10 Agosto 2007

DAWSON CITY – DELTA YUNCTION

Ripartiamo con un carico di ciliegie ed uva comprate da “Bonanza grocerie”….è così raro trovare frutta fresca qui… Alla fine del paese un ferry ci aspetta per lasciare l’adorabile Dawson procedendo verso ovest. La strada che ci ha portati fino a qui infatti termina a ridosso del grande fiume Yukon per poi proseguire come “Top on the world” Hwy fino al confine con l’Alaska. La strada è panoramica e questo forse ne giustifica il nome , perchè tanto in alto poi non siamo, circa 1000 metri…ma si sviluppa come una lunga pappardella appoggiata in cima ad una serie di crinali che consentono viste a 360° sulle belle vallate circostanti. Avvistiamo un gruppo di caribù poco prima della frontiera dove rispondiamo alle due domande di rito ( se siamo terroristi e se possediamo armi) e passiamo senza problemi, in fondo Canada e USA mantengono buoni rapporti di vicinato…Sul cucuzzolo della montagna solo una casetta di tronchi di legno oltre a quella che contiene gli uffici di frontiera, ed un cartello che riporta vari dati tra cui la popolazione che qui è di due anime. Scendiamo quindi a valle lungo la strada che attraversa macchie di vegetazione bassa dagli incredibili colori nelle tonalità del rosa…siamo in Alaska finalmente! A distanza di due anni dalla nostra partenza da Buenos Aires eccoci tagliare l’ennesimo traguardo di frontiera…questa volta più significativo degli altri, che segna il compimento della grande traversata dall’estremo sud all’estremo nord delle americhe….dalla Terra del Fuego all’Alaska! Attraversare insieme anche questa frontiera mentre sorridendo ci guardiamo negli occhi con amore ci da la felicità del raggiungimento di un importante traguardo non solo geografico. Sedici miglia dopo Tok ci fermiamo al moon lake per la mia ora d’aria che reclamo a viva voce… passeggiamo lungo uno strettissimo sentiero che costeggia in parte il lago ma che presto scompare confondendosi con i muschi dai colori meravigliosi che costituiscono il sottobosco assieme ad altre piantine dalle bacche rosse ed arancioni, piante di rosa canina ed i funghi che spargono nell’aria il loro inconfondibile profumo. Ci aggiriamo per il bosco con calma, osservando la vegetazione così ricca di colori e di profumi… e ci viene da pensare a Walt Dysney, che deve aver copiato qualcosa di simile a questo che stiamo osservando quando concepì “Alice nel paese delle meraviglie”…e non aver incontrato il Cappellaio Pazzo oggi lungo il percorso è sembrato più un contrattempo che un’impossibilità! Raggiungiamo Delta Yunction dopo un numero sufficiente di chilometri per uno stop al “Jenny’s Artic motel“ dove occupiamo la solita camera triste e puzzolente …non capisco perché vietino il fumo in camera ma non obblighino i clienti a lavarsi i piedi prima di camminare scalzi sulla moquette! Ceniamo con un’ottima pizza al “Pizza bella”, è stranamente buona e la cosa buffa è che ce l’hanno rubata questa tradizione della pizza! Il menu infatti riporta in cima all’elenco “pizza New York stile”, anziché italian style…roba da matti! Comunque la salsa di pomodoro e la mozzarella di questa pizza sono squisite…sarà il caso di adottare anche in Italia questo New York stile? Finiamo col litigare anche questa sera…e su un argomento assurdo. Da tempo abbiamo notato che nelle aree più a nord del Canada le auto hanno uno spinotto collegato ad un cavo elettrico che spunta nella loro parte anteriore, e nei parcheggi degli hotel ci sono tante colonnine di erogazione di corrente elettrica. Và da sé che quando in inverno la temperatura scende fino a -40° le auto per partire devono essere collegate all’elettricità per scaldare il motorino di avviamento…L’argomento scivola sul nostro progetto di tornare qui in inverno per vedere le aurore boreali e quindi dico a Vanni che forse Carolina non partirà senza questo dispositivo! A questo punto mi mangia la faccia dicendo che sono sempre troppo negativa sulle cose…ed io mi incazzo. Ma la cosa peggiore è che se il prossimo inverno Carolina non partirà non potrò nemmeno togliermi la soddisfazione di ridergli in faccia…perché a quel punto saremo bloccati a – 40° in qualche parte del nord america!

11 Agosto 2007

DELTA YUNCTION – FAIRBANKS

Una bella passeggiata all’Historical National park che incontriamo lungo la strada apre la nostra giornata di disgelo. L’aria è fresca, il parco carino e la passeggiata salutare ci fa sentire più che mai vivi. Vicino alle capanne del sito storico vediamo alcuni polli chiusi in una stia…gli unici animali visti qui in Alaska dal nostro arrivo…ma che buffi i polli del nord, sono coperti da piume fitte e voluminose anche sulle zampe ed sui piedi! Arriviamo al Best Western di Fairbanks nel primo pomeriggio …ma dopo un giro di ricognizione per le strade del centro è unanime il pensiero che una città così brutta non la vedevamo da tempo! Come abbiano potuto i due turisti goriziani incontrati ieri sera a Delta Junction apprezzare questa città non riusciamo proprio a capirlo! Increduli ci aggiriamo per le calde strade assolate , poi all’aeroporto regionale dove vediamo susseguirsi gli hangar delle compagnie aeree locali che svolgono servizio di aerotaxi. Stiamo cercando qualcuno che sia disposto ad accompagnarci fino ai primi ghiacci della calotta polare, ma la risposta unanime è di diniego…- troppo lontana per un volo con questi piccoli aeroplani! – E’ la risposta di tutti… eppure gli stessi aerei arrivano a Proudhoe Bay, dove si riforniscono di carburante per il rientro a Fairbanks, perché non potrebbero ripartire da lì verso la calotta? Continuiamo il sopralluogo tra le vie del centro in cerca di qualcosa di bello da vedere…o da comperare…ma gli oggetti di artigianato locale sono inaffrontabili per cattivo gusto e per il costo esagerato. Entro in una gioielleria per valutare l’acquisto di una pepita d’oro da regalare a Vanni per il suo compleanno…ma il prezzo al grammo supera di tre volte la quotazione dell’oro puro…60$ contro i 20 dell’oro puro!…insomma una delusione dopo l’altra questa città, non ultima quella che ci aspetterà per cena al LaVelle’s Bistrò, il pretenzioso ristorante del Marriot, dove la zuppa arriva rovesciata per metà sul piatto che sostiene la tazza ed aspettiamo troppo a lungo il secondo piatto anche se squisito! …inoltre lasciamo una mancia del 10% scrivendone l’importo sulla ricevuta della Visa che firmiamo, ma il messaggio sms di addebito che ci arriva è comprensivo di una mancia del 20% che loro si sono indebitamente presi! Incredibile…questi americani ci hanno proprio rotto!

12 Agosto 2007

FAIRBANKS – COLD FOOT

Lasciamo Fairbanks a tutta birra e senza nessun rimpianto…anzi l’idea che dovremo fare almeno un’altra sosta qui tornando dal nord ci fa rabbrividire! La giornata è grigia ed una pioggerella sottile bagna il vetro di Carolina…ma ci accompagnano le note di una radio locale che mette in onda brani pop degli anni ’70 ed ’80 che ci piacciono da morire…e sono Elthon Jhon, James Taylor, i Supertramp, Bon Jovi e tanti altri gli autori che colorano la nostra giornata di spostamento lungo la Elliot highway prima e poi sulla Dalton che ci viene dipinta dalla guida ( che non è una Lonely Planet ) molto peggio di quanto non sia in realtà….ma si sa, trovare una guida aggiornata è quasi un miracolo! Siamo diretti a Nord verso Prudhoe Bay, la base di estrazione del greggio dell’alaska, adiacente al piccolo paese di Dead Horse che affaccia sull’ oceano artico….ma la lunga distanza presuppone la sosta a Cold Foot ( piede freddo) un piccolo borgo a circa 400 km da Fairbanks che rappresenta l’unica possibilità di pernottamento e di rifornimento di carburante tra le due cittadine. Il viaggio si svolge tranquillo tra le pieghe delle montagne che attraversiamo, accompagnati di tanto in tanto dalla lunga papline che come una biscia argentata si contorce per salire o scendere o deviare nella sua lunga corsa verso Valdez sul Pacifico. Il paesaggio non è affatto monotono, la strada, in buona parte asfaltata, ci conduce dapprima attraverso la foresta boreale poi la vegetazione ad alto fusto lascia il posto alla taiga, più bassa e colorata. Ancora le distese di piante colore rosa catturano la nostra attenzione per la bellezza dell’effetto che questo colore ha , spalmato com’è sulle pendici delle montagne a perdita d’occhio…il paesaggio è da favola e nonostante il grigio costante del cielo e la radio il cui segnale si è fatto sempre più rarefatto fino a perdersi, stiamo benissimo a bordo della nostra sempre itinerante Carolina. Dopo circa 300 km di viaggio arriviamo con una certa emozione all’atteso Circolo Polare Artico…che strana cosa è per noi essere ancora più a nord dell’Islanda, a 66° e 33’ di latitudine Nord! La temperatura dell’aria è scesa notevolmente e quando scendiamo per le foto ricordo un brivido di freddo percorre le nostre schiene…forse è il caso di abbandonare le magliette di cotone per un po’… Dopo un altro bel tratto di strada ci viene il dubbio di aver superato il paesino di Cold Foot senza essercene resi conto…certo non ci aspettiamo molto da questa piccola località di sosta, ma almeno l’edificio del motel dove abbiamo prenotato una camera deve pur esserci…ed infatti dopo poco un laconico cartello di deviazione ci indirizza verso destra, siamo arrivati! Il Cold Foot Camp, è uno dei pochi edifici che vediamo qui nel piccolo villaggio, una grande scatola di legno bianco con rifiniture rosse, decisamente bisognoso di manutenzione e rialzato di un metro dal suolo perennemente gelato di queste latitudini. E’ lui…ma la reception? Chiedo ad un gruppo di turisti che stanno guardando la tv in una saletta vicina all’ingresso e mi dicono di dirigermi dall’altra parte della strada fangosa, verso l’edificio di legno attorno al quale si muovono una serie di persone come api attorno all’alveare. E’ il ristorante, shop, reception, bar, nonché stazione di rifornimento, insomma questi pochi metri quadrati racchiudono tutte le funzioni necessarie per chi come noi è di passaggio. Mi viene poi consegnata la chiave della n°40 alla quale andiamo subito…ma che camera…sembra l’interno di un camper un po’ scassato…e ci è costato 160 $…un affarone! Due lettini accostati alle pareti laterali, un bagnetto largo 80 cm con doccia e wc, un piccolo lavandino accanto alla porta d’ingresso, una sedia ed il giro della camera è terminato. Mi fermo nella nostra tana per scrivere mentre Vanni va a reperire le ultime cose in auto, poi andiamo insieme al ristorante che ci stupisce con effetti speciali…la qualità del cibo è ottima ed il costo irrisorio, con 40 dollari mangiamo ottimamente le pietanze proposte dal self-service, compreso l’ottimo chees cake. ed il personale è cordiale. Una volta rientrati in camera bruciamo i nostri bastoncini d’incenso mentre ci sfidiamo a backgammon…Vanni esce vittorioso con 2 partite su 3 vinte al pelo….SOB!

13 Agosto 2007

COLD FOOT – PRUDHOE BAY

Cold Foot è ancora immersa nelle nuvole quando i nostri piedini caldi spuntano dalle lenzuola per appoggiarsi sulla moquette della nostra camera n°40 ancora profumata di incenso. Fuori piove quando Vanni esce per affrontare il fango che lo separa dalla sua colazione e dal mio te, sempre puntualmente recapitatomi in qualunque situazione ambientale…che amore! Per raggiungere Prudhoe Bay dovremo riprendere la Dalton highway dal punto in cui l’avevamo interrotta ieri sera fermandoci per la notte….ma non ci sono dubbi per oggi, la strada sarà decisamente sterrata, come confermatoci da una signora arrivata qui ieri da Prudhoe bay. Carolina scivola sulla strada fangosa come una ballerina esperta ed un sottofondo musicale scelto ad hoc sul nostro iPod rende il viaggiare ancor più lieve. Ci stiamo avvicinando alla Brooks Range, la catena montuosa che fa parte dell’ Arctic National Wildlife Refuge, il paradiso degli animali selvatici, in particolare dei caribù e delle anatre che migrano ogni primavera nell’estremo nord dell’Alaska per riprodursi. Un po’ come avviene nel Siringheti africano con gli gnu e le zebre. Le vallate e le montagne che vediamo viaggiando sono di una bellezza da guinnes, la tundra poi con la sua vegetazione bassissima lascia percepire tutte le pieghe delle montagne o gli avvallamenti del terreno, un po’ come avviene nel deserto di sabbia, ma amplificato dalle sfumature cromatiche qui estremamente varie e dalle tinte accese. Rimaniamo come basiti per la magia di questo paesaggio, ulteriormente complicata dalla luce del sole che, per via del cielo semicoperto, lo illumina solo a macchie, come spot che si accendono all’improvviso per poi sfumare piano e quindi riaccendersi altrove. Un incanto e quasi esclusivamente nostro…sono poche le auto che vediamo percorrere questa strada, decisamente più ostica di quella di ieri ma che ricambia lo sforzo con paesaggi da favola. Arrivare a Prudhoe Bay dopo cinque ore di viaggio da sogno è stato come fare una doccia gelata in pieno inverno! Nessuna città, nessun centro abitato, nemmeno una casetta…sembra di essere entrati nell’area industriale di una città fantasma… solo un piccolo aeroporto, capannoni industriali, mezzi di trasporto enormi, continers su slitte adibiti a dormitori degli operai al soldo delle multinazionali del petrolio e due “hotels” prefabbricati ad un solo piano scassati più che mai, uno dei quali, l’Artic Caribù Inn, ci ospiterà per un paio di giorni. Immersi in tanta desolazione cerchiamo almeno di vedere l’oceano artico…ma nulla da fare, le strade sono sbarrate dai check-point delle compagnie petrolifere che le rendono inaccessibili…ripieghiamo sull’aeroporto per cercare qualcuno disposto ad accompagnarci alla calotta artica…di nuovo una serie ininterrotta di rifiuti…quindi spostiamo l’obiettivo e ci accordiamo con la Artic Air Taxi per un volo di un’ora lungo la costa per esplorare quel territorio che la BP e la Philips 66 hanno reso invisibile. Il ristorante non è altro che un self service usato dagli operai che occupano anche parte delle camere dell’hotel, che strana sensazione….eppure eravamo in vacanza!

14 Agosto 2007

PRUDHOE BAY

Ci svegliamo nella nostra cameretta con la sensazione di aver dormito benissimo e felici dell’avventura che ci aspetterà tra un paio d’ore…il nostro volo in aerotaxi sull’oceano artico che ancora non abbiamo visto. Arriviamo con un po’ di anticipo, alle 10.15, allo scassatissimo ufficio adiacente all’hangar della Artic Air Support che però è deserto…Kermit arriva dopo una decina di minuti seguito dal suo simpatico cucciolo di Labrador color miele, è un signore sulla sessantina, atletico ed un po’ trasandato anche lui come il suo office fatto di tavole di legno color arancione e 4 poltrone impolverate. Ci chiede se vogliamo partire nonostante il maltempo, poi telefona per avere un aggiornamento del bollettino meteorologico e ancora ci chiede se davvero vogliamo andare….proprio non ne ha voglia di accompagnarci in questo volo sulla costa attorno a Prudhoe Bay! Ma è davvero difficile distoglierci da progetti come questo…decollare su un piccolo aereo dà un tale senso di libertà che ci inebria… e vedere ciò per cui siamo arrivati fino qui nella magnifica prospettiva a volo d’uccello una tentazione irresistibile! Quindi si partirà. Con il dito indice puntato sulla mappa della zona indichiamo a Kermit un ipotetico obiettivo, poi lo seguiamo attraverso l’hangar vuoto fuori sul piazzale dove immobile il nostro Cessna 207 ci aspetta grondante di pioggia. Dopo una rincorsa rumorosa il Cessna decolla lieve sotto le nuvole grigie poco sopra di noi, per dirigersi poi decisamente ad est, verso il grande parco nazionale artico. Nonostante le nuvole continuino ad incombere, la sensazione è quella del bel tempo…i colori della tundra infatti sono sotto di noi visibilissimi e le tonalità sono così vivaci da farci dimenticare il grigio soprastante che in fondo non vediamo. Il territorio che dall’oceano si spinge verso l’interno è costellato di pozze d’acqua, foci ad estuario, corsi d’acqua costituiti da una miriade di piccoli ruscelli che irrorano la tundra e ne interrompono la forte caratterizzazione cromatica nei toni del senape, verde acido, rosso e ocra. La terra stessa è costituita da una infinità di zolle saldate le une alle altre che ne disegnano la superficie a poligoni, come se si trattasse del manto di una giraffa. La sensazione osservando il paesaggio dal finestrino dell’aereo è quella di vedere l’immagine della terra via satellite. Sul mare invece illuminato a chiazze dal sole emergente, scorgiamo qualche piccolo iceberg e le lingue di sabbia emergenti dall’acqua verdissima dell’oceano ad un paio di chilometri dalla costa. Improvvisamente, vicino alla spiaggia di un’isola abitata solo dagli uccelli, avvistiamo un sub che sta salendo dall’acqua, probabilmente un ricercatore molto volenteroso di cui vediamo anche la tenda gialla accampata poco oltre. Vediamo poi solo qualche caribù vicino alle pozze e pochi altri animali…probabilmente è già iniziato l’esodo delle grandi mandrie dirette a sud….o forse gli animali non hanno gradito tutto il casino creato dall’uomo per lo sfruttamento del petrolio nel sottosuolo ed hanno cambiato sede per le loro vacanze. Torniamo a Prudhoe Bay ancora immersa nelle nuvole sempre più basse, dopo poco più di un’ora di volo. Felici di aver insistito per partire nonostante il tempo….ne valeva proprio la pena… ringraziamo Kermit calorosamente e torniamo nel nostro piccolo nido in hotel. E’ già mezzogiorno passato, il tempo di una breve sosta in hotel e già ripartiamo per il tour delle 14…ma quanti impegni oggi! Questo giro, organizzato dall’hotel in collaborazione con le aziende di estrazione presenti sul territorio, non è esattamente ciò che la locandina pubblicitaria appesa alla reception promuoveva….nessun avvistamento di orsi bianchi, due caribù in croce ed un susseguirsi di orribili stabilimenti che sfilano lungo le strade fangose che attraversiamo per raggiungere l’oceano artico, che da questa prospettiva ci appare grigio così come il cielo soprastante . Durante tutto il viaggio lo speaker nonché pilota continua a propagandare gli impianti di estrazione ed i mezzi di trasporto che consentono anche nelle condizioni più avverse di muoversi sulla superficie irregolare della tundra che ricopre il Permafrost, lo strato gelato di terra che supporta tutta la zona polare. Ci mostra le pompe di estrazione del gas, le varie paplines, gli edifici di assistenza…ed in generale tutto quello che non ci interessa affatto vedere. Certo hanno una bella faccia tosta ad ostentare la loro opera di devastazione di questo piccolo paradiso terrestre! E’ interessante al proposito ricordare ciò che abbiamo letto qualche giorno fa in un articolo che affrontava il discorso dello sfruttamento delle risorse del sottosuolo nella zona artica dell’Alaska. Chi scriveva paragonava la necessità spasmodica di petrolio da parte degli USA, che importa dall’ Arabia Saudita e dovrà continuare a farlo, una buona parte di ciò che consuma, a quella di eroina da parte di un tossicodipendente…pronto a sacrificare i tesori di famiglia pur di poter continuare a bucarsi. Ed in effetti paragonando le aree ancora non sfruttate dal micidiale sistema estrattivo viste questa mattina, a quelle devastate attorno a Prudhoe Bay viene da pensare che non può esistere beneficio che possa giustificare un danno di questa entità….e dalla mappa degli insediamenti di estrazione vista in hotel direi che buona parte del territorio del nord dell’Alaska è toccato da questa devastazione. Vedere quei due caribù pascolare tra le scatole grigie degli edifici degli impianti di estrazione è stato penoso almeno quanto vederne le teste decapitate come trofeo sull’ auto di un cacciatore parcheggiata davanti all’hotel. Come detesto gli americani quando scivolano su queste cose…perché non la smettono di giocare a fare i buoni ed iniziano ad esserlo veramente?

15 Agosto 2007

PRUDHOE BAY – COLD FOOT

Il conto dell’hotel è salatissimo…235 $ a notte per un hotel dozzinale e con un servizio piuttosto discutibile visto che ieri non è nemmeno stata rassettata la camera. Comunque siamo a Prudhoe Bay, la città delle fregature…perché stupirsene! Questo ferragosto è davvero speciale per noi che avendo toccato con Prudhoe Bay il punto più a nord del Nord america abbiamo portato a termine il grande progetto di attraversare le americhe dall’estremo sud di Ushuaia in Terra del Fuoco all’estremo nord dell’Alaska! Inizia oggi il lungo viaggio di ritorno verso Buenos Aires per chiudere il cerchio di questo fantastico sogno! Partiamo felici di lasciare tanto squallore…e di ripercorrere la Dalton highway a ritroso attraversando la bellissima Brooks Range di due giorni fa. Il tempo però oggi è decisamente sfavorevole e la bellissima vallata è coperta dalla nebbia…non resta che immaginare con un piccolo sforzo di memoria la meraviglia che ci circonda. A Cold Foot ci accoglie invece un bel sole ed una temperatura così mite da farci tornare in mente che siamo in estate…il clima è perfetto anche per pulire un po’ Carolina che ha il lunotto posteriore completamente coperto di fango, Vanni chiede ad un ragazzo del motel che sta facendo qualcosa nel capannone accanto alla reception se può dargli l’acqua per lavare i vetri…ma riceve in cambio il consiglio di andare a pulirla al fiume. Ci facciamo dare un secchio e via, alla ricerca del fiume che troviamo a circa un chilometro, parcheggiamo comodamente vicinissimi al greto, ed iniziano le operazioni di pulizia che vedono Vanni armato di secchio lanciare sul posteriore di Carolina secchiate d’acqua. A seguire… la solita ottima cena al buffet del motel, ma senza il favoloso cheese cake di Bred, una passeggiata digestiva a vedere i vecchi camion parcheggiati in una sorta di cimitero delle auto, ed a nanna.

16 Agosto 2007

COLD FOOT – MANLEY HOT SPRINGS

Il cielo è ancora grigio alla partenza e le nuvole basse ci accompagnano ancora per un paio d’ore…ma poi arriva il sereno e…come un fulmine tardivo, la foratura della gomma posteriore destra! Proprio non ci voleva, come sempre de resto…. ma la Dalton highway non perdona e come riportato dalla guida va affrontata con almeno due gomme di scorta, che noi abbiamo. Vanni in questi frangenti sembra trasformarsi in Hulk, tutto muscoli e dinamicità. Quindi cambia il pneumatico senza problemi in pochi minuti, mentre io cerco di calarmi nel ruolo di assistente, posizionando il triangolo, conservando i bulloni ed asciugando a cose fatte il suo sudore con i kleenex. Usciamo dalla terribile ma incantevole Dalton , lasciandoci alle spalle i paesaggi tra i più pittoreschi dell’Alaska , con le loro tinte accese nei toni incantevoli del rosa, rosso arancio e verde, per inserirci di nuovo sulla Elliot. Questa volta però non andremo a Fairbanks ma seguiremo la highway verso Est per raggiungere la stazione termale meno frequentata dello stato, la Manley Hot Springs. Il viaggio procede lungo la strada dalle condizioni non migliori della precedente, ma immersa tra gli alberi ad alto fusto della foresta boreale. I tronchi bianchi delle ormai famigliari betulle e gli abeti sfilano ai lati di Carolina mentre scorgiamo nel sottobosco funghi colorati e le immancabili bacche rosse tanto care agli orsi che purtroppo si guardano bene dal farsi vedere. La strada serpeggia tra le White Mountins per poi scendere a valle in prossimità del piccolo paese che si affaccia sul lago omonimo, attraversiamo il breve ponte di ferro ed avvistiamo immediatamente la Manley Roadhouse immersa in un prato all’inglese che farebbe invidia alla regina Elisabetta! Contornato da alte betulle e fioriere cariche di corolle colorate, l’edificio di legno a doghe bianco e verde con le tendine di pizzo che scorgiamo dall’esterno, sarà il nostro rifugio per la notte. Ci accoglie la simpatica Katy , una signora dall’età indefinibile tra i 40 ed i 50 anni, con un sorriso smagliante e l’aria energica. E’ dietro il banco del bar e sta parlando con un anziano signore….entrambi stanno fumando. La cosa suona come un atto di estrema anarchia, siamo pur sempre nel 49° stato USA, dove il fumo della sigaretta viene ghettizzato ovunque quasi come se si trattasse di una droga pesante. Chiedo, cercando di avere un tono favorevolmente stupito, se nell’hotel si può fumare….e Katy risponde con complicità che si… si può fumare… WOW finalmente liberi di massacrarci quanto ci pare! Che bell’esempio di democrazia! Vanni chiede subito, con il suo inglese ancora rudimentale, dove può trovare un gommista che possa riparare il pneumatico, e come per incanto Katy indica il signore di fronte a lei, Frank….siamo proprio nel posto giusto! Il tempo di scaricare i bagagli e prendere possesso della spaziosa ed accogliente n°10 e siamo già on the road, Vanni alla ricerca della casa di Frank ed io a passeggio sul lungolago, tra rovi di lamponi e funghi velenosissimi ma incantevoli. Il lago di Manley Hot Springs è stretto più del suo emissario, il Tanana river. La differenza tra i due è nel colore delle acque, scure e ferme come quelle di una palude quelle del lago, limacciose quelle dell’ampio fiume che lo generano. Passeggiando vedo un idrovolante parcheggiato lungo la riva opposta ed una serie di case vicine al lago, tutte rigorosamente costruite con tronchi di legno. Pur essendo un piccolo paese sperduto e poco battuto dal turismo, si legge ovunque una estrema cura. Nei prati verdissimi ben rasati vicini alle case, nelle case stesse spesso usate solo nei weekend dagli alaskani di Fairbanks trasuda l’armonia che caratterizza anche i rapporti tra i membri di questa piccola comunità. Al rientro al Roadhouse ci informiamo presso Katy su come poter noleggiare una canoa per un giro sulle acque tranquille del lago…il posto è così carino che anche Vanni miracolosamente sembra volersi lanciare nell’impresa…ma non esistono canoe qui a Manley, ci risponde Katy… quindi ci presenta l’alternativa, una coppia di signori del paese, Lorenzo ed Elisabeth, che stanno bevendo una birra al banco del bar. Hanno una barca e potrebbero offrirsi di…. E’ cosa fatta, in men che non si dica prendiamo appuntamento con Lorenzo per domani alle 4 pm. Il tour partirà dal ponte del paese e ci costerà 100 $ per due ore….un vero affare! Prenotiamo anche il nostro bagno alle Hot Spring. Katy gentilmente telefona ai proprietari del terreno sul quale sgorgano le acque calde, e non puzzolenti del paese. L’appuntamento è per domani alle 12. ed il costo di 5 $ a testa. Ceniamo soli occupando un lato di uno dei due lunghi tavoli del ristorante deserto eppure così affollato….tra pelli di orsi e linci, corna di alci, foto vecchie e nuove, samovar, libri, un grande mantice, vecchi ferri da stiro ed una quantità incredibile di altri oggetti appartenuti molto tempo fa a chissà chi. La roadhouse, dove stiamo assaggiando le leccornie di Katy, fu costruita nel lontano 1903. Rappresenta quindi un pezzo di storia del paese, oltre ad essere un punto di ritrovo importante per i suoi abitanti che vediamo arrivare numerosi ad occupare gli sgabelli del bar attorno al bancone. Dal jucke box arrivano le note di un motivetto di musica country …siamo davvero felici di essere qui.

17 Agosto 2007

MANLEY HOT SPRINGS

A mezzogiorno, con una breve passeggiata, arriviamo puntuali alle vicinissime sorgenti calde , attorno alle quali i due anziani signori Dart, hanno costruito una rudimentale serra fatta di legni e teli di plastica. All’interno 4 piccole vasche quadrate e di cemento accolgono le acque della sorgente. Tutto intorno piante fiorite e sopra di noi un pergolato di uva bianca dal quale attingiamo i succosi e dolci acini che vediamo anche sparsi a terra un po’ ovunque. L’atmosfera bucolica di questa serra ci diverte, così come il fatto di essere soli…quindi via i costumi e ci godiamo per un paio d’ore la naturalezza del posto, api comprese. Terminiamo il nostro relax in camera per un’oretta ed è già l’ora della gita in barca. Il sole di questo pomeriggio pervade l’aria di un tepore piacevolissimo, è proprio la condizione ideale per partire. Lorenzo arriva con leggero anticipo mentre Vanni è alla pompa per il rifornimento di gasolio. Nell’attesa, mi racconta che è stato a Gibilterra svariati anni fa, era in servizio militare con la US NAVY, è un marinaio…siamo in buone mani! ….quasi tutti i signori americani che abbiamo incontrato in questo viaggio hanno fatto il servizio militare in Europa, non sospettavo la presenza così massiccia di militari USA dalle nostre parti! Vanni arriva e saliamo tutti tre sulla barca a motore piuttosto essenziale di Lorenzo, ma con comodissime poltroncine. Uno di fianco all’altro e protetti dal parabrezza di vetro davanti a noi prendiamo il largo, se così si può dire in questo caso , scivolando sulle tranquille acque del lago ci dirigiamo al punto di confluenza del fiume. Siamo soli, e tutto attorno a noi è immobile. Poi eccoci a cavalcare il grande Tanana river con le sue acque gorgoglianti e melmose. Lorenzo si impegna in uno slalom per evitare i tronchi che il fiume porta con sé, mentre continua a parlarci, non del tutto capito, delle varie caratteristiche del fiume. Io scatto qualche foto e Vanni osserva la riva con il binocolo a caccia di animali. Superiamo diverse isole che Lorenzo ci indica come ideali per la caccia delle anitre, poi entriamo in un altro fiume dalle acque di nuovo scure e tranquille,ne seguiamo il corso serpeggiante apprezzando le particolari capacità riflettenti delle sue acque…la foresta che ne borda le rive si specchia perfettamente sulla superficie dell’acqua, così come le nuvole in cielo, mantenendo intatti anche i suoi colori…sembra quasi di essere sottosopra. Poi Lorenzo rallenta l’imbarcazione ed entriamo in uno stretto passaggio seminascosto dalla vegetazione, alza il motore e va a prua per dirigere la barca con una pertica, un po’ come un gondoliere. Dopo pochi metri si schiude ai nostri occhi un piccolo lago circolare….un capolavoro della natura….dove Lorenzo dice che potremmo avvistare le alci (moose)…. Vediamo invece le bellissime anitre alzarsi in volo…che spettacolo! Questo giro in barca ci ha fatto entrare dentro la natura e ne siamo così felici che non vorrei più scendere. E’ così bella l’Alaska e questo paesino di 70 anime una perla al suo interno del quale ci siamo perdutamente innamorati…torneremo il prossimo inverno per lanciarci con le motoslitte sul fiume ghiacciato….sarà come percorrere un’autostrada completamente bianca! Lorenzo dice che in inverno il ghiaccio raggiunge lo spessore di 4 piedi, quindi un metro abbondante, potremo stare tranquilli! Ringraziamo Lorenzo per il regalo che ci ha fatto accompagnandoci anche negli anfratti più segreti del suo fiume…poco dopo.Vanni posa per una foto con il suo fucile che ha viaggiato con noi dimenticato in un angolo. Questi cacciatori ! Torniamo alla roadhouse dove mi accordo in gran segreto con Katy per far trovare a Vanni una piccola torta di compleanno domani a colazione quindi ceniamo coccolati dalle sue attenzioni . Abbiamo deciso di fermarci qui un giorno ancora.

18 Agosto 2007

MANLEY HOT SPRINGS

Eccezione alla regola, questa mattina scendo anch’io per la colazione di compleanno….non posso mancare alla torta di cioccolato con candelina che ci aspetta, accompagnata da un “ happy birthday “ cantato dalle due cameriere che sorridenti si avvicinano al nostro tavolo. Che bella atmosfera per un compleanno, con il sole del mattino che filtra dalle tendine di pizzo alle finestre, le sedie di legno e tutte le vecchie cose sparse qua e là…spero che anche Vanni ne sia felice…io addirittura mi sono un po’ commossa. Anche oggi il clima è fantastico, ne approfittiamo per una serie di passeggiate nei dintorni ed un passaggio alla laundry per il bucato resosi ormai necessario. Certo non dare a Vanni un regalo per il suo compleanno mi secca….così chiedo alla socia di Katy dove potrei comprare delle pelli di lince ben conciate. A Vanni erano così piaciute quelle appese alle pareti del ristorante, oltre naturalmente alle corna di alce che lo fanno letteralmente impazzire, ma che sarebbe scomodo e forse a rischio di sequestro portare in Italia….Disponibilissima si occupa lei della cosa e telefona ad una signora che le vende. L’appuntamento è alle due in hotel…quindi tra una lavatrice ed una scusa trovo il modo di incontrarla senza essere viste da Vanni ed acquisto due meravigliose pelli di lince morbidissima…quasi non mi riconosco! Animalista convinta sto cedendo proprio sul tasto più scottante…quello delle pelli di animale…e proprio della famiglia dei felini che mai vorrei vedere morti. Ammetto la mia colpevolezza ma a cuor sereno…a lui piacciono da impazzire perché le vede come un trofeo di caccia, a chi le caccia veramente servono per la sopravvivenza in un territorio che sa essere estremamente ostile. Impacchetto le pelli dentro un asciugamani e faccio un bel nastro con la mia sciarpa di seta….se non altro non potrà dire che non sia originale! Ha un bel sorriso contento quando apre il fagotto…e questo è sufficiente a lavare ogni mio senso di colpa. Ancora passeggiate tra il bosco, fra funghetti rossi , bacche e betulle….che giornata incantevole anche quella di oggi!

19 Agosto 2007

MANLEY HOT SPRINGS – FAIRBANKS

Ultimamente abbiamo qualche problemino con le mance…anche oggi il messaggio di addebito Visa relativo al pagamento della Manley Roadhouse, è per un importo superiore a quello firmato nello scontrino. D’accordo che la mancia è una consuetudine ormai consolidata qui in Usa, ma che loro si prendano d’ufficio un 20% sul totale, compreso il costo della camera, quando tu invece hai deciso di dare un 15% solo sul totale del ristorante è una usurpazione intollerabile! Ma soprattutto và ad inquinare la bellissima opinione che ci eravamo fatta di quel simpatico paesino e questa è senz’altro la cosa peggiore. Comunque procediamo lungo la Elliot highway verso Fairbanks godendoci il paesaggio via via mutevole verso la cittadina che haimè già conosciamo…quando ad un tratto Carolina ha una delle sue crisi di egocentrismo e ci mostra un cruscotto pieno di lucine accese che invece dovrebbero essere spente. Vanni si accartoccia e poi , con un respiro leggermente affannato rallenta e scende. La cinghia dell’alimentatore si è rotta….andiamo a bassa velocità verso il Best Western a pochi chilometri da noi, per fortuna! Aspetteremo domani per la riparazione, oggi è domenica. Usciamo dall’ufficio Tourist Information con le idee estremamente chiare su cosa fare per vedere, al meglio delle possibilità, il Denali National Park . Quindi siccome questa cittadina proprio non ci piace torniamo in hotel a sbrigare le nostre cose e non usciamo nemmeno per la cena….e la scelta di non uscire ci porta fortuna…il ristorante dell’hotel è ottimo.

20 Agosto 2007

FAIRBANKS – DENALI NATIONAL PARK

Vanni esce prestissimo diretto alla toyota…ma alle 8 suona anche la mia sveglia, devo telefonare al numero verde del Denali per prenotare i nostri due posti sullo shuttle di domani alle 7, diretto al Fish Creek Turnaround , nel cuore del parco. Ancora addormentata miracolosamente riesco a capire il mio interlocutore abbastanza da poter scrivere il numero di prenotazione sulla mia agendina rossa….ma ormai il sonno si è interrotto, quindi tanto vale uscire alla ricerca dell’ufficio che mi rilascerà il CITES per le pelli di lince di Vanni. Dopo un primo tentativo andato a vuoto seguendo le indicazioni non corrette della signora Pam Redington di Manley H.S. , riesco ad avere l’indirizzo giusto della “Division of Management Authority U.S. Fish and Wildlife Service” dove vado accompagnata da un simpatico taxista. Il costo del certificato è di 195$, indipendentemente dal numero delle pelli, tanto vale prenderne altre due come avevamo pensato, da regalare alle nostre rispettive madri. Esco quindi dall’ufficio diretta in Boat Street all’ “Alaska Raw Fur” , un negozio specializzato in prodotti tipici…e mi ritrovo in una pellicceria. Appese ai ganci centinaia di pelli di ogni dimensione e forma, praticamente una catacomba! Scelgo le due linci in fretta, voglio rimanere il meno possibile in questo negozio che odora di morte…naturalmente il costo delle due nuove è il doppio di quelle prese a Manley, ma anche la qualità naturalmente è diversa, mi spiega la commessa. Torno all’ufficio di Airport avenue accompagnata questa volta da Vanni che nel frattempo mi ha raggiunta…in venti minuti abbiamo il certificato che però, ci spiega lo zelante impiegato, può essere usato per attraversare un solo confine tra due stati. USA, Italia, oppure USA, Canada. Noi che avevamo pensato di passare da Vancouver in Canada prima di rientrare in Italia da Chicago, rimaniamo letteralmente spiazzati…e meditiamo di saltare il Canada. Dopo qualche riflessione Vanni ha una illuminazione…potremmo arrivare a Seattle in aereo da Anchorage, lasciare le pelli in hotel ed andare a Vancouver per qualche giorno in traghetto. Sarebbe perfetto…le pelli non lascerebbero gli USA fino alla partenza da Chicago e noi potremo vedere Vancouver!
Ma che mattinata impegnativa! Torniamo in hotel a prendere i nostri bagagli e partiamo immediatamente diretti all’hotel Denali Bluffs , nei pressi del Parco omonimo. L’hotel non è male, anche se un po’ caruccio, ma il suo ristorante decisamente scarso….a letto presto naturalmente, domani mattina ci aspetta una levataccia!

21 Agosto 2007

DENALI NATIONAL PARK

Quando l’appuntamento della mattina è interessante le energie arrivano immediatamente e così stranamente sono io questa mattina ad alzarmi per prima ed a preparare il caffè a Vanni che ancora fatica a svegliarsi…sono solo le 6.15, ma tra mezz’ora dovremo essere al parco per il chek-in del tour “Fish Creek”. Evitando di fare una serie di cose altrimenti irrinunciabili, usciamo in fretta dall’hotel ed arriviamo puntualissimi al Wilderness Access Center, dove una fila di persone aspetta in fila l’arrivo del bus. Ci sediamo nella seconda fila di sinistra, dietro l’anziano pilota che sarà anche la nostra guida durante tutto il viaggio. E’ un signore arzillo ed informato, inizia subito a parlare delle norme di comportamento da seguire durante il tour ed a descrivere il parco e tutte le problematiche legate ad esso. Ovviamente non capiamo molto di quello che dice…ma che importa ci godiamo il paesaggio dall’interno di questo bozzolo viaggiante. L’atmosfera è quella della gita scolastica, tutti con i loro zainetti carichi di sandweech e merendine varie….grande assente, per forza di cose…l’odore di mortadella! L’autobus segue l’unica strada presente nel parco che si spinge fin nel suo cuore, poco oltre il Wonder lake….non sono ammessi mezzi privati al suo interno…solo questi bus navetta che ne percorrono la stretta strada che si arrampica sulle pendici delle sue montagne. Le vallate sono incantevoli, così come i ghiacciai che vediamo spuntare bianchi oltre la sommità di altre montagne scure. A tratti le rocce si colorano di meravigliose sfumature, mentre la vegetazione è prevalentemente costituita da alberi sempreverdi. Talvolta il bus ferma nelle aree di servizio o presso i punti panoramici, ma più spesso le foto vengono scattate dall’interno, attraverso il finestrino abbassato, come nel caso di avvistamento di animali con i quali è assolutamente vietato entrare in contatto. Ma il parco oggi ha un grande regalo da farci…ed infatti dopo un paio di caribou avvistati in lontananza, così come un vecchio alce ( moose ) e le capre di montagna, le dall sheep, bianche e cornutissime, come un miracolo avvistiamo un grizzly bear, che sta pascolando vicino alla strada. Il bus si ferma ed il grizzly ci propone il suo show, mangia le bacche seduto, poi si alza e si avvicina al bus, attraversa poi la strada davanti a noi e passa sull’altro lato, mostrandoci il suo culone ondeggiante. Il simpatico grizzly, dal pelo chiaro ed il muso e le estremità scure, non ha fretta, esegue tutte le operazioni con una calma da orso e rimane sempre nei pressi del bus….per noi è una fortuna incredibile, e considerando che è solo il caso che porta un animale sulla tua strada, possiamo dire di essere stati molto fortunati, e di aver avuto la possibilità di fare un buon reportage fotografico. Rientriamo dopo otto ore di spettacolare viaggio all’interno del parco, felicissimi ed un po’ stanchi….ora inizia l’ora del mio lavoro…scaricare le centinaia di foto e selezionarle senza pietà…cosa non facile per me che le ho scattate. Cena in hotel con la solita Caesar Salade…tanto per non sbagliare!

22 Agosto 2007

DENALI NATIONAL PARK – SEWARD

Partiamo con il maltempo che ieri eravamo riusciti ad evitare ma che nel frattempo si è consolidato, la nostra meta di oggi è la Kenai Peninsula, oltre Ancorage che preferiamo evitare se non costretti. Non abbiamo ancora deciso in quale cittadina ci fermeremo, valuteremo strada facendo. Nel corso di uno stop veloce a Talkeetna, mentre io sto passeggiando armata di macchina fotografica nel piccolo centro abitato a caccia di uno scorcio pittoresco da immortalare, Vanni inizia a chiacchierare con un signore della Florida. Incuriosito da Carolina aveva iniziato a rivolgergli domande sulla cilindrata ed altro, al mio arrivo è Vanni ad avere in pugno la conversazione, mentre il signore ascolta attento e compiaciuto la storia del nostro lungo viaggio attraverso le americhe. Dopo una decina di minuti di conversazione è così compiaciuto della nostra impresa da invitarci a St. Petersburg in Florida dove lui abita, al nostro prossimo passaggio da quelle parti. ( Jhon e Sandy Faiella – tel. 727.823.9205 – email: jonfaiell@aol.com ). Talkeetna è carina ma non abbastanza da giustificare una sosta dopo soli 150 km, quindi decidiamo di ripartire costeggiando la bellissima baia di Cook che delimita a Nord la penisola. Certo non vediamo molto dello splendido paesaggio per noi solo abbozzato, le nuvole basse nascondono tutto ciò che ne è al di sopra …e ciò che rimane visibile è grigio. Ma percepiamo comunque il fascino di questo paesaggio montagnoso immerso nell’acqua della baia, e procediamo fino a Seward. Questa città di pescatori occupa l’estremità interna di un fiordo profondo affacciato sull’oceano pacifico, ne vediamo la posizione sulla mappa, inoltre ne leggiamo bene sulla guida. Troviamo già chiuso il tourist office …sono le 6 del pomeriggio…quindi non sapremo fino a domani se da qui partono i traghetti diretti all’isola Kodiak dove vorremmo andare per vedere gli orsi che mangiano i salmoni direttamente dall’acqua dei ruscelli. La guida dà in questo senso indicazioni vaghe, ma pare che due volte alla settimana un ferry sia diretto proprio là. Troviamo posto al confortevole hotel Edgewater, con sauna e waterfront …nella speranza di poter godere domani di una bella vista con cielo azzurro, poi decidiamo di uscire a cena. Siamo diretti nel migliore ristorante di pesce della città, leggiamo sulla Lonely Planet, il “ Ray’s Waterfront “ che si affaccia sul porticciolo sovraffollato di barche a vela che vediamo comodamente seduti al nostro tavolo. Le pareti rivestite di legno sono piene di trofei di pesca, l’ampia vetrata incornicia un bosco di alberi di alluminio e vele arrotolate, l’ambiente è accattivante e questa sera mangeremo finalmente l’Alaskan King Crab …non esiste al mondo un posto più adatto di questo per farlo! Ordiniamo una bottiglia di Sauvignon neozelandese, ottimo, e due porzioni di granchio che arrivano in una decina di minuti….inizia il nostro godimento. Questi granchi sono davvero enormi a giudicare dalle dimensioni delle due zampe che vedo sul mio piatto…e gustosissimi….forse addirittura migliori della mitica Centolla assaggiata in terra del fuoco. Sono accompagnate da burro fuso e riso pilaf al sapore di lime e cilantro, praticamente un capolavoro, per le nostre papille gustative! Godiamo della nostra cena con la stessa soddisfazione che potrebbe darci un coinvolgente amplesso sessuale …poi il dolce, una torta al cioccolato degna della pasticceria viennese “ Demel “…insomma usciamo così soddisfatti dal ristorante, da decidere che finché saremo da queste parti mangeremo sempre King Crab. Ci avviamo verso l’hotel accompagnati dalla pioggerellina che ancora scende sopra di noi, poi…. sulla 4° ave, all’altezza di un ristorante cinese…. il disastro. Un fuori strada parcheggiato a spina pesce sul lato destro della strada che noi stiamo percorrendo, esce in retromarcia senza vederci e tampona la parte posteriore destra di Carolina. L’impatto è fortissimo e Carolina ne esce con l’albero di trasmissione a terra, l’asse posteriore storto e la carrozzeria devastata. Siamo nella merda! Il cinese, proprietario del locale, scende dal suo gippone e si informa delle nostre condizioni, mentre Vanni manifesta tutta la sua disperazione ….ne ha ben donde…Carolina sembra davvero messa male. Arriva la polizia e poco dopo il carro attrezzi, rimaniamo a lungo sul luogo del delitto per raccogliere e dare informazioni, poi ritorniamo in hotel dove fatichiamo a prendere sonno consapevoli del problema enorme che dovremo gestire a partire da domani mattina, assicurazione, officina, perito dell’assicurazione, con l’aggravante della difficoltà della lingua inglese, ed un nuovo hotel che dovremo cercare….questo domani è pieno… per cercare di chiudere al più presto il nefasto episodio di questa sera.

23 Agosto 2007

SEWARD

Ci svegliamo presto anche senza sveglia….e dopo pochi minuti siamo già operativi. Telefoniamo per prima cosa alla nostra assicurazione americana, la AAA, dove capiscono la nostra difficoltà ed in pochi minuti trovano un’interprete che fa da filtro tra noi e l’operatrice. La conversazione, che assomiglia tanto ad un interrogatorio degno della CIA, dura un tempo che a noi sembra infinito e si conclude con un claim number che riassume in pochi numeri la nostra storia recente. Alle 9 arriva puntuale in hotel Leaf, l’autista del carro attrezzi che molto gentilmente accompagnerà Vanni e Carolina, che è ancora sul carro attrezzi, in un work shop (officina) dove lui pensa potrà essere riparata. Vanni sta ancora parlando con l’assicurazione, quindi faccio accomodare Leaf in camera nostra. E’ un tipo simpatico, alto, sui 50 anni e sembra di conoscerlo da una vita anche se lo abbiamo incontrato solo poche ore fa. Esce un attimo dalla camera e torna con un paio di depliant che pubblicizzano un tour dei fiordi in ferry ed un tour in treno con partenza da Seward…sta cercando di rendere divertente il nostro soggiorno forzato in questa bella cittadina…che gentile! Rimango in hotel a raccogliere le nostre cose nei trolley mentre loro escono, sono già le 10 ed il check out è alle 11, li aspetterò nella hall dell’hotel, penso…..ma che attesa! Vanni risponde al mio sms delle 12 telefonandomi dopo un’ora…nel frattempo in hotel sono arrivati i pompieri in emergenza perché un corto circuito ha fatto scattare l’allarme…aiuto! cosa sta succedendo? Vanni e Leaf arrivano solo alle 14 …queste ultime tre ore mi sono sembrate un’eternità…per portarmi nell’hotel Seward, a due passi da quello dove ho tanto aspettato. Che pazienza ci vuole a volte! Una volta chiusa la porta della nostra 121 Vanni inizia a raccontare tutte le traversie della mattinata. Quando mi hanno lasciata sono andati a prenotare una camera all’Holiday Inn in zona porticciolo, poi sono andati da Napa a cercare i ricambi necessari alla riparazione ma senza successo. Sono infine andati da un demolitore per vedere se trovavano lì le due balestre da sostituire. Hanno individuato un modello simile e quindi tagliato con la fiamma ossidrica le balestre. Sempre spostandosi con il carro attrezzi, hanno portato poi i due pezzi e Carolina in un colpo solo al Seward Auto Shop di Lenny, dove li aspettava haimè il giudizio sfavorevole del meccanico che ha assolutamente vanificato in un attimo il loro duro lavoro con la fiamma ossidrica. Trovato quindi telefonicamente un fabbro disposto a costruire le due balestre in una settimana di lavoro, sono tornati all’Holiday Inn dove però la camera prenotata era stata già ceduta ad altri, quindi eccoli arrivare dopo più di tre ore di lavoro alla reception dell’hotel dove io li aspettavo impaziente. Il tempo di lasciare le valigie nella nuova camera e raggiungiamo il paziente Leaf che già in odore di beatificazione ci aspetta fuori dall’hotel, per accompagnarci alla Hertz dove noleggeremo un’auto sostitutiva. Se le peripezie fossero finite qui saremmo fortunati, in realtà le assicurazioni sono uguali in tutto il mondo, e lo stato di diritto nel quale pur noi ci troviamo, non facilita le operazioni di risoluzione dei problemi. Per avere l’auto dobbiamo richiamare la nostra assicurazione, ricorrere di nuovo ad una interprete e raccontare per la seconda volta tutto l’accaduto alla nuova interlocutrice per la quale evidentemente il nostro number claim non ha nessun valore. Dopo tanta insistenza da parte di Vanni ci viene dato l’ok per una spesa complessiva di noleggio pari a 650 $. E’ giunto il momento di telefonare anche alla Allstate, l’assicurazione del cinese, suggeriscono le deliziose impiegate della Hertz, per chiedere il rimborso delle spese dell’hotel durante la nostra sosta forzata a Seward. Così ancora dal loro ufficio, per la terza volta raccontiamo l’accaduto nel corso dell’ennesima interminabile telefonata di oggi e riusciamo a portarci a buon punto con le operazioni di disbrigo delle varie problematiche che emergono in continuazione. Sono le 5 del pomeriggio quando usciamo dal parcheggio della Hertz con una berlina sulla quale non riusciamo a sentirci a nostro agio…solo ora ci rendiamo conto che in questo nostro viaggio Carolina è il terzo passeggero. Un po’ di relax in hotel a rimuginare della giornata di oggi e riflettendo sulla disponibilità non comune di queste persone meravigliose che cordialmente ci hanno aiutati a sostenere l’emergenza. Sulla scelta del ristorante non abbiamo nessun dubbio, andiamo di nuovo al “ Ray’s Waterfront “ dove troviamo consolazione delle nostre fatiche tra le gustose zampe del King crab appoggiate sui nostri piatti.

24 Agosto 2007

SEWARD

Alle 7 suona il telefono…è la nostra assicurazione che chiede di nuovo il numero dell’officina dove verrà riparata l’auto. E’ incredibile che nel 2007, in una nazione patria di Bill Gates, un’azienda debba rivolgersi ad un suo cliente per ben tre volte chiedendo sempre le stesse informazioni….ma qui, ci rendiamo conto, è ancora peggio che in Africa e pur di uscire da questa situazione ci sottoponiamo all’ennesimo interrogatorio. Leaf ieri, prima di congedarsi da noi, ci aveva invitati a trascorrere con lui la giornata di oggi a bordo del catamarano Express Glacier di cui lui è capitano. L’escursione si svilupperà tra i fiordi del “Kenai Fyords Nat. Park” con partenza alle 11.30, appuntamento al quale Vanni che nel frattempo è andato in officina per valutare il preventivo, arriva solo pochi minuti prima della partenza. Ma ce la facciamo a salire a bordo, ultimi della lunga fila dei turisti paganti. Ci accomodiamo sulle poltroncine rimaste libere del secondo ponte mentre Leaf dalla cabina di pilotaggio sopra di noi esegue le manovre necessarie per condurre la voluminosa imbarcazione fuori dal porticciolo. Poco dopo una hostess ci suggerisce di raggiungerlo in cabina, dove lo vediamo seduto davanti ai tanti strumenti, trasformato da una divisa diversa, nel suo nuovo ruolo di capitano. Davvero una persona incredibile questo Leaf, gentile, generoso, amante degli animali, capitano di un catamarano 5 giorni la settimana e autista di un carro attrezzi nel tempo libero! Recupera d’estate il tempo perso durante il lungo e freddo inverno, periodo nel quale il lavoro scarseggia. Certo che d’estate lavora dalle 12 alle 14 ore al giorno. Il tempo anche oggi è cattivo, ma la visibilità è migliore rispetto a ieri…prendiamo il largo percorrendo la lingua di mare del fiordo che si affaccia sull’oceano pacifico, costeggiando isolette rocciose e piatti scogli sui quali riposano stravaccati i leoni di mare. Il paesaggio è incantevole anche sullo schermo del radar, dove vediamo miriadi di isole gradi e piccolissime definire le estremità dei fiordi , retaggio dell’ultima glaciazione che ha portato via con sé parte delle terre emerse erose più o meno profondamente dal ghiaccio. Certo non è facile comunicare con Leaf, estremamente impegnato a due passi da noi, quindi ci godiamo il viaggio uscendo ogni tanto dalla cabina, sferzati dal vento freddissimo che soffia da Nord, per avvistare gli animali che durante il viaggio incontriamo lungo la costa , come l’orso bruno e le aquile dalla testa bianca, o dentro il mare come le balene e le orche. Arriviamo infine al grande ghiacciaio Ailan , il più grande che vediamo lungo il percorso, dove il catamarano si ferma e nel silenzio ascoltiamo il rumore del ghiaccio che si stacca e precipita in mare. Un dejà vu per noi che in Argentina ne abbiamo visti di ben più spettacolari, ma questo viaggio in mare è riuscito a distrarci dallo stress dell’incidente ed a restituirci, almeno per qualche ora il nostro ruolo di viaggiatori spensierati. Torniamo alla base nel tardo pomeriggio, non prima di aver provato il brivido dell’onda lunga dell’agitato mare aperto. L’appuntamento con Leaf per la cena è al ristorante Chinnok’s che lui preferisce al Ray’s….forse solo perchè sua figlia lavora lì….ma il King Crab è buono ovunque lo si mangi! Nonostante la lingua la conversazione non langue mai…stiamo migliorando! Nel corso della serata parliamo anche del nostro progetto di tornare in Alaska il prossimo inverno, per vederla nella sua versione più caratteristica, ovvero quella che più colpisce l’immaginario collettivo, fatta di neve, slitte trainate dai cani, fiumi ghiacciati ed un freddo polare. Leaf ci spiazza subito con un’affermazione che non lascia vie d’uscita…- pessima idea!- dice, – C’è un freddo terribile, è buio dalle tre del pomeriggio alle dieci del mattino dopo ed inoltre tutti gli anni muoiono un sacco di persone con le motoslitte sui fiumi ghiacciati.!- Basiti iniziamo a riconsiderare l’ipotesi di lasciare perdere con questi progetti un po’ troppo estremi per noi che amiamo il caldo e che come quasi tutti gli alaskani propenderemmo piuttosto per un soggiorno alle Haway, decisamente più consono alle nostre attitudini.

25 Agosto 2007

SEWARD – HOMER

Oggi è sabato, le assicurazioni non rispondono ai telefoni e l’officina di Lenny è chiusa….sembra proprio il momento adatto per lasciare Seward ed esplorare il resto della penisola godendoci il weekend. Ci dirigiamo verso Homer che raggiungiamo con calma nel pomeriggio….queste distanze ci sembrano così brevi! Costeggiamo qualche lago dalle acque azzurre, percorriamo vallate adagiate tra ripide montagne coperte da spessi ghiacciai, ed infine arriviamo alla bella cittadina di Homer affacciata sulla Kichemak Bay, vicino allo stretto di Cook. Va da se che pernotteremo al Best Western, anche se si trova in posizione decentrata rispetto al fulcro di Homer…i BW scarseggiano qui in Alaska e questo non possiamo certo perdercelo! Abbiamo accumulato talmente tanti punti sulla tessera Gold BW da poter dormire gratuitamente per alcuni giorni in qualsiasi hotel BW. Ma torniamo a Homer…siamo qui perché è una delle due più belle cittadine della penisola Kenai ed anche perché da qui partono i traghetti diretti all’isola di Kodiak dove vorremmo andare per vedere gli orsi mentre catturano i salmoni lungo il fiume…uno spettacolo da non perdere per noi che ormai siamo diventati degli appassionati bears watchers! La receptionist gentilmente si informa dei costi e degli orari dei traghetti, poi ci indica una compagnia di aerotaxi che organizza escursioni dirette non all’isola, ma in un luogo più vicino dove si possono vedere gli orsi. Questa seconda ipotesi ci piace di più…11 ore di traghetto per la sola andata all’isola ci sembrano un tempo infinito, e non abbiamo poi tutto questo tempo…l’officina di Lenny ci aspetta e il 10 settembre l’aereo per l’Italia partirà da Chicago che in qualche modo dovremo raggiungere. Andiamo nella sede della compagnia di aerotaxi, ma il tour che propongono non ci piace per il taglio iperturistico che ne percepiamo leggendo il depliant, quindi usciamo con un pugno di mosche…che fare? Vanni vede un paio di idrovolanti parcheggiati sul Beluga lake che costeggia la strada…ne è così affascinato che andiamo a vedere più da vicino. Uno di questi è un Travel Air S6000B del 1929…. un pezzo di antiquariato ed in perfette condizioni…Vanni entra nella casetta di legno sulla quale si legge “scenic flights – kachemak bay flyng service, inc” e dopo poco mi chiede di entrare. All’interno del piccolo ufficio Bill e sua moglie, non più giovani, mi accolgono con un sorriso cordiale. Vanni sta mettendo in croce Bill perché ci accompagni con il suo idrovolante d’epoca a vedere gli orsi sull’isola Kodiak…ma Bill non ne vuol proprio sapere di volare su una distanza così grande …è troppo vecchio dice…e ci consiglia l’”Emerald Air service” che offre un tour con volo ed escursione a piedi fino alla Katmai Preserve, il paese degli orsi pescatori….proprio quello che anche Leaf ci aveva consigliato di visitare dopo una breve telefonata fatta ad un suo amico al proposito di aiutarci nella scelta. E’ il nostro tour! Finalmente l’abbiamo trovato ma….il primo posto disponibile è per il 4 settembre ci dice Bill dopo averne chiamato la sede…che sfortuna. Del resto non stupisce che sia il tour più gettonato…dato che è organizzato da una coppia di naturalisti che studiano da anni questi meravigliosi orsi del sul dell’Alaska. Non contenti andiamo personalmente all’ufficio della Emerald Air, per metterci in una improbabile lista d’attesa dove siamo addirittura terzi…ma Vanni non si da per vinto e cerca di corrompere la segretaria promettendole un paio di bottiglie di vino italiano se riusciremo a partire domani…è così che la segretaria divertita dalla simpatica insistenza aggiunge sorridendo due asterischi a lato dei nostri nomi….meglio di nulla….mentre io acquisto il dvd del tour!

26 Agosto 2007

HOMER – KENAI

Homer è davvero graziosa, sviluppata com’è su di una stretta lingua di sabbia che si allunga dentro la baia. Anche oggi il cielo è quasi completamente azzurro, la giornata ideale per fare qualcosa di interessante…quindi decidiamo. Andremo con Bill a sorvolare la baia ed i ghiacciai sulle montagne di fronte ad essa , partiremo alle due del pomeriggio. Dopo un breve giro tra le casette di legno del paese e l’avvistamento di un’aquila dalla testa bianca, siamo di ritorno al Kachemak bay flyng service, dove sotto i raggi del sole luccica splendente il bellissimo idrovolante fatto di legno e teflon e dai colori sgargianti blu e rosso. E’ la prima volta che salgo su un idrovolante e sono lusingata che sia proprio su questo pezzo da museo ….mi sentirò un po’ come il Barone Rosso delle truppe tedesche….in fondo il periodo deve essere più o meno lo stesso. Saliamo all’interno dell’abitacolo tutto rivestito di legno lucidato, prendendo posto sulle sedie con struttura metallica che ricordano un po’ quelle da giardino in ferro battuto. E’ con noi una coppia di signori della florida, dai movimenti un po’ impacciati dall’età avanzata…siamo pronti, Bill sale per ultimo chiudendo dietro di se lo sportello posteriore e si fa largo tra noi per raggiungere il suo posto davanti ai comandi. Tira verso di se i due volanti che fungono da cloche e planiamo sulle acque tranquille del lago illuminato dai raggi del sole del primo pomeriggio. Immediatamente sentiamo l’odore acre del carburante bruciato dal motore… mentre vediamo sui lati alzarsi gli spruzzi dell’acqua sotto la pressione dei due siluri. Il decollo è dolcissimo ed eccoci poco dopo a sorvolare la lingua di sabbia di Homer , diretti oltre la baia, verso le montagne cariche di ghiaccio. Vedere un territorio dallo stesso punto di vista degli uccelli è una delle cose più spettacolari che si possa fare per carpirne l’esatta conformazione fisica. La particolare morfologia della baia che stiamo sorvolando e delle tante isolette che ne fanno da cornice sono uno spettacolo meraviglioso del quale godiamo comodamente seduti sulle nostre sedie. Tra le tante piccole insenature che le montagne disegnano immergendo i loro tentacoli nel mare, ne vediamo alcune utilizzate ad allevamento ittico, per le caratteristiche boe in file ordinate emergenti dalla loro superficie, Bill dice che si tratta di ostriche! Bellissimo anche il grande ghiacciaio proteso verso il mare e gli iceberg azzurri che vediamo risaltare sul grigio limaccioso dell’acqua, poi di nuovo il mare azzurro della baia, dove le spiagge di sabbia chiara fanno sembrare le isole di questo estremo nord simili a quelle caraibiche. Dopo poco più di un’ora di volo rientriamo alla base, salutiamo cordialmente Bill e consorte e ci precipitiamo in un ristorante per mangiare le ostriche …ovviamente fritte…solo così mi piacciono da morire! Homer non ha più molto da offrirci a questo punto, quindi decidiamo di spostarci verso nord-est raggiungendo Kenai, il più antico insediamento qui in Alaska , fondata dai russi nel lontano 1790. Il sole è già piuttosto basso quando arriviamo sulla spiaggia di Kenai, ma per il tramonto bisognerà aspettare almeno altre tre ore, o più. Ci spostiamo quindi dopo poco nel cuore antico della cittadina, dove vediamo la favolosa chiesetta della Vergine Maria, costruita in legno e dalle inconfondibili cupolette azzurre a forma di cipolla rovesciata. Poco oltre la bella cappella di Saint Nicholas, anch’essa eseguita nel tradizionale stile russo ortodosso. Questi due piccoli edifici in stile russo rappresentano quanto di meglio si possa vedere qui a Kenai, che lasciamo per raggiungere l’hotel BW di Soldotna.

27 Agosto 2007

KENAI – SEWARD

Ripartiamo con calma, in fondo Seward è vicina e l’unica sosta che faremo sarà a Whittier, piccolo e trasandato centro abitato che si affaccia su una baia racchiusa da alte e pittoresche montagne. Perché proprio qui? Perché da qui partono i ferry che attraversano l’Inside Passage, tra fiordi, isole e ghiacciai, per dirigersi poi a Bellingham, nello stato di Washington….a due passi da Seattle. Avendo nuovamente rivoluzionato i nostri progetti di viaggio che non prevedono più la sosta in Alaska il prossimo inverno, abbiamo deciso di allontanarci il più possibile con Carolina dal grande freddo dell’estremo nord e Seattle sarà un buon punto dal quale ripartire verso la costa atlantica. Arriviamo all’ufficio della Alaska Ferry Adventure di Whittier nel primo pomeriggio ma non troviamo nessuno. Mi informo presso un negozio vicino e mi dicono che gli uffici aprono solo quando arrivano i ferry…ma nessuno sa quando arriverà il prossimo! Il mistero si fa fitto…ripassiamo davanti all’ufficio e spiando dalle finestre vediamo una persona al suo interno. Mi vede ed esce. Si chiama Paul ed ha un sorriso gentile, riassume brevemente la situazione dicendo che giovedì 30 farà scalo a Whittier il ferry Kennicott diretto a Billingham, i posti sono tutti prenotati ma possiamo contare sulle cancellazioni che sono sempre di 1 o 2 auto. Se saremo i primi a metterci in lista d’attesa all’apertura degli uffici alle 9.30 del 30, avremo ottime possibilità di partire. Wow che bella notizia….prenotiamo subito una camera all’ Anchor Inn per il 29, e se tutto andrà bene il 5 settembre saremo a Seattle. Rientriamo baldanzosi a Seward dove occupiamo una camera all’ Edgewater, l’hotel più carino di Steward, dove eravamo già stati la nostra prima notte….Dopo una visita all’acquario della città dove vedo leoni di mare, salmoni, halibut, king crab ed un sacco di altri pesci, raggiungo Vanni in hotel ed insieme andiamo al Ray’s per la cena, dove mangiamo un ottimo Halibut alla marocchina.

28 Agosto 2007

SEWARD

Una giornata tutta per me quella di oggi…Vanni infatti è partito presto per Anchorage dove andrà a ritirare le balestre nuove di Carolina. Mi alzo con calma, preparo un te, aggiorno un po’ il diario, mi informo presso la reception dei fioristi di Seward ed esco. Abbiamo pensato di regalare dei fiori sia a Rosie che a Leaf, contraccambiando con un pensiero gentile l’estrema cortesia ricevuta i giorni scorsi. Va da se che il negozio di fiori è all’interno del supermercato Safeway che si trova all’estremità opposta del paese a tre chilometri dall’hotel, ma una bella passeggiata non mi farà male e questa tiepida giornata di sole è un invito irresistibile…quindi parto. Raggiungo dopo qualche isolato il porticciolo, lo costeggio e proseguo oltre lungo la strada principale della cittadina verso la periferia. Arrivo al Safeway un po’ accaldata, per via del sole che qui scalda molto e della maglia di lana che maldestramente ho infilato prima di uscire. Al suo interno un intero angolo è dedicato alla vendita dei fiori e che fiori…la varietà non è male. Decido per le rose bianche con tulipani rossi e chiedo alla ragazza down che si trova oltre il bancone di confezionarmi un mazzo. Vorrei tanto confezionarmelo da sola quel mazzo…le sue piccole mani deformi si muovono maldestramente tra il foglio di cellophan, i fiori ed il nastro ed il risultato è piuttosto lontano da ciò che mi aspettavo…ma che dire? Esco e sistemo alla meno peggio il nastro bianco che trattiene i fiori, poi mi incammino verso l’ufficio della Hertz dove li consegno personalmente a Rosie che ne è quasi commossa!…rimango qualche minuto con questa simpatica e grassoccia signora sui 50 anni di età, poi torno sui miei passi per raggiungere l’hotel dove ho già in mente di rilassarmi un po’ facendo una bella sauna. Ed infatti dopo una mezzora ne esco come rinata, mi concedo ancora una sosta in camera spalmata sul letto e poi esco ancora per fumare una sigaretta e per un po’ di shopping sfrenato a caccia di souvenir per le amiche in un bel negozio tutto di legno sulla Fourth ave. Quando Vanni entra in camera, verso le 6 del pomeriggio, porta con sé tutta la stanchezza del lungo viaggio e la tensione legata alla scoperta che le balestre nuove sono più strette di quelle originali e un po’ diverse nella parte terminale del foglio maestro. Vanni può sopportare bene molte cose…tranne che si possano commettere errori relativamente a Carolina. Lascio quindi immaginare il suo malumore nel corso della non certo allegra serata, compresa la consegna dei fiori a casa di Leaf che carinamente fa di tutto per minimizzare il problema e restituire a Vanni un barlume di sorriso ….intanto quel furbetto di Lenny è latitante!

29 Agosto 2007

SEWARD – WHITTIER

Quando vedo Vanni rientrare in camera verso le 9.30 è già di ritorno dall’ officina di Lenny , dove insieme hanno valutato il da farsi….è sereno e sembra aver recuperato il suo buonumore. Due coccole ed alle 11 siamo puntuali alla reception pronti per il check-out . Carolina sarà pronta verso mezzogiorno…abbiamo il tempo per un salto alla Hertz per l’ennesima telefonata all’assicurazione poi Vanni riparte in missione diretto all’officina mentre io preferisco fermarmi a godere del bel sole di oggi su una panchina del porticciolo. Verso l’una Vanni arriva e scatta l’ultimo giro di saluti a Rosie , dove riportiamo la macchina a nolo ed a Leaf che accogliendo di buon grado il nostro invito a raggiungerci in Italia con la moglie, ci chiede le nostre e-mail per poter rimanere in contatto. Dopo un abbraccio siamo pronti per lasciare definitivamente Leaf e Seward diretti a Whittier, che raggiungiamo in breve tempo…ma decisamente in anticipo rispetto agli orari di transito del lungo e stretto tunnel che attraversando l’alta montagna per 5 miglia, rende Whittier raggiungibile anche via terra. Il tunnel sembra non finire mai, anche per via della bassa velocità che le rotaie sulla carreggiata rendono necessaria….ma poi affondiamo nella luce della baia e siamo già arrivati in questo paesino fatto di poche casette di legno ed un grande brutto condominio, tagliato a metà dalla ferrovia e da un piazzale di deposito di container e barche a motore. Andiamo subito all’ufficio del ferry che però anche oggi è chiuso e poi raggiungiamo l’hotel dove occupiamo una camera “vista oceano” che però si affaccia sulla ferrovia ed i container …la proprietaria su nostra insistenza telefona a Paul che conferma l’arrivo di domani della Kennicott . Ceniamo in hotel e poi a letto a vedere un vecchio film in bianco e nero con H. Bogart….domani mattina Vanni ha in mente di andare all’ufficio della Alaska Ferry Adventures verso le 7…tanto per essere sicuri di essere i primi della lista di attesa.

30 Agosto 2007

WHITTIER – TOK

Mi sveglio presto anch’io ed esco per raggiungere Vanni…aspettare in compagnia è sempre meglio che soli….ma con sorpresa lo vedo arrivare verso l’hotel a bordo di Carolina. Ancora tramortito per la notizia e la sveglia presto mi dice che hanno soppresso la partenza della Kennicott a causa di un guasto al timone! Insomma sembra proprio non funzionare nulla qui in Alaska e questo contrattempo rivoluziona ancora una volta i nostri progetti di viaggio! Con le orecchie basse ripartiamo….diretti verso il Canada, attraversando foreste infuocate dei colori dell’autunno qui prematuro ed avvistando una coppia di alci immersi nelle acque di un piccolo lago. Un ottimo bottino anche oggi! Ci fermiamo al motel Snowshoe di Tok per la notte….la strada da fare è ancora lunga….ma per oggi è finita. Decidiamo di cenare in camera…andiamo al supermercato a prendere qualche schifezza e la scaldiamo al microonde…risultato deludente….questi involtini alla pizza sono al limite della decenza.

31 Agosto 2007

TOK – WHITE HORSE

Partiamo presto, i chilometri da fare oggi non sono pochi e la prospettiva di tornare a White Horse per la notte ci alletta molto. Quella cittadina ci era piaciuta per le sue case di legno colorato e per l’atmosfera vivace ed accogliente che la caratterizza. Per raggiungerla seguiamo la Alaska highway verso il confine con il Canada che attraversiamo a Beaver Creek, poi ci spingiamo ancora verso sud-est attraversando incantevoli vallate e scenari mozzafiato colorati dei gialli autunnali e del blu del Kluane Lake….poi con grande soddisfazione, vediamo un grosso grizzly al bordo della strada. Ci erano mancati questi avvistamenti improvvisi nel corso del nostro soggiorno in Alaska, dove gli animali tendono a nascondersi dai cacciatori ed a rifugiarsi nelle aree protette dei parchi…ma il Canada è in questo senso un altro pianeta e con l’avvistamento di oggi ci tornano alla mente tutti gli orsi visti nel corso del nostro passaggio qui. Ma all’improvviso, ad un centinaio di chilometri da White Horse il cielo si fa plumbeo e la grandine inizia ad accumularsi sotto i tergicristalli di Carolina….il tempo qui è estremamente variabile e sulle cime delle montagne sono già visibili le prime spolverate di neve fresca. Torniamo al BW Rush Gold Inn quasi come se fosse casa…mi precipito alla laundry dove riempio due lavatrici e nell’attesa faccio due chiacchiere con una coppia di anziani signori della Florida…anche le lavatrici sono un po’ casa. Dopo un breve shopping dal quale esco con un maglione bianco ed un orso nero ricamato sul davanti, andiamo a cena…è già tardino rispetto alle abitudini locali ed io sono affamata. Facciamo un tentativo nel ristorante che avevamo trovato affollatissimo al nostro primo passaggio a White Horse …non ricordo più il nome ma si trova sulla 3rd Ave, poco dopo l’incrocio con la Main Street. L’ambiente è estremamente informale e…questa sera troviamo posto senza doverci congelare nell’attesa fuori dalla porta. Ci fanno accomodare all’ estremità libera di un tavolo dove tre signori del Wyoming stanno cenando….uno di loro, Ray, simpatico e cordiale inizia a socializzare con noi e finiamo la cena con una foto di gruppo scattata da lui. Una bella serata ed una cena piuttosto buona….anche questa volta questa piacevole cittadina ci ha fatto un bel regalo….ma che freddo c’è qui!

01 Settembre 2007

WHITE HORSE – MUNCHO LAKE

Il cielo è azzurro quando partiamo nel tepore di questa mattina assolata. Carolina è sempre più piena di bagagli e Vanni tranquillo alla guida….l’agitata sono io che non sopporto le lunghe giornate trascorse in auto, tanto meno se per diversi giorni di seguito. Mi sento come in gabbia, non posso fare nulla…né muovermi, né scrivere al computer, anche leggere dopo un po’ mi stanca….è un po’ come passare le giornate immobili nell’attesa di qualcosa che però non arriva mai…praticamente un incubo!….unica consolazione il paesaggio a tratti bellissimo, fuori dai finestrini. Ma anche questo finisce col ripetersi sempre più o meno uguale e….penso proprio che una volta usciti dal Canada non vorrò vedere boschi, né laghi per un bel po’ di tempo. Ma oggi il viaggio si concluderà con una chicca deliziosa….le “Liard River Hot Springs” che avevamo viste senza immergerci però nelle acque termali, al nostro passaggio qui di circa un mese fa. Arriviamo verso le 5 del pomeriggio, infreddoliti più che mai…non so proprio come farò a svestirmi per mettere il costume e raggiungere la pozza di acqua calda! Le acque termali sono collegate al parcheggio da una stretta passerella di legno che si inoltra tra la natura selvaggia del parco. Camminiamo nella vegetazione, rigogliosa per il particolare microclima dovuto alle sorgenti di acqua calda, tra alberi ad alto fusto, rovi carichi di bacche e funghi…naturalmente non manca l’acquitrino con le sottili canne vallive. Alla fine del lungo percorso un solo piccolo edificio di legno a servizio delle terme dove entriamo per spogliarci in fretta tra indumenti appesi un po’ ovunque. Pochi metri ancora e scendiamo gli scalini di legno che si immergono nella pozza principale, sotto i nostri piedi uno strato di ghiaia tiepida, attorno a noi l’acqua sulfurea scorre lentamente verso valle alle altre piccole pozze collegate. Che relax! La vegetazione arriva a lambire l’acqua nella quale siamo immersi…senza soluzione di continuità…direttamente….una nebbiolina sottile si alza dalla superficie rendendo l’atmosfera ancor più magica. E’ un posto così romantico…ci coccoliamo per almeno un’ora, immersi nel liquido caldo, tutto è perfetto attorno a noi….poi, sorpresa! Mi guardo le mani e vedo che l’argento del mio anello è diventato blu…orrore! Risaliamo quasi spappolati dal relax…e raggiungiamo il “Northern Rocky’s Lodge” nel “Muncho Lake park” ad una sessantina di chilometri da qui. E’ un lodge costruito interamente in tronchi di legno, molto ben tenuto e di proprietari svizzeri. Entriamo nella nostra camera prenotata a lasciare i bagagli e siamo pronti per la cena….con menù scritto in tedesco… Non ci possiamo credere! Proprio adesso che avevamo conquistato una buona conoscenza dei menu in lingua inglese!

02 Settembre 2007

MUNCHO LAKE – DAWSON CREEK

Giornata di avvistamenti quella di oggi…gruppi di giovani cervi pascolano ai lati della strada ed un paio di volpi attraversano furtive. Il paesaggio sempre montagnoso è condito a tratti dai laghi e dai fiumi che lo solcano disegnandone le vallate…insomma una noia mortale! Dawson Creek è un paese piuttosto anonimo con un microscopico centro storico fatto di case di legno ed una periferia di grandi edifici e shopping center. Ci fermiamo all’Aurora Inn Motel snobbando il carissimo best western…è nuovo e confortevole. Ceniamo da Mac Donald facendo due passi dall’hotel.

03 Settembre 2007

DAWSON CREEK – EDMONTON

Finalmente oggi raggiungeremo Edmonton, la capitale dello stato dell’Alberta. Strada facendo lievi colline sostituiscono le montagne rocciose che ci avevano accompagnati per giorni e giorni. A Edmonton scegliamo l’hotel Varscona, all’angolo tra la 82 Ave e la 106 street, nel cuore della Old Strathcona, il quartiere storico della città. Posto a sud del fiume che lo separa dalla downtown, questo quartiere pullula di vivacità e di begli edifici storici in mattoni a vista o legno a doghe. Il nostro hotel è estremamente confortevole, e avendo tempo potremo trascorrere qualche ora nella sua spa per un sano relax. Appena fuori troviamo la 82 ave piena di locali, ristoranti, negozi e gente che passeggia lungo i marciapiedi….questa vivacità ci piace. Ma anche la città è piacevole, attorcigliata com’è attorno al fiume , piena di aree verdi e così diversa nelle sue due parti….la city con i suoi grattacieli a Nord e la old Strathcona invece sulla riva Sud caratterizzata dai bassi edifici storici. E’ festa oggi qui in Canada, anche se non ho capito perché…non ho affatto capito le indicazioni frettolose in inglese da parte del receptionist al proposito. Comunque una volta preso possesso della camera ci separiamo…io mi avventuro in una passeggiata nel parco lungo il fiume a vedere la bella skyline della city al tramonto, Vanni invece và in aeroporto per vedere se nei prossimi giorni ci sono voli diretti per Chicago e con quale compagnia. Dopo un paio d’ore ci rivediamo in camera….ma è già quasi troppo tardi per la cena…Al contrario di quanto succede da noi, in occasione delle festività i ristoranti qui chiudono prima del solito e alle 9 troviamo già molte porte chiuse. Ci salva il ristorante messicano “Julio’s Barrio” sulla 82 ave, ad un centinaio di metri dall’hotel, che naturalmente è full. Nell’attesa del tavolo assaporiamo al bar un buon margarita ed una Corona, poi tortillas de res e sopa azteca….un trionfo di sapori!

04 Settembre 2007

EDMONTON

Andiamo insieme ad acquistare i nostri biglietti per Chicago. La decisione dell’ultima ora è di lasciare Carolina a svernare qui …in ibernazione a -30° C! Abbiamo già fatto troppi chilometri in questo viaggio ed aggiungerne altri 1300 inutili per raggiungere ora Winnypeg, penalizzando la visita di Chicago non ci sembra una alternativa sostenibile. Quindi partiremo con il volo di domani delle 13.05 diretti nella città dei gangster più famosa del mondo…Chicago. Non vedo l’ora di arrivare, le grandi città iniziano a mancarmi e questa sarà molto interessante per me che già sento affiorare i ricordi delle architetture della “Scuola di Chicago” e di F.L. Wright. All’acquisto del biglietto segue quello di un valigione dove mettere le varie scatole di souvenir, poi ci dividiamo, io diretta all’ufficio CITES per controllare la validità del nostro documento per le linci e Vanni in cerca di un parcheggio dove lasciare Carolina a svernare. Come sempre in questi casi il primo indirizzo non è mai quello giusto, ma al secondo tentativo arrivo nel grande edificio con foresta nel patio centrale…è quello giusto! Salgo alla room 205 e parlo con l’incaricato che mi rassicura dicendo che il nostro certificato è ok…anzi si assenta per una telefonata di conferma alla dogana dell’aeroporto e torna con un sorriso soddisfatto. Contentissima di non dover rifare altri tre certificati rientro in hotel dove Vanni mi aspetta per razionalizzare i bagagli. Dopo un’ora di duro lavoro fatto di incastri perfetti all’interno del valigione, usciamo per la cena. Entriamo nell’ Irish Pub poco oltre l’hotel…c’è musica dal vivo questa sera…un gruppo di Irlandesi si esibisce in un concerto appassionato di musica celtica …sono bravissimi e sempre più numerosi con il passare del tempo. Vanni offre loro da bere….è sempre gentile con chi si esibisce!

05 Settembre 2007

EDMONTON – CHICAGO ( Illinois)

La sveglia suona alle 8.40, ma Vanni è già uscito a prendere un tè ed un caffé da bere comodamente in camera…questa notte non ha dormito bene, dice, mentre appoggia i bicchieri ricolmi sul comodino. Abbiamo tutto il tempo per prepararci ed essere in aeroporto per il check-in delle 11.30. Gli ultimi ritocchi ai bagagli e siamo su Carolina per l’ultimo tratto di strada insieme di questo quarto step di viaggio attraverso le americhe. Un ingorgo sulla 104 che stiamo percorrendo ed il rifornimento diesel ci fanno perdere un po’ di tempo ma arriviamo in aeroporto puntuali alle 11.30, anche se con molte cose da fare. Vanni mi scarica alle partenze e va a parcheggiare Carolina. Lo aspetto come d’accordo per una ventina di minuti, poi entro in cerca del desk della Air Canada che vedo scritto sul foglio di prenotazione…quando Vanni mi raggiunge sono già a buon punto nella fila che porta ai pochi desk aperti, procediamo insieme per poi scoprire che abbiamo sbagliato. Il nostro volo è stato acquistato da un pacchetto Air Canada, ma viene effettuato dalla United Airlines. L’organizzazione qui è peggio che in Africa! Cambiamo desk quindi, ma sono già le 12.20 quando arriviamo alla dogana USA con ancora tutti i nostri bagagli sul carrello, ed anche qui c’è l’intoppo del certificato CITES per le pelli di lince che, come ci aveva spiegato l’impiegato a Fairbanks, è valido per una sola frontiera, nel nostro caso quella Canadese. Avremmo quindi dovuto, ci dice il doganiere, procurarci un altro CITES per la frontiera Canada-Usa, e poi ancora un altro per quella Usa-Italia…Replico che l’impiegato dell’ufficio preposto di Edmonton mi ha detto
che il mio certificato è ok per questo trasferimento a Chicago….ma non posso rispondere alla sua domanda quando mi chiede di dirgli il nome dell’impiegato. Insomma sono già le 12.40 quando lasciamo i nostri bagagli per la spedizione ed entriamo al controllo di sicurezza….alle 12.45 c’è l’imbarco! Con il rischio di rimanere a Edmonton ancora un giorno ci togliamo le scarpe come richiesto, e passiamo il controllo di sicurezza. Quando arriviamo al gate siamo così agitati che ci precipitiamo nel box fumatori per una sigaretta “al volo”…c’è tempo, l’imbarco è fortunatamente in ritardo! Quando poco dopo le 17 arriviamo all’aeroporto di Chicago percorriamo il lungo corridoio del terminal 1, progettato da Helmut Jahn, con le sue luci al neon colorate che si articolano in forme flessuose dal soffitto. Il tempo è terribile qui …e se non fosse per il caldo che c’è sembrerebbe una nostra giornata di novembre, con il cielo grigissimo ed il sole basso come una palla arancione ben visibile in tutta la sua circolarità. Deve aver piovuto da poco perché le strade, che percorriamo a bordo dell’ Airport Express, sono bagnate. Dopo una ventina di minuti trascorsi percorrendo una grande arteria trafficata, ecco delinearsi la bellissima skyline della città, fatta di grattacieli , colori, luci, ponti ed ampi spazi liberi. Mentre ci aggiriamo per il centro già quasi senza luce, per accompagnare i passeggeri del taxi collettivo ai vari hotel, siamo colpiti dalla bellezza di questi giganti tutti diversi ed a tratti illuminati, che incombono sopra di noi come rassicuranti presenze. Che magia questi vecchi ponti di ferro sulle acque verdi del river che attraversa la città… le discrete insegne illuminate ed i vecchi edifici caldi di mattoni a mediare le nuove tecnologie ed i nuovi materiali degli edifici della nuova generazione. Chicago ci affascina anche ad una veloce occhiata dal finestrino ….siamo felici di aver scelto di fermarci qui per qualche giorno. Arriviamo per ultimi al Best Western Grant Park Hotel, posto in ottima posizione rispetto al Loop ed il lungo lago. Chiediamo una camera all’ultimo piano dell’edificio peraltro non troppo alto, per poter godere al meglio del panorama ed infatti le due finestre d’angolo si affacciano da un lato sui grattacieli del Loop, e dall’altro sulla larga fascia di verde attrezzato che costeggia il lago…una chicca questa 902!

06 Settembre 2007

CHICAGO

La città ci aspetta là fuori, grandissima ed ancora tutta da scoprire. Usciamo con tutto l’entusiasmo di chi ha solo assaggiato un piatto squisito che ora ha finalmente il tempo di assaporare…quindi ci avviamo camminando lungo gli ampi marciapiedi della Michigan Ave verso i grattacieli del Loop, il cuore della città. Sull’altro lato della strada una larga fascia di verde con sentieri, alberi di ogni tipo, prati ben rasati e sculture. Noi procediamo sotto gli edifici estremamente vari che compongono come una quinta il fronte della strada. I materiali e gli stili sono i più vari…dal neogotico in pietra al neorinascimentale di mattoni con bugnato e ordini architettonici, al neoclassico presente in ogni capitale del mondo, per poi approdare ai favolosi edifici che hanno fatto la storia dell’architettura americana all’inizio dello scorso secolo….i primi grattacieli di Sullivan con struttura in ferro ma rivestita di terracotta, con un accenno di elementi stilistici classici semplificati, a costituire la vera essenza dell’architettura americana, originale in tutta la sua espressività. Sui vecchi edifici si intravedono a tratti le scritte pubblicitarie ormai scolorite e sui loro fianchi scendono le esili rampe delle scale di emergenza …ogni edificio ha la sua altezza, i suoi materiali, i suoi colori e la propria personalità. Come una meteora infiammata nel buio della notte, il teatro all’aperto di Frank Gehry si staglia con i suoi scomposti acciai lucidati sul bosco verde del Millennium Park. E’ il “Jay Pritzker Pavilion”, articolato nelle volumetrie decostruite tipiche di questo geniale architetto canadese che qui a Chicago ci ha inaspettatamente regalato questo bel teatro all’aperto nel quale un gruppo di vocalist sta provando un concerto Gospel …una sorpresa nella sorpresa! Ci aggiriamo attorno alla scultura metallica ascoltando i canti neri e scattando foto…mentre il vento forte ostacola i nostri movimenti. .Mentre osservo vedo dall’altra parte della Michigan Ave un palazzo che è la copia esatta della Cà Foscari di Venezia…che matti questi americani! Andiamo ancora oltre, verso quel grattacielo altissimo in stile gotico, la sede del Chicago Tribune…che mai avrei pensato potesse piacermi , ma che invece tra questa moltitudine di falsi storici non mi dispiace…e poi applicato ad una tipologia così poco gotica come il grattacielo….sono davvero pazzi ed io mi sto divertendo! In fondo è rassicurante… chiunque arrivi qui può trovare un pezzo della sua storia tra i mattoni di un qualche palazzo…sarà un’operazione di marketing anche questa? Sempre all’interno del Millennium Park, poco oltre il teatro, vediamo il “Cloud Gate”…E’ una bellissima scultura ellittica che ricorda un fagiolo argenteo gigantesco. E’ appoggiata al centro di una piazza e riflette sulle sue convessità e concavità tutto quanto la circonda, dalla pavimentazione , alle persone che la percorrono e gli edifici sull’altro lato della strada, nonché il cielo sopra di noi. Il genio che ha concepito un oggetto così divertente ed allo stesso tempo bello è Anish Kapoor, un artista del quale bisognerà cercare altro…strada facendo. Andiamo poi al Museo di Arte Contemporanea, che propone una collezione piuttosto scarna considerando che siamo in Usa, ma al cui esterno una installazione divertente ci invitava ad entrare. Ancora camminando arriviamo di fronte ad un edificio molto meno interessante ma che ci torna utile, una filiale della Bank of America, nella quale entriamo per incassare l’assegno che ci era stato recapitato a Seward da parte dell’assicurazione All State. Non si può capire la nostra delusione quando la signorina torna indietro con il nostro assegno in mano dicendo che a causa di un paio di cancellature col bianchetto l’assegno non è incassabile. Dramma. Vanni cambia espressione ed inizia ad insistere, poi facciamo telefonare all’assicurazione che però non risponde…sembra quasi una truffa ai nostri danni da parte della All State! Vuoi vedere che quell’incidente riesce a rovinare anche il nostro soggiorno qui a Chicago? Torniamo sui nostri passi dirigendoci di nuovo verso il parco che ci attrae come una calamita….le meraviglie non sono ancora finite…una fontana digitale animata, creata dall’artista Jaume Pensa, ci trattiene per una mezz’ora di piacevole divertimento. Si tratta di due parallelepipedi alti circa 10 metri realizzati con mattoni di vetro, che si fronteggiano sui due lati corti di una piazza rettangolare. Sulle due superfici verticali che si affacciano sulla piazza vengono retroproiettate immagini di visi ingranditi così tanto da renderne visibili solo le parti centrali dagli occhi alla bocca….sono immagini di individui di tutte le età e razze, che si susseguono in leggero movimento, mentre dalla cima del parallelepipedo scende a terra una cascata l’acqua ad intensità variabile. La cosa più buffa è che ad un certo punto dalla bocca di questi visi proiettati esce un grosso getto d’acqua circolare che sembra uscire dai loro visi virtuali….un tema antichissimo quello dell’acqua delle fontane che esce dalla bocca dei putti o delle nereidi o dei pesci…ma che trattato in chiave verosimile assume una connotazione di scherzo. E’ già il tardo pomeriggio quando rientriamo dal nostro giro tra le meraviglie del Loop. Vanni riesce a parlare al telefono con le signorine dell’assicurazione che lo rassicurano dicendo che chiameranno la banca e nel caso non fosse proprio possibile incassare l’assegno ne spediranno un altro… Vanni si rilassa abbastanza da voler uscire per la cena, quindi decidiamo per un locale Jazz che propone anche musica dal vivo …Andy’s ,11th E. Hubbard . La cena è ottima così come la cortesia del personale. Senza infamia né lode invece il gruppo che si esibisce con un repertorio commerciale ed eseguito senza il necessario slancio.

07 Settembre 2007

CHICAGO

Le previsioni del tempo hanno proprio indovinato…il cielo di Chicago oggi è grigio e piovoso, ma il caldo persiste come una consolazione. Ci svegliamo sempre più tardi da quando siamo arrivati in città…certo qui non andiamo a letto alle 9.30 di sera come ci succedeva di fare in Canada ed Alaska perché fuori c’era il nulla ed in camera spesso nemmeno la televisione! E’ quasi mezzogiorno quando usciamo dall’hotel con l’intenzione di visitare l’” Art Institute of Chicago”…almeno se pioverà saremo al coperto a vedere qualcosa di interessante. Il museo è vastissimo e pieno zeppo di capolavori non americani. Un favoloso repertorio di arte figurativa francese, italiana e spagnola occupa buona parte delle sale espositive, mentre baipassiamo sull’arte americana non moderna perché abbiamo già avuto modo di conoscerne la pochezza al “Ghetty museum” di Los Angeles. Ma dove l’hanno messa tutta la loro meravigliosa arte moderna e contemporanea? Una volta usciti, dopo una visita durata più di quattro ore, ci accoglie un acquazzone a cascata, dal quale ci ripariamo entrando in un baretto per un te caldo. Ceniamo al “McCormick & Schmick’s”, sulla One East Wacker Drive ….una catena di ristoranti di consolidata fama che avevamo già avuto modo di sperimentare al “ Jacky’s” di Portland. Impossibile sbagliare questa sera…qualsiasi cosa prenderemo sarà squisita ed infatti usciamo dopo un paio d’ore di sollazzo contenti della scelta fatta.

08 Settembre 2007

CHICAGO

Ci dirigiamo senza esitazione verso Hyde Park a bordo del taxi preso al volo sotto l’hotel. E’ un quartiere storico quello che raggiungeremo, ad una decina di miglia a sud del Loop. Il nostro interesse nei suoi confronti nasce dall’aver letto in un depliant che nel suo tessuto urbano si trovano alcune case progettate da F.L. Wright….quindi perché non andare a vedere dal vero quelle architetture studiate ed amate una ventina di anni fa. Arriviamo in una quindicina di minuti proprio davanti alla “Frederick C. Robie House” (1909), che rappresenta uno dei migliori progetti di Wright tra le rivoluzionarie Prairie Houses progettate secondo canoni estetici del tutto nuovi per l’epoca. Canoni dettati soprattutto dagli stimoli derivanti dal paesaggio circostante e dalla funzionalità degli spazi. Una delle caratteristiche di questi edifici è la spiccata orizzontalità espressa con larghe fasce marcapiano talvolta anche cromaticamente diverse dal resto dell’edificio che diventano ampi terrazzi, fioriere o terrazzini. La Robie House è lo stereotipo più eclatante di questa tipologia abitativa. Realizzata in mattoni e pietra chiara, ci colpisce per la leggerezza della sua volumetria e per l’elegante gioco di chiaroscuri che gli elementi orizzontali aggettanti creano sulle facciate. L’interno ancora in fase di restauro emana comunque un senso di grande ordine e coerenza, con elementi decisamente orientaleggianti e le immancabili vetrate disegnate. Una rilassante passeggiata tra le strade poco trafficate di questo quartiere residenziale reso bello dai giardini curatissimi delle belle ville d’epoca che vi si affacciano ed arriviamo ad un’altra delle Prairie Houses di Wright, la “Isidore Heller House” (1897). Elegantissima nonostante le citazioni classiche che in altri casi possono risultare stucchevoli, ma che sono qui inserite in modo calibrato e ben si armonizzano con la tipologia decisamente non classica dell’edificio. Il quartiere presenta continui stimoli pieno com’è di sculture ed edifici d’autore…e mentre passeggiamo all’ombra degli alti alberi che delimitano le strade vediamo le belle sculture di Arnaldo Pommodoro ed Henry Moore, e gli edifici del campus universitario di Mies Van Der Rohe e Saarinen che però non valgono una fotografia. Poi lo scivolone…interi padiglioni dell’università costruiti in stile neogotico così come le chiese che vediamo strada facendo. Rientriamo in hotel con i piedi stanchi della lunga camminata di oggi…ma felici di aver finalmente toccato con mano le opere del grande maestro. Rimaniamo in zona hotel per la cena, Da giorni Vanni vorrebbe andare al Sushi qui sulla Michigan a pochi metri dall’hotel, e questa sembra essere l’occasione giusta. Cinque minuti d’attesa e siamo seduti di fronte ad un menu invitante del quale ordino 6 piatti tra cui tempura di verdure , di aragosta di gamberi e di granchio ed il patè di tonno, rassicurata anche dalla cameriera che interpellata conferma che si tratta di piccole porzioni….assaggi, penso io, Vanni invece ordina un piatto di Sushi. Le portate che si sommano sul nostro tavolo incastrate come in un puzzle, non sono affatto così piccole come premesso dalla cameriera e quello che ho ordinato rappresenta una cena abbondante per tre persone! Quando arriva il suo piatto di sushi Vanni è già più che sazio delle squisitezze che erano state parcheggiate sul nostro tavolo….ma affonda comunque i denti sul suo pesce crudo….non so come abbia fatto a finire anche quello! Continuiamo a ridere anche dopo l’uscita dal ristorante, dove abbiamo mangiato non solo tantissimo ma anche benissimo!

09 Settembre 2007

CHICAGO

Usciamo anche oggi alla ricerca dei vecchi edifici di F.L.Wright…abbiamo letto che ce ne sono una discreta quantità nel quartiere di Oak Park,18 miglia ad ovest del Loop. Il taxi ferma proprio davanti a quella che fu la residenza-studio dell’architetto, all’angolo tra la Forest Street e la Chicago Ave. Immersa in un tranquillo e verdissimo quartiere residenziale, questo edificio con tetto a due acque piuttosto inclinate con annessa palazzina ad uso ufficio ci appare in chiaro stile Shingle. Ma di che cosa si tratti lo sappiamo solo leggendo il depliant informativo acquistato prima della visita…è una forma evoluta dello stile Queen Ann i cui elementi caratteristici quali torrette circolari, sporti, cornici….vengono come ricondotti ad una logica bidimensionale di facciata disegnata. L’interno qui è perfettamente restaurato e conserva gli arredi originali disegnati da Wright. L’atmosfera ovattata degli interni si complica delle contaminazioni giapponesi presenti qua e la, in un affresco, nel disegno di un lucernaio di legno, o nel disegno dei bassorilievi inseriti nella parte alta dei pilastri di facciata. Il risultato è quello di un’architettura sofisticata ma funzionale ed avvolgente. Non paghi facciamo una bella passeggiata per vedere i tanti altri edifici progettati da lui e così passa il pomeriggio, tra un giardinetto e l’altro cercando di riconoscere senza controllare sulla cartina quali delle tante fossero ideate da lui. Certo i taxi scarseggiano qui a Oak Park la domenica pomeriggio….e la ricerca ci impegna per una buona ventina di minuti, poi finalmente eccone uno disposto ad accompagnarci all’ Auditorium Theatre progettato da Sullivan, al 430 della S. Michigan Ave. Sullivan è un altro grande architetto di Chicago che si espresse come Wright, tra la fine dell’ ‘800 ed i primi decenni del ‘900 ma a differenza del primo soprattutto su edifici commerciali o di servizio, comunque sempre di grandi dimensioni e grazie a lui Chicago ebbe il suo primo grattacielo con struttura di acciaio e paramento di mattoni! Dopo una sosta veloce ad ammirare l’auditorium di Sullivan, scatta di nuovo l’attrazione fatale per il Pavilion di Ghery, a due passi da qui. Nonostante Vanni lamenti un fastidioso male ai piedi si va… prima a riposare su una panchina del parco, stravaccati davanti ad una fontana il cui getto centrale sembra quello del big gaiser dello Yellowstone. Ci muoviamo poi, attratti da quel gioiello fatto di riccioli di acciaio che è il teatro di Ghery dove da poco è terminato un concerto di musica sinfonica….se solo l’avessimo saputo prima! Il piacere di essere qui è altissimo….dal prato ancora affollato di persone lo sguardo va alle lamiere dorate dal tramonto incastrate alla base degli alti grattacieli. Cena compensativa a base di insalata per me e zuppa per Vanni!…..dimenticavo…la busta contenente l’assegno dell’assicurazione non è ancora arrivata e la volpe che l’ ha spedita ha lasciato in segreteria un messaggio nel quale viene segnalato il numero del pacchetto ma non la compagnia di spedizioni che si occupa della sua spedizione….difficile rintracciarlo a questo punto, questo benedetto pacchetto che ci sta inquinando anche il soggiorno a Chicago!

10 Settembre 2007

CHICAGO – FRANKFURT – BOLOGNA

Vanni sembra un’anima in pena per via di quella busta che non arriva, è così preso dalla cosa che si dimentica anche di prepararmi il tè prima di uscire dalla camera. Quando rientra capisco dal suo viso lungo che probabilmente quella busta non arriverà mai prima della nostra partenza ed i 1000 dollari saranno persi. Ma se ne sta occupando la zelante receptionist che fra una telefonata e l’altra ci fa capire che entro l’una del pomeriggio la busta dovrebbe arrivare in hotel. Ed infatti ecco che poco dopo l’una, la postina entra e cammina fino al desk della reception con un voluminoso pacco di posta tra cui anche la busta della All State indirizzata a me e Vanni. E’ un trionfo! L’espressione contratta del viso di Vanni finalmente si distende mentre apre l’involucro per controllare se questa volta l’assegno non riporta cancellature…ed è perfetto finalmente! Andiamo velocemente in taxi alla Bank of America più vicina per incassare e….incredibile ma vero….sull’assegno vengono prese le mostre impronte digitali….senza parole usciamo con il piccolo malloppo, si torna in hotel. Tra poco meno di un’ora passerà a prenderci il servizio bus express dell’aeroporto, il nostro volo per Francoforte e Bologna partirà alle 18.30.


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