03 Luglio 2008

CHICAGO – WINDSOR

Lasciamo Chicago convinti che un giorno torneremo….qualche decina di miglia oltre la periferia usciamo anche dall’Illinois per entrare nello stato dell’Indiana, anch’esso facente parte della regione dei grandi laghi, quindi senza soste intermedie, a metà pomeriggio raggiungiamo Detroit. Non ne abbiamo letto bene sulla guida, pare che la città sia implosa alla fine degli anni ’70 in seguito alla crisi del mercato automobilistico della Ford, i due milioni di abitanti di un tempo sono ora dimezzati e la popolazione nera ha raggiunto l’80%. La critica non salva certo la downtown che leggiamo essere in generale degradata e con tombini lungo le strade dai quali esce fumo. Chissà se incontreremo anche Yena Plinsky!…..Decidiamo di andare a vedere. Il centro è effettivamente un po’ degradato, ma questo conferisce alla città una connotazione di leggera decadenza che non è poi così terribile….alcuni vecchi grattacieli con motivi decorativi classici sono estremamente belli e la sede della General Motors, che si affaccia sul Detroit Rever, sembra nuova fiammante, con i suoi cilindri specchiati di varie dimensioni, e conferisce al centro un po’ di vivacità. Poche le persone per strada e tutti di colore….ed è anche vero che da qualche tombino esce fumo….esattamente come avevamo visto a San Francisco….forse i cinesi hanno aperto anche qui le loro lavanderie sotterranee? Dopo la breve visita ci dirigiamo al grande ponte che collega la città di Detroit a quella di Windsor, ovvero il territorio statunitense a quello canadese. E’ un bellissimo ponte azzurro, che ricorda il Golden Gate di San Francisco….le similitudini tra le due città iniziano a moltiplicarsi…..oltre il quale troviamo il confine canadese e dopo ancora un paio di chilometri, il nostro “Motel Super 8” . Lasciamo i trolley in camera ed usciamo immediatamente…ci siamo resi conto solo ora di essere avanzati di un altro fuso orario e qui a Windsor sono già le 18….è il momento adatto per sfruttare la mia ora d’aria con una passeggiata lungo il fiume mentre il sole scende sulla skyline di Detroit che è vicinissima e bella oltre le acque del fiume. Ceniamo al ristorante libanese sulla Riverside Ave, poi a nanna.

04 Luglio 2008

WINDSOR – ERIEAU

Questa mattina sorprendo Vanni svegliandomi prima di lui….ma è solo una falsa partenza perché poi tergiversiamo in camera ed usciamo solo verso le 10, orario comunque ragionevolissimo. Torniamo subito al grande ponte Ambassador tra Detroit e Windsor e dopo aver scattato alcune foto risaliamo su Carolina. L’obiettivo di oggi è il “Point Pelee National Park”, una delle quattro meraviglie del Canada secondo Ron, quel simpatico signore incontrato all’Irish Pub di Edmonton una ventina di giorni fa. Per andare scegliamo la strada che costeggia il grande lago Erie….è proprio verso le acque verdi di questo enorme lago che la Punta Pelee si protende, acuminata più che mai. Dopo aver lasciato Windsor la strada che corre per lunghi tratti parallela al lago, si trasforma in una passerella agreste disseminata di rassicuranti casette monofamiliari di ogni forma, con prato antistante curatissimo più o meno fiorito di aiuole a seconda del gusto del proprietario….ne vediamo talmente tante di persone a bordo della loro motoretta taglia erba circolare sui loro prati da sembrare questo anziché l’hockey lo sport nazionale. Questa immagine di tranquillità e di misurato benessere è evidente anche nei piccoli centri abitati come Amhrstburg e Kingsville che attraversiamo. Gli edifici a due piani di mattoni rossi a vista variamente decorati trasudano della loro relativamente recente età, e danno una connotazione storica al territorio. Nelle campagne visibili verso l’interno le coltivazioni prevalentemente a grano lasciano spazio poi ad estesi vigneti la cui produzione viene pubblicizzata dalle aziende vinicole che invitano alla degustazione. Arriviamo al parco della Punta Pelee quando è già passata l’una…ce lo siamo gustato con calma questo lungolago…. Parcheggiamo al centro di accoglienza e con una passeggiata di un paio di chilometri raggiungiamo la punta, le cui sabbie sono però in parte sommerse dalle correnti. Percorriamo a ritroso un sentiero non battuto che costeggia la spiaggia ad ovest, sfiorati dalla vegetazione rigogliosa, ci facciamo strada senza il machete. Vanni stimolato da questa full immersion nella natura allunga le mani sul mio sedere, ridiamo spesso, immaginando le avventure più truci, poi raggiungiamo la costa sull’altro lato. Alla vista della spiaggia protesa verso le acque azzurre e l’alta vegetazione come di foresta alle nostre spalle, ci abbandoniamo sulla sabbia ed appoggiando la testa su un piccolo tronco arrivato dal mare troviamo il necessario riposo per le nostre fatiche. Che voglia ho di una bella settimana di sosta in un bel mare caldo e pieno di pesci! Dopo un’oretta ripartiamo e continuando a costeggiare cerchiamo una sistemazione per la notte…..ma non è semplice. La costa è disseminata delle residenze estive dei canadesi che hanno scelto questo bel luogo per le loro vacanze abituali, mancano invece del tutto servizi recettivi legati al turismo mordi e fuggi …come il nostro! A Erieau troviamo fortunatamente un motel sulla spiaggia….costituito da camper dismessi e poche casette prefabbricate sembra piuttosto un campeggio un po’ scassato, ma la cameretta n°2 sarà il nostro nido per questa notte e ne siamo felici. Ceniamo benissimo alla taverna del motel, la “Molly & O.J’s” , l’unico ristorante del paese che ci propone il mitico king crab e le capesante buonissime, che qui chiamano “large canadian sea scallops”in questo caso cotte in crema di Chardonnay ed erbette….squisite! Dopo un tramonto mozzafiato sulla laguna, ed una passeggiata verso il faro il cui molo si spinge invece nelle acque del lago sull’altro lato del paese, ci ritiriamo nella nostra spartana n°2.

05 Luglio 2008

ERIEAU – NIAGARA FALLS

A dispetto della modesta sistemazione dormiamo benissimo, ci concediamo una breve sosta in spiaggia e ripartiamo. Arriviamo a Niagara Falls, la cittadina sorta in prossimità della famosa cascata, alle 3 del pomeriggio e dopo aver raccolto qualche informazione presso il desk del “Super 8 Motel” dove dormiremo, usciamo. La prima cosa che ci colpisce è la quantità di gente che affolla in questo sabato di inizio luglio, ogni angolo della città…. soprattutto lungo il Niagara River e nei pressi della cascata, ovvero delle cascate, dove è stato allestito un percorso pedonale tra il verde dei giardini pubblici. Troviamo un parcheggio e ci tuffiamo tra la folla in contemplazione. Le cascate sono ben visibili dal lungofiume e le vediamo articolate in due parti ben distinte …la cascata su territorio statunitense è rettilinea e termina su una serie di massi caduti che ne accorciano il salto. Separata da un promontorio la cascata su territorio canadese è più estesa ed incurvata ad emiciclo. Sprigiona una nuvola di acqua nebulizzata che ne nasconde in parte la caduta ed è senz’altro la più imponente delle due….ma….Oggi più che mai ci rendiamo conto che i nostri viaggi ci hanno resi estremamente esigenti, avendoci dato la possibilità di vedere una serie di fenomeni naturali davvero spettacolari . In questo caso il ricordo delle meravigliose cascate Vittoria in Zambia e quelle di Iguazù in Brasile, ci fa rimanere delusi alla vista di queste famosissime cascate Niagara, decisamente modeste rispetto alle altre. Statunitensi e Canadesi poi hanno fatto il resto, rendendo questo luogo una sorta di luna park internazionale, una Las Vegas del Niagara dove tutto è business a dispetto della qualità. File di decine di metri segnano le biglietterie dei servizi per la fruizione delle cascate, che possono essere ammirate a bordo di motonavi e dalle terrazze a ridosso del flusso d’acqua in caduta… nemmeno il ristorante della torre panoramica è accessibile prima delle 10 di questa sera…Rinunciamo a tutto tranne che a quest’ultima opzione e ci ritroviamo verso le 11 seduti ad un tavolo del ristorante rotante, ad osservare lo spettacolo delle cascate illuminate dai giochi di luce colorata. Bello ma fintissimo….ed accompagnato dalle grida di un bambino indiano che voleva piuttosto andare a letto. Che delusione questa visita!

06 Luglio 2008

NIAGARA FALLS – TORONTO

La QEW, l’autostrada che seguiamo verso Nord Est, costeggia nell’ultimo tratto il Lago Ontario, il più piccolo tra i cinque enormi bacini d’acqua dei Grandi Laghi. Stiamo quasi per raggiungere Toronto quando una bella skyline ci sorprende uscendo dall’ampia curva della strada che stiamo percorrendo per introdurci nel centro città. Il “Days Inn” di Carlton St. ha una camera fumatori per noi, piccola e con le pareti dipinte di giallo. Usciamo subito dopo aver posato le valigie e dopo una bella passeggiata siamo al St. Laurence Market, vicino a Jarvis Street. C’è un bel mercatino dell’antiquariato…che sarebbe più corretto definire invece di modernariato per l’età degli oggetti esposti in vendita….un mercatino divertente dove si evidenziano le varie etnie che popolano la città….e così accanto a occhiali da sole degli anni ’40 coesistono sculture di giada raffiguranti dragoni, strumenti metrici e macchine fotografiche russe. Gironzoliamo tra le file di bancarelle dentro e fuori l’edificio sede del mercato, immersi nella calura di questa domenica di luglio e divertiti ad osservare gli oggetti a volte interessanti in mostra. Facciamo poi il nostro acquisto…una radio da polso degli anni ’70, bianca e rossa. Sembra un ingombrante braccialetto di plastica ma è stupenda e piacerà moltissimo ad Elisa e Beppe. Continuiamo il tour del grande centro “storico” camminando verso la “Art Gallery of Ontario” che però è chiusa per i lavori di ampliamento firmati Frank Gehry. Beviamo una bibita fresca seduti all’ombra delle foglie tremolanti del viale di Baldwin street, quindi torniamo semidistrutti in hotel….con un bel bottino di immagini e di chilometri. Ceniamo con un hamburger e le buffalo wings delle quali Vanni è golosissimo, al “The Rex”, un locale piuttosto easy che è una istituzione del jazz qui in città. Il cibo che mangiamo non è il massimo, ma il concerto degli Arkana Music invece si…..è un gruppo di giovani musicisti bravissimi che suonano brani composti da loro e che ci regalano una gran bella serata!

07 Luglio 2008

TORONTO

Usciamo tardi ed in taxi raggiungiamo il terminal del Ferry che ci porterà sul Toronto Islands Park. Lasciare la città spingendosi verso il lago è il modo migliore per contemplarne il profilo e scattare le consuete foto….cosa che naturalmente facciamo. Spicca su tutti gli edifici la torre più alta del mondo….dicono i canadesi…la CN tower, alta 553 metri e terminante con una sfera che ospita un ristorante rotante.. La mappa delle isole che prendiamo appena arrivati, dopo una decina di minuti di navigazione, ce ne evidenzia la conformazione ed i servizi. Si tratta di un’ isola stretta e lunga un paio di chilometri alla quale sono collegate con ponti altre piccole isole. Erano banchi di sabbia affioranti, un tempo, ed ora sono diventati un bellissimo parco attrezzato, pieno di vegetazione e prati perfettamente verdi. Vi si possono praticare sport come la canoa, la vela, la bicicletta, oppure si può semplicemente camminare lungo i sentieri asfaltati o stendersi sulla spiaggia a godersi il bel sole di oggi. Optiamo per la bicicletta e noleggiamo un tandem con i sedili affiancati ed un tettuccio che ci fa ombra….è la prima volta che saliamo su un trabiccolo del genere, ma l’esperienza è piuttosto divertente ed allo stesso tempo faticosa. Percorrendo i sentieri dell’isola grande vediamo Toronto nelle sue diverse prospettive, talvolta semi nascosta dalle abbondanti fronde dei grandi alberi in primo piano. Le isole sono anche la sede di numerosi porticcioli turistici, dove barche a vela ed a motore occupano gli stretti canali tra un’isola e l’altra, rendendo il paesaggio ancor più pittoresco. Ci concediamo qualche sosta nei punti d’ombra e dove il paesaggio si fa più interessante…ma ogni tanto scoppia una piccola protesta…Vanni a volte bara e non spinge sui pedali….e la stessa cosa dice lui di me….ovviamente! Concludiamo il tour in un paio d’ore e torniamo verso la città su un battello ora affollato….Vanni rientra in hotel, mentre io, che ho ancora molte energie da spendere, percorro a piedi il lungolago seguendo il percorso su passerelle di legno, o pavimentate che assecondano le insenature della costa e mi portano dopo un paio di chilometri, fino al Music Garden. Davvero ben realizzato questo percorso, sul quale si affacciano bar e ristoranti come anche porticcioli, scuole di canottaggio, e piccoli giardini sempre molto curati. Con un fianco verso il lago e l’altro rivolto agli alti edifici della città continuo la mia passeggiata, protetta dallo scudo di grattacieli alla mia destra. Ceniamo al ristorante della CN Tower…alla quota di 440 metri .ruotiamo a 360° sul paesaggio che va scomparendo nel buio….vediamo le isole protese nel lago Ontario, poi le luci sulla lunga prospettiva della Yonge street ….spennati, come sempre sui ristoranti panoramici , ci consoliamo con una corsa a precipizio verso il basso sull’ascensore vetrato e con la vista dei giochi di luce, bianca e rossa, sulla torre che da qui sotto sembra seguire una prospettiva infinita.

08 Luglio2008

TORONTO

La mia giornata inizia con una visita alla Spa dell’hotel per un mani-pedicure, e prosegue poco dopo le 13 con un obiettivo ben preciso…Con la stessa urgenza di uno shopping compulsivo , .mi dirigo spedita verso il museo delle scarpe della Fondazione Bata. Non è poi così lontano dall’hotel quindi vado a piedi nonostante le nuvole. Attraverso la zona universitaria fatta di edifici neogotici e bei giardini alberati, poi arrivo dopo un paio di chilometri al museo. In realtà la collezione è un po’ diversa da come l’avevo immaginata….non si tratta di un percorso tra le calzature che hanno segnato la moda degli ultimi decenni, bensì di una interessante retrospettiva storica fin dalle origini dell’uso delle calzature nel mondo Dalle piccolissime scarpette delle signore cinesi del 1600, ai trampoli di legno incastonato con madreperla delle dame turche che si recavano al bagno, alle meravigliose calzature barocche francesi di seta chiuse da fibbie tempestate di brillanti, alle calzature rosse di un nostro Papa e così via per centinaia di diversi tipi di calzature nelle diverse aree geografiche del pianeta. Interessante e gratificante quanto averne comprato un bel paio. Dopo un paio d’ore di full immersion esco soddisfatta e decido di raggiungere Vanni percorrendo una strada alternativa… tanto per avere un quadro un po’ più ampio della città opto per la Bloor street con direzione est, per poi deviare sulla Yonge…..Non si può immaginare il mio stupore quando mi ritrovo inaspettatamente davanti ad un edificio firmato Liberskind! Fin dal primo sguardo lanciato sulla planimetria di Toronto con tanto di numerini indicanti i punti di interesse turistico, avevo deciso che non sarei andata a vedere il Museo Reale dell’Ontario….ed ora passando per puro caso qui davanti ne rimango così colpita da non riuscire ad andare oltre! Inizio a scattare foto come ipnotizzata dalla bellezza delle volumetrie che come cristalli spigolosi si incastrano nell’edificio storico del vecchio museo. Una meraviglia, alla quale si sommano le incredibili prospettive degli interni di questa magnifica architettura destrutturata. Ripensando all’esperienza la paragonerei all’aver indossato per un paio d’ore un fantastico vestito non mio….muovendomi al suo interno per ammirarne ogni aspetto…. le sue pieghe, le cuciture, le asole, e la perfetta gestione delle forme che rimandano al suo corrispettivo esterno. Che bel viaggio! Rientrata nel tardo pomeriggio, poco prima di un feroce temporale infine scoppiato, trovo Vanni concentrato su internet, poi insieme attraversiamo correndo la strada davanti all’hotel per raggiungere il Sushi restaurant qui davanti senza bagnarci troppo….mangiamo benissimo!

09 Luglio 2008

TORONTO – TOBERMORY

Usciamo dalla piacevole Toronto con la sensazione di sentirla già un po’ nostra….Vanni propone una sosta in un negozio sulla Bloor a caccia delle sue mitiche scarpe Church che però non trova , ma è una buona occasione per fargli vedere anche se di sfuggita i tre volumi metallici, incastrati come una concrezione di quarzi, del museo di Liberskind. Ci dirigiamo poi verso la Bruce peninsula che, a Nord di Toronto di qualche centinaio di chilometri, rappresenta per noi il trampolino di lancio verso l’obiettivo finale ….l’isola Manitoulin…..un altro consiglio di Ron. Scegliamo la strada che costeggia la grande Georgian Bay, un grande bacino d’acqua cristallina blu, che si inserisce nel lago Huron sull’altro lato della penisola. Non si può dire che questa parte di costa sia curata come quella nei pressi della Punta Pelee….tanto che a tratti sembra di percorrere la nostra Romea….non deve essere andata a gonfie vele qui la vendita dei taglia erba! Mentre procediamo verso Nord Ovest su Carolina al ritmo ormai consolidato dei 100 km orari, siamo colpiti dalla vista di un cartello segnaletico sorprendente….una striscia di legno verde bordata di bianco che riporta il nome “Ravenna” è inserita tra altre ….curiosi deviamo per poi raggiungerla dopo una ventina di chilometri….Ciò che troviamo è un piccolo villaggio fatto di poche case inserite in un paesaggio collinare piuttosto piacevole, prevalentemente agricolo, tra esse spicca .il “General Store Ravenna” dove ci fermiamo ad acquistare un po’ di dolcetti per la merenda tra cui i prelibati Ravenna Pies ….Intanto Vanni chiede curioso all’unica signora che incontriamo l’origine del nome del villaggio….domanda alla quale naturalmente non segue una risposta. La scoperta di questo particolare caso di omonimia ci fa venire voglia di fare qualche scherzo agli amici di Ravenna ….che però non abboccano! Una breve sosta al piccolo villaggio di Dyer’s Bay ci consente di apprezzare la bellezza della costa e dell’acqua della baia di un colore continuamente variabile tra il blu ed il verde. La superficie increspata a macchie dal vento sostenuto che la sfiora qua e là fa da sfondo al lungolago punteggiato di variopinti fiori spontanei . Il villaggio è deludente così come il faro di Cabot Head otto chilometri più a nord, ma la bellezza di questo paesaggio costiero le cui acque gelide coprono le superfici piatte come pavimenti della roccia sottostante, è già un bel regalo. Raggiungiamo Tobermory nel tardo pomeriggio. E’ un piccolo villaggio che si sviluppa attorno ad una stretta baia adibita a porticciolo turistico. La luce a quest’ora è limpidissima e già dorata. Occupiamo la camera 26 del Harbourside Motel, l’unico davvero centrale e che si affaccia sulla meravigliosa piccola baia del villaggio….ma per questa cameretta essenziale e senza nemmeno la macchinetta per preparare il caffé americano, né i fazzolettini di carta che rappresentano il minimo comfort dello standard alberghiero, spendiamo gli stessi 100 $C del Days Inn di Toronto. Usciamo immediatamente per una passeggiata ristoratrice…. È la mia ora d’aria, conquistata nel corso dei lunghi viaggi con Vanni, che invece non sembra avere la necessità di fare due passi dopo tante ore di immobilità su Carolina. Il porticciolo a quest’ora è un amore, con le barche in sosta a mollo nell’acqua trasparente del lago, ed attorno ad esso una serie di casette a graticcio o rivestite di tavole di legno rendono lo scenario piuttosto ameno. Ci accomodiamo sulla terrazza al primo piano dell’edificio a graticcio che si affaccia sulla baia….pizza, zuppa ed una gran bella vista sul porticciolo che assaporiamo nell’atmosfera di pacata vivacità di Tobermory.

10 Luglio 2008

TOBERMORY – MANITOULIN ISLAND

Il traghetto parte puntuale alle 11.20 e dopo un’ora e tre quarti di navigazione, dapprima quasi sfiorando le piccole isole vicine a Tobemory , poi nelle acque piatte del lago Huron, attracchiamo nel porto di South Baymouth , sulla costa sud dell’isola Manitoulin. Osservata sulla mappa, l’isola ha una costa estremamente frastagliata per via delle tante baie che come fiordi si insinuano al suo interno e delle isole minori disseminate sulla superficie del lago nei suoi pressi. Questa sua conformazione la rende speciale, soprattutto se esplorata in barca lungo il suo perimetro, ma ciò che appare a noi muniti di auto è il suo territorio agreste leggermente collinare ed a tratti, quando la strada sale affacciandosi sul lago, anche la costa che si protende nelle acque blu e le isolette, verdi di vegetazione. Al primo punto panoramico ci fermiamo e dopo aver ammirato il paesaggio entriamo nel negozio di artigianato nativo a due passi dal parcheggio. Al suo interno, oltre ai famosi mocassini “indiani” , bamboline vestite di camoscio ornato con perline e tanto altro, ci sono anche le pelli di animali, come Vanni mi fa notare….Vuole l’orso! Dopo aver fatto stendere tutte le pelli a terra dal proprietario del negozio, ne sceglie una dal pelo bruno e lungo che un tempo ricopriva il giovane corpo di un cucciolo di orso. Ci accordiamo per la spedizione della pelle in Italia e sul CITES obbligatorio…il proprietario ci rassicura sul fatto che si occuperà lui di tutto e Vanni riceverà la sua pelle a Forlì verso il 10 di settembre. Vanni, eccitatissimo per l’acquisto, inizia ad elaborare delle fantasie legate ai conseguenti racconti per gli amici ….racconti che lo vedono naturalmente protagonista della cattura ed uccisione del piccolo orso bruno. Proseguiamo l’esplorazione con il cielo sempre più nuvoloso, fino a quando una copertura totale di nuvole trasformano l’isola ed il lago in una spettrale composizione di grigi. Decidiamo di tornare sulla terraferma senza quasi aver visto l’isola. Ormai non è più tempo per passeggiate e l’acquazzone che segue ce ne da la conferma. Il collegamento dell’isola alla terraferma sul lato Nord avviene attraverso un piccolo ponte di ferro che percorriamo. Il paesaggio ancora bellissimo per via delle isolette, le lagune ed i piccoli laghi che vediamo salendo verso Espanola, rimane comunque grigio….non è proprio giornata! Ci fermiamo nel Super 8 di Sudboury per la notte. Ceniamo con l’hamburger Angus special di Mc Donald…una certezza!

11 Luglio 2008

MANITOULIN ISLAND – OTTAWA

Il maltempo sembra passato ed il sole accompagna il nostro lungo viaggio verso Ottawa, la capitale del Canada. Ancora prati, boschi, fattorie, laghi e grandi corsi d’acqua fanno da scenario alla trans-canada che stiamo percorrendo…se dovessi sognare tutto ciò lo considererei un incubo! Il Canada mi sta uccidendo con questi territori infiniti e tutti somiglianti tra loro….presuppongono una calma interiore che forse non ho….ma ad un certo punto ci pensa Vanni a movimentare la giornata! In prossimità di un paese lungo la strada ci fermiamo ad un primo distributore che però è chiuso….Vanni non dice niente, si continua fino al successivo, ma poi all’improvviso non sento più il rombo del motore….sembra di viaggiare su una macchina elettrica. Chiedo a Vanni che cosa succede e lui candidamente mi risponde con il sorriso sulle labbra….abbiamo finito il gasolio! Ma Vanni è una persona fortunata….e così procediamo a motore spento sul piano inclinato fino al distributore Shell che vediamo oltre il semaforo. Il semaforo è verde e la pompa diesel miracolosamente libera, la individuiamo al volo ed accostiamo…che culo! La missione è compiuta…ora finalmente sappiamo che Carolina può percorrere 782 km con un pieno e che il serbatoio ha una capacità indiscussa di 90 litri. A Ottawa scegliamo di dormire al Days Inn, ad un costo di 140 $C a notte….è in centro ed appena ristrutturato. Usciamo al vicino supermercato per un rifornimento di frutta e biscotti, poi iniziamo l’esplorazione della città a partire dal Byward Market…il suo cuore pulsante, per poi proseguire con il suo nucleo centrale, quello che contiene gli edifici governativi tutti in stile neogotico. Delimitata a Nord dall’Ottawa River, la città ci appare piena di aree verdi attrezzate con sentieri, piste ciclabili e ponti che la collegano alla città francese di Gatineau, sull’altra sponda del fiume. Nel complesso Ottawa sembra avere un’aria piuttosto dimessa e per nulla vivace….nessun edificio di particolare pregio a ravvivarne l’immagine, se non queste copie anacronistiche di edifici storici londinesi che per noi non hanno un gran significato. Ceniamo da Giovanni’s, un ristorante dove si possono gustare piatti di raffinata cucina italiana. Lo troviamo al 362 di Preston St. ovvero Corso Italia, come leggiamo sulla targa bianca apposta sotto quella blu ufficiale….siamo nel quartiere Little Italy. L’arredamento classico del ristorante è vivacizzato da bei quadri di ritratti e paesaggi alle pareti….ci accoglie Nino, il figlio dei proprietari, un signore sorridente che con evidente accento napoletano ci saluta e ci accompagna al tavolo….E’ una novità per noi sentire parlare in Italiano….e la cosa ci consente di rilassarci ancora di più e di gustare una cena ottima caratterizzata negli antipasti dai sapori mediterranei di basilico, pomodori, melanzana grigliata e mozzarella di bufala, mentre una ottima bottiglia di “ripassa”, un vino rosso delicato accompagna anche il mio Artic Char e la tartare di carne di Vanni. Dolci, grappa Sassicaia, ed un ottimo servizio….per la non modica somma di 260 $C compreso il servizio…..tutti decisamente meritati.

12 Luglio 2008

OTTAWA

Un sacco di fantastiche coccole poi usciamo con mete diverse…Vanni è diretto al Currency Museum, dove potrà osservare i vari tipi di denaro che le diverse culture hanno utilizzato nel corso della storia, dalle conchiglie ai denti di balena, alle monete da collezione. Io invece sto andando alla National Gallery, un edificio di granito e vetro che visto dall’esterno sembra piuttosto una grande serra. Nella piazza antistante un enorme ragno di bronzo dell’artista parigina Louise Bourgeois rende chiara la funzione dell’edificio alle sue spalle e ne sdrammatizza il rigido geometrismo. C’è una mostra temporanea interessante allestita all’interno della galleria dal titolo “ Gli anni ’30 – la fabbrica dell’uomo nuovo”. Attraverso le opere di artisti europei, tra cui spiccano Sironi, Dalì e Picasso tra i più noti, ed artisti statunitensi, la mostra traccia il profilo delle tensioni legate alle ideologie totalitarie nell’ Europa degli anni ’30. L’idealizzazione dell’ uomo nuovo, quale espressione della grandeur del regime cui appartiene, viene rappresentata attraverso dipinti di uomini statuari e dediti allo sport almeno quanto alle armi. Il diverso atteggiamento degli artisti volti a celebrare questi regimi rispetto agli altri che invece mettono in discussione quelle stesse ideologie appare chiaramente sulle tele e nelle sculture esposte nelle sale dedicate….Altre aree della galleria sono rivolte all’arte europea moderna ed a quella canadese contemporanea. Una bella galleria questa di Ottawa! Rientrando in hotel ripercorro le strade del vivacissimo quartiere del mercato, dove decine di ristoranti, bar negozi e servizi dalle insegne colorate accompagnano l’andirivieni dei fruitori per non parlare di quelli già numerosi seduti ai tavoli all’aperto a bere un drink o a cenare. Noi invece andiamo all’ “Horn of Africa” il ristorante eritreo migliore della città a due passi dall’hotel. Nel 1999 gli fu assegnato un riconoscimento ufficiale per la qualità del cibo…leggiamo nel foglietto protetto dal vetro sul tavolo. L’ambiente è piuttosto dimesso, con apliques che non diffondono una bella luce ed una moquette discutibile a terra. Le due portate di filetto di bue che abbiamo ordinato, compaiono sul nostro tavolo dentro ad un’ampia bacinella smaltata. Ci vengono forniti tovagliolini di carta in abbondanza e due salviette umide dentro a bustine….di avere le posate non se ne parla neanche, per cui dovremo usare le dita e brandelli di crèpes, che vediamo appoggiate sul bordo della bacinella, per raccogliere il cibo solido ed anche la purea di verdure miste anch’essa nella bacinella assieme all’insalata. A parte la carne decisamente dura per essere un filetto….la cena procede bene, ed anche mangiare con le mani è divertente se fatto una volta ogni tanto. Anche da noi mangiare una impepata di cozze presuppone l’uso delle dita…ma afferrare l’insalata , i pomodori ed i pezzetti di carne o di cipolla sembra una cosa strana…così tanto che anche dopo aver lavato le mani la sensazione di sporco rimane, come per una sorta di strano condizionamento. Spendiamo 38 $C che considerando le tre birre di Vanni ed il mio bicchiere di vino sono davvero pochi….

13 Luglio 2008

OTTAWA – MONTREAL

Un fortunale ci accoglie al nostro arrivo a Montreal….la pioggia scende così forte, mentre su Carolina affrontiamo sopraelevate ed incroci, che anche procedendo a velocità ridotta a fatica riusciamo a vedere la strada che stiamo percorrendo, figuriamoci i cartelli per le deviazioni che dobbiamo fare per raggiungere il centro città! ….Siamo nella regione del Quebec ora…e la downtown si chiama centre ville, alla francese…In questa città perfettamente bilingue anche la signorina cinese del Travel Lodge hotel, alla quale chiedo la camera, scivola continuamente tra le due diverse lingue. Non è certo una gran camera….forse la più piccola che abbiamo mai avuto in questo viaggio, ma è fumatori, in zona centrale ed ha un costo accettabile di 160 $C a notte. Montreal è piuttosto cara in questo senso, e l’elenco degli hotel ad un prezzo compreso tra i 150 ed i 200 dollari canadesi non è poi così lungo. Siccome la pioggia continua a scendere copiosa ed il sistema wireless in camera non funziona come doveva, optiamo per una visita al museo di Arte Contemporanea qui vicino, dove trascorriamo un paio d’ore al riparo dagli elementi. Interessante l’esposizione di opere di artisti quebequois e belli soprattutto i filmati. Bagnati di pioggia rientriamo in hotel per poi uscirne solo all’ora di cena….Mentre il cielo si rasserena e gli elementi ci concedono una tregua, scegliamo il nostro localino ….optiamo per un po’ di musica dal vivo all’ “House of Jazz”, al 2060 di Aylmer Ave…..un punto di riferimento imprescindibile, leggiamo, per la scena jazz di Montreal. Arriviamo dopo una breve passeggiata in questo locale leggermente kitch ma nel quale respiriamo una bella atmosfera avvolgente. Lampadari decò mixati con altri voluminosi a gocce di cristallo, specchiere a motivi liberty, tavolini di legno scurissimo, balaustre a dividere gli spazi su più livelli. La band accompagna la nostra cena suonando jazz sudamericano …al ritmo del Cha Cha Cha consumiamo il cibo discreto fino a tarda serata, quindi rientriamo passeggiando lungo Rue Sainte Catherine, tra serrande abbassate e locali a luci rosse.

14 Luglio 2008

MONTREAL

Una bella giornata di sole ci consentirà di visitare la città come si deve….ma vista la variabilità del clima usciamo appena pronti, cioè alle 11… dirigendoci verso la città antica che costeggia il fiume Saint Laurent nella parte sud del centre ville. Osservando la cartina ci rendiamo conto solo ora che Montreal sorge su una grande isola formatasi lungo il corso del fiume San Lorenzo….ed è collegata alla terraferma da numerosi ponti, tra cui quello sulla autostrada 40, che abbiamo attraversato proprio ieri sotto l’acquazzone. Arriviamo nella vecchia Montreal dopo aver attraversato il quartiere cinese, ricco dei caratteristici tetti a pagoda. Sarà per via della basilica di Notre Dame che vediamo come primo edificio di un certo pregio, o per i lampioni old stile lungo le strade a tratti acciottolate, ma in questo quartiere si respira un’atmosfera davvero europea, fatta di tetti verderame, di piccoli pantheon, di facciate neoclassiche e di guglie appuntite sugli edifici monumentali ….vecchio e nuovo si mescolano creando un delizioso tessuto urbano a dimensione d’uomo, arricchito di aree verdi, vetrine di gallerie d’arte ed un numero imprecisato di ristoranti. Una passeggiata su una piccola penisola ci consente di allontanarci dalla città a sufficienza per godere di una bellissima vista d’insieme…. dove i grattacieli del centro, nei loro materiali hi-teck fanno da scudo alla città vecchia caratterizzata da edifici bassi e dai cromatismi morbidi. Una meraviglia! In metropolitana raggiungiamo poi il parco che ospitò le olimpiadi nell’estate del 1976. L’edificio che più colpisce arrivando è senz’altro lo stadio, il cui profilo è complicato da una torre inclinata di grande bellezza architettonica, che lo sovrasta e ne sostiene la copertura attraverso una serie di cavi tesi. Una funicolare ci consente di raggiungerne la cima e di godere di un bel panorama del centro città che ora vediamo come sfuocato in lontananza, e del fiume che ne lambisce l’estremità sud. Tra Canadesi e Statunitensi sembra guerra aperta per aggiudicarsi nuovi record in fatto di altezze….anche la Montreal Tower, dove siamo ora, dicono abbia l’altezza più alta tra le torri inclinate del mondo…190 metri di altezza e 45° di pendenza…un vero record! Bellissimo anche il velodromo sottostante che con le sue linee morbide ben si armonizza con l’enorme iperbole della torre. Il Centro Canadese di Architettura, che raggiungiamo ancora in metrò è chiuso e lo sarà purtroppo fino a mercoledì, quindi lentamente torniamo verso l’hotel percorrendo a piedi Rue Sainte Catherine per i chilometri che ci separano dal Travel Lodge…e non sono pochi. Rientriamo stremati dopo 5 ore di marcia, interrotta solo per qualche istante. Ancora un temporale nel tardo pomeriggio, poi il cielo si schiarisce consentendoci di uscire serenamente per la cena….Vanni non ha esigenze particolari quindi scelgo io, un ristorante di specialità quebecoise è quello che ci vuole ora che siamo in territorio francese! Avendo visto la pubblicità di uno di questi ristoranti tipici sulla guida presa al tourist information, optiamo per quello e ci dirigiamo verso la città vecchia scendendo verso il fiume. In un antico edificio d’angolo, tutto pietre a vista e boiserie rosse ad inquadrare la bella sala da pranzo dalla strada, proprio in fondo alla Rue Bonsecours, ecco la nostra “Hostellerie Pierre du Calvet”. Il cameriere, che si muove come un giullare, ci accompagna al tavolo che occupa un angolo della raffinatissima piccola sala da pranzo….boiserie di legno colorato accostate alle pareti di pietra scurita dal tempo, l’arredamento fatto di credenze antiche con grappoli di frutta scolpiti in altorilievo, le argenterie soprastanti ed una sorta di palco di legno che si intravede tra i tendaggi affacciarsi sulla sala, tutto questo rende l’atmosfera squisita e ci fa godere non solo del menu, ma anche del luogo nel quale ci troviamo a consumarlo. Con piacere assaggiamo la nostra zuppa di cipolle alla birra e l’ halibut in salsa di olive accompagnato da riso selvaggio, mentre sorseggiamo uno Chardonnè locale, il Fortant, decisamente buono. Certo le specialità vedevano anche raffinati piatti a base di petto d’oca, foie gras e assaggi di formaggi. L’idillio termina bruscamente con il conto salato di 170 $C, cui si è aggiunta la sorpresa di un 20% di mancia obbligatoria che il cameriere ha preteso. Vanni ne esce furioso….ed a ragione. La mancia in percentuali fisse è davvero antipatica per non dire illegale, soprattutto per noi che non siamo abituati ad una tale consuetudine. Potrebbero incorporarla al conto come era successo al Giovanni’s di Ottawa, dove un 15% era stato d’ufficio aggiunto al totale. Con una bella passeggiata raggiungiamo l’hotel dove i nostri due lettini accostati alle pareti della cameretta ci accolgono.

15 Luglio 2008

MONTREAL – VILLE DE QUEBEC

Percorrendo la statale n°40 arriviamo nel primo pomeriggio a Quebec, la città più francese ed indipendentista del Canada che pochi giorni fa ha festeggiato il 400° anno dalla sua fondazione. Arrivando sono tanti i cartelli e gli striscioni che vediamo riportare le date 1608 – 2008, carichi dell’orgoglio dei cittadini di questa che tra le città del Canada è la più antica. Dopo una ricerca estenuante dell’hotel durata più di un’ora e che mi ha fatto innervosire così tanto da farci litigare, atterriamo al “Loews Le Concorde”, un hotel confortevole ma costoso a due passi dalle mura della città vecchia. Nel frattempo anche Carolina si è surriscaldata arrampicandosi sulle strade tortuose che collegano la città bassa a quella alta….un preoccupante odore di bruciato ci mette in allarme. Non appena appoggiate le valigie in camera,Vanni esce in cerca dell’officina Toyota, mentre io vado in perlustrazione passeggiando nel centro storico. Sembra di essere a San Marino….per la quantità di turisti ad affollare le strade disseminate di negozi di souvenir, ristoranti e di tutto un po’, compresi i giocolieri ed i suonatori ambulanti. Nonostante questo il nucleo antico compreso nel perimetro delle mura, le uniche del nord america, è piuttosto piacevole per gli edifici addossati l’uno all’altro di pietra a vista, di chiaro stile francese ed i tetti di lamiera colorata a tinte forti. Un grande edificio emerge tra gli altri…è il “Fairmont Le Chateau Frontenac” che articolato in diversi volumi con torrette d’angolo e verdi tetti aguzzi, domina tutto il centro urbano con il suo alto corpo centrale. E’ un bellissimo hotel costruito nel 1893 dalla Canadian Pacific Railway, il più fotografato del mondo per via del numero cospicuo di turisti che vi si recano, ma anche per il bell’inserimento nel contesto urbano e per l’indiscutibile bellezza della sua architettura….Ad aumentarne la celebrità il fatto di aver ospitato al suo interno Winston Churcill e Franklin Roosevelt nel corso della seconda guerra mondiale. Attraversata la città alta fino alle mura verso sud, mi si offre alla vista l’ampio fiume San Lorenzo. E’ così distensivo dopo il caos cittadino….Il fiume qui si allarga in un ampio bacino dove veleggiano piccole barche e circolano grandi motonavi cariche di turisti. Più oltre il porto con le sue gru e le grosse navi ormeggiate, dà una connotazione commerciale a questa città che altrimenti sembrerebbe votata al solo turismo. Torno sui miei passi costeggiando le file di tavolini dei ristoranti che senza soluzione di continuità corrono paralleli ai marciapiedi…il clima è perfetto, c’è un bel sole ma il venticello fresco riesce a moderarne il calore. In hotel poco dopo arriva Vanni di ritorno dalla Toyota….aggiornandomi sulla situazione mi dice che Carolina entrerà in clinica domani mattina alle 7….la frizione che era già stata sostituita in Messico ad Oaxaca un paio d’anni fa è da sostituire nuovamente! Ceniamo magnificamente al ristorante dell’hotel…ancora una volta sulla torre rotante, alti sul paesaggio bellissimo di Quebec City. A differenza delle altre volte però, il servizio è ottimo per via dell’efficienza e simpatia dei camerieri, ed il buffet prelibato offre portate davvero squisite che noi assaggiamo con una certa soddisfazione….mangiare in quota ci ha sempre dato un certo brivido di piacere…e questa serata è davvero magica. Il fiume San Lorenzo fa da cornice al centro storico dal quale vediamo emergere le cupole ed i tetti degli edifici monumentali. Una gran massa di persone si sta recando al concerto che si terrà nel grande prato adiacente alla cittadella, proprio sotto di noi…. Una mongolfiera fissata a terra dietro il palco, si illumina a tratti della fiamma dell’elio che la mantiene gonfia, riporta la scritta dei 400 anni dalla fondazione e probabilmente si alzerà alla fine del concerto catalizzando l’attenzione di tutti i presenti. Intanto la luce cala sul panorama e le luci artificiali gradualmente si rendono visibili. Anche al concerto i telefonini accesi oscillano in una disordinata coreografia , sul prato.

16 Luglio 2008

VILLE DE QUEBEC

Mi sveglio sola nella camera in penombra….sono appena passate le 9, ma Vanni chissà da quanto tempo è uscito….Mi preparo con calma ed esco, mi aspetta la visita della città bassa, quella cresciuta nella stretta lingua di terra compresa tra il fiume e le mura della città alta. Scendo con la breve funicolare tra le casette addossate le une alle altre, di pietra a vista e dai tetti talvolta colorati in tinte forti. Di nuovo una quantità enorme di negozi e ristoranti caratterizzano i piani terra delle strade piene di turisti….ma nonostante ciò Quebec risulta piacevole soprattutto se osservata dal porto, in lontananza. Le cupole degli edifici monumentali unitamente alle alte volumetrie dei grandi hotel fuori dalle mura, cercano inutilmente di imporsi sul Fairmont che, come il castello di un borgo medievale, emerge senza rivali sulla skyline della città. Ci ritroviamo in camera nel tardo pomeriggio….Vanni semi distrutto per la sveglia prestissimo, mi fornisce un rapido aggiornamento su Carolina il cui cambio verrà smontato questa sera da un paio di meccanici desiderosi di lavoro straordinario e poi si vedrà….il pezzo nuovo dovrebbe arrivare da Toronto in alcuni giorni, ma si può ben sperare che il rettificatore riesca a produrre un pezzo non originale nella giornata di domani….nel frattempo Vanni ha familiarizzato con il direttore generale della sede Toyota, il signor Patrice Ouellet che non disdegnerebbe ricevere immagini della nostra Carolina in giro per il mondo alla sua email. Ci consoliamo con le nostre meravigliose coccole che finiscono con il massacrarci definitivamente, quindi dopo un pisolino andiamo in cerca di un ristorante francese per una tartare di carne che Vanni vuole assolutamente. Scegliamo tra i tanti dell’elenco il “Charles Baillargé” , adiacente all’hotel Clarendon al 57 di Rue Sainte Anne….e non potevamo fare scelta migliore….il luogo è di per se incantevole per l’atmosfera un po’ retrò che vi si respira….fatta di boiserie di legno scuro ad inquadrare superfici specchiate, finestre e porte, un alto soffitto color crema, tavolini e sedie di legno scuro e con leggere modanature…..sembra di essere nell’ampio ristorante di un hotel degli anni ’40…e forse è davvero così.. Vanni è soddisfatto della sua tartare che è già perfetta così, senza aggiunta di Cognac mentre io sono deliziata dalla tartare di tonno, il cui sapore è complicato da un mix di verdure e frutta tritate che la rendono squisita. Cerco di individuare gli ingredienti che la rendono così speciale….c’è del mango maturo, del peperone rosso, la cipolla, l’avocado ed un’idea di coriandolo. Squisita! Usciamo per una passeggiata che però viene disturbata da un temporale in arrivo…o solo di passaggio, ma i lampi ed i tuoni sono da apocalisse…e così ripieghiamo in fretta verso l’hotel.

17 Luglio 2008

VILLE DE QUEBEC

Quando sono già pronta per uscire arriva Vanni che di ritorno dalla Toyota mi spiega cosa è successo effettivamente a Carolina. La copertura delle valvole si era leggermente sollevata nella parte posteriore, in seguito a ciò è uscito parte dell’olio che si è fermato nel vano frizione a causa dell’occlusione del foro di scolo del vano stesso. L’olio ha bagnato la frizione e quando ci siamo trovati in forte pendenza l’ha ulteriormente bagnata e si è surriscaldato così tanto da cuocersi e diffondere l’odore di bruciato che ci aveva fatto preoccupare. Scoperta la causa trovato il rimedio…. Rimesse tutte le viti a posto, cambiati i vari filtri , oliate tutte le giunture,,…e poi la frizione ….che è stata comunque rettificata visto che il cambio ormai era stato smontato…. Con un check-up così saremo a posto per un po’? Usciamo insieme per una passeggiata…Vanni ancora non ha visto quasi nulla….così torniamo nella città bassa, gli mostro il bel trompe l’oeil dipinto sul muro laterale di un edificio, poi torniamo in alto con la funicolare e ci separiamo…lui ha male ai talloni ed io devo assolutamente trovare un parrucchiere che abbia i colori Paul Mitchell per farmi fare un ritocchino. Cammino a lungo, ma tutta la città vecchia è priva di parrucchieri. Solo ristoranti e negozi ad occuparne tutti i piani terra! Percorro così nuove strade piacevolissime, fuori dai circuiti classici del centro storico tout court , in particolare mi colpisce la Rue Saint Jean, per la sua vivacità e la bellezza di alcuni suoi edifici datati e più veraci degli altri troppo rifiniti per ben apparire. L’altra cosa che mi piace di questa strada è la fitta presenza di parrucchieri che però, interpellati, non hanno i colori della Paul Mitchell. Passo persino dal parrucchiere dell’Hilton sperando che almeno lui si sia convertito a questi prodotti made in USA….ma nulla da fare….la risposta è sempre la stessa….questi prodotti non sono molto diffusi sul territorio del Quebec….anche se….sono molti quelli che hanno altri prodotti di questa marca sulle mensole dei loro saloni. Rientro stanca per le discese e le salite fatte sotto il sole cocente del primissimo pomeriggio e trovo Vanni steso sul letto, rientrato da poco da un giro alla Toyota. Un partitone a Backgammon che perdo e poi usciamo di nuovo…ha visto un paio di parrucchieri qui a due passi. Andiamo e mi fermo nel secondo…. non ha colori Paul Mitchell, ma mi propone una consulenza della loro esperta. Le mostro i codici dei colori che usa il mio parrucchiere, attendo cinque minuti e torna armata di ciotola e pennello. Ne esco dopo un paio d’ore col sorriso sulle labbra, le mani perfettamente curate ed un colore identico al mio sui riccioloni. Che meraviglia…. ho praticamente fatto un tagliando anch’io! Ceniamo assaggiando le gustose pietanze vietnamite e cambogiane del “Restaurant Apsara” al 71 di rue D’Auteuil, dentro le mura della città alta. Quando usciamo ci rendiamo conto di aver evitato un bell’acquazzone…..il clima qui ha una variabilità da capogiro!

18 Luglio 2008

VILLE DE QUEBEC – BAIE COMEAU

L’addetto al servizio di navetta della efficientissima sede Toyota di Quebec arriva puntuale alle 11. Carolina è pronta quando arriviamo, e dopo aver saldato la fattura di ben 1800 $C, circa 1200 €, saliamo a bordo per riprendere il nostro viaggio verso la costa atlantica canadese. Intercettiamo senza fatica la 138 est ed iniziamo a costeggiare l’ampio fiume San Lorenzo verso la sua foce. Nelle sue acque scure potremmo avvistare balene, così dicono i tanti cartelli con l’inconfondibile pinna in primo piano che pubblicizzano escursioni per l’avvistamento. Proprio in corrispondenza del fiordo del Rivière Saguenay, nei pressi di Tadoussac, le cui acque calde si mescolano a quelle fredde del San Lorenzo, una grande presenza di microrganismi chiamati krill attira le balene che ingolosite arrivano, in qualsiasi momento dell’anno, per saziarsene. Guardiamo speranzosi, ma di balene golose noi non ne vediamo nemmeno quando, a bordo di un traghetto, attraversiamo le acque del fiordo che interrompono la 138 per qualche centinaia di metri. Proseguiamo però ammirando la costa che a tratti si alza con le sue scogliere rocciose sul fiume, o si flette creando insenature con dispersione di isolette lungo la costa. Attraversiamo alcune cittadine che non sembrano offrire particolari attrattive se non la promessa di un avvistamento, poi finalmente nel tardo pomeriggio arriviamo al Tourist Office di Baie Comeau, dove un gruppetto di giovani impiegati rispondono ad ogni nostro quesito mirato al reperimento di cartine dettagliate e di un hotel , poi…Al mio ritorno dal bagno vedo una delle ragazze al telefono, inutilmente impegnata nell’ennesimo tentativo presso la “Labrador Marine” di prenotare il viaggio in traghetto da Goose Bay a Cartwrite in Labrador. Vanni non molla mai…quando ha in mente di raggiungere un obiettivo sono poche le cose che lo fanno desistere, non certo la seconda risposta negativa da parte di una delle operatrici della compagnia marittima ! Non ci sono posti disponibili per il trasporto delle auto fino a metà agosto… rispondono continuamente le operatrici a me ed al portiere dell’hotel di Montreal che si era prestato….ma per Vanni questo non è sufficiente, ed all’avvicinarsi della data nella quale ci farebbe comodo partire, insiste nel chiedere, sperando in una rinuncia dell’ultima ora. La segreteria telefonica blocca la giovane ragazza e la indirizza verso un sito internet, lo stesso che avevamo consultato anche noi per gli orari, e che evidenziava in grassetto la necessità di una prenotazione telefonica. Dal telefono alla tastiera….alla fine riusciamo a prenotare sul traghetto, in partenza alle 17.00 del 20 luglio con partenza da Goose Bay e diretto a Cartwrite. Anche oggi, come in altre rare occasioni ci è capitato di verificare, il servizio di biglietteria lascia posti disponibili per la sola prenotazione in internet, strumento assolutamente scollegato dal servizio telefonico. Mentre raggiungiamo l’hotel subisco il Vanni vittorioso, che ha avuto ragione ad insistere, e che inizia presto ad avere nei miei confronti un antipatico atteggiamento di superiorità che mi fa imbestialire e che cerco in ogni modo di sedare….gli passerà. A questo punto non ci resta che organizzarci bene e pianificare il viaggio…..considerando che dovremo affrontare 1200 km di strada in gran parte non asfaltata…….non ci rimane molto tempo per raggiungere Goose Bay entro le 15.00 di dopodomani!

28 Gennaio 2008

GOULIMINE – LAYOUNE

Lasciamo l’hotel senza rimpianti, il letto alla francese troppo stretto e la coperta blu elettrico a grandi fiori rosa un capolavoro del kitch, ma abbiamo dormito bene tutto sommato ed il costo irrisorio ci fa sembrare questa sosta come un affare in ogni caso. Prima di lasciare la città cerchiamo una fotocopiatrice e la pasticceria per un rifornimento di pain au chocolat. Facciamo una decina di fotocopie della fiche compilata a mano ieri sera, un elenco dei nostri dati personali da consegnare nei frequenti blocchi di polizia presenti d’ora in poi lungo la strada per la Mauritania. Almeno in questo la nostra Rough Guide è stata utilissima fornendoci un facsimile già tradotto in francese dei 15 punti da compilare, operazione che ci consentirà di risparmiare tempo durante le inevitabili soste ai posti di polizia Marocchina presenti nella fascia del Polisario contesa da decenni tra Marocco Mauritania ed Algeria. Siamo ancora in città quando ad un incrocio un marocchino in motorino ci affianca e ci saluta cordialmente. E’ Assan. Ha lavorato a lungo a Formigine in Italia e riconoscendo la nostra targa RA non ha saputo resistere dallo scambiare due chiacchiere in italiano. Ci chiede di seguirlo, vuole darci l’indirizzo dell’officina meccanica di suo cugino a Nouakchott, quindi ci consiglia di comprare due chili di tè da regalare ai doganieri per velocizzare i tempi in frontiera. Infine ci saluta calorosamente, come se dopo tanto tempo avesse rivisto dei compaesani. Ma si sa…qui in Marocco appena ti fermi un attimo arriva subito qualcuno a chiederti qualcosa…e per non smentire la regola, mentre Vanni comprava tè, un signore mi ha chiesto se potevamo dare un passaggio ad una giovane donna araba con il suo bambino piccolo….solo per una ventina di chilometri. Si accomodano sul sedile posteriore, offro loro i dolci appena comprati ed acqua da bere. La signora non capisce, né parla una parola di francese…attraversiamo quasi in silenzio   il paesaggio desertico dai magnifici colori…poi dopo una sessantina di chilometri all’uscita da una curva, ci fa cenno di accostare. Accetta l’acqua che le offro ma vorrebbe il nostro cellulare per chiamare qualcuno che venga a prenderla da un qualche villaggio qui vicino ma da qui assolutamente invisibile. Siamo in mezzo al nulla, ma una strada sterrata parte verso l’interno, ci ringrazia incamminandosi lungo il sentiero polveroso. Siamo di nuovo soli e questo ci fa sentire liberi come due ragazzini appena lasciati soli dai genitori….che strano effetto ci ha fatto aver qualcuno in macchina! Gazelle intanto sfreccia sulla stretta lingua di asfalto tra la sabbia e le rocce del paesaggio desertico…poi Vanni dice di vedere un miraggio…ma è verissimo quel mare blu che vediamo avvicinarsi davanti a noi. La strada d’ora in poi costeggerà l’oceano stretta tra il deserto a sinistra ed il mare a tratti vicinissimo. Le alte falesie bianche lo nascondono per lunghi tratti, ma poi aprendosi ci regalano la vista di bellissime spiagge deserte e ventose. Ad un certo punto la strada devia per insinuarsi tra le dune che invadono la carreggiata ed il vento forte tende a cancellare la strada trascinando con se la sabbia vicinissima. Il paesaggio è fantastico ma i freni cigolano e Vanni è già agitato. Mi scarica all’hotel Nagjir e poi parte con Gazelle in missione….so già che tornerà felice. Entro nella grande camera 109 sola. Mi stupisce la diversità tra la reception curatissima e rivestita delle tradizionali piastrelle colorate e la semplicità un po’ sciatta della camera…peccato! E pensare che l’hotel è quasi sempre al completo per ospitare le forze ONU insediate qui a Layoune, ma con lo sconto del 25% che mi viene offerto senza che io lo chiedessi la camera costerà 580 djirham, un prezzo equo. Verso le 17 esco in esplorazione nonostante il caldo ancora intenso. Raggiungo dopo una breve passeggiata il primo obiettivo, la pasticceria migliore della città al n°50 di avenue Mecka al Mokarrama, si chiama “Moyen Atlas”ed è tutto vero ciò che ho letto al proposito. Mi siedo ad un tavolino a gustare la mia spremuta d’arancia e la fetta di torta alla fragola che avevo scelto scrutando l’invitante vetrinetta…buonissima! Attorno a me solo uomini. Mi trovo nella parte nuova della città che non ha nulla da offrire oltre a questa buona torta….anche il palazzo dei congressi progettato dall’architetto francese preferito dal re, non è gran cosa, ma poco oltre è splendida la vista della città vecchia che si staglia laggiù contro una serie di altissime dune. Solo il minareto emerge dal tessuto edilizio colorato di rosso mattone. Rientrando mi fermo da un’estetista per un piccolo restauro…poi ritrovo Vanni in camera, ha tagliato barba e baffi, anche lui si è dedicato un po’ a sé. Ceniamo in hotel tra i membri delle nazioni unite le cui 4×4 nuovissime parcheggiate qui fuori sfoggiano antenne satellitari che costano quanto l’auto….certo non badano a spese!

19 Luglio 2008

BAIE COMEAU – LABRADOR CITY

Alle 6.30 partiamo….non ho dormito che qualche ora e non sono ancora in grado di intendere né di volere, quando il contachilometri segna già i 200 km percorsi….L’energia di Vanni è incredibile in questa lunga corsa verso Churchill Falls, a 810 km da Baie Comeau, dove abbiamo prenotato l’hotel per questa sera! Dopo i primi 260 km, in corrispondenza di una imponente diga, la strada perde l’asfalto ma rimane comodamente percorribile per via della perfetta manutenzione e per la sua ampiezza. Mentre procediamo sulla strada verso nord, tra le nuvole di polvere sollevata dagli altri pochi mezzi che la percorrono, osserviamo il cambiamento repentino della vegetazione. Il bosco di abeti ad alto fusto lascia presto il posto alla foresta boreale, caratterizzata da alberi più bassi e più radi che lasciamo intravedere il muschio più chiaro sulle rocce sottostanti. Alcuni laghi sono come incastonati tra le montagne morbide sulle quali la strada sinuosa ha trovato il suo cammino….sulle rive solo qualche chalet e le barche di pescatori immobili, in attesa sulle acque scure. Il cielo è azzurro, solo poche nuvole bianche si riflettono sulle acque piatte, poi il clima ha una brusca virata ed in pochi minuti il cielo diventa quasi interamente grigio. Attraversiamo un piccolo centro abitato sorto in prossimità di una miniera, poi torna l’asfalto malmesso e dopo ancora 100 km si ripropone la sterrata, ma più stretta, ghiaiosa ed a sezione arrotondata come a dorso di mulo. Al 510° chilometro di questa non proprio comoda 389, mentre affrontiamo la sinuosità sul percorso troppo ghiaioso, Carolina inizia a sbandare scivolando con il suo posteriore prima su un lato poi sull’altro in movimenti sempre più ampi come di un valzer incalzante. Alla terza sbandata finiamo fuori strada….. la parte destra del muso si infila velocemente tra la debole vegetazione che non trattiene l’auto sempre più sbilanciata. Dopo pochi istanti stiamo rotolando. Trattenuti dalle cinture di sicurezza, saldamente ancorati a Carolina compiamo diverse ampie capriole laterali verso il fondo dell’avvallamento, una decina di metri sotto la strada. Tutto si muove con noi, i trolley, il backgammon, il vetro sbriciolato dei finestrini laterali e del parabrezza, fazzolettini di carta e bottiglie d’acqua, in un vortice folle. Le mani assecondano il movimento, spingendo lontano il tettuccio quando voliamo a testa in giù, affondando nel muschio nelle virate laterali, per poi ricomporsi per un attimo quando il rapido movimento ci illude di poterci fermare…..di essere arrivati sul fondo. Rimaniamo perfettamente coscienti sempre, di tutto, in questa che nella mia incoscienza associo all’estrema evoluzione di un circuito da luna park, un giro della morte particolarmente d’effetto. Poi atterriamo….fortunatamente sulle ruote. Siamo illesi. Slacciamo le cinture e spingiamo a fatica gli sportelli accartocciati per aprirli…scendiamo affondando tra il muschio e ci ritroviamo per verificare con un abbraccio il nostro stato di salute. La camicia di Vanni è macchiata del sangue che gli cola dalla testa…..io sento un dolore sempre più forte al costato…ma siamo vivi e possiamo camminare, vedere, sentire, ed anche abbracciarci ma senza stringere troppo. Nella mia incoscienza colloco subito l’avvenimento tra gli altri avventurosi capitatici nel corso dei nostri viaggi…..primo fra tutti il lancio con il paracadute e la corsa folle tra le dune del Sahara verso Timbuctu….oltre ogni limite di sicurezza….solo per uscire da quelle sabbie nelle quali rischiavamo di rimanere intrappolati. Senza esitare troppo ci arrampichiamo verso la strada in cerca di aiuto. Ritroviamo tra i cespugli estranei, parte delle nostre cose…la guida degli stati uniti, un paio di carte stradali ora inutilizzabili, il kway rosso che non ricordavo più di avere….un sacco a pelo, la protezione di ferro di un fanale laterale. Ci muoviamo indecisi se raccogliere o lasciare, incapaci di elaborare un pensiero che esuli dalla più elementare constatazione dell’accaduto. Tutto sembra irrilevante rispetto al nostro esistere ora, nonostante tutto. Per un lungo istante la mia sola idea è quella di lasciare tutto ed andare via da qui, ma Vanni è altrove, segue altre direzioni, elabora cose diametralmente opposte alle mie. Risalito a bordo di Carolina inizia una folle operazione di risalita del dirupo per portare questa nostra cara compagna di viaggio in salvo sulla strada. Lo vedo arrampicarsi sul ripidissimo pendio con la macchina contratta in un estremo sforzo che la fa ruggire….inizio a temere che questa volta si farà veramente male, gli urlo di lasciare stare…di scappare da qui, di sforzarsi di immaginare un futuro diverso, un proseguimento del nostro viaggio senza Carolina…..Avvisto un camion e mi sbraccio lungo la strada mentre lui imperterrito fa rombare il motore di Carolina….per cercare di farla uscire da quel muschio, da quelle pietre e dai cespugli che la intrappolano.. poi ecco un camion si ferma nello spiazzo poco oltre….l’autista mi viene incontro ed io inizio a piangere. Vanni che è riuscito a portare Carolina un po’ più in alto verso la strada scende finalmente e ci raggiunge. Ci abbracciamo di nuovo, mentre le lacrime continuano a sgorgare forse solo per il sollievo di poterci stringere ancora…. Recuperiamo i nostri due trolley ed abbandoniamo Carolina ed il resto del bagaglio nel dirupo….seguiamo Wally nella cabina del camion e insieme andiamo verso il centro abitato più vicino…..a Labrador City c’è un ospedale, ci dice. Percorriamo i 90 km nel tepore della cabina….io stesa nella cuccetta e Vanni seduto di fianco a Wally, che ogni tanto cerca di imbastire una conversazione che però stenta a decollare….Tra peluche e sofisticate strumentazioni di bordo….raggiungiamo l’ufficio di Labrador city, la sua destinazione finale. In taxi raggiungiamo il confortevole “Hotel Two Seasons”, e dopo una doccia, anche il pronto soccorso. Lamentarci del nostro sistema sanitario non ha senso dopo aver sperimentato quello canadese….al pronto soccorso non c’è quasi nessuno, né medici, né pazienti, solo un paio di infermieri ed una segretaria che per registrarci ci chiede i passaporti e la carta di credito. Nonostante il dolore che sentiamo ad ogni respiro, ridiamo come matti per via del look da gay di Vanni che indossa un mio maglioncino viola che gli sta aderente….dopo un’oretta di attesa compare il medico per la visita, medica le ferite di Vanni e prescrive a me una radiografia al torace. Aspetto ancora un’oretta per il verdetto finale che arriva positivo….non c’è nulla di rotto….il dolore alle costole è dovuto allo stress dell’impatto….esattamente come quello che Vanni sente un po’ ovunque nel torace. Rifiuto gli antidolorifici, saldo l’importo di 230 $C per la visita di entrambi ed in taxi raggiungo Vanni nella nostra 104 in hotel. Lo trovo al telefono con Giuseppe, il proprietario dell’hotel, che nella nostra lingua gli fornisce utili consigli per affrontare qualche immediato problema pratico, come il recupero dell’auto. Eleane, l’efficientissima impiegata della reception, ci procura un appuntamento per domani mattina alle 8.30 con il carro attrezzi per il recupero di Carolina, e si mette a nostra completa disposizione….in hotel sono tutti molto in apprensione per noi. Ceniamo benissimo al ristorante dell’hotel…. per consolarci del dolore che non ci da tregua ci concediamo un’ottima insalata di spinaci con salmone affumicato e l’immancabile zuppa di cipolle.

20 Luglio 2008

LABRADOR CITY

Il dolore al risveglio di oggi mi fa vedere le stelle ed il pensiero va immediatamente alla mia stupidità di ieri per avere rifiutato la prescrizione degli antidolorifici, ma poi ricominciando a muovermi…. trovo un po’ di sollievo. Vanni invece è massacrato ed accetta volentieri la mia proposta di andare sola a recuperare l’auto….non è riuscito a dormire per il dolore, ed ora è a pezzi. Alle 8.30 sono puntuale alla reception, ma non è ancora arrivato nessun tow car…. consegno il sacchetto per il servizio lavanderia e torno in camera con una tazza di caffé per Vanni….è una delle prime volte in cui mi capita di precederlo in questo tipo di carineria, che lui, più mattiniero di me, ha invece sempre nei miei confronti….che amore! Alle 9.30 il carro attrezzi non è ancora arrivato. Eleane mi spiega che forse si tratta di un equivoco legato al diverso fuso orario di Fermont, la cittadina della confinante provincia di Quebec dalla quale arriverà il nostro carro-attrezzi. E’ a soli 24 km di distanza….chi avrebbe mai pensato ad un’ora di differenza? Alle 10 Eleane telefona di nuovo….organizzeranno per le 11…rispondono. Alle 11.40 richiamano per dire che sono in ritardo di un’ora….poi non rispondono più al telefono. Che nervi! Avrei potuto continuare a riposare a letto…risparmiandomi la fatica di muovermi in continuazione tra la camera e la reception! La rabbia aumenta ad ogni acquazzone che il cielo plumbeo di oggi ci regala… si inzupperanno i nostri bagagli, pensiamo….ma questo sembra non interessare a nessuno se non a noi. Alle 16 Eleane bussa alla nostra porta tutta soddisfatta…ha provato a chiamare un altro numero, avuto non so come. E’ della stessa ditta, l’unica nel raggio di centinaia di chilometri….per questo se la prendono con calma la domenica questi stronzi….arriveranno a prenderci con un’auto tra una mezzora, ci dice. Alle 16.48 arriva da Fermont Dominique, un anziano signore magrissimo che parla solo francese perché è quebecois e fuma come un turco. A Fermont ci trasferiamo tutti a bordo del tow car e proseguiamo sulla 389 verso sud alla ricerca di Carolina. Avvicinandoci al luogo dell’incidente la mia tensione aumenta…mi addolora l’idea di vedere la nostra Carolina così distrutta….ed anche il fatto di tornare in quel luogo che ha segnato in qualche modo la nostra vacanza, mi mette un po’ di agitazione. Riconosciamo immediatamente lo spiazzo dove il camion si è fermato per soccorrerci ed il dirupo lì accanto. Carolina è tra la vegetazione visibilmente incapace di percorrere anche solo un altro metro….il tettuccio è piegato al centro verso l’abitacolo e tutta la parte superiore della macchina è inclinata su un lato….per non parlare del resto! Quasi tutti i vetri sono rotti,specchietti, fanali, persino il rollbar anteriore fatto di tubi di ferro si è spezzato… l’interno è pieno di pioggia,, terriccio e vegetazione e i nostri bagagli hanno trovato un loro disordinato assetto, sparsi un po’ ovunque tra il bagagliaio posteriore e l’abitacolo. I brandelli delle nostre carte stradali, zuppi di pioggia formano una nuova tappezzeria sui sedili di ciò che resta della nostra adorata ed insostituibile Carolina. Il carro-attrezzi si ferma nella posizione più efficace per il recupero, rilascia il cavo metallico che poi viene agganciato alla macchina. Vanni è al volante… si fa strada tra gli alberelli e le rocce nella forte pendenza del dirupo. Con questa mania del reportage che mi è venuta immortalo questo momento felice….il recupero di ciò che rimane di Carolina dà spazio al nostro sogno di poterla far riparare e di poter continuare il nostro viaggio di nuovo con lei, il prossimo anno….come se nulla fosse successo. In fondo non sembra poi così distrutta! Dominique vista l’auto e il dirupo nel quale era rotolata continua a dire che abbiamo avuto fortuna….e come negare che abbia ragione, essendone usciti praticamente indenni!? Carolina ci ha salvati, con le sue strutture robuste, e la sua compattezza….che macchina!

21 Luglio 2008

LABRADOR CITY

Al nostro risveglio di oggi le stelline sono ancora più numerose di ieri e non accennano a diminuire …a Vanni però succede una cosa bizzarra…il dolore al petto ed alla schiena si sposta lungo il busto…il mio invece è sempre lì fermo, a tormentarmi ad ogni respiro. La cattiva notizia di oggi è che Carolina non si può riparare….è troppo distrutta e nessuno vuole affrontare questo lavoraccio. Inoltre con il costo della riparazione potremmo comprare 5 o 6 Caroline….La buona notizia invece è che da un concessionario auto qui vicino Vanni ha già trovato un paio di 4×4 alternativi tra i quali scegliere per poter proseguire il nostro viaggio. Si tratta di una Ford Explorer rossa ed una più piccola Chevrolet Blezer bianca. Dopo una serie di considerazioni e l’intervento di Giuseppe, il proprietario dell’hotel, italiano e gentilissimo, è il Blezer bianco ad arrivare nel parcheggio dell’hotel. Si chiamerà Jimmy, così come Vanni ha deciso….ha tutti gli optional che ci si potrebbe aspettare da una macchina relativamente recente….compreso il lettore cd ed il cambio automatico, ma è il classico fuori strada da città che non potrebbe superare un decimo delle difficoltà affrontate dalla nostra Carolina. L’affare si conclude nel tardo pomeriggio, poi alle 19 raggiungiamo il ristorante dell’hotel dove ceniamo con Giuseppe, suoi ospiti. Ci racconta la sua incredibile storia iniziata 40 anni fa, quando venticinquenne, arrivò in nave dall’Italia con due valigie e 500 dollari. Ora possiede un impero immobiliare fatto di hotels, cinema e appartamenti. Ha due figli ed una moglie canadese che ama fare shopping a Milano e che adora l’Italia. Un uomo tostissimo, gentile ed avvolgente con il quale conversiamo piacevolmente per un paio d’ore. Dopo l’immancabile sigaretta in esterno ci stendiamo sul letto, ricoperti di cerotti antidolorifici e la tv accesa……Labrador City non ha poi molto da offrire e con tutti i nostri acciacchi le coccole sono impraticabili.

22 Luglio 2008

LABRADOR CITY

La camera è piena dei bagagli recuperati da Carolina….scopriamo cose dimenticate…..bottiglie di sabbia, pezzetti di roccia, il pietrone di giada di Vanni e molte conchiglie. La caratteristica comune di valigie e zaini è quella di contenere pezzetti di vetro e terriccio, ora sparsi sulla moquette della camera. Certo Jimmy non ha il bagagliaio di Carolina e questo ci stimola a liberarci delle cose inutili o che non hanno valenze affettive per noi. Mi rendo conto anche in questa occasione di quanto Vanni sia un tenero sentimentale, e di quanto gli costi gettare anche un sasso….figuriamoci le sue Church che ormai non hanno più le suole! Finiranno dentro ad una teca della fondazione Zamboni-Sitta, con le nostre statue colombiane, le sabbie ed i miei quadri….non ho dubbi. Un set di nuovi trolley rossi sostituiranno alcuni di quelli più malmessi….vorremmo portarne con noi il più possibile quando ci imbarcheremo per l’Italia….tanto per alleggerire l’auto di cose ingombranti che in viaggio non servono. Nel pomeriggio andiamo a fare un giro con il Blezer bianco, così tanto per provarlo….Attraversando la città fino al Mall e poi girovagando per le sue strade abbiamo l’occasione di vedere gli edifici bassi a doghe di legno, i giardini senza alberi o cespugli, ed i piccoli laghi ed i boschi che la circondano. Labrador City esisterà fino a quando la miniera di ferro sarà produttiva,…..altri 200 anni di vita, poi verrà cancellata come un’altra città qui vicino… ci racconta Giuseppe durante la cena. Successe una ventina d’anni fa….la miniera di Gagnon si era esaurita ed il governo canadese ha preferito distruggere la cittadina piuttosto che lasciarlo nelle mani di vagabondi che avrebbero potuto insediarvisi…..Il racconto ci fa ricordare che mentre percorrevamo la 389 il giorno dell’incidente, abbiamo notato che la strada, ad un certo punto asfaltata, si allargava a contenere una grande aiuola spartitraffico tipica dei centri abitati….Non vedendo edifici abbiamo pensato ad un progetto di lottizzazione ….invece si trattava di una città rasa al suolo! Giuseppe ci racconta che le porte di questo hotel provengono dalla scuola di Gagnon la cui costruzione era stata terminata da poco…c’era anche una bella chiesa di pietra… dice, ma la demolizione non si è arrestata nemmeno dinanzi alla sua croce.

23 Luglio 2008

LABRADOR CITY

Ancora una giornata nella cittadina mineraria di Labrador City senza più molto da fare ed impossibilitati a visitarne la miniera …..i tour infatti partono solo il sabato e la domenica. Vanni vorrebbe proseguire il viaggio verso Goose Bay, a 600 km di strada non asfaltata da qui, rischiando di non trovare posto sul traghetto per Cartwrite che abbiamo verificato essere pieno. Io preferendo non rischiare di percorrere 1200 km di sterrata inutilmente, propongo invece di tornare a Baie Comeau e di raggiungere la Nova Scotia percorrendo la costa a sud del fiume San Lorenzo. Oggi mi annoio da morire….il sistema wireless per la connessione a internet non funziona e Vanni è con Giuseppe ed un meccanico nell’hangar di Rick, un eccentrico imprenditore di Labrador city che colleziona un po’ di tutto e che ha accettato di prendere Carolina. Ne farà un dumbaghy segando tutta la parte superiore irrimediabilmente distrutta…è una magra consolazione per noi, ma è sempre meglio che immaginarla ridotta alle dimensioni di un cubo nel piazzale di un demolitore. Il meccanico che è con loro smonterà i gruppi omocinetici delle ruote anteriori che si sono rotti su Gazelle e che d’ora in poi viaggeranno con noi fino alla destinazione finale in Mali. Ci troviamo con Giuseppe al bar dell’hotel verso le 17 …per un drink e due chiacchiere, poi si unisce a noi Rick che ci invita tutti a cena nella Steak House della galleria 201 che ha aperto da poco. Al tavolo ci sono anche Antonio e sua moglie Elva. Si sono sposati trenta anni fa…lui un tornitore di Barcellona che più di quaranta anni fa si è trasferito qui dalla Germania, che allora non offriva grandi possibilità agli immigrati. Non poteva comprare una casa, né un’auto là ed il suo permesso di soggiorno era annuale, di ospite lavoratore temporaneo. Una volta arrivato in Canada ha fatto strada ed ora ha in società con Giuseppe la proprietà dei 100 appartamenti della miniera che affittano ai lavoratori. Non male per un tornitore. Parla 6 lingue….ed ha l’aria di essere una roccia, nonostante i suoi quasi settanta anni. Che belle persone queste incontrate qui a Labrador City! La cena ottima è accompagnata da una conversazione disordinata nelle varie lingue…Rick ed Elva parlano solo inglese, Vanni solo l’italiano e nemmeno io sono una cima con l’inglese. Antonio passa dallo spagnolo all’italiano al francese in un melange che potrebbe essere un nuovo esperanto….ma ci capiamo. Bella serata ed ottima cena.

24 Luglio 2008

LABRADOR CITY – BAIE COMEAU

Si torna in Quebec, ormai è deciso! Anche Vanni alla fine si è convinto. Ancora estremamente dolorante…. l’idea dell’eventuale sostituzione di un pneumatico in una sterrata immersa nelle lande desolate del Labrador, lo ha fatto desistere dall’insistere nel progetto di raggiungere Goose Bay che ci è già costata fin troppo. Sempre tormentati dai nostri dolori e dai bubboni sul collo che le punture dei mosquitos sul luogo dell’incidente ci avevano procurato, saliamo a bordo di Jimmy e dopo un cordiale saluto a Giuseppe partiamo. Dopo qualche chilometro il cielo diventa grigio e la strada, bagnata dalla pioggia, sempre più pericolosa. Jimmy è super molleggiato e talvolta la paura di volare fuori ancora mi fa contrarre tutti i muscoli. Procediamo con calma, rispettando i limiti di velocità consigliati prima di ogni curva e finalmente dopo qualche ora di stress arriviamo sulla strada asfaltata che continua serpeggiante nei saliscendi delle montagne. Vanni ad un certo punto mi lascia la guida di Jimmy e si siede tra i lamenti al mio posto….il dolore alle spalle gli rende impossibile continuare a guidare…E’ la prima volta che succede in tante migliaia di chilometri percorsi nei nostri viaggi….deve stare davvero malissimo. Chiude gli occhi cercando di rilassarsi, ma poi li riapre attento alla strada ed alla mia guida senza rischi. Guidare con il cambio automatico in una strada di montagna non è il massimo per me che non sono abituata…la trovo una guida troppo impersonale….inoltre la macchina in discesa prende velocità anche se sollevo completamente il piede dall’acceleratore….devo sempre frenare per non finire in una curva ai 150 km/h…insomma devo prenderci un po’ la mano. Comunque dopo un centinaio di chilometri vado molto meglio anche se quel problemino della discesa persiste. Una volta arrivati a Baie Comeau cerchiamo subito un Tourist Office dove recuperare un paio delle cartine andate distrutte. Mentre percorriamo la strada per raggiungerlo Vanni vede l’insegna di un salone di fisioterapia…da giorni vorrebbe un massaggio per cercare di alleviare il suo dolore, ma a Labrador city nessuno si era reso disponibile…parcheggiamo ed entra. L’appuntamento è per le 16.30…tra mezz’ora. Lo lascio e vado al Motel Le Compte a prendere una camera dove mi raggiunge dopo un’oretta. Il motel è triste almeno quanto la cittadina di Baie Comeau, ma è comodamente vicino al fisioterapista dove domattina alle 7.30 Vanni farà il suo secondo massaggio. Prima di cena organizziamo i nostri spostamenti più immediati, informandoci sulle partenze dei traghetti diretti alla costa sud del fiume San Lorenzo. Da qui proseguiremo il nostro viaggio tra isole, scogliere a picco sul mare, paesi di pescatori e parchi naturali. La pittoresca provincia di New Brunswick sarà la nostra prima meta, poi ci trasferiremo nella Nova Scotia e traghetteremo verso il selvaggio Newfoundland ….qui a Baie Comeau vogliamo restare il meno possibile! Quando inizio a telefonare per prenotare un ferry per domani arrivano altri dolori…. è tutto pieno fino a domenica sera, cioè tra due giorni. Vedendomi abbattuta la gentile signora della reception mi viene incontro suggerendo altre possibilità. Partono traghetti anche da altre località lungo la costa, mi suggerisce mentre cerca tra i depliant…e così dopo un paio di telefonate troviamo posto sul ferry in partenza da Les Escoumins, a due ore e mezza di auto da qui….salperà domani sera alle 20. Concludiamo la parentesi organizzativa prenotando una camera nell’unico motel disponibile di Trois Pistoles dove arriveremo, poi andiamo a cena al “Viggy Grill” qui vicino… Il mio filetto di bue ed i formaggi di Vanni sono buoni ed ottima è anche l’atmosfera, vivacizzata da buona musica a tutto volume. Il problema è di nuovo legato alle porzioni troppo abbondanti che associate alla nostra golosità ci hanno fatto recuperare tutti i chili persi in Africa….per fortuna proseguiremo i nostri viaggi alternando i due continenti! Sono solo le 21 quando Vanni si addormenta stremato sul letto….sono preoccupata….avrebbe potuto farsi fare una lastra anche lui dopo l’incidente…..così come il medico gli aveva consigliato.

25 Luglio 2008

BAIE COMEAU – TROIS PISTOLES

Il terzo massaggio di Vanni è per le 12… vogliono proprio rimetterlo a nuovo!…..trascorriamo la mattinata gozzovigliando in camera, fuori è nuvoloso e la cittadina non abbastanza invitante. Al notiziario ascoltiamo la notizia del tornado carico d’acqua che gonfiatosi lungo il corso del fiume San Lorenzo, si è poi scaricato nei pressi di Montreal …non molto lontano da qui. Poveri Canadesi….in inverno la temperatura scende a -30°C e d’estate ci sono i tornado a tormentarli!
Partiamo diretti a Les Escoumin….certo abbiamo tutto il tempo….il traghetto non partirà prima delle 20 di questa sera. Ripercorriamo a distanza di giorni un tratto del fiume San Lorenzo la cui costa oggi è arretrata per effetto di una bassa marea che ha prosciugato buona parte delle baie lasciando scoperta la sabbia disseminata di grossi sassi. Ci fermiamo per un paio di foto ed una passeggiata fino alla sottile lingua di terra che definisce la baia di Les Escoumin….è piuttosto bella con quei tre pescherecci colorati in rimessaggio fuori dall’acqua e le rocce dalle curve morbide le cui cavità piene d’acqua ricordano che tra qualche ora la marea salirà di nuovo. Il traghetto è piuttosto piccolo ed affollato di auto e persone….ci accomodiamo nella saletta sul ponte per una sfida a backgammon che perdo e per una serie di chiacchiere con una coppia di Toronto che ha una gran voglia di socializzare. Siamo in ritardo di una mezzora quando approdiamo al molo buio di Trois Pistoles. Un paio di chilometri e raggiungiamo il nostro “Motel La Seignorie” confortevole e di recente ristrutturazione…da tempo non entravamo in una camera così invitante, per i colori alle pareti forse, o per la scaletta di legno che collega al corridoio interno?…non certo per il cappellino di paglia appeso sopra il letto.

26 Luglio 2008

TROIS PISTOLES – RIVIERE AU RENARD

Quando mi sveglio verso le 8 sento solo i suoi lamenti ma non vedo Vanni accanto a me…è steso sulla coperta ai piedi del letto…Poco dopo si prepara ed esce per andare a fare carburante….io mi preparo con calma. Faccio colazione, prendo un po’ di sole nel giardino fuori dalla camera, poi alle 10 inizio a preoccuparmi…la proprietaria dell’hotel si mette a ridere quando le dico che ho perso mio marito….ma io credo di sapere dov’è andato. Arriva alle 10.30 per una colazione veloce…il dottore del vicino ospedale lo aspetta per le lastre al busto…l’elettrocardiogramma è andato bene, ora si tratta di vedere se non ha ossa rotte! Con una punta di civetteria mi mostra la tessera sanitaria che gli hanno rilasciato all’ospedale….è rossa e piuttosto carina…sarà il pezzo forte della sua collezione! Andiamo insieme all’ospedale, le valigie in macchina pronti per partire alla scoperta della famosa penisola Gaspésie le cui coste sono una gettonata meta turistica del Quebec. La prima sosta è ai Jardin de Métis, creati tra il 1926 ed il 1958 da Elsie Reford su un terreno di 16 ettari. Vi sono circa 3000 specie e varietà di piante originarie di ogni angolo del pianeta ed articolate in 15 giardini tematici molto ben costruiti ed organizzati con percorsi pedonali di ghiaia. Nel grande giardino vi sono piccoli corsi d’acqua attraversati da ponticelli di legno, uno stagno e diverse sculture di ferro ossidato. Le fioriture rendono bucolico il percorso attraverso i sentieri, per le esplosioni di colori e di forme….ci abbandoniamo al piacere dei sensi fino a raggiungere la spiaggia sul fiume, poi torniamo all’interno per vedere i giardini che hanno partecipato al Festival Internazionale dei Giardini 2008. Sono circa una decina, concepiti da artisti, architetti, paesaggisti….interessanti ma non irresistibili forse solo un paio divertenti. Risaliamo in macchina e continuiamo a costeggiare il fiume….ma è solo dopo Mont St. Pierre che il paesaggio diventa interessante, caratterizzato dalla catena dei monti Appalaces che affondano le loro scogliere nell’acqua salmastra dell’ampia foce del fiume….All’uscita di ogni curva un nuovo piccolo paese con il suo campanile argenteo a segnarne il profilo….sembra quasi che abbiano sostituito i fari invece latitanti…o citati nei giardini kitch di alcune case, con piccole sculture bianche e rosse. Le case tutte rigorosamente a doghe di finto legno sono prevalentemente bianche, ma qua e là un tetto rosso o una parete blu o gialla o rosa, vivacizzano la monotonia cromatica del paesaggio tutto verde e blu.. E’ già il tramonto quando raggiungiamo la località “Rivière au Renard” dove troviamo subito un motel con camere disponibili….è il Caribou ed ha anche un ristorante vista mare. Non è solo la bella vista sull’insenatura a farmi impazzire qui, ma anche l’odore forte di salmastro che arriva da questa baia, dove le acque dolci del fiume San Lorenzo si mescolano a quelle salate dell’oceano Atlantico. Siamo stanchissimi per tutte le ore trascorse su una macchina piccola nella quale ci sentiamo come intrappolati…..per non parlare dei consumi….400 km con 60 litri di benzina…certo è un 4300 di cilindrata, ma Carolina consumava quasi la metà! Ceniamo subito dopo aver appoggiato i bagagli in camera, ma non proprio bene. Avevo voglia di capesante…e così le ho ordinate, ma mi è stata recapitata al tavolo una ciotola coperta da formaggio gratinato con gamberi e pezzetti di capesante annegati in una crema fatta di purea di patate e besciamella liquida, praticamente un mattone di zuppa! Nemmeno l’halibut e il salmone di Vanni erano un granchè. La nota positiva della serata non è stata certo la cena, bensì il collegamento internet sul sito E-Bay dove Vanni ha trovato una Toyota Land Cruiser identica a Carolina per colore e rivestimenti interni. E’ in vendita per 1,000 US $ nel vicino Vermont. Come impazziti abbiamo iniziato a scrutarne le foto ed a leggerne le note caratteristiche…..per poter accedere all’affare mi sono registrata su E-bay ed ho scritto una e-mail ai proprietari. Sarebbe fantastico averla…..significherebbe gettare un bel colpo di spugna definitivo sulla perdita di Carolina che ci tormenta molto più del dolore alle costole.

27 Luglio 2008

RIVIERE AU RENARD – POINTE A LA GARDE

Sopravvissuti alla moquette appiccicosa della camera 503, ripartiamo dopo una colazione frugale….il mattone di ieri sera ci fa sentire ancora sazi! Dopo poche decine di chilometri siamo all’ingresso del Parco Nazionale Farillon che ci si mostra in tutto il suo splendore. Un alto sperone roccioso parzialmente coperto di vegetazione affonda nelle acque blu del mare. Centinaia di uccelli volano nei pressi della scogliera, rocce più basse formate da sottili strati sovrapposti sprofondano nell’acqua ….una bella spiaggia sassosa disegna una leggera curva chiusa tra gli speroni di roccia. E’ un incanto qui. Mentre osserviamo la scogliera continuare a perdita d’occhio sfumata dalla foschia ….ci incamminiamo lungo la spiaggia per raggiungere un tronco arenatosi qui per caso e che diventa un pretesto per posare per qualche foto. L’altro sperone roccioso incredibilmente bello è quello di Percé che raggiungiamo dopo un’oretta di auto. Il paesaggio qui sembra dipinto …. un immenso blocco di roccia calcarea policroma, lungo quasi 500 metri e alto 88 , completamente staccato dal territorio circostante, sembra appoggiato sull’acqua del golfo. Solo un arco, scavato nei secoli dal mare, è visibile…il secondo è crollato lasciando un faraglione isolato nella sua parte più lontana dalla costa. Davvero suggestivo questo roccione che è diventato uno dei luoghi simbolo del Canada e carino anche il paese curatissimo che gli è cresciuto attorno. Dopo ancora molti chilometri ed un po’ di pioggia arriviamo a Bonaventure dove ci fermiamo per un unico scopo. Abbiamo letto sulla guida che in questo paese c’è un negozio, il “Le cuir fin de la mère” che vende manufatti realizzati con la pelle di pesce conciata….pelle di merluzzo, salmone, anguilla e squalo. Peccato che gli oggetti non siano poi così belli, ma la pelle è favolosa e non puzza! Acquistiamo qualche souvenir per gli amici, un paio di ciabatte di pelle di salmone per Massimo e le pelli intere per la collezione di Vanni . Ripartiamo con il proposito di fermarci nella relativamente vicina Carleton ….ma tutti gli hotel sono pieni. Stremati troviamo una camera a Pointe a la Garde, un piccolo borgo al confine con il New Brunswick…Dormiremo nell’unico motel disponibile, il “Pointe a la Garde” , non più rimodernato dagli anni ‘50 e che farebbe impazzire i patiti di modernariato….soprattutto per la tv ancora in bianco e nero! Il costo è il più basso di tutta la vacanza….solo 70 $C comprese le tasse. Ceniamo per 15 $C nell’unico posto disponibile….una sorta di tavola calda take-away proprio qui di fianco… finalmente cose semplici e buone!

28 Luglio 2008

POINTE A LA GARDE – SAINT JOHN

Partiamo immersi nel grigiore autunnale di questa mattina di luglio che ci fa rimanere ancora un po’ nel nostro torpore….piove. Siamo diretti nel New Brunswick, a qualche decina di chilometri da Pointe à la Garde. E’ delle province marittime del Canada Orientale, la più piccola. Costeggiata da baie, stretti e golfi sulla gran parte del suo perimetro. Certo il clima di oggi non invita ad esplorare le coste…quindi ci dirigiamo verso sud tagliando in diagonale la provincia fino ad arrivare a Saint John, una delle sue cittadine più importanti. Dato che oggi siamo in vena di tagli riconsideriamo anche l’ipotesi di proseguire il viaggio raggiungendo la Nova Scotia e poi il lontano Newfoundland in traghetto e decidiamo di andare in Usa dal New Brunswick attraversando la frontiera nello stato del Maine….siamo ormai stanchi di questo Canada orientale… che non è ancora riuscito a conquistarci. Decisamente sollevati per la decisione presa, arriviamo sereni a Saint John a metà pomeriggio. Troviamo una camera all’Holiday Inn Express, a due passi dal centro storico….ci sembra una reggia dopo le due che l’hanno preceduta! Mentre Vanni è impegnato nella ricerca su internet di una Toyota Land Cruiser per noi, io esco per fare due passi dopo tante ore di auto. La passeggiata nel centro storico di questa cittadina portuale mi gratifica molto…. Scopro così il fascino di Saint John , legato agli edifici commerciali risalenti al XIX secolo, le cui facciate in mattoni rossi a vista formano quinte continue lungo le strade principali vicine al porto, articolate nelle diverse altezze e nella varietà delle modanature. Tutto ha un’aria di estrema autenticità….non ristrutturazioni invasive, ma il patino della storia giunto fino ad oggi perfettamente conservato. Non c’è quasi nessuno a camminare per le strade di questa città a quest’ora deserta. Nella banchina antistante il centro , vicina ad un vecchio faro di legno colorato di bianco e rosso, è ormeggiata una immensa nave da crociera le cui dimensioni fanno apparire come un fuori scala il nucleo abitato. Un paio di campanili appuntiti segnano il profilo della città vecchia che si tinge sempre più delle tinte rosse del tramonto. Una volta rientrata Vanni mi mette subito al lavoro su Ebay….riusciamo ad interagire con il proprietario della Land Cruiser attraverso uno scambio di email…gli scriviamo che saremo a Newbury tra qualche giorno per vedere l’auto ed eventualmente acquistarla…ci risponde che spera che la nostra offerta sarà quella vincente…..dobbiamo proprio partecipare all’asta entrando in pieno meccanismo Ebay se non vogliamo essere spiazzati da altri compratori! Ceniamo alla “Church Street Steak House” nel centro storico. La sala da pranzo è all’ultimo piano di un vecchio edificio commerciale in mattoni a vista., per raggiungerla saliamo una scala esterna, probabilmente antincendio….mangiamo bene, soprattutto Vanni è estasiato dalla sua Beef Rib, una costola di bue con un filetto alto cinque dita. Tenerissimo e gustoso…davvero un’ ottima scelta!

29 Luglio 2008

SAINT JOHN

Qui a Saint John siamo in posizione strategica rispetto ai siti di interesse del New Brunswick che visti sulla carta stradale sembrano a due passi. Partiamo con comodo quindi, solo 40 km ci separano da Saint Martin, un famoso paesino di pescatori che la guida consiglia di non perdere. Un placido fiume che lo lambisce, due ponti di legno coperti risalenti alla fine dell’ ‘800 , cataste di nasse per la pesca delle aragoste, un piccolo faro di legno ed una serie di imponenti residenze ….queste si, rivestite in doghe di vero legno, che riflettono la ricchezza del primo ventennio dello scorso secolo, quando a Saint Martin si costruivano le navi. Sembra impossibile crederlo vedendolo ora, questo tranquillo paesino…I due ponti di legno coperti sono molto belli ….ne abbiamo sfiorati spesso di analoghi, viaggiando nel Quebec e nella penisola di Gaspesie, ma non avevamo mai avuto l’occasione di vederli veramente…sembrano case costruite sopra il fiume, ma con due grandi ingressi ad arco sui lati per consentire il transito. Questi di Saint Martin ospitano su un lato anche il percorso pedonale sempre coperto e separato da una paratia di legno da quello carrabile. Scendo per attraversarlo a piedi…. sulla mia sinistra una serie di aperture orizzontali inquadrano come finestre il corso del fiume….è piuttosto romantico, non a caso questi ponti coperti vengono chiamati i “ponti dell’amore”, perché essendo coperti rappresentavano un punto di incontro ideale per gli amanti che volessero tenere nascosto un tenero scambio di effusioni. Appena oltre il paesino una scogliera di arenaria rossa ci introduce alle bellezze del Fundy Trail, un percorso carrabile parallelo alla Fundy Bay che ci permetterà di scoprire i tesori di questa costa ancora incontaminata. Percorriamo il tragitto in auto fino al Big Salmon River, soffermandoci strada facendo nei punti panoramici indicati nella mappa e segnalati con cartelli. Il primo che vediamo è uno spettacolare flowerpot, ( vaso di fiori) che raggiungiamo dopo una breve camminata tra la vegetazione. Si tratta di un blocco di roccia erosa dal mare, rimasto isolato vicino alla costa ed ora completamente scoperto dalla bassa marea. E’ piuttosto tozzo in alto e rastremato alla base, un po’ come un fungo. Nella sua sommità la vegetazione cresce rigogliosa, nonostante l’esiguità dello spazio ci sono un paio di piccoli abeti cresciuti lassù, un po’ storti per via delle radici poco profonde e del vento forte….Questo primo belvedere ci piace così tanto che decidiamo di lasciare l’auto e di proseguire a piedi lungo il sentiero che si sviluppa tra la vegetazione, parallelo alla costa. Così facendo riusciamo a vedere il flowerpot da altre angolazioni e la costa in generale….fantastica, con le spiagge deserte sotto la scogliera e la vegetazione rigogliosa alle spalle….per non parlare della leggera foschia di oggi che finisce con l’aumentarne il fascino. La passeggiata di qualche chilometro fatta in questo luogo magico, ci fa sentire come in paradiso. Soddisfatti riprendiamo il tour previsto per oggi spingendoci fino al lontano Hopewell Cape, la circoscritta area geografica posta sulla Shepody Bay alla confluenza del Petitcodiac river, famosa per le sue rocce di arenaria. Qui la marea più alta del mondo ha scoperto per noi circa duecento metri di spiaggia offrendoci questo insolito spettacolo ed ha modellato la roccia creando bizzarri birilli isolati, a ridosso della scogliera… sono flowerpot anche questi, ne vediamo a decine….è una delle più bizzarre formazioni geologiche che ci sia capitato di vedere e questo spiega la moltitudine di persone che approfittando della bassa marea come noi, stanno passeggiando tra la melma del fondo a caccia di prospettive particolarmente accattivanti. Peccato che un temporale particolarmente aggressivo metta dapprima in ombra l’insolito paesaggio e interrompa poi la nostra visita costringendoci a fuggire sotto i goccioloni verso la macchina. Questo tratto di costa è davvero speciale…. La marea così bassa scopre l’ampia distesa rossastra del fondo ancora bagnata e luccicante sotto i raggi inclinati del sole, la linea del mare è ben visibile al largo, incalzante nella sua linea d’acqua spumeggiante. Questa parentesi nel New Brunswick riscatta in parte la nostra opinione negativa relativa al Canada Orientale, che ha finito col deprimerci per la modestia delle bellezze naturali e dei centri abitati….a parte le grandi città naturalmente.


Menù delle città

Percorso della tappa

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America

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America

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09 Panama

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