18 gennaio 2015

ESPERANCE

Lasciamo il Cocklebiddy Motel con il sollievo di chi si lascia alle spalle un’aquila rinchiusa nella voliera e tanta durezza, è il luogo più desolante nel quale ci sia capitato nostro malgrado di soggiornare, nient’altro che una stazione di servizio sulla Eyre Highway al termine degli 845 km percorsi da CEDUNA nel NULLARBOR PLAIN, il deserto senza alberi. Ancora 403 km e siamo a NORSEMAN per una breve sosta tecnica nel piccolo centro abitato nonché importante crocevia tra il mare e l’Outback. Poi finalmente dopo i complessivi 1248 km percorsi puntiamo verso l’Oceano Indiano che si trova 185 km più a Sud. Entriamo ad ESPERANCE attraversando l’abbagliante lago salato in secca che precede la periferia, interessante per Vanni che spingendo piano il pedale dell’acceleratore riesce a mettere già a fuoco sui fronti i potenziali obiettivi dei prossimi giorni, viaggiare con Asia, fuoristrada con una lunga storia, gli permette di creare i necessari personalissimi diversivi al soggiorno in città. Raggiungiamo la nostra 55 al Comfort Inn sulla Esplanade ed esploriamo i dintorni stupendoci delle piccole dimensioni della cittadina rispetto alla sua grande fama. Il lungomare ordinato e ben disegnato con aiuole, alberi ad alto fusto e prato all’inglese si sviluppa su un percorso sinuoso adiacente alla stretta lingua di sabbia bianca, la spiaggia meno frequentata del litorale, ne capiremo solo dopo il motivo. La prima cosa che abbiamo pensato è stata invece che tanta bellezza avrebbe potuto essere più apprezzata, più partecipata ma le modalità australiane sono diverse per cultura, dimensioni e possibilità e così questo piacevole strutturato lungo percorso dai colori pieni come quello del mare sulla sabbia bianca non ha un pubblico. Dove saranno andati tutti quanti? …. certo il vento forte di oggi non aiuta ma non scoraggia la signora intenta a cucinare sul barbecue anch’esso ben collocato nel contesto. Il pic-nic si conferma al primo posto nella graduatoria delle abitudini culinarie della nazione.

19 gennaio 2015

ESPERANCE

Il meraviglioso CAPE LE GRAND NATIONAL PARK termina sul mare con una sequenza di quattro spiagge bianche divise da rocce granitiche a panettone…. Così belle da sembrare un lungo depliant aperto. A cinquanta chilometri dalla cittadina, lo raggiungiamo deviando dalla Merivale Road lungo la strada secondaria che attraversando distese di campi a pascolo arriva alle prime formazioni rocciose tondeggianti che sempre più basse raggiungono ed affondano nel mare. La Grand Beach è perfetta, lunga, selvaggia e color ghiaccio la scegliamo come sfondo sul quale non sarà difficile inquadrare solo Vanni in posa attorno ad Asia, oltre a noi ci sono solo le tracce di un fuoristrada sulla sabbia resa compatta dalle maree. Particolarmente esposta al vento preferiamo trascorrere qualche ora nella successiva Hellfire Bay, meno estesa ma sempre al meglio. L’acqua turchese e fredda dell’oceano ed un gruppo di giovanissimi surfisti sul mare quasi piatto. Nonostante sia evidente quanto gli australiani amino il barbecue la lunga piastra rettangolare che precede la spiaggia del parco naturale sembra eccessiva, eppure eccola già in uso a metà pomeriggio, accanto all’ombra della tettoia dove sarà allestita la cena, frigoriferini da pic- nic ed un paio di famigliole in attesa, teli da mare sulle spalle di bambini annoiati. Rimaniamo stesi sulla sabbia abbastanza a lungo da vederli partire e con loro un gruppo di adolescenti arrivati solo per un lungo bagno. La famigliola di aborigeni arriva tardi, quando la luce già bassa del sole colora la sabbia di rosa ed il momento diventa quello migliore per la lunga passeggiata che facciamo godendoci il vento fresco ed il mare che arriva con una debole risacca sulle nostre caviglie.

20 gennaio 2015

ESPERANCE

LUKY BAY è incantevole, racchiusa tra due vicini promontori di roccia granitica levigata in morbide curve è abbastanza estesa da consentire una bella passeggiata ma così flessa da risultare raccolta. La raggiungiamo percorrendo in discesa la liscia superficie di roccia rossastra che la contiene su uno dei lati, in basso un rigagnolo di acqua sulfurea scorre sulla sabbia perdendosi tra alcuni massi isolati al limite della spiaggia verso il mare. Siamo pochissimi, alcuni arrivano ma non si fermano, infine rimaniamo soli, di nuovo a passeggio ma lontani sul bagnasciuga compatto di sabbia fine e chiarissima. Quando mi giro Vanni sta scavando nella sabbia, mi avvicino, ha trovato un osso di balena e vuole liberarlo completamente per valutare l’entità della scoperta…se solo avessi comperato la vanga per il viaggio nel deserto sarebbe stato tutto più facile…. mi dice continuando a faticare. Impolverati di sabbia ed esausti per aver lavorato a lungo ci sediamo su quello che sembra un trono appoggiato su una grande pinna chiara, è una parte dello scheletro della testa di una grande balena lungo circa due metri e mezzo! Chissà dov’è finito tutto il resto.. Felici e stanchi ci abbandoniamo a terra soddisfatti del ritrovamento del piccolo tesoro. Servizio fotografico e si riparte verso la famigliola di canguri che attraversano a balzi la strada del parco abbastanza lontani da permetterci di rallentare, è sempre una gioia vederli. Percorriamo quindi a velocità ridotta la lunga strada bordata dalla vegetazione che raggiunge la città, contenti di questa magnifica e particolare giornata al parco. Serata al cafe’-bistrot da Pierre l’unico locale aperto dove bere un drink dopo le 20.

22 gennaio 2015

HYDEN – wave rock

HYDEN e’ un centro abitato di poche case che si trova 380 km a Nord di Esperance famoso per la particolare isolata formazione granitica che vi si trova. Essendo questa l’unica attrattiva del luogo arriviamo con comodo nel tardo pomeriggio subito pronti per la visita. Non molto estesa ed alta una decina di metri la roccia è stata modellata dagli agenti atmosferici in superfici curvilinee ed in un suo tratto l’erosione ha creato una superficie verticale scavata come una pittoresca grande onda, da qui il suo nome “WAVE ROCK”. Sono le quattro p.m. e la roccia arroventata dal sole irradia il suo calore anche su di noi che avventurandoci fuori percorso sulla sua sommità finiamo col non trovare la via d’uscita, tutto previsto a giudicare dal basso muretto che delimita in alto la superficie sicura dal rischio di caduta non esistendo confini ma solo curvilinei invisibili precipizi. Il “Wave rock hotel motel” è la seconda attrazione di Hyden, si tratta di un basso edificio a patio degli anni ’70 costruito in rossicci mattoni a vista che conserva in alcuni dettagli il sapore di quel periodo. La camera piccola ma curata si apre sul giardino interno con un’ampia vetrata ombreggiata dalla tettoia, basso sulla parete di fronte c’è il condizionatore originale del periodo, un piccolo capolavoro lustro e perfettamente funzionante, così come il phon ed il ferro da stiro. Ayu Fajar Muftidhati (ayufajarm@hotmail.com) gestisce la struttura con tutta la grazia e la gentilezza di una giovane signora balinese che offre l’impeccabile e sincera accoglienza oltre ad una serie di pietanze speziate fra quelle disponibili al self-service. Per soddisfare la predilezione degli australiani per il barbecue Ayu ha fatto collocare in una parte del bistrò una grande piastra nella quale i clienti possono cucinare la carne esposta in vetrina, nessuno disposto però a farlo per Vanni che rimane a bocca asciutta…

23 gennaio 2015

ALBANY

Dove siamo finiti? L’avevamo immaginata simile ad Esperance con il mare visibile poco dopo la periferia e l’hotel sul lungomare ordinato ed accattivante. Ciò che vediamo invece è un ampio centro abitato steso sulla collina, il mare invisibile, la sciatta periferia ed infine l’hotel Comfort Inn poco confortevole collocato sulla Albany Highway l’arteria più trafficata e rumorosa del centro. Impavidi ne cerchiamo poco dopo le tracce della sua storia ed il mare che troviamo in fondo a York St., visibile ma inaccessibile se non dal pontile adiacente al nuovo spigoloso edificio che accoglie l’Entertainment Centre. Il cielo è scuro di nuvole ed il vento soffia freddo e veloce e noi siamo stanchi ma ottimisti, la città avrà modo di esprimere la sua natura ed il suo interesse nei prossimi giorni, qualcosa dovrà pur essere piaciuta a chi ci ha consigliato di trascorrere qui qualche giorno.

29 gennaio 2015

NANNUP

Le migliaia di chilometri percorsi nell’Outback australiano senza ombre ne’ ostacoli a interromperne la monotonia hanno reso questi ultimi 220 tra ALBANY e NANNUP diversamente rilassanti. La strada costeggia un tratto del NORNALUP NATIONAL PARK che racchiude una delle più belle foreste di eucalipti ad alto fusto del WA ed attraversarle è come muoversi all’interno di un tunnel verde mentre la sequenza serrata di ombra e luce proiettata dalle cime degli alberi sul parabrezza in movimento restituisce un ipnotico effetto stroboscopico …. insomma più che rilassati arriviamo a NANNUP strafatti e forse per questo fatichiamo a trovare la Holberry House, il simpatico B&B nascosto tra la boscaglia di una collinetta animata da sculture. Infine, percorsa la ripida stradina entriamo accolti con sincera cortesia da David, il padrone di casa, e poi nella camera dove la brocca con catino di grossa ceramica beige con grandi fiori rosa appoggiata sul comodino di Vanni è significativa del lezioso Old stile che vedremo fino allo spegnimento della lampada a petrolio, prima che faccia notte. La tranquilla pacatezza del centro abitato è nell’aria, la si respira camminando lungo l’unica strada che lo attraversa impreziosita da alcuni vecchi edifici di legno semplici ma dignitosi come l’Hotel Nannup che ne è l’esempio più significativo oppure in stile decò rivisitato come l’edificio verde del fornaio. Perfino i movimenti degli anziani signori in bianco sono rilassati mentre giocano la loro competizione regionale di bocce sull’immacolato campo verde recintato dallo steccato. È un quadretto indimenticabile, una sorta di versione con bocce di una colazione sull’erba. Facciamo altri due passi per poi accomodarci nel giardino accanto al bar, ombreggiato dai pergolati e dai bassi alberi a ombrello, un luogo delizioso dove bere una birra ghiacciata rigorosamente al ginger dato che in paese il divieto di consumare bevande alcoliche sul suolo pubblico viene rispettato alla lettera. Persino la proprietaria dell’ottimo ristorante “Nannut Bridge” dissuade imbarazzata Vanni che vuole accompagnare la sigaretta ad un buon bicchier di vino sotto la tettoia adiacente alla strada. La signora cerca poi di distrarlo con un piccolo regalo, l’avvistamento del Bandicot appena uscito dai cespugli del selvaggio giardino dove stiamo cenando… un timido topone marsupiale con il musetto a punta che si mostra per un attimo e poi si dilegua veloce.

30 gennaio 2015

MARGARET RIVER

Non tutti i fari possono vantare la posizione strategica di quello che si alza su Cape Leeuwin ad Augusta, le onde di due oceani che si incrociano spumeggiando su uno scoglio proprio nel suo raggio d’azione avviene solo qui e solo per lui. Idian Ocean e Southern Ocean, le cui onde oggi sembrano però arrivare tutte dalla stessa direzione, in sostanza sta vincendo l’Indian Ocean aiutato dal vento fortissimo che ci travolge qui sulla terrazza circolare che circonda la lanterna. La nostra visita quindi termina presto, lo vediamo allontanarsi alle nostre spalle fieramente saldo sulla punta di roccia che si spinge nel mare in burrasca, sempre più sfuocato dall’aria satura di salsedine vaporizzata. Snobbando per il momento le winery per le quali la zona di MARGARET RIVER è famosa non perdiamo il contatto con il mare e spostandoci sulla Caves Rd. deviamo verso PREVELLY … la spiaggia dei surfisti che si rivela essere la scelta migliore. Nel parcheggio solo Land Cruiser di ogni età, qualcuno fuma spinelli perseguendo un modello ormai fuori moda, c’è chi ha l’aria distrutta di chi ha dato tanto altri invece scendono gli scalini verso la breve spiaggia con i loro Windsurf e Kitesurf sotto il braccio o la vela già aperta appoggiata sulla testa. Sono belli, muscolosi e fieri come cavalieri prima della battaglia. Il sole dietro di loro mostra le sagome che si muovono sullo sfondo di uno scintillante bianco e nero, cercano l’ onda al largo, la’ dove il mare monta e rompe in alte pieghe di schiuma bianca. La forza li fa scivolare sulle creste che nebulizzano sotto il vento fortissimo, si inabissano per poi risalire ancora incollati alle tavole, cavalcano di nuovo la successiva, e poi ancora in infiniti e potenti corpo a corpo, altri planano veloci sulle onde appesi ai loro aquiloni, infine lo spettacolo ci entusiasma così tanto da chiarirci le idee circa il mito del surf australiano. La passeggiata lungo il corso di Margaret River diventa banale, ma doverosa essendo l’epicentro di tanta bellezza…. Raggiungiamo infine “The Grove”, distillery, accomodation, cafe. Prenotato a caro prezzo qualche ora fa presso il centro visitatori di Augusta eravamo convinti di trovare il nostro bungalow all’interno di una winery così come richiesto, ma con sorpresa il nostro nido di cento metri quadrati si trova isolato in mezzo al bosco nei pressi di un paio di chalet disabitati. Della winery nemmeno l’ombra, c’è solo un edificio vetrato accanto a due meravigliosi laghetti ai margini di un ampio vigneto, è chiuso e dai diversi cartelli visti lungo la sterrata che attraversa la proprietà’ vi si vende pizza a 18 $. Sono le 18.45 e non abbiamo nulla da mangiare, Margaret River è lontana e Cowaramup, il centro abitato più vicino che raggiungiamo in emergenza è deserto, non rimangono che la scatoletta di piselli e mais mixata con quella di tonno, le razioni di sopravvivenza che portiamo sempre con noi.

31 gennaio 2015

MARGARET RIVER

La mattina è mia abitudine tergiversare, figuriamoci se la vetrata di fronte al letto inquadra il bosco e la candela alla vaniglia accesa ieri sera emana ancora il suo profumo. Partiamo con agio imboccando la Caves Rd. e dopo una breve deviazione verso il mare siamo fermi ad osservare dall’alto di un dosso una tra le più belle spiagge viste finora nel Western Australia, la REDGATE BEACH. Stranamente poco frequentata la vediamo frammentata da gruppi di basse rocce che inabissandosi nel mare proteggono la spiaggia dalle onde più alte, l’acqua è turchese ed è un peccato lasciarla. Le winery però non attendono ed un paio di degustazioni prima di ripartire dovremo pur farle essendo questo l’obiettivo della nostra deviazione nella regione vinicola di Margaret River. Aperte fin dalla mattina presto chiudono tutte alle 5.00 p.m. uno strazio per noi mediterranei abituati a chiusure non prima delle 19.. inizia quindi la corsa tra le strade secondarie per raggiungere in tempo almeno le due che dalle immagini ci erano sembrate le più attraenti. La BURCH FAMILY WINES al 543 di Miamup Rd. a Cowaramup è ospitata in un bell’edificio high tek circondato da laghetti e prati verdissimi nel cuore di un vigneto del quale non si vedono i confini ma che attraversiamo percorrendo il lungo ordinato sentiero sterrato. Un paio di calici vengono appoggiati sul lungo banco di legno flesso in una morbida curva da una professionale ragazza in nero che versa non più di un goccio del vino richiesto per la degustazione ed il non bevuto di quel poco deve essere versato in un contenitore a imbuto alle nostre spalle così come indicatoci, il rito si ripete finché soddisfatto il palato si decide di acquistarne la bottiglia, Un Sangiovese la scelta di Vanni, un paio di Chardonnay la mia, usciamo con una bella confezione in cartoncino sobri e soddisfatti, contenti anche di avere visto la cantina dove centinaia di botti di media dimensione sono distribuite in strutture a castello. Avrei trascorso qui un pomeriggio intero. Di tutt’altro genere la LENTON BRAE WINES che raggiungiamo percorrendo una lunga sterrata che attraversa un vigneto di cento ettari. Ospitata in un edificio che vuol sembrare un castello ci accoglie una signora svogliata ma gentilissima che per non perdere tempo ne’ vino annuncia il costo della bottiglia prima dell’assaggio poi ci accompagna gentilmente nell’ordinatissima cantina e ci spiega la provenienza delle botti ed il significato delle scritte a gesso sul loro fondo visibile. Ne usciamo alle 5.30 ed è già tutto chiuso compresa la degustazione di formaggi che vediamo indicata lungo la Bussell highway. Non più negozi ne’ ristoranti aperti, i locali non sono dei tira tardi. Per chiudere in bellezza Vanni si dedica alla cottura della sua T bon nel barbecue in veranda adeguandosi perfettamente al modello australiano di chi preferisce la piastra ardente al fornello di casa… well done!

1 febbraio 2015

FREMANTLE

Fin dal nostro ingresso in città l’atmosfera della piccola Fremantle ci è parsa così come l’abbiamo immaginata ascoltando chi l’ha descritta come contenuta ma vivace, satellite acquisito dalla vicina capitale Perth, ma cresciuta mantenendo il proprio particolare sapore di città bohémienne. La cosa certa è che i locali lungo la South Terrace Rd. che stiamo percorrendo in auto questa domenica pomeriggio sono affollati di persone e piacevoli edifici in stile neoclassico rivisitato accanto ad altri Australian Stile bordano le strade del centro. L’Esplanade Hotel è ospitato in un bell’edificio bianchissimo di metà ottocento dal sapore coloniale con un doppio ordine di sottili colonne a creare un profondo chiaroscuro ed una balaustra neoclassica in alto che contiene tra gli altri anche il terrazzino della nostra 410, la cui vista che si estende dagli alberi in primo piano a quelli delle barche a vela, contribuirà senz’altro alla piacevolezza del nostro soggiorno in città. È quasi sera quando dopo l’aperitivo optiamo per il Capri, il primo ristorante carino che vediamo con chiusura alle 9.30 p.m. Ha un vago sapore di casa eppure qualcosa di tipicamente locale c’è, non vengono serviti alcolici ci dice la cameriera rispondendo con un sorriso al nostro stupore e la bottiglia di vino la si deve portare in borsetta! bizzarro ma già sperimentato in alcune cittadine della East Coast. In questo grande paese l’alcolismo è un grave problema non solo tra la popolazione aborigena.

2 febbraio 2015

FREMANTLE

Arrivo alla spiaggia per caso mentre sto camminando oltre il parco dell’Esplanade in cerca della famosa statua di bronzo a grandezza naturale di Bon Scott, il cantante degli AC.DC. Sono qui sul prato della piazzetta non per vero interesse ma in onore dell’unico vinile del gruppo australiano heavy metal che ascoltavo da adolescente a cercare di riconoscere quel viso a pochi centimetri dal microfono quando invece vedo in lontananza un ragazzo in costume. Seguo la direzione ed eccola, breve e poco profonda, semi nascosta da una banchina più alta e dagli edifici di ristoranti e bar che ne seguono il profilo. Nulla farebbe pensare alla sua esistenza se non l’attenta osservazione della mappa della cittadina sulla quale si legge Bathers beach accanto ai caratteri più grandi di Challenger e Fremantle Harbour che sottolineano la vocazione portuale di questo tratto di costa. Il mare è turchese, la scarsa affluenza inspiegabile, ci sono 37 gradi ed io non ho il costume quindi opto per la visita del vicino e fresco Western Australian Museum Shipwreck Galleries, la Galleria dei Relitti che ospita una interessante raccolta di archeologia navale nel ben allestito magazzino di metà ‘800. Rientro percorrendo la bella High St. con i suoi variopinti edifici neoclassici tra i quali spicca un tendenzioso grigio-blu, più lontane invece, oltre i profili dei tetti, si intravedono le gru del porto. Questa sera ceniamo all’Istanbul, un ristorante turco che non merita le quattro palline attribuitegli da TripAdvisor.

4 febbraio 2015

FREMANTLE

La Moores Building Contemporary Art Gallery (www.fremantle.wa.gov.au) è un ampio spazio espositivo abbastanza trasandato da fare moda con la struttura di legno scuro a vista e la superficie irregolare delle pareti dipinte di bianco. Aperta su Henry St. è collegata lateralmente ad un bar ristorante stretto e profondo che ha lo stesso sapore della galleria e di Richie Kuhaupt che ne è il manager e coordinatore. Lo incontriamo fuori dal locale per raccogliere qualche informazione che ci fornisce poco convinto, le mostre fotografiche non sono molto ambite dai galleristi ma vedremo. La passeggiata che segue è sulla South Terrace Rd, una delle strade più interessanti della città che si spinge in periferia, l’aria è rovente e l’obiettivo sempre più lontano ad ogni indicazione che ci viene data, stiamo raggiungendo un grande murale dal titolo HOME GARDEN LIFESTYLE del Gruppo EAST WEST DESIGN, lungo circa settanta metri ed alto sette. Il soggetto è un fronte strada a due piani di edifici in stile eclettico con prospettive di gradinate che sfumano su vicoli interni, al piano terra le vetrine di negozi contengono oggetti di modernariato, vasi di fiori, un mappamondo mentre altri oggetti sono esposti all’esterno di ampi portoni coperti in alto da tendaggi orientali che inquadrano interni in penombra e non mancano le colonne ed i rispettivi capitelli a decorare brevi facciate neoclassiche. La ridondanza dei particolari comprende un grande orologio a parete, tappeti, finestre aperte, mongolfiere lontane, cataste di ceste di vimini, vasi, tamburi, oggetti africani, lanterne cinesi, intonaci scrostati, cascami di edere e rampicanti fioriti, una piscina lontana bordata di palme, un ampio portone che si apre sulla savana africana, con zebre e giraffe sullo sfondo. Divertente e molto ben fatto. Poco dopo siamo in un nuovo locale sulla spiaggia, seduti di fronte al mare a fare progetti sul proseguimento del nostro viaggio. Sul tavolo c’è la nostra carta stradale aperta, la osserviamo soddisfatti guardando la lunga linea evidenziata che segna tutta la parte sud del continente, poi calcoliamo approssimativamente i chilometri ancora da percorrere fino a Darwin e stanchi anche solo per averli contati, ben 6.000, ordiniamo un’altra birra. Se i luoghi di interesse seguissero un itinerario lineare sarebbe relativamente facile raggiungerli tutti, ma intere aree desertiche dell’Outback sono inaccessibili ed il tracciato che unisce gli obiettivi ha la forma di una stella grande quanto l’Australia.

06 febbraio 2015

PERTH

La Zecca di Stato è il motivo del mordi e fuggi di questa mattina a Perth. Il comodo pendolarismo ci ha visti viaggiare nei giorni scorsi dalla stazione di Fermantle alla stazione centrale della capitale in venti minuti di comoda metropolitana parzialmente costiera. Perché da Fermantle? Perché la nostra cara Asia di nuovo in manutenzione sarà dimessa dall’officina solo oggi nel tardo pomeriggio …. francamente tutte queste inutili lunghe soste per l’auto sembrano da parte di Vanni piuttosto dei pretesti per un po’ di solitudine se non il sintomo di una patologia psichica borderline. Ma torniamo a noi, Eravamo già stati alla Zecca ieri per assistere al rito della fusione dell’oro, ma era stato il vedere l’enorme moneta da 60 libbre il vero spettacolo, così come osservare la seconda pepita d’oro più grande del mondo. Tutto di origine australiana naturalmente così come la numero uno che si trova esposta in uno dei casinò di Las Vegas. Essendo i primi al mondo in una grande quantità di cose ci sta venendo il dubbio che gli australiani tendano ad esagerare le loro effettive performance, ma essendo semmai un loro problema godiamo in silenzio di quei preziosissimi oggetti che risplendono sul fondo di velluti neri ed è sull’onda di quella infatuazione che siamo di nuovo qui oggi, alla Zecca per un acquisto poco impegnativo ma carino e tutto nostro. In questi due giorni di andirivieni qualcosa abbiamo visto di questa tranquilla e non particolarmente grintosa capitale senza storia, nulla che sia però rimasto impresso nella nostra memoria, né le interminabili vetrine di negozi e grandi magazzini ai piani terra né in verticale negli alti edifici svettanti sugli altri. È già buio quando finalmente facciamo il nostro definitivo ingresso in città a bordo di Asia per la quale abbiamo perso ulteriore tempo a Fermantle cercando la seconda introvabile ruota di scorta. Che pazienza! …. ma non è tutto. Il parcheggio del Citadines Hotel non supera i 2.10 metri di altezza libera come la maggior parte di quelli al coperto di tutte le città australiane, se a questo si abbina l’assenza di parcheggi custoditi all’aperto scatta il problema perché Asia non è solo alta 2.20 metri e piena delle nostre cose, è anche la nostra inseparabile compagna di viaggio e va custodita come si deve. La gestione dell’inevitabile isteria di Vanni è il conseguente mio secondo problema ma l’aggressione verbale della receptionist, da parte sua per fortuna in lingua italiana, sortisce in questo caso il suo effetto e così la gentile signora ci accompagna in un lontano parcheggio all’aperto, buio e custodito dalla sola sbarra. Non è la situazione ottimale ma è l’unica possibile per il momento. A seguire ceniamo in un bistrot con musica live dove dimentico ma poi ritrovo la borsetta…. stupisce che io soffra sporadicamente di aritmie cardiache?

07 febbraio 2015

PERTH

Sembra incredibile ma quando mi sveglio Vanni ha già trovato il parcheggio perfetto a due passi dall’Hotel, il posto handicap in ingresso che precede la barriera dei 2.10 m. Avrà senz’altro sfoderato tutta la sua abilità di manipolatore perché gli venisse concesso il privilegio dalla signora alla guardiola e per fortuna perché quando raggiungiamo Asia vediamo che una serratura è stata forzata ed alcune cose sono state rubate dal cruscotto, il danno è minimo ma se l’avessimo lasciata anche questa notte l’avremmo probabilmente trovata vuota. Superato il problema godiamo di questa bella giornata di sole passeggiando lungo le strade alberate a nord della stazione e poi verso la fresca Art Gallery del Western Australia della quale apprezziamo soprattutto l’arte aborigena che è in definitiva la migliore espressione artistica del continente. I dipinti sono a disegni geometrici o figurativi stilizzati eseguiti imprimendo sulla tela punti di colore con la punta delle dita o con bastoncini imbevuti, le tonalità sono quelle che si trovano in natura, soprattutto le terre, i Verdi ed i bianchi. Una figura di donna mi colpisce particolarmente, in bronzo nero abbraccia il suo bambino, trattenendolo con il viso contratto in un urlo disperato. Immagino si riferisca al lungo periodo buio nella storia socio culturale australiana del quale riporto un articolo: “La generazione rubata, o in inglese STOLEN GENERATION, è il nome con cui vengono generalmente indicati quei bambini australiani aborigeni e isolani dello stretto di Torres che furono allontanati per sempre dalle loro famiglie da parte dei governi federali australiani e dalle missioni religiose ai sensi di alcune norme parlamentari vigenti nei singoli Stati. Partendo dal 1869, gli allontanamenti forzati continuarono fino al 1969, anche se in alcuni luoghi proseguirono sino agli anni ’70”. Scegliamo di trascorrere la sera in un Jazz Club, l’Ellington in Beaufort St. dove sul nero totale spiccano la cantante brasiliana, e le note della bossa nova. Piccolo e stipato di gente seppur a numero chiuso, vi si respira una bella atmosfera calda e vivace. Siamo felici.

08 febbraio 2015

CERVANTES

È domenica mattina ed il sole già intenso proietta sulle strade ancora vuote del centro le ombre spigolose degli alti edifici. Lasciamo l’hotel Citadines e Perth che si abbassa e si distende negli ampi spazi verdi lungo lo Swan River fino a scomparire alle nostre spalle mentre ci avviamo lungo la litoranea che seguiamo fino a Cervantes, 200 km più a Nord. Il cielo è una campitura uniforme di colore azzurro ed il mare seppur vicino è reso invisibile dalla vegetazione che ne lascia scorgere solo a tratti sottili fasce orizzontali. Nei pressi di LANCELIN, ad un centinaio di chilometri da Perth il paesaggio si complica flettendosi in leggeri pendii sabbiosi coperti da un tappeto di bassi cespugli dai quali si alzano alte dune di sabbia bianca. Il contrasto di colori è esasperato dalla nitidezza dell’aria mentre le sfumature delicate dei bianchi sono impercettibili nel bagliore della sabbia candida sotto il sole già alto, scopriamo poi che queste spettacolari dune in movimento si spostano di dodici chilometri ogni anno sollecitate dal vento dominante che soffia da Sud Ovest. Pochi chilometri prima di Cervantes deviamo per raggiunge il NAMBUNG NATIONAL PARK e con lui il PINNACLE DESERT dove centinaia pinnacoli di arenaria di varie altezze sono distribuiti sulla sabbia compatta di un deserto piccolo e surreale, così magico da incantare. Sono le tre del pomeriggio e la luce ancora intensa sbiadisce i colori della sabbia e della roccia modellata dall’erosione in snelle colonne o in masse acuminate come grandi acuminati termitai. Ci addentriamo trovando uno dei possibili percorsi di quel virtuale labirinto, osservando le forme sempre diverse, ammirando le composizioni e l’effetto d’insieme di quel caos di pinnacoli. Non contenti torniamo al tramonto quando la luce più calda ha impastato i colori e definito i contorni di quei piccoli totem color ocra. Non è difficile a quest’ora trovare una prospettiva solo nostra e sentire il piacere del deserto mentre la luce va spegnendosi e l’atmosfera diventava immobile fino a spegnersi. Che bella emozione, e quanto tempo è passato dal nostro ultimo deserto. Dormiamo al Cervantes Pinnacles Motel che apprezziamo per l’ottima pizza.

9 febbraio 2015

NORTHAM

Arriviamo in città verso le tre del pomeriggio dopo aver verificato presso quattro demolitori di Midland e di Northam l’impossibilità di trovare un pneumatico con cerchione o solo il pneumatico o solo il cerchione di scorta per Asia, troppo vecchiotta persino per un demolitore di qui, poverina… Avremmo dovuto cercare a Margaret River dove quel modello HJ60 della stessa età rappresenta il più chic fuoristrada dei surfisti… dicono tutti a Vanni per infierire. In realtà Asia ha già una ruota di scorta, ma per attraversare l’outback sulla Great Central Road è consigliato averne due … oppure una sola ed una buona dose di fortuna. Ci sono 42 gradi oltre la porta della camera dello Shamrock hotel, ma una passeggiata lungo la Fitzgerald St. è necessaria anche se inutile se finalizzata al piacere dello stare e del vedere. Esco poco dopo le cinque mentre Vanni e’ dal quinto demolitore della giornata, i negozi sono già chiusi e non c’è nessuno, quindi opto per una rigenerante passeggiata al Woolworth dove vedere persone e fare shopping. Una confezione di tè, una candela profumata ed una limetta per unghie, poi l’inevitabile…. uscire dal supermercato è come muoversi verso un grande phon acceso, quindi raggiungo in fretta l’ Hotel. È il più vecchio di Northam, costruito nel 1986 meriterebbe una gestione più attenta ed un bel restauro, la camera infatti è spoglia, senza l’ armadio né l’ asciugacapelli ed il bagno maleodorante, ma i cuscini hanno un buon odore e le lenzuola prima dell’accensione del condizionatore sono calde come appena stirate, un effetto speciale per il quale siamo disposti a chiudere un occhio.

11 febbraio 2015

KALGOORLIE

Finalmente dopo 164 km percorsi e la strenua ricerca in località MERREDIN abbiamo la seconda ruota di scorta che anche se non conforme può sostituire una delle due posteriori… Vuoi essere così sfortunato da forare entrambe le anteriori? …. dice il gommista a Vanni per convincerlo a desistere dal cercare ancora, e ci riesce. Trascorsa la notte al Merredin Motel e percorsi ancora 340 km lungo la strada che corre parallela alla ferrovia ed al lungo acquedotto, entriamo a Kalgoorlie, la città mineraria più intrisa di oro di tutto il W.A. Sorta alla fine dell’800 attorno alla piccola miniera allestita da un avventuriero arrivato in mezzo al deserto in cerca di fortuna, viene definita la Las Vegas dell’Outback australiano essendo l’oro e quindi il denaro l’unica ragione della sua esistenza all’interno di un territorio adatto a poche forme di vita. La ricchezza non è visibile nella recente espansione dei quartieri operai, bensì negli edifici costruiti nell’ormai lontano passato lungo Hannan Street, agli albori dello sfruttamento, quando chi trovava il suo filone costruiva la città. I 40 gradi rendono questo primo pomeriggio caldissimo, così tanto che in strada ci sono solo gruppetti di aborigeni incuranti della canicola perché abituati da secoli a vivere il deserto. E’ quasi sera quando decidiamo di fare due passi lungo la strada che da’ lustro alla città, l’unica ad avere i semafori e le vetrine che impolverate o vuote mostrano la decadenza della città che vive in funzione della sua grande miniera. Tutti concentrati in un tratto di strada relativamente breve gli edifici dei primi del ‘900 rendono bene l’atmosfera dei bei tempi della corsa all’oro ed i quattro edifici d’angolo all’incrocio con Maritana Street ne sono gli esempi più rappresentativi. Tutti con un doppio ordine di sottili colonne di legno o ferro con porticato al piano terra ed ampia e profonda terrazza coperta al primo piano, l’Exchange Hotel ed il Palace Hotel sono i più accattivanti ed ospitano i due migliori ristoranti del centro. Decidiamo per la terrazza del Palace la cui cucina è una delizia, il filetto di Vanni ed il mio barramundi, il pesce di acqua dolce più proposto dai ristoranti, sono così squisiti da distrarre dal rumoroso vocio dei clienti e dall’auto che passa a cadenza regolare diffondendo musica assordante. La chicca è il meraviglioso Chardonnay di Nannut, la cittadina che abbiamo amato per la sua avvolgente e tranquilla atmosfera ma non per il suo vino della cui esistenza allora non vi era traccia. La sorpresa ci aspetta giù in fondo alle scale, al Gold Bar dove rimaniamo sbalorditi di fronte alla specialissima interpretazione del servizio da parte delle due strepitose cameriere vestite del solo intimo super sexy coordinato a reggicalze e tacchi a spillo che servono birre e fanno scivolare via il reggiseno solo se i clienti pagano l’extra … come se non bastasse l’esibizione della loro bellezza per avere un extra. Per quanto estremamente originale per noi, non c’è nulla di strano in questo qui a Kalgoorlie, dove la tradizione è rimasta immutata da oltre un secolo e le signore al banco sono da sempre impegnate a risollevare gli animi dei minatori dopo il duro lavoro anche mostrando loro le curve. Vanni si ferma ed io vado nell’adiacente più sobrio locale dove le signore giocano a biliardo.

12 febbraio 2015

KALGOORLIE

Il Super Pit è l’epicentro della città, il suo elemento generante, il Big Ben di Kalgoorlie. Ci rechiamo in pellegrinaggio verso il mezzogiorno come da indicazione di Len che aveva date per certe a quell’ora le esplosioni di sbancamento in miniera… avrebbero senz’altro dato un sapore diverso al nostro sopralluogo, ma la loro assenza non ha tolto nulla al nostro compiaciuto stupore di fronte alla straordinaria bellezza di questo immenso strutturato cratere nella roccia. Non proprio un credere ma un complesso enorme sbancamento di forma poligonale articolato in terrazzamenti digradanti verso il basso che si inabissano fino a raggiungere una piccola superficie orizzontale. Le sue dimensioni 3.5 km di lunghezza, 1.5 km di larghezza ed una profondità di 570 metri sono in continuo aumento, Rendono l’idea della grande scala gli enormi megadampers pieni o vuoti di pietrisco a seconda che salgano o scendano le ripide rampe da o verso l’area di estrazione, quella fatta esplodere senza di noi, chissà quando… Un pneumatico di quegli enormi mezzi ha un diametro di circa 2.5 metri, la sua altezza finale è di circa sette metri ed una doppia rampa di scale pieghevoli consente all’autista di salire. Dall’alto del lookout sembrano di modeste dimensioni, ma il pick-up in avvicinamento sulla stessa rampa sembra un microbo di fianco alla loro mole. Spettacolare. Pomeriggio di laundry e serata al ristorante dell’Excelsior Hotel, decisamente più scarso del dirimpettaio Palace.

13 febbraio 2015

KALGOORLIE – LAVERDON

Fa piacere ammettere di aver sbagliato opinione quando ciò che si rivede appare più bello di quanto lo era stato, e la passeggiata di questa mattina sulla Hannan Street di Kalgoorlie è stata in questo senso illuminante. C’è una bella energia in città, e soprattutto c’è gente che si muove, che sosta nei tavolini di UN bar per lo spuntino, c’è chi parcheggia, chi entra in negozio, chi si allontana ma soprattutto ci sono i bellissimi edifici del primo insediamento di inizio ‘900 uniti in due compatti prospetti dai profili irregolari lunghi qualche centinaia di metri. Si fronteggiano abbastanza lontani da poter accogliere un tempo le carovane di cammelli in transito o per diventare salotto, punto di arrivo, di scambio e di mercato. Sono rimasti come sono sempre stati, con i sottili pilastri di ferro a dare un ritmo all’intera vecchia città …. ed i porticati a dare l’ombra necessaria. Del pioniere è rimasta la statua di bronzo nell’angolo di due marciapiedi che lo ritrae con i poveri abiti da minatore e la sua borsa dalla quale ora sporge un rubinetto di acciaio … forse a simboleggiare che l’acqua qui è importante quanto l’oro? Dalla statua di Paddy Hannan ricomincia il lungo viaggio verso il cuore del continente, verso Ayers Rock lontana 1600 km, ma la nostra prima sosta è a Laverton, la porta del deserto come lo è Zagora del Sahara. Quando usciamo dall’auto alla stazione di servizio della Shell a Leonora i 47 gradi che ci cadono addosso sono così potenti da farci scoppiare a ridere e poi risalire in fretta per gli ultimi 124 chilometri dei 360 di oggi, accanto alle montagne di materiale di scavo delle miniere che continuano a succedersi numerose. A Laverdon non ci sono che pochissime case, forse cinque compreso il modesto Desert Inn Hotel dove abbiamo prenotato una camera ed il Laverton Motel poco più avanti sull’altro lato della strada che scegliamo per il posto auto di fronte alla camera, i pochi aborigeni in circolazione sono troppo malandati per dormire sonni tranquilli lontani da Asia. L’office in penombra del Laverdon è scassato al limite della decenza e quasi mi pento di essere qui a chiedere una camera a Sam la cui accoglienza genuina e cortese per contro mi spiazza e mi fa tendere la mano per afferrare la chiave. La camera è in realtà un appartamento di 120 mq e mi piace, anzi mi affascina per la sua piacevole decadenza, per la sua teatralità, per i suoi colori, per la sua storia, per la vernice consunta della sua porta d’ingresso e le incrostazioni sulla ceramica consumata del lavandino e della vasca, per la ribaltina sul fornello e per il rivestimento viola delle due poltrone in salotto, per il quadretto con la tigre nel divisorio di legno della cucina e quel lettino addossato alla parete, per la stufetta elettrica ed il linoleum grigio, per la scopa azzurra appoggiata alla vecchia caldaia in lavanderia e la sedia gialla che ne tiene aperta la porta, per le pareti che non toccano il soffitto e per la luce indiretta che illumina il bagno ed il lungo, stretto corridoio in fondo al quale una porta verde chiaro si apre su un cortile informe nel quale c’è un feroce cane da guardia, dice Sam. È nata insieme a me questa casa e forse per questo la scelgo per scattare molte foto, non essendo io Wim Wenders e non potendo usarla come set per un Paris Texas.

14 febbraio 2015

LAVERDON – WARBURTON

Vanni ha una perla in mano che mi porge mentre sto aprendo gli occhi… è il mio regalo di San Valentino, prezioso solo per la sua storia della quale conosco la più recente ….. Vanni stava raccogliendo un tappo da terra vicino al distributore di benzina quando alzandosi vede un aborigeno a pochi metri da lui che si avvicina ed aprendo la mano gli mostra la mia perla. Come una bambina la ripongo nella piccola busta trasparente accanto al lingottino acquistato pochi giorni fa alla Zecca di Perth chiedendomi quale sia il bene più prezioso, l’oro o l’acqua? … l’oro o questa perla che ha una storia? La sterrata inizia una decina di chilometri dopo Laverton, ed è in ottime condizioni tanto che l’idea di percorrere i 1200 km in quattro giorni sostando in ognuna delle Roadhouse lungo il tragitto viene subito abbandonata. Sono le 6.30 del mattino, il sole è ancora basso e sulla superficie scura della strada immacolata vediamo le prime inconfondibili orme dei canguri, rosse come la terra sabbiosa oltre i bordi. Non tardiamo molto a vederli mentre attraversano a balzi la strada a qualche decina di metri da noi, un adulto ed un cucciolo poi un gruppo di cinque, è sempre un piacere vederli e riuscire a farlo in tempo per non travolgerli e andare fuori strada. Il manto stradale che segue ha le fastidiose ondine in sequenza sulle quali bisogna procedere a velocità sostenuta per non saltare come su un setaccio, quindi lanciamo Asia a briglia sciolta e voliamo sulla GEAT CENTRAL ROAD, la più lunga scorciatoia del continente che collega Perth a Cairns. Attorno a noi il paesaggio è reso verde dai bassi cespugli tappezzanti e solo dopo molti chilometri vediamo un gruppo di dromedari che si abbevera oltre la strada, qualche gatto selvatico e gruppi di piccoli pappagalli Bianchi e rossi, un toro solitario vicino ad un mezzo bidone che fa da abbeveratoio e due auto, questo il totale degli avvistamenti lungo i 548 chilometri di perfetta strada non asfaltata fino alla Roadhouse di WARBURTON dove ci fermiamo chiedendoci se gli autori delle più note guide di viaggio, i numerosi australiani cui abbiamo chiesto, nonché i gommisti ai quali ci siamo rivolti che l’hanno descritta ad alto rischio abbiano mai percorso questa strada …. Di fronte all’ingresso della Roadhouse le tre pompe di rifornimento sono blindate all’interno di gabbie metalliche, due per il diesel ed una per l’Opal, il carburante che sostituisce la benzina perché non esala i vapori che gli aborigeni amano inspirare per sballare e per lo stesso motivo anche le bevande alcoliche sono vietate per legge su tutto il territorio… non per salvare loro la vita, ma per rendere meno problematica quella di tutti gli altri. Alla grassa signora che ci accoglie con la scopa in mano chiedo se non le è difficile vivere in un posto così isolato e con questo caldo torrido, in fondo è come vivere in una prigione…. la signora prima ciondolante si rianima finalmente e con un sorriso mi risponde che si ferma per lavorare solo un anno e poi torna a vivere a Bali per altri due, ma mentre ci incamminiamo alle camere tra le quali dovrò scegliere mi parla della piacevolezza del vivere qui nell’Outback dove le primavere sono tiepide e fiorite, gli autunni miti e gli inverni gelidi, il caldo insopportabile invece non dura più di tre settimane. Dopo aver visto le tre opzioni scelgo una delle due nuove casette prefabbricate costosissima come lo è tutto in queste Roadhouse dove anche il gasolio costa circa il doppio del normale prezzo. Quando entriamo le pareti interne sono caldissime e l’acqua sgorga fredda solo dopo qualche minuto, ma tutto questo ci diverte… perché l’aria condizionata è al massimo e perché là fuori sopra di noi ci sono non cinque ma milioni di stelle, come leggiamo sul depliant illustrativo della Great Central Road. Ho letto un breve scritto che parla dell’anima di questo immenso territorio, ed è questo: NON C’È TERMINE NELLA NOSTRA LINGUA CHE POSSA DEFINIRE COS’È L’OUTBACK, LETTERALMENTE SIGNIFICHEREBBE “FUORI L’OLTRE”, “OLTRE L’OLTRE”, PER INDICARE UN POSTO CHE STA PROPRIO IN FONDO, CHE È OLTRE QUALSIASI POSTO.


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