sabbia e le rocce del paesaggio desertico…poi Vanni dice di vedere un miraggio…ma è verissimo quel mare blu che vediamo avvicinarsi davanti a noi. La strada d’ora in poi costeggerà l’oceano stretta tra il deserto a sinistra ed il mare a tratti vicinissimo. Le alte falesie bianche lo nascondono per lunghi tratti, ma poi aprendosi ci regalano la vista di bellissime spiagge deserte e ventose. Ad un certo punto la strada devia per insinuarsi tra le dune che invadono la carreggiata ed il vento forte tende a cancellare la strada trascinando con se la sabbia vicinissima. Il paesaggio è fantastico ma i freni cigolano e Vanni è già agitato. Mi scarica all’hotel Nagjir e poi parte con Gazelle in missione….so già che tornerà felice. Entro nella grande camera 109 sola. Mi stupisce la diversità tra la reception curatissima e rivestita delle tradizionali piastrelle colorate e la semplicità un po’ sciatta della camera…peccato! E pensare che l’hotel è quasi sempre al completo per ospitare le forze ONU insediate qui a Layoune, ma con lo sconto del 25% che mi viene offerto senza che io lo chiedessi la camera costerà 580 djirham, un prezzo equo. Verso le 17 esco in esplorazione nonostante il caldo ancora intenso. Raggiungo dopo una breve passeggiata il primo obiettivo, la pasticceria migliore della città al n°50 di avenue Mecka al Mokarrama, si chiama “Moyen Atlas”ed è tutto vero ciò che ho letto al proposito. Mi siedo ad un tavolino a gustare la mia spremuta d’arancia e la fetta di torta alla fragola che avevo scelto scrutando l’invitante vetrinetta…buonissima! Attorno a me solo uomini. Mi trovo nella parte nuova della città che non ha nulla da offrire oltre a questa buona torta….anche il palazzo dei congressi progettato dall’architetto francese preferito dal re, non è gran cosa, ma poco oltre è splendida la vista della città vecchia che si staglia laggiù contro una serie di altissime dune. Solo il minareto emerge dal tessuto edilizio colorato di rosso mattone. Rientrando mi fermo da un’estetista per un piccolo restauro…poi ritrovo Vanni in camera, ha tagliato barba e baffi, anche lui si è dedicato un po’ a sé. Ceniamo in hotel tra i membri delle nazioni unite le cui 4×4 nuovissime parcheggiate qui fuori sfoggiano antenne satellitari che costano quanto l’auto….certo non badano a spese!

29 Gennaio 2008

LAYOUNE – DEKHLA

Avrei dormito altre cinque ore quando verso le 9 un cameriere entra in camera con la mia colazione.
Ma che dire, la mattina Vanni è sempre vispo mentre i miei risvegli sono faticosi come se uscissi ogni volta da una specie di letargo. Vanni è già su Gazelle quando io raggiungo il parcheggio trascinando il mio trolley blu, una sosta alla famosa pasticceria per un doveroso rifornimento di brioches , e lasciamo la città diretti all’estremo sud del Sahara occidentale dove il paesaggio sembra scomparire inghiottito dalla sabbia sollevata dal vento forte. Ma ciò che vediamo scendendo là dove il vento più debole ce lo consente è un paesaggio incantevole fatto di alti zoccoli di roccia , le cui sommità piatte rimandano a grandi altari ancestrali. I colori variano dal grigio all’avorio in quello che sembra un melange acromatico. Solo quattro piccoli insediamenti interrompono il panorama selvaggio che stiamo attraversando ed i posti di blocco in prossimità di ognuno di questi ci costringe ad una sosta fortunatamente breve per noi che abbiamo la famosa fiche da lasciare ai poliziotti. La strada è in buone condizioni e quasi deserta, incrociamo poche auto e qualche camion, ma in compenso per un lungo tratto vediamo centinaia di cammelli , a volte in compagnia dei loro piccoli, brucare tra i ciuffi di vegetazione bassa e rinsecchita negli ampi spazi sui due lati della strada. Alcuni di loro si spingono pericolosamente verso la strada talvolta attraversandola, cosa che ci costringe a fermarci e spesso a scattare qualche foto. Alte falesie nascondono le spiagge sottostanti che immaginiamo osservando la schiuma delle onde sul mare blu intenso che stanno per frangersi sulla costa. Alcuni sub sono proprio sul bordo, indossano spesse mute e sono armati di fucili per la pesca…non capiamo come facciano a calarsi giù, né tanto meno come faranno a risalire le decine di metri della parete….probabilmente con una corda…ma con le pinne ai piedi? Andiamo oltre. Arrivare a Dekhla è come tuffarsi nel paradiso…almeno per me che adoro il deserto. La lunga striscia di asfalto si delinea con un leggero movimento sinuoso nel paesaggio lunare che ci si spalanca dalla cima di un’altura ….coni e altari di roccia bianca interrompono la piattezza del paesaggio nel quale ci spingiamo contenti…stiamo percorrendo la lingua di sabbia sulla cui estremità sorge Dekhla. Mentre procediamo lungo i 25 km che ci separano dall’obiettivo, vediamo sui due lati ampie distese di sabbia piatta appena emerse dalla marea, poi il mare aperto quindi l’ennesimo posto di blocco…il 5° in 500 km! Rischio anche il sequestro della macchina fotografica per aver fotografato un pick up davanti a noi che trovavo irresistibile…caricava infatti un paio di cammelli tutti rannicchiati nel cassone posteriore….come se fossero cani. Precedono la città una serie di caserme che costituiscono unitamente alla pesca la ricchezza di questo insediamento non abbastanza bello per entrare nei circuiti turistici tradizionali. Ma si costruisce molto qui, la periferia è piena di edifici nuovi, isolati ma concepiti come se dovessero essere addossati gli uni agli altri. Le nude pareti laterali senza finestre sembrano incompiute, mentre i soli fronti strada si articolano in porticati e terrazzini e sono intonacati o addirittura colorati. Dekhla è sempre stata abitata da popolazioni povere, maritane prima e marocchine poi, nel suo tessuto si legge l’assenza di grandi opere volte a celebrare sultani o re, nessun segno di ricchezza o prestigio qui, ma molte case semplici edificate dai pescatori senza sprechi o ostentazioni. L’hotel “Sahara Regency” che ci ospiterà per qualche giorno rappresenta quasi una sorpresa per la bella hall coronata da un alto cilindro cavo saggiamente illuminato ed anche la camera grande e con bagno separato da un disimpegno ci piace. 800 djirham comprensivi di colazione è un buon prezzo per un hotel che al quarto piano ha anche la piscina….Vanni intanto è in officina con Gazelle, bisogna cambiare il filtro del gasolio. Ceniamo al “Casa Louis”, sul lungomare accanto all’hotel Bahia…ma il cameriere è vagamente scortese e non hanno i crostacei che invece compaiono sul menu. La carne di Vanni è dura ma il mio pesce spada è buono. 14 euro il conto….ma è tutto vero? Rientriamo con il proposito di decidere l’itinerario da seguire in Mauritania…ma non senza un drink. Qui dove in nessun luogo pubblico possono essere vendute bevande alcoliche, Vanni riesce a trovare da bravo segugio un bicchiere di whisky…al bar vip accanto alla piscina del 4° piano. Tutto il mondo in questo si assomiglia!

30 Gennaio 2008

DEKHLA

E’ incredibile la bontà della pasticceria del sud marocchino…certo i francesi che li hanno colonizzati hanno lasciato loro qualche ottima consuetudine come quella di far trovare ai loro ospiti succulenti croissant a colazione. E’ Vanni a portarmi queste delizie accompagnate dal tè alla menta mentre io ancora sonnecchio. Che amore! Poi usciamo alla ricerca della bella spiaggia bianca che vediamo pubblicizzata sul un manifesto alla reception. Si chiama Plage Blanche ed è a 25 km da qui, la si raggiunge deviando dopo la poste de police dalla strada che abbiamo percorso arrivando…verso le ampie distese di sabbia piatte che tanto ci avevano colpito. Andiamo e ci fermiamo però dalla parte opposta, dove un gruppo di camperisti sono fermi vicini ad una spiaggia che si spinge ampia verso sud, come se si trattasse di una bassa marea a perdita d’occhio. A nord invece una lingua di mare consente loro di cimentarsi in spericolati windsurf e caicsurf…il vento è tesissimo e quasi fatichiamo a rimanere eretti, ma per loro è una festa. Le targhe dei camper sono tutte europee ovviamente con prevalenza di francesi. Indossano tutti la muta, anche quelli più attempati e che sembra strano dover vedere piroettare attaccati alla vela. Decidiamo di spingerci sull’altro lato della penisola prendendo la pista fuoristrada che forse ci porterà alla bella spiaggia, ma poi rinunciamo….Vanni non sta affatto bene e così rientriamo in hotel dove crolla sul letto colpito da un forte raffreddore e febbre…io intanto vado in farmacia a caccia di rimedi. Per non rimanere in camera tutto il pomeriggio vado qualche ora in terrazza accanto alla piscina a prendere un po’ di sole. Un gruppetto di inservienti sta lavando alcuni tappeti, ridono, scherzano….sono divertenti, diciamo che più che al piano vip sembra di essere in un cortile di servizio…ma sono in minoranza qui…tutti i turisti saranno alla bella plage blanche! Mentre leggo la guida Polaris della Mauritania per decidere cosa vedere nei prossimi venti giorni arriva anche il barista che alzata la serranda si mette a fissarmi da dietro il vetro….come se questo lo rendesse invisibile! Sono imbarazzanti questi musulmani…che ti guardano come se tu fossi nuda anche se indossi un decente costume da bagno…Ceniamo ottimamente in hotel….il mio filetto di bue è tenero e saporito come le migliori arrachere del Buffalo di La Paz ….Vanni che ha la febbre si limita ad una zuppa d’onion . La temperatura è piacevole anche la sera qui, e c’è un motivo….siamo a soli 22 km dal Tropico del Cancro che questa volta attraverseremo verso sud e nel continente Africa.

02 Febbraio 2008

DEKHLA

Un’altra giornata trascorsa in questa slavata cittadina del profondo sud della quale ormai conosco alla perfezione le farmacie ed i bancomat. Vanni è convalescente e probabilmente domani lasceremo questa camera 101 che è ormai diventata casa. Per fortuna è successo qui a Dekhla, cittadina dotata dei necessari servizi compreso l’hotel confortevole e pulito la cui camera con terrazza alla fine è servita a rendere quasi piacevole questa sosta forzata. La remise en forme di Vanni è necessaria ora più che mai, dato che il progetto ambizioso che abbiamo messo a punto per la Mauritania sarà durissimo per via dei tanti fuori strada nel deserto e la precaria stabilità civile. E’ di ieri la notizia che riporto per esteso, relativa ad un attacco terroristico all’ambasciata israeliana di Nouakchott: “ l’attaque ce matin de l’ambassade d’israel pour 6 hommes armés n’a fait aucun blessé parmi le personel. Un resortissant francais à été blessé par une balle perdue lors de l’attaque.” Naturalmente Nouakchott è per noi una sosta obbligata rappresentando l’epicentro inevitabile degli spostamenti attraverso il paese, nonché sede delle agenzie viaggi che dovremo contattare per avere un auto d’appoggio con guida ed autista negli spostamenti attraverso le difficili piste dei territori desertici dell’Adrar e dell’ Aoukar. Sono qui sepolte nella sabbia le antiche città di Oualata, Tichitt, Ouadane e Cinguetti che fin dal medioevo rappresentarono un importante punto di sosta e di scambi delle carovane che si spingevano cariche di manufatti, rame e sale verso l’antico Ghana, e da lì con schiavi, oro e gomma verso il mediterraneo. Queste città furono così importanti da divenire i grandi centri della cultura islamica del Sahara, e con maestri così illustri da richiamare discepoli dal lontano Egitto e dal Marocco. Ciò che è rimasto oggi della passata grandeur è un patrimonio inestimabile di manoscritti antichi gelosamente conservati dalle famiglie che ancora vivono in queste città, sempre più disabitate per via della desertificazione. Impossibile non andare ad esplorare queste biblioteche del deserto che hanno scatenato l’interesse di studiosi prima e dell’Unesco poi. Anche l’Italia con la sua ONG “ Africa70” di Milano sta realizzando progetti di sviluppo in Mauritania volti a contenere lo spopolamento di queste che furono le città più importanti del Sahara.


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