26 Gennaio 2012

LAMBRARENE’ – NJANA

Sono le otto del mattino ed il Congo il nostro obiettivo, le probabilità di raggiungerlo una incognita variabile a seconda delle condizioni della strada che troveremo per raggiungerlo un mistero per noi come per tutti gli intervistati. Ci avviamo così nell’incertezza tra il doverci fermare a Ndende a soli 270 km da qui o raggiungere la frontiera e proseguire fino a dove ?… procediamo aperti a qualsiasi possibilità. Raggiungiamo Ndende quasi senza accorgerne, la strada asfaltata fino a M ci aiuta infatti a fare un bel balzo in avanti così come la sterrata rossa ma in buone condizioni che arriva a Ndende, paesino assolato e polveroso che precede la frontiera ed il cui hotel rimane per noi una immagine bidimensionale con una insegna che non leggiamo passando. Sono solo le due del pomeriggio ed il confine a soli 45 km va da se che passiamo oltre lasciando alle nostre spalle anche il ricordo delle troppe scimmie appese in vendita lungo la strada, come borsette morte da ore, gli occhi aperti in espressioni di sgomento e sofferenza come se la morte fosse arrivata troppo lentamente sui piccoli corpi. La sbarra di uscita è in piena campagna, vicina ad un gruppo di alberi ed allo spiazzo di terra battuta delimitato da poche case dove una moltitudine di bambini giocano urlanti. Didier si muove verso di noi al rallentatore, con l’arroganza di chi ha potere e lo vuole far pesare tutto. Mimetica e stivali ne esaltano il corpo muscoloso ed i suoi polpacci sono quelli di un ex calciatore della nazionale congolese. Edonista e vanitoso si distende con un sorriso sulla sua poltroncina e sorride compiaciuto di fronte al mio stupore per la Tv LCD che riempie la modesta stanzetta, poi calatosi di nuovo nel ruolo di doganiere corrotto, con rinnovata arroganza mi chiede il lasciapassare che avrei dovuto procurarmi a Ndende…. Per fortuna è un buono e letteralmente si scioglie di fronte al regalino che Vanni gli porge affacciandosi alla finestra, un pallone è l’ideale per un calciatore ed arriva giusto in tempo per scongiurare la tragedia appena annunciata. In fondo aveva solo voglia di fare due chiacchiere e di non sentire il peso dei nostri diversi colori… e perché no, di fare sfoggio della sua virilità raccontandomi perché ha quattordici figli e crogiolandosi all’idea che avrei potuto far parte del gruppo di fan disposte a tutto pur di averlo nel letto …. chi può saperlo è proprio un gran bell’uomo! Pacca sulla spalla e via, 20 km di sterrata con inserimento del 4×4, altri 25 in buone condizioni e siamo di fronte all’ ”hotel du fleuve Nyanga” nel quale non dormiremo pur avendo pagato la camera, lasciare Gazelle incustodita sarebbe un inutile rischio ed usare un bagno senza acqua corrente e infestato di zanzare una prospettiva non proprio allettante. Ci addormentiamo presto accompagnati dal concerto di grilli e cicale in riva al fiume.

27 Gennaio 2012

NJANA – LOUDIMA

Il paesaggio cambia e compensa il sacrificio del viaggio lungo la strada che ci sheckera per ore scendendo verso Loudima. La foresta alle spalle siamo ora immersi in una distesa di basse colline che si alzano dalla pianura come grandi seni rotondi generosi e verdissimi e che si susseguono piacevolmente fin quasi a Dolisie, il più importante nodo stradale congolese dove l’illusione di un comodo proseguimento si dissolve poche centinaia di metri oltre lo spartitraffico. Raggiungere Brazzaville non sarà così semplice come il giovane camionista ci aveva fatto credere, del resto ormai sappiamo che nel cuore dell’ Africa nessuno è disposto a rispondere con un sincero – non lo so – e sappiamo anche per esperienza che le capitali politiche sono spesso snobbate dal punto di vista dei collegamenti a favore dei nevralgici centri economici, così Dodoma in Tanzania, Libreville in Gabon ed ora Brazzaville nella Repubblica Popolare del Congo. Ad interrompere la monotonia della strada sulla quale ci muoviamo a zig zag i numerosi cantieri stradali cinesi che evitiamo con ampi slalom. Un segnale di progresso e di crescita che i locali non avrebbero mai potuto inseguire da soli come sottolineano per antitesi i pochi chilometri di asfalto rispetto all’arretratezza dello stile di vita di chi vive sui margini …. è così che per la prima volta e con sincero trasporto apprezziamo il finora bistrattato made in China e che consideriamo la colonizzazione economica cinese meno invasiva di quelle che l’hanno preceduta. La strada favorirà lo sviluppo di quella fascia di popolazione che non avrebbe altrimenti tratto vantaggio dallo sfruttamento delle risorse naturali del paese, una sorta di ridistribuzione a 360° dei vantaggi che sarebbero altrimenti stati solo di pochi. Dopo 240 km percorsi in otto ore, stremati ed ancora tremolanti facciamo il nostro ingresso nel centro abitato di Loudima e ne raggiungiamo l’unico hotel esistente. Un colpo di fortuna che volge in positivo il bilancio della giornata, in fondo abbiamo percorso un bel pezzo di strada in avvicinamento alla capitale, abbiamo steso sotto i pneumatici solo tre pulcini, una capretta si è miracolosamente salvata, abbiamo rotto solo tre dei sei supporti della tenda e per un caso fortunato il tronco che sporgeva troppo dal camion che ci precedeva non è entrato nell’abitacolo sfondando il parabrezza. L’hotel modesto ma decoroso è preceduto da uno spoglio rettangolo di terra battuta, la piazza principale. La porta della nostra camera si apre come diverse altre su uno stretto corridoio grigio come un carcere, le due damigiane nel nostro bagno promettono un piacevole refrigerio, lo spray all’arancio aiuta a dimenticare l’odore pungente di ammoniaca. Recupero la nostra cena con una breve passeggiata lungo la strada già al tramonto sotto gli occhi dei locali che pur guardandomi con gli occhi sgranati accompagnano il loro saluto con un sorriso ad eccezione di nessuno. I bambini giocano nudi e felici tra la polvere e la signora dell’emporio mi segue gentilissima appoggiando le poche scatolette scelte in una bacinella che funge da carrello, è così gentile da proporsi come cuoca sconvolta dall’idea che mangeremo i legumi direttamente dalla latta. Il negozio trabocca di prodotti accumulati dentro a scatoloni o esposti in scansie di legno che nella semioscurità hanno il sapore di continenti da esplorare e contro ogni previsione le scatolette non sono scadute nonostante la polvere che le ricopre. Infine tre tavoli sono stati allestiti di fronte al nostro hotel dove due casse nuove di zecca diffondono musica a tutto volume. Non vi si siederà nessuno ma la colonna sonora del paesino sarà interrotta solo dal blackout delle ventidue.

28 Gennaio 2012

LOUDIMA – MINDOULI

Cento chilometri sono pochi quando separano dalla zona più a rischio del Congo, nel territorio che si sviluppa tra Loutela e Kinkala la guerra civile è stata infatti sedata solo qualche mese fa e la forte ostilità dei locali è rimasta sotto forma di odio sordo nei confronti di chi non fa parte del distretto, praticamente il resto del mondo in particolare statunitensi ed inglesi ai primi posti fra gli extracongolesi, altamente sconsigliato fermarsi per strada e nel caso si rendesse necessario chiedere informazioni abbassare il finestrino di quel poco per farsi sentire. E’ sulla scia di questi timori che quando a Lombolo un paio di militari fanno segno di fermarci l’idea che il nostro viaggio si concluderà qui si fa strada come una certezza, del resto cosa aspettarsi da un sinistro militare incazzato che in una zona così a rischio accompagna la sua richiesta di documenti con due colpi sulla carrozzeria di Gazelle? Vanni scende e porta libretto e passaporti al capo pattuglia in panciolle sull’altro lato della strada che divide in due questo mercato senza bancarelle. La tensione si scioglie quando Vanni torna sorridente con tre militari al seguito muniti di filo di ferro ed a fatica trattengo una risata quando vedo che iniziano zelanti a fissare i supporti danneggiati della tenda. Vanni è un genio! Qualche sigaretta, una bottiglia di whisky in omaggio e quattro piccole ananas acquistate al mercato tra il mormorio dei presenti che abbandonata l’ostilità diffondono l’importante notizia lanciata da un militare al lavoro. Non siamo né statunitensi né inglesi ma solo due innocui italiani. Ripartiamo. Qualche rudimentale ponte scandisce la strada devastata e le rotaie della ferrovia fanno immaginare collegamenti forse più rapidi di questo …. capanne, foresta e Mindouli che conquistiamo nel pomeriggio e che ci offre il confortevole hotel Sir Mour dove alla cortesia del personale si sostituisce presto la scortesia ostile degli altri compresa la cuoca che desidera la mia collaborazione in cucina quando lo deciderà lei…. insomma dovrò preparare la nostra cena in quella che sembra una cucina collettiva, forse l’ultimo colpo di coda del regime comunista tramontato nel relativamente recente 1992.

29 Gennaio 2012

MINDOULI – BRAZZAVILLE

Bastano due numeri per rendere l’idea delle condizioni della strada fra Mindouli e Kinkala, 5 ore e 60 km. Una delle avventure più intense vissute sulle strade africane dal Cameroun al Congo, appassionante ed intensa anche da un punto di vista umano per il cameratismo e la complicità che ha creato nel momento del superamento di ostacoli comuni. Bianchi e neri, camionisti e contrabbandieri di auto, autisti di minibus e passeggeri, bambini curiosi e volenterosi signori che trovandosi nei pressi dei luoghi più critici hanno aiutato a stendere tronchi di legno in guadi fangosi, infine noi e Gazelle che ha superato ruggendo ogni difficoltà grazie al suo motore instancabile, finalmente ad esprimere tutta la potenza accumulata nella sua lunga vita, una leonessa! Un’auto alla volta, rumore di motori spinti al massimo, lamiere colorate, schizzi di fango, suggerimenti urlati, un’auto non ce la fa ed altri rami vengono spinti sotto i suoi pneumatici. Poi i solchi profondi e ondulati che sbilanciano il pesante carico di tir in colonna. Polvere, fango e qualche sigaretta ceduta con un sorriso complice. Uno sballo che ci dà energia, una mattinata fantastica. L’aspetto della patinata Kinkala è ora una stonatura così come l’asfalto e la tediosa esagerata sequenza di posti di blocco di polizia ed esercito fino a Brazzaville, la modesta capitale oggi quasi deserta. Un comodo letto all’Adonis e la pasticceria Le Mandarin.

30 Gennaio 2012

BRAZZAVILLE

L’esercito è ovunque sotto forma di tute mimetiche e baschi viola, Brazzaville è come una grande caserma nella quale circolano centinaia di taxi verdi e scassati, solo al terzo posto si classificano i suoi abitanti a volte scassati come i taxi sui quali salgono. Oltre il grande fiume Congo, ad un paio di chilometri dalla sua riva c’è Kinshasa la cui skyline vediamo alzarsi negli sporadici alti edifici del centro, impossibile fotografarla senza rischiare di essere impallinati. Come tutte le capitali anche Brazzaville è soggetta ad emboutillages che bloccano le strade ed ora anche noi che procediamo sul taxi per un tour che comprende un paio di edifici che non voglio perdermi, il bianco Hotel De Ville superbo esempio di architettura razionalista e la torre della TV che si alza gialla e costolonata la silouette cilindrica flessa al centro come stretta da un corsetto. Infine la stazione dei ferry dove andiamo per raccogliere informazioni in vista del nostro passaggio in RDC a bordo del traghetto per Kinshasa. Non ne raccogliamo nessuna e sbianchiamo pensando a quando fra un paio di giorni dovremo cercare di ottenere due timbri sui nostri passaporti e su quello di Gazelle, dove? e quali sono gli orari dei traghetti?… un mistero che non viene svelato dall’ unico impiegato che vediamo seduto dietro una inferriata contro la quale rimbalziamo in vista di una risposta che ci verrà data domani mattina alle sette e trenta dal suo collega che dovrebbe apparirci dietro la griglia accanto alla sua, al cinquanta per cento mente. Intorno a noi una Lourdes africana popolata da poliomielitici seduti su rudimentali carretti di metallo carichi di sacchi accatastati dietro di loro. Alcuni ragazzi le spingono con fatica arrancando sul piano inclinato che collega al mercato nero in città…. sporchi e infarinati gli invalidi seduti in testa cavalcano il bottino con sorrisi tirati in vista del misero guadagno seppur esente da tasse doganali. Unici a poter sfruttare questo vantaggio e sfruttati per questo in cambio di pochi soldi sfilano producendo lo spettacolo grottesco e inquietante del quale ora siamo spettatori. Dopo aver dribblato a fatica il tentativo di ruberia da parte del tassista recuperiamo alla grande con una cena al Mami Wata, tirato e con vista fiume. Tra pochi giorni saremo sotto le luci che vediamo in lontananza, a Kinshasa, la capitale con una altissima percentuale di abitanti sotto la soglia di povertà e per questo pericolosissima.

31 Gennaio 2012

BRAZZAVILLE – LESIO’ LOUNA GORILLA RESERVE

A questo punto non ci sono alternative, se vogliamo vedere i gorilla dobbiamo osservarli in cattività, appena nati o poliomielitici, coronando così con un facile avvistamento un desiderio nato fin dall’Italia, quando avevamo dato per scontato di poter archiviare nella nostra memoria le immagini di un discreto numero di gorilla, quelli grandi, grossi e incazzati. E’ per questo che rassegnati e curiosi ci avviamo verso la riserva Lesiò Louna che troviamo oltre il villaggio di Mah, al termine della pista che attraversando lievi pendii verdi sfiora il Lago Blu e termina nella selva. Il campo è al centro di una piccola radura, poche casette di legno scuro a palafitta, una grande veranda circolare protetta da zanzariere, farfalle colorate, un gatto grigio e stranamente una antilope stile bamby affettuoso come un animale domestico. Tutto molto piacevole ma il campo è deserto ed all’imbrunire iniziando a temere il peggio recuperiamo le torce, lo scatolame per la cena e sopraffatti dalla noia iniziamo a fantasticare circa un eventuale temutissimo attacco che dobbiamo essere pronti ad affrontare. Immedesimatosi così nel ruolo di macho pronto a tutto Vanni inizia ad allenarsi falciando qualche ramo, dato che i gorilla stanno diventando per noi sempre più una leggenda perché non farne parte dando sfogo almeno alla nostra fantasia?

01 Febbraio 2012

LESIO’ LOUNA GORILLA RESERVE – BRAZZAVILLE

Infine qualcuno è arrivato ed ora siamo gli unici spettatori dello show dei gorilla bebè. Li avevamo immaginati piccoli e con le labbra sporgenti a succhiare le tettarelle dei biberon, ma li vediamo abbastanza grandi da sembrare adulti. Ora stanno giocando scatenati esibendosi in qualche tuffo nel fiume che ci separa da loro, si azzuffano, si arrampicano sugli alberi e battono le mani aperte sul petto per esprimere la loro gioia. I visi enigmatici inquadrano occhioni umani che guardano curiosi e le loro gambe si incrociano l’una dietro l’altra simulando una posizione alla Charly Chaplin, infine la loro spontaneità che fa passare in secondo piano la forzatura di questo che avevamo immaginato come uno spettacolo circense. Riassumendo i quindici minuti che ci sono stati concessi sono volati via in un baleno. …. costosissimi ma illuminanti. Il boss del campo ci ha infatti svelato un particolare che ha dato un diverso significato al gesto che ha reso King Kong tanto temibile. I gorilla infatti battono i pugni sul petto quando sono contenti o quando vogliono dimostrare la loro superiorità nei confronti di un altro maschio, quando attaccano emettono invece una serie di bacetti e poi fanno volare l’avversario contro un albero…. particolare che li rende simili per intenzioni agli umani di sesso maschile. Gratificati rinunciamo volentieri al gorilla poliomielitico che avendo problemi di masticazione viene nutrito in un altro campo, un avvistamento troppo triste per valere le due ore di viaggio da qui.


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