12 Dicembre 2006

GRANADA – TEGUCIGALPA

Non possiamo ripartire da Granata senza prima avere percorso la calle La Calzada verso il lago Nicaragua. Vi si affacciano alcuni edifici coloniali a due piani decorati in stile moresco che si stagliano tra le costruzioni recenti, più basse e decisamente sobrie. E’ una bella giornata di sole quella che ci accompagna nella passeggiata mattutina, cerchiamo l’ombra dei pochi alberi ed arriviamo in una ventina di minuti alle acque livide del lago dal quale si innalzano le alte montagne. Il lungolago è sotto tono … almeno la mattina…non c’è anima viva! Passiamo quindi al museo ospitato all’interno dello storico convento di San Francisco, dove vediamo alcuni petroglifi recuperati sull’Isla Zapatera. Il cattivo stato di conservazione delle statue, ci fa appena riconoscere le figure sbozzate nel basalto vulcanico più di 1000 anni fa. Sono figure antropomorfe metà uomo e metà animale ( lucertola, giaguaro o tartaruga). Partiamo poi da Granada verso il confine di nuovo…questo nostro soggiorno in Nicaragua è stato un lampo, praticamente solo una notte. Del resto nemmeno da un punto di vista paesaggistico ci sembra che valga la pena esplorarlo più a lungo…nemmeno una sosta al mercatino di Masaya ci fa cambiare idea. Anche qui tutto sembra essere finto, anche gli oggetti in vendita nei tanti negozietti del mercato sembrano genuini, comunque comperiamo un porta sigari ed una custodia per occhiali di coccodrillo come regalo di Natale per Vanni….e passiamo oltre. Dopo il confine le cose non cambiano poi molto, se non per le montagne sulle quali Carolina si arrampica infaticabile…La vegetazione gradualmente si trasforma ed ora dal finestrino vediamo solo abeti….siamo quasi a 2000 metri di altitudine. 1000 metri più in basso adagiata su di una grande vallata, Tegucigalpa ci appare sotto le luci del tramonto. Ricorda un po’ La Paz con i suoi tentacoli di case protesi verso le colline limitrofe. Siamo arrivati nella capitale dell’Honduras, incasinata e puzzolente….ma l’hotel Honduras Maya, moderno e lussuoso ce la mostra dal suo punto di vista migliore…dall’alto del nostro ottavo piano ne percepiamo la morfologia complessa fatta di luci e insegne al neon degli edifici più alti. Ceniamo al ristorante dell’hotel, decisamente sotto tono ma con apparecchiatura natalizia. Gaia freme per raggiungere al più presto il mare.

13 Dicembre 2006

TEGUCIGALPA – LA CEIBA

Siamo tutti di pessimo umore. Il tempo instabile alterna acquazzoni a pioggerelline lievi, ma il cielo è costantemente grigio e la strada che ci separa dalla costa sembra non finire mai per via delle strade un po’ disconnesse e strette. Arriviamo alle 4 del pomeriggio in quello che dovrebbe essere il centro più vivace sulla costa honduregna, ma lo troviamo sporco e triste, anche La Ceiba non ci piace. Ci avviamo veloci al traghetto che partirà tra soli 30 minuti ma scopriamo nostro malgrado che non possiamo imbarcare l’auto. Tragedia, ovvero pausa di riflessione. Vanni si informa presso un grasso meticcio di nome Miguel che gli dice che l’auto può viaggiare ma su un’altra barca che arriverà domani mattina e che salperà solo alle 10 di sera ad un costo di 300 $ andata e ritorno. Ma cosa faremo nella triste La Ceiba fino a domani sera? Inoltre spenderemmo 100 $ in più rispetto al costo dei nostri biglietti di passeggeri ed il parcheggio sicuro di Carolina in garage. Va da sé che Carolina rimarrà sulla terraferma mentre noi andremo domani mattina con il ferry all’isola di Roàtan . Nel frattempo l’hotel migliore della cittadina è davvero ordinario, si tratta dell’hotel Paris, caldamente consigliato dalla guida come il migliore del centro. Comunque costa poco, ci diciamo come per consolarci, e domani ci aspetta l’isola mozzafiato. Anche Gaia sembra accettare di buon grado la sistemazione in vista del tanto agognato mare… Nel frattempo cerco in internet una sistemazione sull’isola….e vedo il top : l’ “Island Pearl Resort” mi appare come un miraggio, con le sue quattro cabanas di legno a due piani collocate all’ombra delle palme a due passi dalla spiaggia bianchissima. Faccio telefonare dal ragazzo della reception ed è fatta! Domani ci aspettano…ci sarà una cabana tutta per noi. Comunico a Vanni e Gaia la bella notizia ed i loro sorrisi mi rispondono in modo eloquente. Ceniamo benissimo nel ristorante da Ricardo’s, con ottime bruschette ed una favolosa corvina a la plancia con papas a la frenceisa. Poi a nanna , tra le grigie lenzuola ed i cuscini grumosi…cosa pretendiamo…siamo in Honduras!

14 Dicembre 2006

LA CEIBA – ROATAN

Alle 8.45 della mattina siamo al porto per l’imbarco. Scendiamo a fatica dal taxi per via del fango sulla stradina, e quando Gaia ed io proviamo a camminare le nostre infradito sembrano incollate a terra. Meglio muoverci con decisione o non saliremo mai su quel ferry. Saliamo a bordo e via, l’aliscafo parte sul mare piatto ma con onda lunga, chiudiamo gli occhi e dopo poco più di un’ora eccoci a ritirare i bagagli tra le orde dei locali come noi appena sbarcati. Siamo arrivati dall’altra parte dell’isola, a Port Royal, tra due relitti arrugginiti di navi affondate. Patteggiamo per un costo di 25 $ con il taxista e dopo mezz’ora circa siamo ad affrontare le enormi pozzanghere della stradina di ingresso al resort, sembrano delle piccole paludi, più adatte agli hovercraft che non ad una berlina. Comunque ce la facciamo e Lilà, la gentilissima gestrice del Pearl Island , ci accoglie con calore. E’ canadese, del Quebec, e nota positiva, parla francese. Entriamo nella nostra casetta costruita con pietra e legno su un lato del giardino di palme ed altri alberi tropicali. E’ accogliente e colorata, con una serie di spazi esterni a complicarne la volumetria e l’uso. Entriamo dalla veranda tutta di legno arredata con divanetti di legno con cuscini dai tessuti colorati ed amache e attraverso la porta scolpita a bassorilievo con foglie ed animali accediamo alla zona giorno . Gli stessi motivi decorativi scopriamo sulla porta del bagno che ci sorprende per la bellezza della doccia alla quale si accede scendendo un paio di scalini che portano ad un grande invaso a mosaico azzurro. Sui lati ancora mosaico ma fatto di grandi piastrelle rotte ( alla Gaudì ) dai colori in sintonia con il colore arancio delle pareti. La camera di Gaia contiene solo un paio di lettini ma si affaccia sull’ombrosa veranda, la nostra invece è in cima ad una stretta scala di legno , grande quanto tutto il piano terra e con un profumato pavimento di legno rosato. Sulle pareti verdi alcuni quadri di artisti locali ed al centro del soffitto a capanna un ventilatore dalle pale di legno che fa molto old-stile coloniale. Una grande porta vetri accede al nostro terrazzino privato che riprende la forma semicircolare del bagno sottostante. La luce qui arriva fioca, filtrata dai frangisole di legno che lasciano intravedere la vegetazione e la spiaggia di sabbia bianca a non più di dieci passi dalla porta di casa. E’ tutto perfetto qui…tranne il tempo che oggi ci riserva solo nuvole. Da giorni, dice Lilà, non si vede il sole qui a Roatàn…Gaia ne sembra preoccupata..in fondo siamo venuti fin qui proprio per questo! Vado comunque alla barriera corallina dove capisco quanto sarà divertente per me questo soggiorno alla isla.

15 Dicembre 2006

ISLA ROATAN

Ci svegliamo presto accarezzati dalla luce fioca che entra dalle finestre, ancora stesa vedo le foglie verdi degli alberi vicinissimi. Abbraccio Vanni che al contatto si risveglia in tutti i sensi mentre Gaia al piano di sotto sta facendo colazione. Scopro che con il mio cellulare non riesco a telefonare in Italia…insomma questa Vodafone mi ha già delusa… volevo proprio fare gli auguri a mia madre! Oggi non c’è nemmeno una nuvola ed il sole alto esalta il bianco della sabbia ed il turchese del mare. Non resisto oltre ed armata di pinne, maschera e macchina fotografica vado nuotando verso la barriera corallina. Descrivere la meraviglia di pesci colorati e di vegetazione che mi si offrono è riduttivo rispetto all’emozione che sempre sento quando mi trovo immersa in tanta bellezza! Al ritorno verso riva vedo anche una grande manta, la mia prima, che piega l’estremità delle sue ali in un movimento armonioso con il resto del corpo e della lunga coda nera. Ma ecco vedo anche il pungiglione e mi allontano velocemente guardando ogni tanto alle mie spalle. Che emozione! Torno una seconda volta con una nuova macchina fotografica ma della bellissima manta non c’è traccia . Sob! C’è ancora un sole meraviglioso eppure l’aria è perfetta… né calda né fredda, si sente solo un gradevolissimo tepore. Gioco con una bimba nera di nome Ester, ha quattro anni ed è bellissima con tutte le sue treccine con fermagli colorati . Le insegno qualche gioco e poi le apro un file sconosciuto facendole provare la mia maschera con boccaglio. Ne è entusiasta e la usa fin quasi al tramonto, ma quando gliela sottraggo direi con la forza scoppia in lacrime. Le regalo allora una vecchia maschera di Vanni ma lei se ne lamenta dicendo che le è grande…cosa non vera. Certo le piaceva di più la mia trasparente e seminuova. Mi sento perseguitata e non ne posso più di questo esserino appiccicoso che finalmente ad un certo punto inizia a seguire la madre. Nel frattempo Gaia ha conosciuto tutti i ragazzi papabili della spiaggia che non le lasciano un momento libero…ma uno in particolare le piace , un certo Willy che lavora al ristorante Pomodoro a due passi da noi. E’ paraguaiano ed in effetti il più carino …va da se che anche questa sera consumeremo lì la nostra comida , tra sguardi rubati e qualche battito insistente delle ciglia….ma che carini. A cena finita mentre stiamo uscendo dal ristorante il commento è unanime : Willy è come quasi tutti i maschi un po’ stronzo! Studio le istruzioni della nuova camera da sub digitale…fino a quando non mi si chiudono gli occhi.. mi sostiene il pensiero che domani sarà un gran giorno con quei 75 fotogrammi a disposizione.

16 Dicembre 2006

ISLA ROATAN

Esco tardi con Vanni per una passeggiata lungo la spiaggia. Il sole è abbagliante ed il mare sempre turchese. Lilà mi chiama appena rientrati….è arrivato il pescivendolo che ci aspetta con un macchinone in fondo all’ingresso della proprietà, vendere pesci deve essere un’attività estremamente redditizia qui sull’isola! Comunque con 15 $ riesco a comprare 4 aragoste e più di una libbra di grossi gamberi…ma senza troppo entusiasmo di Vanni che mi lascia sola nel mio pranzetto prelibato a base di aragosta e ananas…strano accostamento ma è. l’unica cosa trovata nel frigorifero che pensavo di poter abbinare…la spesa dell’altro ieri non prevedeva grandi performances ai fornelli, così avevamo provveduto solo alle colazioni ed ad una eventuale spaghettata in casa se una sera non avessimo avuto voglia di uscire., ma ora un po’ di salsa rosa l’avrei davvero apprezzata. Esco finalmente alla recife con la digitale e mi scateno…ben 70 foto scattate con grande soddisfazione. Rientro e senza quasi asciugarmi cerco di scaricarle sul pc…ma che difficoltà! Devo installare un programma e poi ancora fare dei tentativi ed eccole tutte 70 orribili più che mai sullo schermo. Sono arrabbiatissima! …. tutte fuori fuoco e con i colori smorzati! La messa a fuoco sembra essere un’opinione per questo cessetto di macchina. Ci prendiamo un aperitivo al baretto di fianco mentre il sole scende in un bellissimo tramonto. La cena sarà al Pomodoro per una terza puntata della love story.

17 Dicembre 2006

ISLA ROATAN

Sono già le 4 del mattino e Gaia non è ancora rientrata….sono preoccupata non tanto per Gaia che immagino starà divertendosi con i suoi nuovi amici, ma per la porta d’ingresso lasciata aperta mentre dormivamo ed ora ecco l’ansia è già arrivata. La paura di essere stata in pericolo o di poterlo essere ancora nel corso della notte …chiudiamo la serratura e dopo 5 minuti Gaia bussa alla porta. e chiede 15 $ per il tassista, ha l’aria felice…credo sia stata bene. Ma io non riesco a ritrovare la necessaria serenità e dopo mezz’ora di tentativi inutili mi alzo e fino all’alba rimango nel l’accogliente terrazzino, protetta dai pannelli frangisole leggendo un po’ mentre fuori il silenzio della notte è interrotto solo dalla risacca del mare. L’alba arriva con un concerto di cinguettii che pian piano raggiungono intensità quasi assordanti….in pratica sono in mezzo a loro, a pochi centimetri dai rami degli alberi del giardino e li sento come se anch’io fossi in un nido, ma molto più grande del loro e di legno. Improvvisamente sento tutta la stanchezza delle poche ore di sonno e così mi infilo vicino a Vanni e mi dormo fino alle 11. Non male come recupero! Nuotando lungo la costa Un incontro ravvicinato con un grosso pesce mi spaventa un bel po’…sembra uno squalo ma ha due grossi occhi neri…non può essere lui, sono salva! Il mare qui è davvero meraviglioso…ogni volta che lo guardo me ne stupisco…soprattutto la mattina quando i reggi del sole ne esaltano le sfumature dell’intera gamma degli azzurri. Dopo una bella nuotata un po’ di sole e spaghetti all’aragosta che preparo tanto per non perdere l’abitudine al cucinare ed al mangiare pesce, qui a West Bay i ristoranti non fanno pesce ed il “Pomodoro” è un ristorante italiano dove si può mangiare pizza, pasta e qualche insalata. Verso il tramonto vado con Gaia, armate di backgammon , al baretto di fianco e per la prima volta assaggio la buonissima Pinacolada. Anche se sono quasi ubriaca la batto 3 a 2 quando ormai le luci del tramonto si sono spente ed un grande rotvailer riposa accovacciato di fianco a noi. Andiamo quindi alla piscina del Pomodoro dove ormai siamo di casa e sbagliando ordino una Caipirina anziché la Pinacolada mentre Gaia decide per un tuffo e viene subito intortata da un ragazzo americano che fa il water…e che non la molla un attimo. Batto in ritirata lasciandole a bordo piscina il drink ed un po’ di privacy. Vanni è ancora a casa…non si è mosso oggi ed ha finito di leggere “La porta proibita” di Terzani iniziato ieri. Ha trovato pare in questo autore che anch’io adoro, un buon filone da seguire. Ancora non si è ripreso principalmente dalla sua pigrizia, in secondo luogo dalla labirintite che ancora lo rende instabile. Povero cucciolo. Inizio ad essere insofferente a questa sosta forzata in questa parte dell’isola anche se ne è la parte migliore vorrei spaziare un po’ di più, vedere gli altri cayos, anche se non sono vicinissimi, ma tutti hanno detto che gli spostamenti in idrotaxi sono carissimi e in vacanza con due pigroni così cercare di fare altro sarebbe donchisciottesco, dovrò rassegnarmi quindi a trascorrere un’altra settimana tra questi 100 metri di spiaggia bellissima , la barriera corallina, la nostra villetta ed il ristorante Pomodoro!……ogni commento è superfluo…so che c’è di molto peggio!

18 Dicembre 2006

ISLA ROATAN

Mi sveglio con la sensazione di aver dormito moltissimo, cerco la mia tazza di tè sul comodino ma anche oggi non la trovo…Vanni deve essere in ferie. Arriviamo tutti sulla spiaggia in ordine sparso e dopo poco passa Pascal, il gestore del resort assieme a Lilà, che si ferma per un saluto…la lingua che userà per parlare è sempre una sorpresa, più o meno gradita a noi, visto che ne conosce tre a menadito. Ne approfitto per chiedergli, in un mix di inglese e francese, tanto lui capisce tutto, se nella baia ci sono squali, e la risposta mi solleva moltissimo. Va da sé che subito dopo, partivo in perlustrazione , ed anche Vanni mi ha accompagnata per un po’, di tutte le varietà dei bellissimi pesci del rif e delle favolose concrezioni di corallo e della vegetazione tutta. Che soddisfazione infinita ora che posso fare tutte le nuotate che voglio serenamente. Figuriamoci che a questo punto non avrei disdegnato nemmeno di rivedere la grande manta dell’altro giorno…che un po’ di timore me l’aveva pur fatto venire. Sole …sole… sole..- Lilà dice che è quasi un miracolo questo bel tempo in questa stagione. Abbiamo delle buone vibrazioni, dice quando la incontriamo al “Pomodoro” mentre beve una birra aspettando un gruppo di ospiti. Noi invece siamo in attesa di un taxi , questa sera ci concediamo un colpo di vita: andremo a cena al ristorante “ Lighthouse” a West End., ad una manciata di chilometri in linea d’aria ma collegato da una strada che si arrampica sulla montagna che ci divide. West End non ha nemmeno le strade asfaltate ed alle 19.30 non c’è quasi più nessuno per strada. Ci incamminiamo con Vanni sempre dondolante verso il ristorante, abbandoniamo la strada principale, ed attraverso stretti passaggi tra le case arriviamo sulla spiaggia in quello che ci appare come una grande palafitta con terrazze aggettanti sul mare. Ci colpisce subito un odore misto di cucina ed acqua stagnante, e considerando che siamo all’aperto, la cosa non ci rassicura. All’unanimità decidiamo per un tavolo nella terrazza coperta, il più vicino alla staccionata, mentre Gaia ed io ordiniamo due Mojito forse nella speranza di cadere in uno stato di oblio che ci intorpidisca l’olfatto, per Vanni il solito vaso de vino tinto. L’appuntamento con il taxi è alle 22, ma alle 21 abbiamo già terminato, accompagnata da pioggia scrosciante, quella che è stata una cena senza infamia né lode. Vanni conclude bellamente con un paio di Jegermaister, non si sa come finito sulla mensola del bar, che gli costano la cifra spropositata di 8 $. Si incazza ed usciamo. Ancora una piccola passeggiata e per fortuna il taxi arriva con anticipo…siamo salvi!

19 Dicembre 2006

ISLA ROATAN

Oggi diluvia ma per fortuna l’internet del Resort è connesso e mi precipito a scrivere con grande soddisfazione alle mie amiche più care. E’ un tale piacere per me comunicare con loro quando sono lontana, che oggi rimango incollata alla tastiera per più di un’ora…mentre Lilà e suo marito circolano discreti nell’ office. Per giorni non ho potuto farlo e questa giornata di cielo, mare e tutto quanto grigio è adatta a tirare le fila delle varie situazioni italiane…sono così carine le mie amiche che se potessi le porterei con me. Comunque la giornata, nemmeno tanto lentamente, scorre tra e-mail, aggiornamento del diario ed archiviazione delle foto, lettura e merende a base di panettone (portato in valigia dall’Italia) e pinia. Poi al baretto di fianco dove Manuel ci prepara due pinacolade con troppo rum che beviamo ascoltando Bob Marley….tutto sembra essere troppo da copione, ma in fondo queste cose sono diventate un mast perché è un piacere farle! Cena come sempre al “Pomodoro” ed a casa presto.

20 Dicembre 2006

ISLA ROATAN

Oggi il sole ci saluta con un caldo buongiorno. Colazione in veranda con visita di Lilà che vorrebbe essere pagata oggi per il nostro soggiorno che terminerà solo il 23 mattina, incazzatura di Vanni che non vuole pagare il 4% di commissioni per la carta di credito, mio sopralluogo alla barriera corallina per vedere i bellissimi pesci colorati che amo. Quando sono tra loro il mio piacere è assimilabile a quello che proverei ascoltando un bel concerto di Hayden o vedendo un bel quadro di Lissisky….insomma credo che la naturaleza raggiunga qui una delle sue espressioni più alte, per la vivacità dei colori, la molteplicità delle forme, per l’eleganza dei movimenti e per la leggerezza legata al galleggiamento ed alla perdita del peso e quindi la percezione inusuale della propria corporeità… io ne approfitto più che posso e ne esco sempre più felice di prima. Potrebbe essere una buona terapia anti stress…. credo. Vanni arriva in spiaggia dopo essere stato in banca con Lilà, come sempre inizia a leggere un libro e si isola così da tutto, me compresa. Nessuna reazione se non un laconico monosillabo di risposta alle parole che ogni tanto gli lancio…lui invece non è nel suo elemento…ma presto raggiungeremo Carolina ed i chilometri di strade da percorrere, attraverso i quali proprio come una dinamo lui si ricaricherà di energia.

23 Dicembre 2006

ISLA ROATAN – RUINAS DE COPAN

Alle 5.45 del mattino il tassista aspetta all’ingresso del resort…tramortiti ci congediamo da quella che è stata la nostra casa per 10 giorni salendo sull’auto scassata che chissà se riuscirà a superare il lago sulla strada. Arrivati al ferry vediamo una grande massa umana in fila per il biglietto e immediatamente il torpore lascia il posto all’agitazione. Possibile che per noi turisti non esista una qualche scorciatoia, un qualche privilegio? Mi metto alla fine di quella che stranamente appare come una fila ordinata mentre Vanni in qualche modo si mobilita per trovare la scorciatoia e Gaia controlla i bagagli. Dopo 20 minuti abbiamo i biglietti, comprati da un bagarino per 40 $ in più ( l’equivalente di due biglietti di sola andata), che ci consentiranno di non perdere il prossimo ferry che partirà solo alle 9 anziché alle 7 come previsto. Le tre ore che seguono, trascorse nella stipata sala d’attesa, rappresentano per noi uno stress incredibile ma allo stesso tempo una grande lezione sulla stupidità e sporcizia del popolo hondurenio. Diventare razzisti è un attimo, e noi abbiamo avuto ben tre ore per diventarlo….ferocemente. Rumore, un acidulo odore di pelle scura, look natalizi kitch da morire, allattamento di bambini sudaticci avvolti nei loro pannolini sporchi. Li vediamo attendere bovinamente in fila per ore quando avrebbero tranquillamente potuto aspettare seduti, il ferry che tutti noi avremmo preso, mentre i bambini sfrecciano da tutte le parti urlanti, a volte in lacrime, ma sempre terribilmente sporchi e dai visi ebeti …tutti stipati gli uni sugli altri in file inutili. Quello che ci ha infastidito in seguito, quando la fila per salire era necessaria, è stato il contatto fisico con loro, che sempre ci aderivano irrispettosi dei minimi spazi vitali…un disastro!…ma finalmente saliamo e dopo poco scatta il privilegio di essere europei…Gaia ed io veniamo invitate in prima classe, mentre Vanni nel frattempo si era perso nel bar del ferry. Ritrovare Carolina a La Ceiba è stato per noi come ritrovare casa. Il lungo viaggio verso la Ruinas de Copan scorre lento ma poi dopo quasi sette ore atterriamo già tardi all’ hotel Marina de Copan, il migliore qui, pieno di cortiletti e piccoli giardini con piante e fiori tropicali , fontanelle e percorsi d’acqua, dove ci sistemano in una grande stanza con tre letti matrimoniali. Dopo una breve cena ci addormentiamo ognuno nel suo lettone, fino al mattino.

24 Dicembre 2006

RUINAS DE COPAN

Giornata dedicata alla visita di quella che è stata la più estesa città Maya del Centro America, sviluppatasi nel periodo compreso tra il 426 d.c. e l’800. Tra gli edifici vediamo ritte sul terreno innumerevoli bellissime enormi stele decorate ad altorilievo e rappresentanti i vari re che si sono succeduti nel corso dei pochi ma intensi secoli di splendore della città. Sculture che fanno di questo sito un unicum all’interno della cultura maya. Siamo tutti molto interessati a ciò che ci mostra Modesto, la nostra guida indio, non più giovane ma preparata ed estremamente cordiale, che ci accompagna tra le varie costruzioni tra cui bellissima la piazza del gioco della pelota , l’acropoli e la grande scalinata sulle cui alzate vediamo scolpiti i simboli che tracciano la storia delle varie dinastie che si sono susseguite nei secoli in questa città. Interessante anche il museo dove sono state ricostruiti vari edifici tra cui bello quello dello scrivano ed alcune notevoli sculture. Rientriamo stanchi per la lunga passeggiata e per il caldo che ci ha accompagnati nel corso della visita ma andiamo comunque io e Gaia ad esplorare il paesino che si sviluppa attorno al nostro hotel e vediamo un bel mercato, quasi nascosto all’interno di un anonimo quartierino, molto verace e dove la presenza di turisti, capiamo nel frattempo non deve essere così frequente, ma è comunque tollerata, ed un cortile, sul quale affacciano povere abitazioni, tutto ricoperto di chicchi di caffè ancora chiari, stesi ad essiccare. Ceniamo in hotel con un sottofondo musicale discutibile, eseguito da un gruppo di signori del luogo che strimpellano numerosi su di un grande xilofono. Ma ormai è buio pesto e là fuori è tutto un esplodere di petardi ….sentiamo che è arrivato il momento di far esplodere i nostri fuochi d’artificio comprati questa mattina in una bancarella del paese …ma dove? Pensiamo al parcheggio dell’hotel e andiamo…il custode ci guarda divertito mentre Vanni prende una cassa di bottiglie vuote dove infilare i bastoncini di legno alla base di quelli che sembrano dei piccoli razzi. Le sei esplosioni colorate…le mie prime…mi rendono felice come ogni volta che faccio qualcosa che mi fa sentire un’adolescente….e poi questo stupore che accompagna il vedere i fuochi come tanti piccoli miracoli. Insomma ci divertiamo tutti molto, forse per motivi diversi o forse no. Decidiamo di rientrare quando un razzo, lanciato nella nostra direzione e ad altezza d’uomo da un idiota locale, quasi ci colpisce . Il paese sembra impazzito…strano modo di festeggiare il natale… Gli scoppi proseguono anche dopo il nostro rientro, come se fossero lanciati sotto le finestre della nostra camera, fino alle due del mattino….un delirio!


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