03 Luglio 2010

SEMEY – BARNAUL

Come previsto il passaggio della frontiera kazako-russa ci impegna per più di quattro ore nonostante il modesto flusso di persone che la attraversano. Isolati e lontani dai centri abitati non c’è nulla che si possa fare qui se non aspettare il nostro turno una, due volte mentre i pullman di linea passano sistematicamente avanti. Il flusso di auto locali russe e kazake presupporrebbe tempi di controllo più brevi invece l’iter è lo stesso per tutti. Ciò che colpisce di questa gente posta di fronte alle lungaggini e le lunghe attese è la rassegnazione senza proteste…. ed anzi si inchinano di fronte ai bassi sportelli degli uffici della dogana, fatti così in basso appositamente per indurre un forzato gesto di riverenza nei confronti delle autorità. Anche Sultan come gli altri si inchina ma poi ci tiene a sottolineare in privato che in Kazakistan non è più così e tutti gli sportelli degli uffici pubblici consentono ora ai cittadini di mantenere una decorosa posizione eretta in ogni circostanza. E’ già l’una e mezza quando finalmente calpestiamo l’asfalto in buone condizioni del territorio russo, e mancano ancora 400 km per raggiungere l’obiettivo che ci siamo prefissi di raggiungere in giornata. La città di Barnaul offre buone sistemazioni alberghiere ed un paio di cose interessanti da vedere, ma è lontana, anzi lontanissima dopo una settimana trascorsa quasi interamente seduti in auto. Alla stanchezza si aggiunge la cattiva notizia di Sultan che aveva dato la sua disponibilità di accompagnarci fino al confine mongolo ma che ora ritratta clamorosamente dicendo che potrà venire con noi solo fino a Barnaul. Il motivo è che dovendo essere ad Almaty per lavoro la mattina del 7 deve calcolare un tempo sufficiente a consentirgli di tornare in treno o in pullman in un territorio dove i mezzi pubblici non sono così frequenti da garantire spostamenti rapidi….. io credo che come me non ne possa più di trascorrere le sue giornate on the road senza mai una sosta ricreativa in un posto piacevole dove riappropriarsi del proprio corpo e dei suoi movimenti in armonia con l’ambiente che ci circonda. Anche solo due passi sarebbero sufficienti…. nei boschetti che vediamo qua e là o in un piccolo borgo di dacie che scopriamo da Sultan essere le case di villeggiatura ovvero le seconde case dei cittadini russi solitamente realizzate in luoghi ameni. Intanto attraversiamo l’oceano qui verdissimo della campagna flessa in onde lunghe ….. potrebbero essere gli immensi prati di un fantastico castello nascosto da un’onda particolarmente alta…. divisi in grandi appezzamenti da doppie file di betulle o pini…. una vera meraviglia! Ma a nulla valgono i bei prati verdi, man mano che avanziamo verso l’obiettivo il nervosismo in auto sale. Vanni è sempre più contrariato all’idea di dover fare il tratto di strada che ci separa dal confine mongolo senza un interprete che ci aiuti, necessaria interfaccia tra due idiomi inconciliabili…. ed io inizio a trasformare la stanchezza di questo tour de force in incazzatura pesante. Pian piano le parole non escono più e gli occhi si chiudono…. mi ritraggo dentro il mio guscio in atteggiamento di difesa consapevole che se questa situazione non finirà presto potrei anche impazzirne. Intanto ripenso alle promesse da marinaio di Vanni prima della partenza…. “ questa volta ce la prenderemo con calma… deciderai tu i tempi del viaggio”…. poi dà a mia insaputa un appuntamento all’interprete mongolo che ci aspetta al confine per il 5 luglio! inizio seriamente a credere che Vanni in fondo tenda a prendersi gioco degli altri, io compresa, dicendo piccole bugie che gli consentano di raggiungere i suoi obiettivi senza troppe polemiche preventive. La sommatoria dei rispettivi stress si abbatte sul resto della giornata… fin quando mi faccio scaricare in centro per fare due passi e andare a vedere un paio di case di legno intagliato del periodo zarista che la guida consiglia di visitare, ma non trovandole immagino siano state distrutte. Gusto la mia passeggiata come un ottimo gelato le cui ciliegie sono rappresentate dal bell’edificio del teatro in parte rivestito da splendidi mosaici vagamente decò, i bassorilievi inneggianti al lavoro operaio visibili sui fianchi di edifici che si affacciano sul viale principale e perché no la statua in bronzo di Lenin che si staglia in controluce contro il neoclassico municipio e conferisce un’atmosfera marziale alla piacevole piazza che la contiene. Tutta soddisfatta, al rientro in hotel mi ritrovo a condividere con Vanni una camera così piccola da non riuscire a muoverci lasciando il trolley aperto sul pavimento….. per una volta che lascio scegliere a lui mi ritrovo in un buco….. che momentaccio ! A questo si aggiunge lo stress legato alla notizia letta sulla Lonely Planet che afferma che per entrare nella Repubblica di Altay, che dovremo attraversare per entrare in Mongolia, è necessario avere un permesso speciale con lettera d’invito. All’ambasciata russa in Italia ed anche in frontiera gli impiegati avevano assicurato che non era necessario nessun ulteriore documento se non il normale visto russo, ma come esserne certi?…. e poi come faremo se dovremo risolvere il problema da soli senza capire una parola di russo…. unica lingua parlata da tutti i funzionari dello stato? Nemmeno l’ottima insalata gustata al Gran Mulino riesce ad eclissare il malumore ed il gelo che ne scaturisce ed anche Sultan ora è arrabbiato perché vorrebbe non allontanarsi da questa città fino a domani sera quando potrebbe prendere un comodo treno per Almaty…. ma Vanni non molla su nulla ed avendolo già pagato pretende che almeno venga con noi fino a Biysk. Serata da dimenticare.

04 Luglio 2010

BARNAUL – LAGO AIA

Al risveglio Vanni si prodiga per recuperare la situazione ostentando un’allegria che io non riesco ad assecondare, sono sempre incazzata nera come sempre succede almeno una volta nel corso dei nostri viaggi e sempre per lo stesso identico motivo. Non si può capire la mia frustrazione quando al ritorno dal Tagikistan davanti ai magnifici paesaggi fotografati quasi non ricordavo di essere stata io a scattare quelle foto. E’ difficile appropriarsi dei luoghi senza viverli, senza avere il tempo di assaporarli ma solo vedendoli sfilare dai finestrini dell’auto che sfreccia via. Comunque ripartiamo lasciando Barnaul vista ieri mentre percorrevo a piedi la lunga Lenina…. mi avevano colpito poche cose tra le quali un paio di ampie pareti mosaicate, la prima vicina alla vecchia sede del KGB, dove tra una miriade di bandiere rosse sventolanti si scorgevano gli operai e la scritta tradottami poi da Sultan che inneggia un “ lavoratori di tutto il mondo unitevi”, e l’altra dal soggetto ben diverso posata su un volume del teatro aggettante verso un giardinetto. Partiamo sbuffando Sultan ed io ma poi addentrandoci nei boschi che ricoprono le pendici delle montagne della catena dell’Altai tutto sembra leggermente migliorare insieme al paesaggio. Lasciamo il simpatico e professionale Sultan alle due del pomeriggio alla stazione degli autobus di Biysk con una punta di dispiacere. Da qui proseguiamo soli puntando a Sud oltre Mayma, cercando di decifrare tra i cartelli stradali scritti in caratteri cirillici quello che ci porterà al lago Aia, racchiuso fra le montagne che si trovano pochi chilometri dopo un elastico ponte di legno. Arriva subito dopo il ponte la voce di Vanni, che assume note alte quando costretto a dire ciò che non vorrebbe, a rassicurarmi dicendo che se voglio ci fermeremo qui per la notte, attorno a questo piccolo lago circondato dai boschi. Attorno ad esso una serie di sentieri ben asfaltati distribuiscono casette di villeggiatura di recente costruzione…. è tutto nuovissimo e pulito e sembra di essere arrivati in Svizzera piuttosto che in Siberia. Con una certa difficoltà legata alla lingua otteniamo una camera standard cara a sangue nell’edificio vicino al lago che contiene anche l’amministrazione ed il ristorante del villaggio vacanze. Centinaia di turisti russi approfittano del lago per un giro in pedalone o prendono il sole stesi a gruppi sui prati che tappezzano l’apprezzabile centro. Mi stendo anch’io a godere della temperatura perfetta, unica nota dolente il fastidioso sottofondo musicale diffuso ovunque che comprende un discreto numero di brani della peggiore musica italiana…. ovvero tutti quei brani che Toto Cutugno non osa proporre in patria! Vanni intanto controlla l’olio di Asia cambiato un paio di giorni fa…. proprio non riesce a trovare interesse in nulla che non sia la sua adorata Toyota Land Cruiser. Alcuni falchi intanto volteggiano come da giorni nel cielo assolutamente azzurro, il laghetto in fondo non è male ed è divertente vedere come i russi adorino stendersi sul prato ad abbronzarsi raccolti in piccoli gruppi e canticchiare rilassati qualche parola in italiano delle terribili canzonette. Solo all’ora di cena scopriamo di essere in un all inclusive con cena a buffet sulla quale ci tuffiamo con gusto…. scegliere vedendo è decisamente meglio che trovarsi di fronte ad un menu incomprensibile pur con l’aiuto di un interprete. La cena finisce con l’allentare le tensioni e così ci addormentiamo finalmente sereni e vicinissimi.

05 Luglio 2010

LAGO AIA – KOSH AGACH

Ci svegliamo di ottimo umore e alle nove siamo già pronti per lasciare il laghetto percorrendo a ritroso il ponte oscillante di tavole di legno e poi la comoda M52 verso Sud che attraversa le ampie vallate incuneate tra un passo e l’altro. Il ricordo dei valichi sulla strada del Pamir in Tagikistan conquistati a quote ben oltre i 3000 metri attraverso strade sassose e ripidissime ci fa sembrare questi quasi impercettibili. I bassi edifici dei piccoli villaggi che incontriamo sono tutti di legno, i più datati mostrano sui prospetti i tronchi interi che ne costituiscono la struttura. Le finestre bordate di azzurro spiccano qua e là sui toni marroni del legno almeno quanto il verde brillante delle montagne dell’Altai che fanno da sfondo. Dapprima ricoperte di boschi di betulle e di abeti le montagne si spogliano salendo del loro manto lasciando scoperto il morbido movimento della loro orografia…. Quando al 712° chilometro ci fermiamo ad osservare un’ansa del fiume che si delinea all’incrocio fra due vallate Vanni scopre che abbiamo due fogli di balestra rotti sopra il pneumatico anteriore destro, questo spiega lo strano rumore di qualche giorno fa quando pensando di aver schiacciato qualcosa non avevamo dato troppo peso alla cosa. Tutto il peso di Asia grava ora sul solo foglio maestro che se dovesse cedere ci lascerebbe immobili e sbilenchi sulla strada. Preoccupatissimi procediamo molto lentamente fino a raggiungere il vicino centro abitato di Inia dove speriamo di trovare un’officina…. il vocabolario aperto sulla pagina relativa alle situazioni in auto, alla domanda “ dov’è l’officina più vicina “ che rivolgiamo ad una signora che passa per strada ci viene risposto che dovremo raggiungere la cittadina di Aktash ad un centinaio di chilometri da qui…. ma Vanni non si fa prendere dallo sconforto e vedendo un demolitore si incammina tornando poco dopo con un prestante signore dai lineamenti mongoli al quale mostra il problema….. è fatta! Mentre io mi allontano per scattare alcune foto all’ennesimo monumento a Lenin interessante soprattutto per il contrasto con le mucche stese alla base della statua, anzi stravaccate sul prato, loro due recuperano la vecchia balestra di un camion Volvo ed iniziano faticosamente a smontarne i fogli. Ora ci spostiamo tutti insieme, compresi i preziosi fogli, da un amico del giovanotto che inizia alacremente a lavorare sul pezzo. Siamo nel cuore di un quartiere del villaggio e dalle case iniziano ad arrivare alcuni curiosi stanchi di osservare dietro le tavole sconnesse degli steccati di legno. Il primo è un anziano signore ubriaco accompagnato dalla sua nipotina di non più di sette anni assolutamente decisa a fare di me la sua compagna di giochi nelle due di duro lavoro. Vanni esce soddisfattissimo dall’operazione…. è sempre un piacere per lui trovare persone che pur non essendo professionisti spocchiosi riescono con i pochi strumenti a disposizione a risolvere in poco tempo un problema piuttosto difficile. E’ contento anche che i due morsetti caricati l’anno scorso a bordo di Asia siano finalmente tornati utili per tenere uniti i fogli fino al montaggio definitivo. Sollevati del problema ma provati dal caldo torrido continuiamo la lunga discesa verso la Mongolia mentre attorno a noi ancora sfilano le montagne verdi sui bordi della vallata che seguiamo sulla strada serpeggiante. Verso Kosc Agach la vallata si spalanca poi in una piana dove il fiume che ci ha sempre seguiti si apre come in un piccolo delta formando laghetti e piccole aree vallive di una certa bellezza. Ancora oltre c’è la città, stesa sulla piana ora piuttosto brulla, formata da centinaia di baracche di legno. Forse per l’effetto favorevole della luce ormai bassa del sole alle nostre spalle trovo questo nucleo urbano piuttosto interessante compresi i due edifici pubblici adiacenti la piazza principale. Le ampie volumetrie rivestite di doghe di legno montate a spina di pesce e gli alti porticati su colonne azzurre che ne segnano gli ingressi principali sono rendono gli edifici piuttosto interessanti. Non manca la statua di Lenin a dominare in posizione centrale la piazza grande e desolata…. ma dove trovare un hotel? Hotel è una parola grossa per una città come Kosh Agach, ce ne rendiamo conto quando dopo aver seguito per un brevissimo tratto un taxi ci troviamo ad osservare perplessi le cinque brande sistemate sul perimetro di una camera desolante. La sorpresa piacevole della sosta presso l’affittacamere è invece l’incontro di una coppia di italiani arrivati fin qui in moto attraverso Mosca e Ulaan Baatar e che seguiranno da qui in senso inverso il nostro viaggio dell’anno scorso attraverso Kirgistan, Tagikistan ed Uzbekistan per poi spingersi fino in Sudafrica. Sono Anna e Fabio ( www.1bike2people4aid.it ) viaggiatori incalliti, cordiali e simpatici. Dopo aver parcheggiato Asia in cortile decidiamo di dormire in tenda ma usufruiremo del rubinetto della pensioncina per lavare almeno i denti. Mentre il lamento del muezzin si diffonde dal minareto della vicina moschea raggiungiamo insieme a loro ed a Wim, l’olandese volante che come loro viaggia in moto, una microscopica tavola calda dove la conversazione non riesce ad interrompersi sgorgando tra un boccone e l’altro senza sosta. Insalata, purea di patate, un formaggio acido e liquido tipico del luogo e due cosce di pollo è quanto offre la casa…. poi in tenda a dormire nella speranza di non aver bisogno del bagno.


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